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Dal Vangelo Secondo Giuda
Dal Vangelo Secondo Giuda

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Dal Vangelo Secondo Giuda

Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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Maledizione, perché Nicole è venuta qui? E quel tipo che la stava rimproverando chi è? Accidenti, proprio adesso che quest’uomo aveva deciso di arrendersi... pensò mentre cercava di prendere una decisione.

«Avanti, non ho più voglia di lottare contro i mulini a vento» insisté l’assassino col tono di chi chiede un favore. Giuda esitò, era convinto che l’assassino potesse essere ancora capace di qualsiasi cosa, ma questi raccolse l’arma e gliela posò gentilmente in mano, come se gli avesse letto nel pensiero.

«Avanti, di che cosa hai paura? Ora quello armato sei tu!»

Lui andò ad affacciarsi alla finestra, pregando di non aver fatto la scelta sbagliata.

«State calmi, è tutto a posto» gridò, qualcuno ordinò ai poliziotti di abbassare le armi e lui chiamò Nicole, che nel frattempo era rimasta sola sotto quel lampione perché Fred e l’altro uomo misterioso si erano dileguati.

Giuda aveva impugnato la pistola e si era piazzato davanti alla finestra, da là, in caso di bisogno, avrebbe potuto facilmente chiedere aiuto. Intanto, con mano tremante, cercava di tenere sotto tiro l’assassino che si era sistemato al centro della stanza, ad aspettare sua moglie.

«Non ho alcuna intenzione di farvi del male» si affrettò a dirle lui non appena Nicole si affacciò sulla soglia, quasi temesse un suo ripensamento. «Non aver paura, avvicinati» aggiunse poi in tono fin troppo affabile, per rassicurarla. Lei fece una faccia sorpresa e trattenne a stento un’esclamazione, suo marito ebbe la sensazione che in qualche modo quei due si conoscessero già. Nicole si accorse che lui la stava scrutando perplesso, scosse la testa e andò ad abbracciarlo senza rispondere al suo sguardo interrogativo.

«Siete proprio una bella coppia!» commentò l’assassino dopo aver fatto un passo indietro, per osservare meglio il quadretto familiare. «Devi essere orgogliosa di tuo marito, è un uomo intelligente e coraggioso. Credo che siano davvero pochi, quelli che stasera avrebbero accettato di entrare in questa casa. E poi è saggio, perché dice che la Legge va rispettata... e tra un po’ vedremo se la penserà ancora in questo modo, o se diceva tanto per tenermi buono» proseguì avvicinandosi a un divanetto posto in fondo alla stanza. Alzò uno dei cuscini e afferrò una mazza da baseball.

«Metti giù quella mazza!» gli ordinò Giuda irrigidendo il braccio armato, ma lui si voltò e continuò a parlare a Nicole come se non lo avesse sentito. «Vedi questa? E’ il gioco preferito di mio figlio, ha soltanto pochi mesi ma dovresti vedere come guarda le partite in televisione. Gli ho promesso che un giorno gli avrei insegnato a giocare, ma purtroppo non potrò farlo. Giuda mi ha detto che anche voi avete una bambina e che mi capisce, ma secondo me non è vero. Secondo me non può capire, perché non è mai stato costretto a scegliere» spiegò, intanto aveva ripreso a muoversi a scatti, nervosamente. «La Legge a volte è crudele... troppo crudele. A volte non possiamo limitarci a chiedere quello che ci spetta, dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per prendercelo. Forse tra un po’ capirete quello che voglio dire, perché certe cose vanno provate di persona» annunciò sempre più eccitato, Nicole fece per correre via ma lui le sbarrò il passo con la mazza.

«Fermati!» gli ordinò nuovamente Giuda, lui rispose con un’alzata di spalle.

Nicole cominciò a strisciare lungo la parete per tenerlo alla larga, l’assassino prese a seguirla passo dopo passo come in un’assurda coreografia mentre suo marito li guardava atterrito, non riusciva a prendere una decisione. Non sapeva che cosa fare, avrebbe voluto sparare a quell’uomo ma temeva di colpire sua moglie. D’un tratto l’assassino si mise in posizione come un vero battitore, con le gambe divaricate e la mazza in posizione orizzontale all’altezza della spalla, allora Giuda lasciò cadere l’arma e gli si avventò addosso.

«Non farlo, non farlo!» gridò, ma l’assassino effettuò una mezza torsione del busto.

