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Conquista Di Mezzanotte
Broderick lasciò andare la mano, lo afferrò per il colletto della camicia macchiata di grasso e lo sollevò da terra, avvicinando il viso dell'uomo al suo. I suoni e gli odori della paura sembravano una sinfonia per i sensi di Broderick. Chiuse gli occhi e si godette la melodia. Il cuore dell'uomo batteva con una cadenza colma di paura; il suo sangue faceva il coro attraverso il suo corpo, riscaldando la pelle. Inalando a fondo il calore che gli accarezzava il viso e le narici, Broderick accolse la Fame che cresceva dentro di lui, mentre un prurito familiare gli solleticava le gengive e gli incisivi si allungavano. Il suo corpo tremava dal desiderio di sangue. Broderick ringhiò contro quell'uomo, fin troppo bramoso di soddisfare la Fame. Sorridendo soddisfatto, mostrò le zanne perché il tipo le vedesse.
Il codardo spalancò gli occhi, spinse e scalciò contro Broderick, cercando di scappare, mentre le sue grida agghiaccianti vibravano nel vicolo. Tuttavia, non appena iniziarono le urla, Broderick lanciò l'uomo contro il muro, riducendolo al silenzio. Gemendo per l'impatto, quest'ultimo si contorse agonizzante sul pavimento del vicolo. Broderick lo rimise in piedi: adesso la sua vittima era più arrendevole, quindi gli afferrò il viso, costringendolo a fissarlo negli occhi. Girandogli il volto da un lato, affondò le zanne nella gola dell'uomo.
Nutrirsi delle sue vittime gli concedeva l'accesso completo ai ricordi delle loro vite.
Una volta che Broderick si era cibato di qualcuno, non c'erano più segreti. Veniva a sapere tutto di loro, fino al momento in cui si era nutrito... e in quegli istanti, avrebbe voluto bloccare alcune delle loro esperienze. Broderick era spettatore di immagini orribili! Anche se quell'uomo era stato una vittima da bambino, una volta cresciuto aveva molestato abbondantemente ed abusato di bambini di ogni età e di entrambi i sessi. E peggio ancora, regnava su un gruppetto di bambini provenienti da Strathbogie, una città più grande, e vendeva i loro corpi in cambio di denaro a uomini e donne perversi della Corte, aristocratici che si eccitavano per il piacere di conoscere il corpo di un bambino. Il bambino di quella sera, nel vicolo, era uno dei pochi che facevano parte del nuovo gruppo organizzato a Stewart Glen.
Broderick riempì la mente dell'uomo con immagini terrificanti dell'inferno, dei demoni e della tortura eterna- quel tipo di tortura e abuso che l'uomo infliggeva a quei bambini. Lo avrebbe voluto prosciugare del sangue che ancora rimaneva nel suo corpo. Tuttavia, prima di reclamare la sua vita, riuscì a controllare la Fame e si costrinse a fermarsi, lasciando cadere l'uomo tra la sporcizia.
Broderick aveva già prosciugato l'uomo più del dovuto e immaginava che la guarigione sarebbe stata più lenta del solito, ma aveva smesso di nutrirsi in tempo. Non aveva ancora raggiunto il punto di non-ritorno. Se l'uomo temeva un possibile futuro, come Broderick sperava, si sarebbe nascosto per un po', per rimettersi in salute. Sarebbe sopravvissuto. Broderick sbuffò. Se la fortuna avesse avuto qualche influenza, quell'uomo non sarebbe riuscito a sopravvivere ai propri peccati e si sarebbe tolto la vita. Ma anche se Broderick pensava che la morte di quell'uomo sarebbe stata un atto di giustizia, non aveva il diritto di porre fine alla sua esistenza pietosa.
Voltandosi verso il bambino, Broderick gli si avvicinò, ma quello si rannicchiò ancora di più nell'angolo. “So che sei terrorizzato. Per favore, devi credermi se ti dico che non ti farò del male.”
Il bimbo rimase al suo posto.
Broderick provò per la seconda volta, ma nessuno dei suoi tentativi di convincere il bambino ebbe successo. Tuttavia, non poteva lasciarlo con quei terribili ricordi. Come un serpente che si avventa sulla preda, Broderick strappò il ragazzino dalle ombre e lo tenne tra le braccia. Prima che il bambino potesse capire cos'era successo e iniziasse a gridare, gli premette il palmo sulla fronte e chiuse gli occhi. Concentrandosi profondamente, cullò il bambino fino a farlo scivolare in un sonno profondo.
“Non ricordare nulla, piccolo,” sussurrò Broderick, cancellandogli quell'esperienza dalla mente.
