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Conquista Di Mezzanotte
Conquista Di Mezzanotte

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Conquista Di Mezzanotte

Язык: Итальянский
Год издания: 2021
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“Sei tu che hai fatto questa scelta, Rick!” Angus abbaiò e si tagliò nuovamente il polso che stava guarendo rapidamente. “Apri la bocca!”

Prima che Broderick potesse rallegrarsi per aver finalmente trionfato e sconfitto Angus, l'odore del sangue assalì i suoi sensi e lui aprì la bocca per ricevere l'immortalità. Bevve a fondo e boccheggiò, quando Angus tirò via il polso per tagliarlo di nuovo.

“Sì, Rick” lo tranquillizzò Angus, quando Broderick chiuse la bocca intorno al taglio, ingoiando sorsate di quel liquido che donava la vita.

La forza pervase di nuovo il suo corpo, una sensazione lenitiva si diffuse nelle sue vene mentre il sangue si faceva strada nelle membra. Gli pizzicava la gola. Angus tirò via la mano di scatto. Anche se Broderick non riusciva ancora a piegare il corpo ai propri desideri, rimase lì sdraiato, meravigliandosi dei suoi sensi diventati di nuovo acuti. Il respirare delle guardie Vamsyriane dall'altra parte della stanza fluttuò fino alle sue orecchie; l'aroma delicato della verbena di Cordelia gli toccò il naso, come quando si cibava di lei; le venature nel tavolo di marmo nero sembravano brillare e quelle fratture sottili come un capello divennero visibili per la sua nuova vista.

Angus si voltò verso Rasheed, pulendosi la bocca con un fazzoletto. “Perché non sono riuscito a leggergli nella mente? Perché non ho potuto ritrovare tutti i suoi ricordi?”

Cordelia sogghignò e strinse i pugni lungo i fianchi, con gli occhi illuminati dalla gioia. “Perché il mio sangue governava il suo corpo. Non puoi cogliere quei ricordi da un altro Vamsyriano, Angus. Volevi avere un vantaggio tale su Broderick da riuscire a sapere tutto di lui, ma non hai potuto, perché lui era il mio Schiavo di Sangue.” Sembrava eccitata da una rivelazione particolare. Broderick sobbalzava e si contorceva a terra, mentre i due enormi Vamsyriani interrompevano di colpo il momento di esultanza di Cordelia. Le si affiancarono, la afferrarono per le braccia e la portarono fuori dalla stanza. “Mio signore,” protestò e cercò di liberarsi dalle loro mani che le stringevano i polsi. “Per favore, mio signore!”

Le proteste di Cordelia svanirono dietro la porta chiusa, lasciando la stanza in un silenzio pesante, mentre Broderick rifletteva sul coinvolgimento di Cordelia in quella messinscena. Lei sapeva che Angus avrebbe effettuato la trasformazione, anche se forse non ne conosceva i risultati. Perché quell'informazione le aveva provocato una tale euforia?

Rasheed fissò con gli occhi socchiusi Broderick, sdraiato sul pavimento di pietra. Dopo un lungo istante, gli Anziani uscirono in fila dalla stanza, attraverso la stessa porta dietro alla quale era scomparsa Cordelia, e nessuno di loro pronunciò una parola. Angus era chino sul corpo di Broderick scosso dalla febbre a causa del sangue Vamsyriano. che stava eliminando gli ultimi resti della sua umanità. L'odore del suo nemico- un ben distinto odore speziato e muschiato- aleggiò intorno a Broderick, che impresse quell'aroma nella memoria.

“Ora saremo fratelli per tutta l'eternità, legati per sempre dal sangue.” Angus si inginocchiò davanti a Broderick e sussurrò, “Ti concederò questo tempo, Rick, per capire cosa sei diventato. Usa il tempo saggiamente. Quando sarà finito, inizierò a darti la caccia.” Annuì, alzandosi, poi si voltò verso l'uscita.

