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Conquista Di Mezzanotte
“Non farò alcuno sforzo di presentarlo ai miei contatti reali, se non darà prova di essere maturo.” Parlan si voltò verso Munro ed incrociò le braccia sul petto nell'atteggiamento che Davina conosceva molto bene e che dimostrava la sua determinazione su quella faccenda. “E faresti bene a chiudergli i forzieri. Come ben sai, ha già attinto alla dote di Davina.”
“Sì, Parlan. Io...”
“Per favore, padre!” protestò Ian.
“Tieni a freno la lingua, ragazzo, o te la taglio!” Munro fulminò il figlio con lo sguardo, finché non abbassò la testa.
Il cuore martellante di Davina la lasciò senza fiato per la paura di essere scoperta e per la rara visione di suo marito così sottomesso. Rischiò quasi di svenire per quel misto di eccitazione e trepidazione che crescevano dentro di lei. Quante volte suo marito l'aveva fatta sentire in quello stesso modo? Quante volte l'aveva zittita con mano pesante? Vedere Ian sottomesso ad un'altra autorità le fece venire voglia di applaudire. Eppure, le sue membra tremavano al pensiero che Ian potesse scoprirla mentre assisteva a quel momento e si godeva la propria vittoria privata sulla sua disciplina. Si sforzò di rimanere una spettatrice silenziosa.
Parlan aggrottò la fronte pensieroso, osservando Ian e Munro. Quando quest'ultimo sembrò sicuro che il figlio sarebbe rimasto zitto, rivolse di nuovo l'attenzione verso Parlan. “Temo che tu abbia ragione, Parlan. Avevo sperato che limitasse le spese, e vorrei poter dire dove finisce tutto questo denaro...” Fulminò il figlio con lo sguardo. “Ma sono d'accordo con quello che suggerisci di fare.”
“Ho provato, padre!” esclamò Ian. “Non ho dato prova di essere un marito migliore?”
Munro fece un passo avanti e schiaffeggiò il figlio con il dorso della mano, facendo piegare la testa di Ian su un lato e spargendo sangue sul pavimento di pietra. La coscienza di Davina provò un lieve senso di colpa, perché lei stava godendo della situazione del marito. Nello stesso tempo, si chiese cosa lui potesse intendere con “un marito migliore.” Semmai, Ian era diventato più brutale negli ultimi quattro mesi, più o meno. Pensava che imporre una disciplina più severa alla moglie fosse la qualità di un marito saggio? Munro sollevò il pugno e Ian si fece scudo contro un altro colpo.
“Basta!” abbaiò Parlan. “Ora posso vedere da chi ha imparato tuo figlio la sua idea di disciplina.”
Munro si raddrizzò in tutta la sua altezza, spingendo il petto in fuori in segno di sfida. “La disciplina severa è l'unica cosa a cui darà ascolto, Parlan. Puoi fidarti di me.”
“Potrà anche essere così, visto che io non conosco tuo figlio abbastanza bene, ma conosco Davina e quel tipo di punizione non è necessaria per lei. Anche se può essere piuttosto drammatica, è una donna ragionevole, con la quale si può parlare. Capisco che un uomo abbia il diritto di fare quello che vuole con la propria moglie e che ad alcune donne sia necessario insegnare la disciplina con un po' di forza, ma non è il caso di mia figlia.”
Davina si sforzò di vedere attraverso le lacrime che le avevano riempito gli occhi per la difesa di suo padre. Non si era resa conto che suo padre sapesse tutto. L'orgoglio e il sollievo che le gonfiarono il petto le avrebbero sicuramente spezzato la cassa toracica!
“Abbiamo stipulato questo contratto matrimoniale a vantaggio di entrambi,” continuò Parlan. “Visto che io sono il cugino di secondo grado del re Giacomo, ciò vi offre legami importanti. I Russell hanno ricchezze da investire ed opportunità di affari per me e mio figlio Kehr.” Si avvicinò a Munro con occhi minacciosi e la voce ridotta ad un sussurro, perciò Davina ebbe qualche difficoltà a sentirlo. “Ma non ho contrattato la brutalità contro mia figlia, in questo scambio.”
Munro guardò il figlio in cagnesco. “Parlan, di prego di nuovo di perdonare mio figlio.” Si voltò verso il padre di Davina, con un atteggiamento più contrito. “E ti imploro di perdonare anche me, per qualsiasi cosa io possa aver fatto per contribuire all'eccessivo zelo di mio figlio nei suoi doveri coniugali.”