«Adesso capirete!» sentenziò, la mazza fendette rapidamente l’aria e colpì in pieno ventre Nicole, che cadde a terra senza fiato. Subito dopo lui alzò la mazza per colpirla di nuovo e l’altro lo caricò come un toro, lottarono rotolando sul pavimento finché Giuda riuscì ad assestargli un pugno nel fianco, nel punto esatto in cui aveva la macchia di sangue. L’assassino si accasciò con un gemito e lui si rialzò per soccorrere Nicole, convinto che il dolore avrebbe tenuto buono per un po’, ma l’assassino lo inseguì e gli sferrò da dietro un pugno alla tempia. La vista gli si sdoppiò, si voltò per reagire ma le sue braccia si fecero improvvisamente fiacche, il chip collegato alle sue ghiandole surrenali aveva cominciato a fare il suo dovere. Dapprima un vago senso di torpore si impadronì dei suoi muscoli, appena un istante dopo fu la volta del dolore. Giuda si irrigidì e andò giù disteso senza poter più muovere un solo dito, con la sensazione che tarli famelici dai denti affilati stessero nutrendosi della sua carne e delle sue ossa. Intanto l’assassino era corso in cucina, adesso stava tornando verso di lui ridendo come un ossesso mentre gli mostrava un coltello elettrico.

«Questo è solo l’inizio» ringhiò chinandosi su di lui, che era terrificato dal fatto di aver perso completamente il controllo del proprio corpo. Tentò di chiedere aiuto ma non riusciva neanche ad aprire la bocca, non riusciva quasi neanche a respirare. L’assassino gli affondò l’affilatissimo coltello nel torace fino a toccare le costole, dopodiché cominciò a scorrerlo in senso orizzontale.

«A volte non si può scegliere, ora lo capirete anche voi» ripeté ancora una volta, poi si disinteressò a lui e si alzò per tornare a dedicarsi a Nicole. Avanzò verso di lei puntando il coltello in direzione della sua pancia, aveva appena cominciato a calarlo quando il vetro di un lucernario andò in frantumi, attraversato da un proiettile. Schegge dai riflessi sfavillanti inondarono la stanza, una macchia rossa si allargò rapidamente sulla schiena dell’assassino togliendogli le forze. Giuda lo vide andar giù senza dire una sola parola, poi riuscì a guardare un’ultima volta Nicole, raggomitolata a terra con gli sporchi di orrore. Infine, tutto quanto si fece buio.

L’autoambulanza che trasportava Giuda e Nicole partì veloce in direzione dell’ospedale, i curiosi cominciarono a disperdersi pigramente. Erano ancora eccitati per quello spettacolo fuori programma, lievemente pensierosi perché stavolta il cattivo di turno aveva rischiato di vincere. Alcuni si allontanavano radunati in gruppetti e si raccontavano a vicenda i momenti più intensi di tutta la storia, scambiandosi opinioni e gesticolando come al termine di una partita di football.

Dopo aver pazientemente che il quartiere tornasse deserto e silenzioso, Sir Jonathan salì a bordo del furgone mortuario destinato a trasportare l’assassino e fece cenno all’autista di mettersi in movimento. Sedette accanto al corpo apparentemente privo di vita disteso sulla lettiga, aprì una borsa di cuoio e tirò fuori un apparecchio per monitorare le funzioni vitali. Ripose l’apparecchio e aspirò il contenuto di una boccetta con una siringa, sbottonò la camicia dell’assassino e gli praticò l’iniezione al petto, senza alcun garbo. L’uomo aprì gli occhi di scatto, come svegliandosi di soprassalto, subito dopo li socchiuse nel tentativo di mettere a fuoco. Si guardò più volte intorno, frastornato, per cercare di capire dove si trovava.

«Che orrore, stare sospeso così tra la vita e la morte è davvero un’esperienza allucinante. C’è una piccola parte di te che resta cosciente e si alimenta di paura, del terrore di non risvegliarsi più e restare per sempre in quello stato, come un vegetale» biascicò con voce impastata, poi i suoi occhi si rovesciarono a mostrare la parte bianca e lui ricadde in una specie di sonno artificiale. Dopo alcuni minuti si svegliò nuovamente e si mise seduto, si stiracchiò lungamente perché i muscoli gli si erano fastidiosamente irrigiditi.

«Se non dite niente significa,che è andato tutto secondo i piani» chiese all’Anziano, una velata luce di soddisfazione attraversò fulminea l’espressione di quest’ultimo.