“No, se ti troverò io per primo.” Broderick sogghignò, continuando a tremare, e fulminò con lo sguardo Angus, che uscì a passo di marcia dalla Sala Grande.

Stewart Glen, Scozia—Tardo autunno 1505—Diciannove anni dopo

Gli occhi di Davina Stewart danzavano di gioia intorno alle tende colorate e ai carrozzoni dell'accampamento degli zingari. Così tanti profumi esotici le pervasero i sensi che ebbe per un attimo l'acquolina in bocca e l'attimo dopo trasse un sospiro di piacere. Tra le torce tremolanti e i falò, gli acrobati facevano capitomboli, i giocolieri lanciavano per aria bastoni infuocati e i mercanti mostravano ai passanti le merci provenienti da tutto il mondo. Parlan, il padre di Davina, e suo fratello Kehr, si scusarono e si incamminarono lentamente verso la carne di cavallo che gli zingari mettevano in vendita.

“Davina.” Sua madre Lilias posò la mano sul braccio di Davina, poi indicò una tenda in lontananza. “Io e Myrna andiamo in quella tenda. Voglio prendere un regalo per tuo padre, prima che lui e tuo fratello siano di ritorno. Resta vicina a Rosselyn e non allontanarti.”

“Sì, mamma.” Davina strinse la mascella per trattenere l'eccitazione, mentre guardava sua madre e Myrna prendersi sottobraccio e allontanarsi.

Rosselyn era rimasta a bocca aperta.

Davina si schiarì la gola. “Se vuoi restare qui a fissare le nostre madri, allora lo farai da sola. Per quanto mi riguarda, non sprecherò questa rara opportunità di godermi la mia libertà.” Davina si voltò e scappò nella direzione opposta, per mettere una certa distanza tra se stessa e sua madre.

Rosselyn si affrettò a raggiungerla e prese Davina sottobraccio. “In qualità di tua ancella e guardiana fidata, devo ricordarti che lei ti ha detto di non allontanarti?”

“Riesci a credere che ci abbia permesso di esplorare?” Un senso di leggerezza stava crescendo dentro Davina e le sue risate sgorgarono attraverso le sue mani, quando si coprì la bocca.

“Non hai già esplorato abbastanza, quando sei andata in visita a Corte con tuo fratello?” Rosselyn nascose un ricciolo castano ribelle sotto la cuffia.

“Bah!” Davina sbuffò, imitando l'esclamazione preferita di suo fratello. “Ho scoperto che la Corte è un posto orribile. Le donne si fingono amiche ma si calunniano a vicenda, e non fanno altro che parlare dello svolazzare delle gonne e degli incontri segreti con qualche bel ragazzo in giardino.” Il calore pervase le guance di Davina per quelle affermazioni audaci.

Rosselyn ridacchiò. “Davina Steward, stai arrossendo! E fai bene! Tua madre ti prenderebbe a frustate, se ti sentisse dire queste cose.”

“A Corte, la mamma mi tiene vicina a lei, quindi no, non posso esplorare molto neppure lì. Mi godrò la mia libertà questa sera!” Davina scoppiò a ridere, ma la sua gioia svanì, quando si rese conto di come dovevano suonare quelle parole. “Oh, non fraintendermi. Adoro la mamma, ma...”

“E' vero, non ti lascia mai allontanare dalla sua portata, figurati dalla sua vista.” Rosselyn aveva due anni più di Davina, che aveva tredici anni, ed era cresciuta nella loro famiglia. Naturalmente, era diventata l'ancella di Davina, visto che sua madre Myrna era l'ancella di Lilias. Anche se Rosselyn svolgeva molto bene quel compito, Davina amava l'altra ragazza più come una sorella.

Prendendo in prestito l'idea di sua madre, Davina trascinò Rosselyn con sé, per esaminare le merci nelle tende e cercare dei regali da acquistare per la sua famiglia. Un pugnale da stivali particolarmente bello attirò la sua attenzione. Il gitano estrasse la piccola lama dal fodero. “Una splendida lama per una donna bella come voi,” la incalzò.