Un brivido attraversò Davina. Anche se Munro sembrava sincero- e l'espressione di consenso sul viso di suo padre indicava che lui credeva al suocero di Davina- Ian assumeva troppo spesso quello stesso tono di finta umiltà. Tuttavia, quell'umiltà si rivelava sempre come una maschera elaborata. Persino le sue parole dimostravano che non pensava di essere in difetto: “Qualsiasi cosa io possa aver fatto...” Nei quattordici mesi da quando Davina e Ian si erano sposati, lei aveva imparato che quei segni velati miravano ad attirare la comprensione e l'arrendevolezza, ma in verità erano indici della verità dietro la facciata.
Munro rivolse i suoi occhi penetranti verso Ian, continuando a parlare. “Per dimostrarti i miei sforzi di sistemare le cose, Parlan, farò proprio come suggerisci e chiuderò i forzieri a mio figlio.” Un lieve accenno di soddisfatta compiacenza si diffuse nei lineamenti di Munro, per la propria posizione di potere sul figlio. Davina notò facilmente che il corpo di Ian stava tremando di rabbia repressa, con le mani strette a pugno dietro la schiena. Fu colta da un terribile presentimento, come se l'acqua ghiacciata di una corrente invernale la facesse sprofondare in una profonda oscurità. Sarebbe diventata sicuramente l'oggetto della frustrazione del marito, una volta rimasti soli e ritornati nella loro fredda dimora.
Aggrappati a quell'immagine di forza, canticchiò Davina nella mente, come aveva già fatto innumerevoli volte, e quella forza consisteva nella voce e nel viso di Broderick. Ogni volta che il dolore o la disperazione minacciavano di consumarla e di farla impazzire, si concentrava su quei capelli rosso fuoco, sull'ampio petto e sulle braccia forti che la circondavano in un bozzolo sicuro e sulle labbra piene di Broderick che le imprimevano un bacio confortante sulla fronte. Lui non l'avrebbe mai trattata come la trattava Ian e Davina si rifugiava nella fantasia di essere la moglie del gitano. In quel mondo, in quel reame della fantasia, Ian non poteva toccarla, spezzarle l'animo o distruggere il suo orgoglio.
Girando sul tallone, Munro guardò di nuovo in faccia Parlan ed annuì brevemente, attirando l'attenzione di Davina. “E' veramente un saggio consiglio e mi vergogno di non averci pensato prima.”
“Ci sono altre responsabilità, oltre all'amministrazione delle finanze, Ian.” Parlan era in piedi davanti al genero e guardava in cagnesco il suo capo piegato. “Davina ha un cuore gentile, un animo amorevole...”
“Tutte ulteriori ragioni per le quali sono molto felice di questa unione,” lo interruppe Munro, fermandosi accanto a Ian. “Lei è la mano tenera che domerà la bestia dentro mio figlio. Sono sicuro che tu abbia visto la saggezza in tutto ciò e che questo sia il motivo per cui hai acconsentito a questa unione. Davina riuscirà a trasformare mio figlio in un marito e un padre amorevole.”
Il viso di Parlan si adombrò e lui si avvicinò ad un soffio dai due uomini. Li osservò, poi i suoi occhi si posarono su Ian, che incrociò il suo sguardo. “E' difficile diventare padre, Ian, quando si picchia il vaso che contiene il tuo bambino.”
Davina usò la manica del vestito per asciugarsi le lacrime di sollievo. La solitudine era stata la sua unica compagna sotto le mani brutali del marito, e il bambino mai nato che aveva perso le causava più dolore di quanto potesse sopportare. Non aveva idea che suo padre sapesse cosa aveva dovuto sopportare. Ian la minacciava ripetutamente, affermando di svolgere solo il dovere di un marito che punisce la moglie disobbediente, e se lei avesse raccontato a qualcuno di quelle continue punizioni ben meritate, lo avrebbe rimpianto. Visto che combattere contro di lui sembrava solo aumentare il suo predominio, Davina aveva iniziato a pensare di avere torto e di aver provocato la rabbia del marito contro di lei. Dopotutto, molte delle sue cugine parlavano delle punizioni che tutte le donne devono sopportare per mano dei mariti, anche i metodi crudeli con i quali i loro mariti le portavano a letto. Perché la sua situazione avrebbe dovuto essere diversa?