Posò poi il corpo zoppicante del bimbo in terra, nel vicolo, e controllò le sue ferite. Estrasse il pugnale dallo sporran, si incise il palmo e premette il suo sangue immortale sulle piaghe del bambino, come un unguento. Le ferite guarirono in pochi istanti, come se non ci fossero mai state. Anche il taglio di Broderick guarì alla stessa velocità e lui riaprì la lesione più di una volta, per continuare a versare il sangue sulle ferite. Quando ebbe terminato, sistemò di nuovo il bimbo nell'angolo con gentilezza, rannicchiandolo in una posizione adatta al sonno, poi gli mise qualche billon penny nella tasca. Il ragazzino si sarebbe risvegliato da quella prova come se quell'esperienza fosse stata un terribile incubo. Si sarebbe solo chiesto da dove venivano le monete che aveva in tasca.
Broderick si voltò quindi verso il codardo che giaceva inerme nel vicolo, immerse un pollice e spalmò il suo sangue immortale sulle due piccole ferite sul collo dell'uomo. Si caricò quel tipo sulla spalla e lo trasportò fino ai margini della cittadina. Non voleva che fosse nei dintorni del bambino, quando si fosse svegliato. Provando ben pochi rimorsi gettò l'uomo tra i cespugli lungo la strada che conduceva a nord, verso Strathbogie.
Quando Broderick tornò all'accampamento degli zingari, Amice lo accolse con la fronte aggrottata. “Va tutto bene, figlio mio? Sembri scosso.”
“Sì, Amice. Tutto bene.” Broderick si costrinse a sorridere e baciò Amice sulla testa, poi scomparve nella tenda. Amice conosceva il suo umore, ma sapeva anche quando era meglio tenersi a distanza. Non l'avrebbe seguito nella tenda e non avrebbe insistito per avere più informazioni.
Broderick chiuse gli occhi, maledicendo le proprie emozioni. L'ira che aveva liberamente sfogato sulla sua vittima, quella sera, era una conseguenza del suo fallimento nell'inseguire la persona di cui aveva avvertito la presenza. Si meritava quello che aveva ottenuto. Riaprì gli occhi e camminò avanti e indietro nella tenda, mentre un malessere gli formicolava nelle membra. Un uomo della sua taglia così meditabondo, non sarebbe riuscito a spingere i clienti ad essere generosi con il denaro, quindi si concesse un attimo per calmarsi e prepararsi a quella serata di previsioni del futuro, assicurandosi di mantenere i sensi in allerta. Si sedette dietro il tavolino sul cavalletto, con gli occhi chiusi e le braccia conserte. Fece un respiro profondo e confortante ed immaginò la tensione abbandonare il suo corpo come la sabbia attraverso un setaccio.
Sì, lascia andare tutto quanto. Meditare sul suo sogno sarebbe stata una piacevole distrazione. Un sorriso si formò sulle sue labbra.
“Davina!” chiamò Lilias, distogliendo l'attenzione della figlia dallo spettacolo sbalorditivo di un uomo che si metteva una torcia infuocata in bocca. Lilias era ferma davanti a uno zingaro che aveva le braccia traboccanti di nastri e fece cenno a Davina si andare da lei.
Davina si allontanò dallo spettacolo con molta riluttanza e si spostò nel punto in cui Lilias stava parlando con lo zingaro carico di nastri. “Oh, questi sembrano molto meglio di quelli che abbiamo visto questo pomeriggio,” concordò Davina.
Lilias era in estasi davanti a quella ricchezza di colori, alla varietà dei materiali e dei modelli e prese tutti quelli che riuscì ad infilare nella borsa. Pagò il mercante, poi lei e Davina si avviarono verso le altre tende, ammirando i gingilli e le merci provenienti da ogni angolo della terra. Davina tenne gli occhi ben aperti per tutto il tempo, cercando la vecchia zingara e il suo carrozzone mistico. Non aveva idea di dove fosse finita Rosselyn.
Lilias e Davina osservarono un arrotino molto esperto, che affilava una lama fino a farla brillare, poi si tennero i borsellini stretti contro il corpo, quando Lilias sorprese un ragazzino che tagliava un sacchetto di monete dalla cintura di un uomo. Davina lasciò vagare lo sguardo su un tavolo ricoperto di spille,fermagli e gioielli di tutte le forme. Il mercante si chinò in avanti con una spilla, cercando di convincerla a comprare quel gioiello, ma lei rifiutò scuotendo gentilmente la testa, mentre toccava la spilla che Kehr le aveva regalato e che le chiudeva il mantello sulle spalle. Una melodia triste sgorgava dalla “O” perfetta della boccuccia di una bimba zingara, mentre il suo anziano nonno teneva una tazza di latta ammaccata nella mano nodosa, chiedendo l'elemosina ai numerosi passanti. Davina lasciò cadere qualche billon penny nella tazza.