«E’ stata una grandissima interpretazione» ammise questi battendo piano le mani in un dolce, signorile, applauso. «Lei ha sbagliato mestiere, anziché il dottore avrebbe dovuto fare l’attore! L’idea della macchia di sangue sul fianco in corrispondenza del chip, per giustificare il possesso della pistola, è stata semplicemente grandiosa. Addirittura geniale, direi! Sono dispiaciuto che non abbiamo potuto installare delle telecamere per registrare la sua performance, sono sicuro che rivedersi le sarebbe piaciuto molto. Ma non potevamo lasciare in giro un documento simile, sarebbe stato troppo pericoloso. Lei invece che cosa pensa?»

«Penso che due cadaveri sono troppi, e per poco non ce ne sono stati un terzo e un quarto» rispose il dottor Lorentz accigliandosi lievemente.

«Quelle morti non erano previste, si è trattato di uno sgradevole incidente. Avevo pensato che la pattuglia numero Sette sarebbe stata la più adatta: il Capopattuglia era a un passo dalla pensione, l’autista alle prime armi e il terzo era il meno ligio al dovere di tutto il Dipartimento di Polizia. Ero convinto che nessuno dei tre avrebbe avuto intenzione di rischiare, non avrei mai pensato che il vecchio Joe si sarebbe messo a fare l’eroe. Sono sinceramente rammaricato, ma purtroppo ormai è andata così e non possiamo farci niente. Le loro morti sono state necessarie, seppure inconsapevolmente quei due si sono sacrificati per la crociata più importante di tutta la storia dell’Umanità.»

«Può darsi che sia come dite voi, ma adesso quello con le mani sporche di sangue sono io... non ero preparato a uccidere» puntualizzò il dottor Lorentz.

«E che cosa ha provato nel farlo?» gli chiese allora a bruciapelo Sir Jonathan.

«...come dite, Eccellenza?» fece sorpreso il dottore, non era certo di aver capito bene la domanda.

«Sa benissimo cosa intendo! Voglio sapere quali emozioni ha provato uccidendo quell’uomo, che sensazione le ha dato togliere la vita a un altro essere umano» precisò l’Anziano, spogliandolo della sua ipocrisia. Lorentz si rivide con il laser in mano e rivisse il terrore negli occhi dei poliziotti, riassaporò per un istante il senso di onnipotenza che si era impadronito di lui subito dopo aver ucciso Joe e non ebbe il coraggio di rispondere.

«Dottor Lorentz, da adesso è l’unico responsabile del Settore Ibernati per quanto riguarda il Progetto Cielo. Finora ha svolto un lavoro magnifico, veda di non deludermi e avrà un futuro glorioso. Riceverà ulteriori istruzioni in seguito» annunciò Sir Jonathan, subito dopo bussò al vetro che li separava dalla cabina di guida, l’autista fermò il mezzo e lui si allontanò a piedi.

Jodie aprì la porta della camera d’ospedale e rimase impietrita sulla soglia. La sua mano si dischiuse, lasciando cadere a terra il mazzo di fiori e il disegno che aveva preparato per Nicole. La fissava senza riuscire a dire niente, rattristata dalla vista degli aghi e dei tubi che le correvano tutto intorno e del grosso livido che aveva sulla fronte. Sua madre si era riproposta che l’avrebbe accolta con un gran sorriso tranquillizzante ma non ci riuscì, gli occhi le si fecero lucidi e le labbra cominciarono a tremarle.

«Oh, mamma!» scoppiò a piangere la bambina correndo verso il letto, «ho avuto tanta paura! Ho visto tutto alla tivù, le ambulanze, la polizia, tutta quella gente. E quelle persone morte... perché debbono accadere queste cose, perché?» le chiese. Carezzò il pancione della mamma, che creava una collinetta sotto il lenzuolo, e la interrogò con lo sguardo. Nicole non riuscì più a tenere a freno le lacrime, tirò a sé la bambina e la strinse con tutte le sue forze.

«Adesso è tutto a posto. Stai tranquilla tesoro, è tutto finito» le sussurrò all’orecchio evitando di guardarla negli occhi, altrimenti Jodie avrebbe capito che le stava mentendo.

Dopo qualche giorno e molti accertamenti Giuda e Nicole furono dimessi, tentarono con tutte le loro forze di ricominciare la vita di sempre ma trovarono che niente era più come prima. Ormai avevano paura di tutto e di tutti, evitavano di frequentare luoghi affollati e ogni minimo rumore inconsueto, o talvolta anche soltanto uno sguardo da parte di qualcuno, apriva in loro la strada a un terrore tanto incontenibile quanto irrazionale. Non si sentivano più al sicuro neanche tra le mura di casa ed erano preoccupati, ancor più che per loro stessi, per il futuro di Jodie e per quello del nascituro. Continuavano a domandarsi se quello in cui li avevano invitati a venire era davvero un buon mondo, dal momento che era sufficiente il capriccio di una sola persona a generare tanto dolore gratuito negli altri.