Davina era sempre in guardia, a causa dell'umore instabile del marito. Qualche volta lui dimostrava un'attenzione amorevole e le sussurrava promesse; l'attimo dopo le dava la colpa di qualsiasi cosa gli rovinasse l'umore. Le girava la testa per quel torrente di accuse diverse e di ragioni per quel carattere mutevole. A volte, Davina non riusciva a distinguere l'alto dal basso ed ogni raziocinio veniva meno, nel caos della sua situazione. Quando vide suo padre venire in sua difesa e apprese che lui aveva occhi capaci di scorgere la verità, si aggrappò alla parete per calmare le gambe rese instabili da un puro sollievo. Non era pazza1 Non era colpa sua!
“Tieniti i forzieri, quindi, Munro. Fino a quando Ian non si sarò dimostrato più gentile con Davina, lei tornerà a stare qui e il corteggiamento ricomincerà da capo.”
Ian voltò la testa di scatto verso suo padre e Munro restò a bocca aperta. “Credo che adesso tu stia andando troppo oltre, Parlan. Non c'è bisogno di sconvolgere Davina, facendola ritornare qui e imponendole l'instabilità di una vita domestica mutevole.”
“Una vita domestica sicura e piena d'amore è meglio della prigionia che ha sopportato sotto il tuo tetto. Darò disposizioni affinché le sue cose siano riportate qui immediatamente.” Parlan strinse lo sguardo su Ian. “Se sei avido di legami con la corona, ragazzo, farai meglio a dimostrare di essere un marito innamorato e di meritare il frutto dei miei nipoti.”
Davina lottò per calmare il rimbombare del suo cuore, che batteva fuori controllo. Sarebbe stata a casa!
“Parlan.” Munro posò una mano tranquillizzante sulla spalla del padre di Davina. “Posso assicurarti che Davina sarà al sicuro sotto il mio tetto. Ora che sono al corrente della situazione...”
“Il maltrattamento è andato avanti sotto il tuo naso e tu non hai saputo vederlo!” ruggì Parlan.
Munro chinò la testa, indietreggiò e annuì. “Hai ragione, Parlan. Non posso esprimere il mio rammarico per avere ignorato il dolore che ho causato alla tua preziosa figlia. Sono giunto a considerare Davina come la figlia che ho sempre desiderato e mi dispiace che mia moglie non abbia vissuto abbastanza da conoscerla.” Munro si voltò e iniziò a camminare avanti e indietro con un'espressione affranta e le mani dietro la schiena: l'immagine stessa del pentimento. “Credo che se Ian fosse stato influenzato dall'amore di mia moglie, avrebbe imparato ad essere un marito più gentile. Temo di essere stato troppo occupato con gli affari riguardanti le mie proprietà e la ricchezza, per passare del tempo con lui, quindi sono venuto meno al mio dovere di insegnargli queste cose.” Munro sostenne la propria causa, rivolgendo a Parlan uno sguardo addolorato. “Capisco la tua decisione e non mi opporrò, se vorrai mantenere questa posizione. Nonostante ciò, ti imploro di darmi la possibilità di sistemare le cose. Ho aperto gli occhi e sarò il protettore di Davina. Manterrò il controllo su Ian.”
Davina aspettava con il fiato bloccato nel petto, osando sperare nella sicurezza che suo padre le offriva. Gli attimi si allungarono all'infinito, mentre guardava Parlan riflettere sulle parole di Munro. Con un profondo sospiro, Parlan annuì. “Te lo concedo.”
Davina restò a bocca aperta e il suo cuore precipitò nel più profondo del suo essere.
“Ad una condizione: resterete tutti qui come nostri ospiti per due settimane o persino di più. Desidero passare del tempo con mia figlia, darle la possibilità di una tregua ed osservare per un certo periodo tuo figlio.” Parlan puntò il dito verso il viso di Munro e fece una smorfia. “Ma se vedrò il minimo accenno di dolore negli occhi di mia figlia o anche il più piccolo segno sul suo corpo, se non vedrò il suo comportamento trasformarsi in quello di una donna beatamente felice in breve tempo, scioglierò questo matrimonio e non mi importa dello scandalo che ciò potrà causare o di quanto potrà costarmi.”
Munro strinse la mascella e i suoi occhi divennero freddi. “Sì, sono sicuro che lo scandalo sia qualcosa che sei pronto ad affrontare, considerate le tue origini.”