“Oh, non è per me, ma per mio fratello,” replicò Davina.

“Ah, un'arma molto bella, da infilare nello stivale! Avete visto le incisioni d'argento lungo la lama?”

“E' veramente argento?” Davina sollevò il pugnale da stivale ed osservò le incisioni celtiche, decorative, che scendevano a spirale lungo la stretta lama.

“Sì! Un'opera d'arte.” Quando l'uomo le disse il prezzo, Davina contorse le mani. “Vero argento. Lo giuro.”

Lei gli restituì la spada, ma il fabbro non voleva prenderla. Si guardò intorno, poi sussurrò un prezzo più basso con fare cospiratorio. Non molto più basso, ma abbastanza. Davina si arrese e gli diede la moneta.

Rosselyn tirò Davina per la manica. “Guarda,” disse indicando una donna anziana. La zingara aveva una lunga treccia argentata e una sciarpa scarlatta le copriva la testa.

La donna fece un cenno verso di loro. Era seduta davanti a una tenda dipinta con la figura impressionante di una donna dai capelli chiari, seduta dietro a un tavolo sul quale erano sparpagliate delle tavolette. Stelle, lune ed altri strani simboli che Davina non riconobbe fluttuavano intorno alla cascata di capelli biondi della donna. “Quali servizi offre, secondo te?” Davina sussurrò intimorita.

Rosselyn rivolse lo sguardo oltre il cerchio di tende e carrozzoni, in direzione delle loro madri. Lilias e Myrna erano ferme davanti a un mucchio di nastri drappeggiati sulle braccia di un uomo. Rosselyn afferrò la mano di Davina, mentre un ampio sorriso si allargava sulle sue labbra sottili e una scintilla birichina le accendeva gli occhi nocciola. “Vieni!”

Davina si sforzò di stare al passo quando Rosselyn la tirò per la mano, quindi corsero fino a ritrovarsi senza fiato davanti alla zingara.

“Vedo che siete impazienti di farvi predire la sorte,” intervenne la gitana nel suo bell'accento francese, poi mosse la mano rugosa verso l'apertura nella tenda. “Solo una alla volta, s'il vous plaît.”

“Vai tu per prima, Roz,” la incoraggiò Davina.

Rosselyn fece un passo verso l'ingresso della tenda, poi si fermò. Si voltò indietro e passò lo sguardo tra Davina e la zingara. “Non deve andare da nessuna parte.” Spostando di nuovo lo sguardo su Davina, scosse il dito in segno di rimprovero. “Resta qui, hai capito? Tua madre mi staccherà la testa, se andrai in giro senza di me.”

La donna afferrò la mano di Davina e l'accarezzò affettuosamente con il suo tocco caldo. “Non abbiate paura, mademoiselle. Le farò la guardia a rischio della mia stessa vita, mentre beviamo un tè.” Quindi sospinse Davina verso un piccolo sgabello davanti al fuoco; Rosselyn sembrò soddisfatta della sistemazione e si affrettò ad entrare nella tenda, ansiosa di fare quella seduta

“Vi piace il tè, oui?” La donna guardò il palmo di Davina. “Io sono Amice.”

“Il mio nome è Davina,” rispose lei in francese. Com'era d'uso nelle corti scozzesi, Davina aveva studiato il francese, anche se i legami tra la sua famiglia e la Corte erano piuttosto lontani. “E sì, vi sarei molto grata se mi offriste una tazza di tè.” Un ampio sorriso si allargò sulla bocca di Amice, quando Davina usò la lingua madre della vecchia, e Davina osservò la zingara che le studiava la mano e stringeva gli occhi per leggere le linee. “Cosa vedete?”