PARTE II

LA MORTE DI NICOLE

«Allora, hai finito di prendermi in giro?» domandò risentito Freddy a Giuda, mentre giocavano l’abituale partita a tennis del martedì. Aveva deciso di riprendere a giocare dopo aver saltato per alcune settimane, per provare a darsi una scossa, ma quella mattina i suoi scambi erano finiti quasi tutti contro la rete. Fred era affannato a causa dei chili di troppo e per questo ancora più irascibile del solito, Giuda si disse che strippato in quella sua maglietta aderente, resa quasi trasparente dall’abbondante quantità di sudore della quale era impregnata, somigliava a un ridicolo salsicciotto.

«Scusami ma non ci sono con la testa, è meglio se per oggi la finiamo qui» si giustificò incamminandosi verso lo spogliatoio.

Fino ad allora la doccia bollente del dopopartita si era sempre portata via stanchezza e pensieri per lasciargli addosso un senso di rilassato benessere, quella volta invece non aveva sortito alcun effetto. L’ombra scura che lo accompagnava da tempo gli era rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle, si domandò se sarebbe mai riuscito a ritrovare un briciolo di serenità.

«Se mi hai lasciato vincere così vuol dire che c’è proprio qualcosa che non va» osservò Fred continuando a fissarlo immusonito, quasi offeso, mentre si asciugava i capelli.

«Lo sai bene di cosa si tratta, sono molto preoccupato per Nicole. Tra poche settimane dovrebbe dare alla luce il bambino, ma alla visita periodica le hanno detto che probabilmente ci saranno problemi.»

«Che genere di problemi dovrebbero esserci?»

«Non ne ho idea, lei non vuole che l’accompagni alle visite e non parla praticamente più, si è completamente chiusa in sé stessa. Ogni volta che tento di affrontare l’argomento lo stronca sul nascere dicendo che andrà comunque tutto bene, ma io temo che non sarà così.»

«Ma com’è possibile, queste cose non accadono più da decenni!»

«E’ per via dell’aggressione. Le hanno detto che probabilmente il feto ha riportato alcuni danni, ma ancora non riusciamo a sapere in quale misura» gli spiegò Giuda. «Sono stato un vero idiota!» sbottò poi sferrando un pugno rabbioso all’armadietto metallico, «non avrei mai dovuto lasciare che entrasse in quella casa. E poi non mi era mai capitato di sentirmi così impotente, quel maledetto chip... »

«E’ per proprio per questo, che tutti ne abbiamo impiantato uno addosso. Il chip recepisce dalle Antenne il segnale che abbassa il livello della nostra aggressività e lo trasmette al nostro corpo. E come hai potuto sperimentare di persona, se questo non è sufficiente a farci stare buoni, scatena la produzione di acidi lattici che bloccano i tuoi muscoli tra crampi atroci. È proprio grazie al chip che la violenza è quasi del tutto scomparsa dalle nostre vite.»

«Questo lo sapevo già, ma non immaginavo che fosse così spaventosamente doloroso. In ogni caso, ho attirato mia moglie in quella trappola e poi non sono stato capace di difenderla, non sono riuscito a sparare un solo maledetto colpo di pistola. Adesso ho paura che perderà il bambino, se questo accadrà sarà stata tutta colpa mia.»

«Hai fatto quello che ritenevi giusto, non devi colpevolizzarti inutilmente. Sei soltanto un giornalista, non un soldato addestrato... e nessuno poteva sapere che quell’uomo avrebbe agito in quel modo» cercò di rincuorarlo Fred, posandogli una mano sulla spalla.

«Forse hai ragione tu» convenne Giuda per chiudere alla svelta il discorso. «Ma continuo a sentirmi un miserabile, anche se proprio non so cosa spinse Nicole a venire là quella sera.»

Prima di allora, i due non avevano mai parlato di quell’episodio. In una tacita tregua, Fred aveva perdonato l’amico per avergli soffiato il servizio e quest’ultimo non gli aveva mai chiesto perché se l’era preso tanto a cuore. Per di più Fred sapeva bene che non era stata colpa sua, per impedirgli di andare al posto suo era intervenuto addirittura l’Anziano in persona. Ripensando a quei fatti, Giuda rimase folgorato da una specie di illuminazione: quell’uomo dai capelli bianchi, che aveva maltrattato Nicole sotto a quel lampione finché Freddy non l’aveva tolta da sotto le sue grinfie, somigliava proprio a Sir Jonathan.