Il volto di Parlan divenne scarlatto. “Nonostante le mie origini, io sono ancora quello con i legami con la Corona e non solo grazie alla mia nascita illegittima. Condividere la nursery ed essere cugino stretto di colui che è attualmente sul trono ha i suoi vantaggi.”
I due uomini si fissarono in uno scontro silenzioso, ma alla fine un ampio sorriso si allargò sul viso di Munro. “Non preoccuparti, amico mio! Non sarai deluso. Ian sarà un genero modello e noi avremo molti nipoti dei quali esser fieri!” Le pacche sonore di Munro sulla schiena di Parlan non riuscirono a cancellare la linea determinata della bocca di quest'ultimo, che tuttavia annuì di nuovo in assenso.
Davina inghiottì le nuove lacrime di sgomento che minacciavano di tradirla. Retrocedendo dalla soglia, percorse il corridoio in silenzio e si allontanò da quell'incontro tra uomini, quell'insieme di potere maschile che le imponeva una vita dominata dal destino. Barcollò nella cucina, poi all'esterno nel cortile deserto e dietro le scuderie, mentre il suo cuore sprofondava ancora di più all'idea della protezione di Munro, nella quale non credeva affatto. Davina non aveva mai detto niente a suo padre, e Parlan era venuto a sapere che Ian la maltrattava durante le poche visite che i suoi genitori le avevano fatto, o durante le brevi visite che lei e il marito avevano fatto a casa. Com'era possibile che Munro fingesse di ignorare ciò che avveniva sotto il suo stesso tetto? Si lasciò cadere su un piccolo mucchio di paglia dietro alcuni barili di acqua piovana, avvicinò le ginocchia al petto e nascose il viso tra le braccia, lasciando scorrere le lacrime.
Non si era confidata con suo fratello Kehr neppure una volta durante quell'orribile farsa di matrimonio. Persino adesso, non poteva andare da lui, perché Kehr si trovava ad Edimburgo, ad almeno tre giorni di viaggio dalla loro casa a Stewart Glen. In quel momento Davina non riusciva a capire la ragione per la quale non aveva mai condiviso i suoi guai riguardo a Ian con il fratello. Gli aveva sempre raccontato tutto, incluse le sue fantasie di diventare la moglie dello zingaro indovino. Non i dettagli più intimi, ovviamente, ma l'idea che lui sarebbe tornato e le avrebbe dichiarato il vero amore. Era stata felice che suo fratello accettasse i suoi sogni, anche se ogni tanto la prendeva in giro. Kehr l'aveva sempre sostenuta, ma l'aveva ammonita di non farsi intrappolare eccessivamente nel mondo dei sogni. Dopotutto, erano solo fantasia.
Trasse un profondo respiro per calmare il battito del cuore e le mani tremanti, cercando quelle fantasie per alleviare le preoccupazioni. Che impressione aveva fatto su di lei, quello zingaro gigante che prediceva la sorte! Aveva fatto molte visite all'accampamento degli zingari durante il loro ultimo soggiorno e aveva conversato con Amice, mentre sorseggiavano il tè accanto al fuoco. Broderick andava e veniva senza quasi degnare Davina di uno sguardo, prediceva la sorte e andava avanti con le sue occupazioni. Troppo timida per rivolgergli direttamente la parola, Davina approfittava di ogni opportunità per vederlo e la sua infatuazione cresceva. E quando lui le rivolgeva la parola, lei non riusciva a mettere insieme più di due parole senza una raffica di risatine. Tuttavia, aveva memorizzato ogni lineamento del viso di Broderick: la curva del suo naso aquilino, il bell'angolo dei suoi zigomi, la linea dritta della sua mascella squadrata. Alla tenera età di tredici anni, l'innocenza e la mancanza di esperienza davano ai suoi sogni il gusto di passeggiate attraverso le foreste illuminate dalla luna e baci rubati. Mentre cresceva, quelle fantasie erano maturate e bruciavano di abbracci pieni di passione. Amice aveva detto che sarebbero tornati. Negli otto anni trascorsi da quando lo aveva incontrato, ogni gruppo di zingari che attraversava il loro piccolo villaggio di Stewart Glen le incendiava il cuore, ma la delusione di non vedere Broderick tra loro gettava acqua su quel fuoco. Quando suo padre aveva stipulato il contratto matrimoniale con Munro e aveva concesso la sua mano a Ian, lei si era costretta ad abbandonare i sogni ed era giunta alla conclusione realistica di dover mettere da parte i capricci, come le consigliava suo fratello.