Mentre Davina e Lilias procedevano nel bel mezzo di quell'attività, un uomo scalciò una palla di argilla grande come un melone fuori dal fuoco davanti al suo carrozzone; la palla rotolò sul loro cammino, facendole sobbalzare. L'uomo si avvicinò per scusarsi e raccolse la palla bollente con uno straccio, riportandola dove era seduto. Davina deviò verso di lui, che spaccò la palla di argilla con una pietra. Raccolse quindi un coltello da terra accanto a sé e lo conficcò nella palla, rivelando un centro bianco e fumante. Davina si avvicinò ulteriormente, scrutando le sue azioni. “Cosa avete lì, signore?” chiese.
“Riccio arrostito,” rispose l'uomo, offrendole un pezzo di carne con la punta del pugnale. “Vorreste assaggiarlo, signora?”
Lilias storse il naso. “Oh no, Davina!” Afferrò la mano tesa della figlia e guardò sbalordita l'uomo, come se fosse matto. “Grazie, ma no!”
Davina rise della riluttanza di sua madre. “Suvvia, madre. Coraggio!” Davina prese la carne che le veniva offerta e soffiò per ridurre il calore. Annusò e le venne l'acquolina in bocca. “Oh, ha un profumo divino!” Si mise il boccone in bocca ed esplorò quel gusto nuovo, masticando molto lentamente e assaporando quel sapore succulento. “Quasi come il coniglio.”
Sua madre stava ancora scuotendo la testa ed aveva persino stretto le labbra, perché il suo messaggio fosse chiaro. Trascinò via Davina, che stava ringraziando l'uomo per l'assaggio.
Lilias spinse la figlia, poi puntò il dito a indicare la tenda dipinta con la donna dai capelli dorati che toccava un mazzo di carte, con lo sfondo notturno ed i simboli mistici intorno a lei. La vecchia era in piedi accanto ai lembi dell'apertura e faceva loro cenno di avvicinarsi. Il cuore di Davina prese a martellare contro la cassa toracica.
“Dovete farvi leggere la mano,” disse la donna anziana quando si avvicinarono, nel suo forte accento francese.
“Sembravate molto interessata a mia figlia questo pomeriggio, madame,” disse Lilias.
Davina fissò la zingara dritto negli occhi. “Mamma, questa è la gitana che sono venuta a trovare al villaggio molti anni fa.” Lilias espresse il suo piacere e Davina fece un passo avanti, afferrando le mani protese della donna. “Bonsoir, Amice.”
“E' bello vederti, bambina.” Amice fece un passo indietro ed ispezionò Davina. “Oh, chérie! Sei diventata una donna talmente bella! E' un miracolo che io ti abbia riconosciuta, quando siamo passati! Quanto mi sono mancate le nostre piccole conversazioni accanto al fuoco. Ero felice ogni volta che tornavi.” Amice guardò Liljas. “E' evidente che ha ereditato la bellezza da voi, madame.”
“Siete troppo gentile, Amice.” Lilias sorrise con orgoglio a sua figlia. “Devi farti predire la sorte, cara.”
“Anche voi, madame.”
“Oh, no. Sono sicura che il mio futuro non abbia in serbo niente di cui valga la pena discutere.” I lineamenti di Lilias si velarono di tristezza, che lei cercò di mascherare con un sorriso, ma Davina sapeva che sua madre piangeva il marito Parlan e il figlio Kehr. “Conoscere il futuro sarà più utile a mia figlia che a me.” Si voltò verso Davina. “Ti aspetterò qui, tesoro.” Amice fece cenno a Lilias si sedersi vicino al focolare e le porse una tazza di argilla colma di tè bollente. Due giovani abitanti della città che Davina riconobbe uscirono dalla tenda ridendo, e si fermarono di colpo per evitare di scontrarsi con lei. Fecero un inchino per scusarsi e se ne andarono.
Mentre sua madre ed Amice conversavano in privato, Davina scacciò un senso crescente di disagio, prima di entrare nella tenda. Non poteva permettere alle sue preoccupazioni di rovinare quel momento eccitante che aveva atteso così a lungo. L'aroma speziato di incenso le pervase i sensi e il suo corpo fremette al ricordo dell'ultima volta in cui era entrata in quel mondo esotico- ricordi che aveva rivissuto ancora e ancora negli ultimo nove anni.
Si voltò verso di lui.
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