«A proposito, di che cosa stava discutendo con quell’uomo? E sopratutto, chi era?» domandò a Fred. Per un istante lui si fece ancora più rosso in viso, a causa dell’imbarazzo, Giuda ebbe l’impressione che volesse dirgli qualcosa per togliersi un peso ma che non ci riuscisse.

«Mi dispiace per Nicole, se posso fare qualcosa per aiutarti...» gli rispose infine l’amico.

Al controllo successivo, Giuda apprese che esisteva la seria possibilità che Nicole avrebbe perso il bambino, inoltre c’era anche un certo margine di rischio anche per la vita stessa di sua moglie. L’attesa per un evento così importante e lieto si era di colpo trasformato in un vero e proprio stillicidio di paura, lui si ritrovò a pensare che Lorentz aveva avuto ragione e che adesso si sarebbero ritrovati loro malgrado a capire il significato della parola “scegliere”.

Nicole cambiò totalmente e divenne distratta, perennemente persa a rincorrere orribili pensieri. Non si curava più della casa, aveva smesso di dipingere e aveva disdetto tutte le mostre in programma. I suoi occhi, un tempo così luminosi, adesso brillavano soltanto quando trascorreva il tempo davanti alla finestra a interrogare il cielo, ma era per colpa delle lacrime che spesso non riusciva a trattenere. Si stava lentamente chiudendo in un mondo tutto suo, Giuda non riusciva a trovare un modo per starle vicino e questo lo faceva sentire inutile, impotente. Al termine del lungo periodo di assenza, quindi, fu quasi felice di tornare al suo lavoro. Sperava che tenersi occupato con qualcosa l’avrebbe aiutato a stare meglio, ma il giorno stesso del suo rientro trovò ad attenderlo una sgradevolissima sorpresa.

Era pomeriggio inoltrato e lui stava lavorando al computer del suo piccolo ufficio, intento a rimettersi in pari, d’improvviso qualcuno bussò impetuosamente alla vetrata facendolo trasalire. Perplesso e spaventato, andò ad aprire la portafinestra che dava sulla terrazza e si trovò davanti Sir Jonathan, l’Anziano più conosciuto e più temuto per il suo rinomato rigore morale. Quell’uomo era a capo del Consiglio che riuniva i poteri politico e religioso della città, sulla sua persona giravano le voci più bizzarre. Per sentito dire, Giuda sapeva di lui che era intransigente verso gli altri quanto lo era verso sé stesso e che trascorreva gran parte dei suoi giorni e delle sue notti in preghiera. Lo lasciò entrare e lo seguì con lo sguardo, leggermente incuriosito perché prima di allora non l’aveva mai incontrato di persona. Sir Jonathan si fermò al centro della stanza e lo fissò intensamente, lui provò un disagio profondissimo. Trovò difficile sostenere lo sguardo dei suoi occhi grigi, dalla pupilla piccola come quella di un rettile e striati di venature rosse a causa delle notti insonni. Erano incastonati tra gli zigomi appuntiti e la fronte irta e bassa, sormontata da una zazzera di capelli così bianchi da sembrare artificiali. Il naso affilato faceva ombra sul viso ceruleo, che pareva tagliato trasversalmente dalle fini labbra violacee. Giuda lo invitò ad accomodarsi e ordinò al robot di portare il caffè, l’Anziano sedette e si complimentò con lui per i dipinti appesi alle pareti, che sapeva essere stati realizzati da sua moglie. Lo elogiò anche per alcuni dei suoi servizi, che a suo dire l’avevano colpito molto, poi cambiò bruscamente discorso e venne al reale motivo della visita.

«Si direbbe che nel suo articolo più tristemente famoso lei si sia lasciato prendere un po’ troppo la mano» considerò, Giuda notò che la sua voce profonda sembrava provenire da molto lontano e sentì il suo disagio accrescersi. «Forse ha accentuato un po’ troppo alcuni aspetti della questione» precisò Sir Jonathan in tono severo, per rispondere al suo sguardo interrogativo.

«Perdonatemi Eccellenza, ma non sono d’accordo. Sono sicuro di essermi limitato a raccontare gli avvenimenti con precisione, esattamente per come si sono svolti» replicò Giuda.