Tuttavia, la tetra realtà della sua unione con Ian aveva fatto rinascere quelle fantasie, alle quali si aggrappava come alla vita.
Dei gattini miagolarono da qualche parte nelle scuderie: i loro piccoli versi impotenti attirarono la sua attenzione e le fecero sollevare gli angoli della bocca dalla compassione. Sospirò. Almeno il suo cuore aveva smesso di martellare e le sue mani erano di nuovo ferme.
Appoggiò la testa contro la struttura di legno delle scuderie e fissò le pietre del muro perimetrale dall'altra parte... pietre che suo padre aveva disposto con le sue stesse mani. Sorrise al ricordo del suo tentativo di progettare l'apertura segreta situata sul lato nord del muro perimetrale, alle spalle dei loro terreni, proprio alla sinistra di Davina. Suo padre si era lamentato di quanto fossero imperfetti i meccanismi. Kehr e Davina si erano divertiti ad usare quel passaggio negli anni, anche se il padre li aveva ammoniti severamente di non rivelare dove si trovava. Anche se la loro casa non era stata progettata per essere una formidabile fortezza contro un esercito, le mura li tenevano al sicuro, indirizzando il traffico verso i cancelli anteriori. Parlan si era sempre preoccupato della propria famiglia, come dovrebbe fare un padre responsabile.
Davina sobbalzò a un rumore dall'altra parte del muro e si portò la mano al petto, costringendo il respiro a rallentare. Senza muovere un muscolo o osare respirare, aspettò che qualche altro rumore rivelasse cosa era successo. Il sangue scomparve dal suo viso quando il borbottio di Ian le giunse alle orecchie. Delle proteste profonde e nervose si levarono dai cavalli nelle scuderie, quando Ian prese a calci quelli che sembravano dei secchi o degli sgabelli. “Puttana! Tutto questo è colpa sua!” Il rumore delle fibbie e dei finimenti risuonò nella confusione. “Stai fermo, stupido animale!”
Davina si rannicchiò a terra dove era seduta e sbirciò attraverso le fessure degli infissi nell'apertura sopra di lei. Ian faticava a sellare il cavallo. Lei sobbalzava ad ogni strattone e spinta che il cavallo subiva dal padrone, fino a quando lo stalliere Fife non si schiarì la gola, entrando nel box. “Posso esservi di aiuto, padron Ian?”
Ian si ritrasse al suono della voce di Fife, poi trasse un respiro per calmarsi, allontanandosi dal cavallo. “Sì Fife, lo apprezzerei.”
Il cuore di Davina si contorse alla vista del bel sorriso di Ian e della sua aria affascinante. Era stato così con lei, durante il corteggiamento, ma adesso mostrava quel lato della sua personalità a tutti, tranne che a lei. La gente non poteva sospettare che un uomo crudele si nascondesse sotto quell'aspetto attraente.
“C'è qualcosa che vi preoccupa, padron Ian?” Fife si strofinò il naso largo e rotondo, stringendo gli occhi segnati dall'età, mentre accarezzava il collo del cavallo e si spostava dall'altro lato, per allacciare le cinghie di cuoio.
“Oh, solo un piccolo disaccordo con mio padre. Niente di serio.” Ian sorrise e scosse la testa. “Mi chiedo se si smetta mai di avere disaccordi con i genitori.”
Fife ridacchiò e scosse la testa, abbassando la guardia. “E' una battaglia infinita che dobbiamo sopportare per tutta la vita, ragazzo. Tutta la vita.” Risero entrambi per quella saggezza. Fife porse le redini a Ian. “Andateci piano con lei, padron Ian. Fate una bella cavalcata, per alleviare la tensione, e ritornate in tempo per la cena.”
Ian scosse la testa di buon umore e salì in sella con il suo corpo snello. “Mi sembra di avere più di un padre qui, visto che voi e Parlan mi siete così affezionati.”
“Ci stiamo semplicemente prendendo cura di voi, padron Ian.” Fife salutò con la mano, guardando Ian che girava il cavallo e si dirigeva verso il cancello anteriore. “Bravo ragazzo,”sussurrò mentre sistemava le scuderie.