Amice alzò le spalle, strofinò il centro del palmo di Davina, poi le sorrise. I suoi occhi giovanili si posarono di nuovo su Davina, tra le rughe che il tempo aveva scavato sul suo viso. “I miei occhi sono vecchi e non vedo niente. Volete farvi leggere la mano?”

“Leggere la mano?” Davina aggrottò le sopracciglia. “Potete leggere un palmo come si legge un libro?”

Amice scosse la mano sbrigativamente. “E' un modo di dire.” Spinse gentilmente Davina a sedersi e, prima di prendere anche lei uno sgabello, le porse due tazze di terracotta. Davina si posò in grembo il regalo per suo fratello, per lasciare libere le mani. Amice allungò la mano dietro di sé ed afferrò una piccola cesta; sbriciolò qualche foglia di tè nelle tazze, poi mise da parte la cesta. Prese quindi un grosso straccio sul ceppo tagliato in mezzo a loro, che fungeva da tavolo improvvisato, per afferrare una teiera appoggiata sul fuoco. Sorrise e versò l'acqua calda nelle due tazze da tè, riempiendone una solo a metà, che prese per se stessa, e lasciando a Davina quella ricolma.

Il freddo della notte pizzicava le guance di Davina, quindi tenne la tazza calda tra i palmi, soffiando sul liquido ambrato.

Sentì uno scricchiolio dietro di sé e quando si voltò vide una ragazzina con i capelli dorati arruffati, che sbirciava attraverso la porta del carrozzone della zingara. La bambina sembrava poco più giovane dei tredici anni di Davina, che le sorrise e le fece un timido cenno con la mano. La bimba aggrottò la fronte, tirò fuori la lingua, poi si rintanò all'interno.

Amice chiamò Davina con un cenno della mano. “Venite, ho preparato il tè.” Davina rimase a bocca aperta per la maleducazione della ragazzina, poi si voltò a bere il tè accigliata.

Aveva bevuto più di metà tazza, quando notò che Amice non aveva ancora bevuto un sorso, ma aveva invece posato la tazza sul ceppo. Prima che Davina potesse farle domande, Rosselyn riemerse dalla tenda, strofinandosi il palmo e sorridendo. “Affascinante, signora!”

“Mamma mia! Come hanno fatto presto!” Davina rivolse un'occhiata dispiaciuta ad Amice. Chinandosi in avanti, la gitana afferrò la teiera e riempì la tazza sul ceppo. Con le foglie già sminuzzate, l'acqua aggiunta fornì una tazza di tè bollente.

Che furba! Pensò Davina.

Mentre Rosselyn e Amice si scambiavano i convenevoli, Davina finì il tè- facendo attenzione a non inghiottire le foglie rimaste- poi porse la tazza ad Amice ed entrò nella tenda. Un aroma speziato di incenso aleggiava nell'aria e lei inalò quel profumo esotico. La luce soffusa creava un'atmosfera rilassante; la luce del falò all'esterno gettava delle ombre sulle pareti di tela, dando all'ambiente le sembianze di un sogno. C'era un tavolo ad un'estremità, con un piccolo sgabello davanti ad esso. Delle lampade a olio su sostegni di ferro illuminavano una cesta in un angolo del tavolo, e dietro al tavolo non era seduta un'altra vecchia o una ragazza gitana carica di gioielli, come si aspettava Davina, ma l'uomo più robusto sul quale lei avesse mai posato gli occhi. E molto bello!

Il suo cuore inesperto batté forte nel suo esile corpo, quando lo sguardo penetrante dell'uomo incontrò il suo.

Quel gigante sovrastava tutto ciò che si trovava nella stanza. Il petto e le braccia si gonfiavano sotto la stoffa sottile della sua camicia di lino marrone. Una piccola apertura nel colletto rivelava una massa di peli ricci castano-ramati, fiammeggianti come i capelli sulla sua testa- sorprendenti sotto la luce delle lampade. Il rossore riscaldò il viso di Davina, causato da quel mix di emozioni sconosciute che la attraversarono alla semplice vista dell'uomo, quindi afferrò il lembo della tenda, pensando di scappare da quel seduttore.