«Questo è quello che crede lei! Avanti lo rilegga con attenzione» gli propose l’altro con indulgenza, dopo una breve pausa. «Probabilmente, adesso che è trascorso del tempo da quando l’ha scritto, converrà con me che si tratta davvero di un articolo un po’ pesante» aggiunse mettendogli agli occhi davanti quella sfilza di parole che conosceva fin troppo bene. L’aveva scritto settimane prima durante la degenza in ospedale, era più che sicuro di aver fatto un preciso resoconto di cronaca, senza fronzoli.

«Non pensa di aver messo troppo in rilievo i sentimenti di quello che in fondo era soltanto un folle assassino, oltre alle sue impressioni personali? La sua esposizione dei fatti è troppo violenta, nessun cittadino è abituato a venire a contatto con fatti di una tale intensità emotiva. La gente adesso è terrorizzata, molti chiedono l’intervento dei Signori dell’Ordine non appena assistono a un fatto apparentemente fuori della norma o appena vedono qualcuno comportarsi in modo un po’ strano. Sembra che improvvisamente abbiamo fatto un salto all’indietro di oltre mille anni, sembra che siamo tornati al tempo delle streghe e degli untori» concluse gravemente l’Anziano scuotendo la testa.

Giuda non sapeva dove l’altro volesse arrivare, ma era convinto che la sua fosse una visita confidenziale e così si sentì libero di dirgli quello che pensava. In fondo, si disse, la colpa dell’accaduto non era sua ma delle forze dell’ordine che non avevano svolto a dovere il loro compito.

«La verità pura e semplice è che io, e nessun altro, ero rinchiuso in una stanza con uno squilibrato che mi puntava una pistola alla tempia. Uno psicopatico che oltre a uccidere due agenti ha fatto del male a me e soprattutto a mia moglie. Non ho travisato proprio niente, ho soltanto reso la cronaca di quello che è accaduto, senza aggiungere nulla di più né di diverso. Quelli che adesso vivono nel terrore siamo io e mia moglie, siamo noi quelli che si svegliano gridando nel bel mezzo della notte.»

«A proposito di Nicole, ho saputo che rischia di perdere il bambino e questo mi addolora molto. Penso proprio lei non avrebbe dovuto lasciarla entrare in quella casa» osservò l’Anziano senza neanche curarsi di guardarlo in faccia, quelle parole dette con noncuranza furono per Giuda come un pugno in pieno stomaco. Ebbe l’impressione che le avesse pronunciate quasi con cattiveria, tanto per provocarlo, lui provò l’impulso di cacciarlo via a calci.

«Immagino che in questo momento lei sia molto turbato,» continuò Sir Jonathan, «percepisco in lei anche un certo astio. Posso persino arrivare a comprenderla, sotto un certo punto di vista, ma non posso certo permettermi di condividerla. Quindi, la invito a non commettere gesti di cui in futuro potrebbe pentirsi. In ogni caso, le prometto che la sua famiglia sarà assistita nel miglior modo possibile. Le garantisco che di tutta questa storia, col tempo, le resterà soltanto un brutto ricordo che sbiadirà lentamente fino a scomparire del tutto» disse, poi fece una pausa per andare a regolare l’oscurità della vetrata. Smorzò la luce intensa del Sole, che adesso entrava prepotente a creare fastidiosi riflessi sulle pareti metalliche, e quando la penombra riempì la stanza Giuda lo guardò incredulo. La figura di spalle, immersa nella semioscurità, era terribilmente simile a quella dell’uomo che quella sera aveva aggredito Nicole sul retro di quella casa.

«Capisco che per certi versi lei ha ragione, avete davvero vissuto una vicenda terribile e la vostra situazione non è facile» riprese mostrandosi lievemente indulgente, quasi come se nel fare quell’ammissione gli stesse facendo un favore, «ma ha comunque raccontato tutta la storia in modo troppo... appassionato, ecco la parola giusta. E tirando fuori la storia degli espianti agli ibernati ha fatto quasi apparire quell’uomo come una vittima, quando in realtà ha rischiato di essere il suo carnefice. Ed è pericoloso rimuovere certezze dalla mente della gente per sostituirle con dei dubbi, peraltro totalmente infondati. E’ pericoloso mettere a rischio l’ordine pubblico per narrare in chiave di pathos la storia di uno psicopatico, non dimentichi che senza l’intervento dei Tiratori Scelti avrebbe ucciso anche con lei e sua moglie.»

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