Davina si morse il labbro inferiore dalla frustrazione. Era l'unica a riconoscere la crudeltà di Ian? Stringendo i pugni, uscì a passo di marcia da dietro le scuderie e si diresse verso il castello; Fife le rivolse uno sguardo stupito quando Davina chiuse la porta dietro di sé. No, non era l'unica. Suo padre aveva occhi per vedere e si sarebbe assicurata che sapesse fino a che punto poteva arrivare la brutalità del marito.
Si diresse immediatamente nel salotto, ma trovò la stanza vuota e il fuoco che bruciava ancora nel camino. Girò sui tacchi e si scontrò quasi con sua madre.
“Oh! Davina, mi hai spaventata!” Lilias si posò una mano sul petto e trattenne il respiro. “Tuo padre mi ha mandata a cercarti.”
“Lo stavo proprio cercando anch'io.”
Lilias prese sua figlia per mano e la condusse attraverso il pianterreno della loro casa fino al primo piano, che ospitava le camere da letto private. Ogni pietra che superavano lungo la strada verso la camera dei genitori ricordava a Davina l'orgoglio negli sforzi di suo padre e la propria fiducia nella sua saggezza, che avrebbe dato ascolto alle suppliche della figlia.
Quando Lilias aprì la porta della camera da letto, sospinse Davina nella stanza, chiuse la pesante porta dietro di loro e si sedette sul divanetto accanto al fuoco, occupando un posto tranquillo ma di sostegno al fianco del marito. Parlan era in piedi davanti al camino, con le spalle alla porta, in un atteggiamento simile a quello che aveva tenuto nel salotto. “Non so con certezza quanto tu abbia sentito fuori dal salotto, Davina, ma mi dispiace che la conversazione ti abbia sconvolta così tanto.” Si voltò a guardarla, aggrottando la fronte per il dispiacere. “Non temere, ero l'unico testimone della tua fuga in preda alle lacrime.” Le sue ultime parole furono un sussurro confortante.
Davina mise il labbro tremante tra i denti, per calmarlo, e si dimostrò forte davanti al padre. “Non si tratta di niente che tu abbia provocato, padre. Sono felice di sapere che sei al corrente della mia situazione.” Le tremava la voce, ma si schiarì la gola e trattenne le lacrime. “Stavo andando nel salotto, per prendere il mio lavoro di ricamo, quando mio suocero ti ha implorato di perdonare mio marito.”
Parlan inarcò le sopracciglia, apparentemente sorpreso che lei avesse sentito tutto ciò. Annuì. “Allora sei al corrente della punizione di Ian, per la sua incapacità di affrontare le responsabilità.”
Davina annuì.
Dopo una lunga pausa, suo padre disse: “Mi rendo conto che le condizioni di questo accordo suonano come se ti stessi rimandando indietro nella tana del leone.” Parlan osservò il morbido cuoio marrone dei suoi stivali, prima di guardarla di nuovo negli occhi. “Ian non è affatto felice della stretta al suo borsellino, che Munro gli imporrà, ne sono sicuro. Per questo ho insistito che restassero qui, sotto il mio tetto, in modo da offrirti una certa sicurezza e assicurarti che sarai protetta.”
Davina diede libero sfogo al suo dolore. “Per favore, padre, fai che io non debba sopportare un istante di più di questa unione! Non possiamo fare come hai detto e sciogliere il matrimonio?”
Parlan strinse la mascella e rivolse uno sguardo dispiaciuto alla moglie. Lilias gli afferrò la mano e sembrò offrirgli il proprio sostegno. “Davina, i Russell offrono delle immense opportunità di affari, sia per me che per tuo fratello e io non potrò affidarmi per sempre a mio cugino il re. Dobbiamo sforzarci di aumentare da soli i nostri possedimenti.” Si concentrò di nuovo su Davina, le si avvicinò e le prese entrambe le mani nelle sue. “Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare una dose maggiore di maltrattamenti da parte di tuo marito, rispetto a tutte le altre donne. Ora che non posso più fingere di ignorare questo suo comportamento, spero che potrai perdonarmi per non avere detto niente prima. Prenderò delle misure che ti assicurino la protezione e, con il tuo aiuto, penso che riusciremo a fare funzionare questa faccenda.”
Davina dovette fare un grande sforzo per riuscire a parlare, a causa del groppo che le si era formato in gola. “Sii la mano gentile che domerà la bestia,” sussurrò, ripetendo le parole di suo suocero.