“Prego, ragazza,” disse lui in un tono profondo e morbido come la crema. Si chinò in avanti, posando un gomito sul tavolo, poi allungò l'altra mano verso di lei e il tavolo scricchiolò di conseguenza. “Lasciami leggere il palmo.”

Attirata da quella voce pastosa e da quegli occhi socchiusi, Davina lasciò andare il lembo e si sedette davanti a lui. “Mi chiamo Davina,” gli disse cercando di rimandare.

“E' un onore incontrarti, signora. Io sono Broderick.” L'uomo sorrise e le viscere di Davina si sciolsero come la neve in primavera.

“Broderick”, sussurrò, assaporando quel nome. Si schiarì la gola, si fece forza, posò il regalo per Kehr sul tavolo e gli diede la mano.

“Non hai niente da temere, ragazza,” la rassicurò Broderick, e quando le toccò la mano, la sua preoccupazione svanì.

Broderick chiuse gli occhi, lasciando che la testa ricadesse leggermente all'indietro e che il suo naso aquilino facesse ombra sulla guancia scolpita. Davina si chinò verso di lui, attratta dai suoi bei lineamenti e dalla forza che emanava dal suo corpo. Non poté fare a meno di paragonarlo a suo fratello Kehr. Nessun uomo che avesse mai visto poteva reggere il paragone con suo fratello: bello, intelligente, spiritoso, alto di statura e di carattere. Tuttavia, quello zingaro gigantesco era uno spettacolo. Sorrise leggermente e una fossetta attraente apparve proprio a destra della sua bocca, spingendo anche Davina a sorridere.

“Hai una vita felice, ragazza. Una famiglia piena d'amore e calore. Hai un posto speciale nel cuore per... Kehr.”

Davina sussultò. Come faceva a conoscere il nome di suo fratello? Poi strinse le labbra. “Rosselyn vi ha detto di mio fratello.”

Lui aprì gli occhi e sorrise. “Beh, ho visto quel ragazzo anche nella sua vita. Ma quello che ho detto riguardo a tuo fratello, è quello che ho appreso da te. Non credi nel predire la sorte?”

Davina si indignò. “Non avete detto niente che possa convincermi che siete un portento, signore.”

Una risata risuonò nel profondo del petto di Broderick e il cuore di Davina sbatté contro le costole. Lui abbassò le palpebre per concentrarsi. “Miele. Hai una passione particolare per il miele. E tuo fratello condivide questa passione con te.” Chiuse gli occhi e scosse la testa. “Uhm... Suvvia, ragazza. Tu e Kehr dovete fare più attenzione durante le vostre incursioni notturne. Voi due vi rovinerete, se ne mangiate così tanto in una sola volta. Vi suggerisco di limitare i furti, per evitare i guai.” Le fece l'occhiolino.

Il viso di Davina avvampò di imbarazzo, che però lasciò presto il posto allo stupore. Come poteva sapere che lei e Kehr vagavano per le sale del castello di notte, per rubare le scorte di miele?

Broderick si chinò in avanti e sussurrò: “Non temere, ragazza. Il tuo segreto è al sicuro con me.”

Davina chinò la testa per nascondere un sorriso, poi rimase come ipnotizzata, mentre il gigante le girava la mano sotto la luce della lampada e studiava le linee sul palmo. Scattò in avanti, quando una ruga comparve sulla fronte di Broderick. “Cosa vedete, signore?”

I loro visi erano molto vicini, ma la voce profonda dell'uomo la mise in guardia. “Non posso mentirti, ragazza. Farlo sarebbe un disastro.”

“Un disastro?”

“Sì.” I suoi occhi di smeraldo erano fissi in quelli di Davina. “Il futuro non sarà piacevole. Ma non devi perdere la fede. Hai molta forza. Usa quella forza e tieniti stretto ciò che ti è caro, perché sarà quello che ti aiuterà ad attraversare i tempi difficili che devono ancora venire.”

“Cosa succederà, signore?” insistette lei.

“Non mi è noto. Non conosco i particolari. Le linee sul palmo non rivelano questi dettagli, dicono solo che ci saranno delle difficoltà nel tuo futuro. Ricorda quello che ti ho detto. Aggrappati alla tua visione della forza.” Posò le labbra sulla mano di Davina e le baciò le nocche, prima di lasciarla. Davina lo fissò, stordita e a bocca aperta, incollata alla sedia. L'angolo della bocca dello zingaro di sollevò, facendo spuntare una fossetta, e lei sorrise a sua volta, mentre ascoltava il cuore che le batteva forte nel petto.

Broderick si schiarì la gola e fece un cenno con la testa verso il cestino. Il sorriso di Davina si allargò mentre lei continuava a fissarlo, e lui fece di nuovo un cenno verso il cesto. Lei ricambiò il cenno, guardò il cestino, poi sobbalzò quando capì. Voleva che lei lo pagasse! Troppo imbarazzata per quel comportamento ridicolo e per lo sguardo inebetito, rovistò nel borsellino che portava alla vita, estrasse qualche penny scozzese e li mise nel cestino, poi uscì correndo dalla tenda senza voltarsi indietro.

Davina si fermò vicino all'ingresso per riprendere fiato; sperava che il suo viso smettesse di bruciare. Deglutì con fatica, poi si rivolse alla zingara. “Grazie per essere rimasta seduta qui con Rosselyn, Amice.” Premendo altre monete nella mano della donna, sorrise imbarazzata, mentre Rosselyn restituiva la tazza vuota ad Amice. Davina la prese per mano e trascinò via l'ancella, cercando di lasciarsi dietro l'imbarazzo.

“Cosa ti turba, signorina?” Rosselyn fece fermare Davina, prendendola per le spalle e cercando di confortarla.

Le parole sgorgarono di getto dalla bocca di Davina, mentre lei sbatteva le mani come un uccellino ferito. “Oh, mi sono comportata come una sciocca! Ho continuato a fissarlo con occhi da cerbiatta. Era così bello, Rosselyn! Il mio cuore non smetterà di battere impazzito nel petto! Cosa mi succede?” Davina si sventagliò il viso in un vano tentativo di raffreddare il bruciore sulle guance.

Rosselyn scoppiò a ridere e la abbracciò. “Mia cara Davina, credo che lo zingaro ti abbia rubato il cuore!”

Davina si batté le mani sulla bocca. “Per tutti i santi! Ho lasciato il regalo di mio fratello sul tavolo!”

Ritornando almeno in parte seria, Rosselyn si voltò verso la tenda dell'indovino. “Vieni, allora, torniamo lì e andiamo a prenderlo.”

Davina si aggrappò alla mano di Rosselyn con tutta la forza che aveva, tirando indietro l'amica. “No! Non posso affrontarlo di nuovo! Sicuramente morirei di...di...”

Rosselyn strofinò le spalle di Davina, come per scaldarla. “Non agitarti così! Andrò a prenderlo per te. Vieni con me e resta dietro al carrozzone, così lui non potrà vederti.”

Sgattaiolarono lungo il carrozzone dell'indovino e sbirciarono dentro. Amice sembrava intenta ad osservare le tazze di tè, muovendole avanti e indietro. Broderick uscì dalla tenda e Davina afferrò Rosselyn, tirandola indietro, fuori dalla vista.

“Cosa stai combinando, Amice?” Il suono della sua voce profonda fece vacillare le ginocchia di Davina, ma lei osò gettare uno sguardo nel carrozzone insieme a Rosselyn.

“Un po' di lettura delle foglie di tè,” disse Amice in francese, tenendo gli occhi fissi sulle foglie.

Rosselyn si voltò verso Davina e alzò le spalle, visto che non parlava francese. Davina le indicò che le avrebbe detto tutto più tardi e scambiò il posto con lei, per ascoltare meglio la conversazione.

“Riguarda le due ragazze?” chiese Broderick.

“Sì,” sorrise Amice. “Hai il suo cuore per sempre, figlio mio.”

Il gigante sollevò le sopracciglia curioso. “Quale delle due?”

“La dolce Davina,” disse Amice agitando una delle tazze per aria, mentre osservava l'altra. Davina rischiò di svenire per il rapido battito del cuore.

“Sciocchezze, quella ragazza non si ricorderà di me, quando troverà un marito.” Broderick ridacchiò. “Comunque, la sua evidente ammirazione per me mi ha fatto molto piacere. Adesso è carina, ma sarà in grado di conquistare i cuori, quando diventerà una donna.”

Pensa che io sia carina! Pensa che io sia carina! Davina dovette usare tutta la sua energia per evitare di saltare su e giù come una pulce. Si mordicchiò l'indice piegato, per soffocare una risatina euforica.

“Il tuo cuore è quello che conquisterà, figlio mio.” Amice passò a Broderick la tazza e Davina aprì la bocca in soggezione.

Lui sbirciò nella tazza, aggrottò la fronte, poi la restituì ad Amice. Stingendosi nelle spalle, sorrise e le porse il regalo incartato di Kehr. “Bene, visto che ritornerà per diventare il mio vero amore, dalle questo.” Finalmente Amice distolse l'attenzione dallo studio delle tazze di tè e guardò il pacchetto. “Se ne è andata così in fretta, che ha dimenticato di prendere il suo fardel.” Broderick scosse la testa, poi si voltò e ritornò nella tenda. Amice restò seduta, sorridendo e continuando a leggere le foglie di tè.

Davina si aggrappò al fianco del carrozzone, con la bocca ancora spalancata. Visto che Broderick se ne era andato, Rosselyn si fece avanti, si scusò rapidamente e recuperò il coltello da stivale incartato. Poi sospinse Davina lontano dal carrozzone e, quando furono fuori portata d'orecchio, parlò. “Cosa hanno detto? Sembravi pronta a svenire!”

Davina inciampò in avanti come in trance, con la bocca aperta e il corpo intorpidito. Un sorriso molto debole le apparve sulle labbra.

Capitolo 2

Stewart Glen, Scozia—Estate 1513—Otto anni dopo

“Ti prego di perdonare mio figlio, Parlan.”

Davina Stewart-Russell si bloccò al suono della voce di suo suocero e si fermò sulla soglia che stava per varcare, per entrare nel salotto della sua casa d'infanzia. Un rapido sguardo nella stanza, prima di tornare a nascondersi, le concesse l'istante di cui aveva bisogno per vedere la scena. Suo padre Parlan era in piedi davanti al camino di pietra costruito con le rocce frastagliate della zona, con le braccia conserte e la schiena rivolta verso la stanza. Munro, suo suocero, era fermo alla destra del camino, con le mani strette e posate sull'elsa della spada, e si rivolgeva a padre di Davina. Suo marito Ian si teneva indietro, tra i due uomini, con la testa bassa e le spalle piegate, in un atteggiamento di sottomissione molto insolito. Tutti loro rivolgevano la schiena a Davina, quindi non la videro avvicinarsi né ritrarsi velocemente. Facendo capolino dalla soglia e restando nascosta dietro la porta leggermente socchiusa, sbirciò tra le fessure dei cardini.

Munro continuava la sua supplica a vantaggio del figlio, parlando come se Ian non si trovasse nella stanza. “Ne abbiamo discusso a lungo tu ed io: questa posizione di responsabilità non è molto adatta a Ian. Apprezzo la tua pazienza e la tua disponibilità a lavorare con me, per sistemare la sua posizione come marito e padre.”

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