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Una Luce Nel Cuore Dell'Oscurità
Una Luce Nel Cuore Dell'Oscurità

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Una Luce Nel Cuore Dell'Oscurità

Язык: Итальянский
Год издания: 2020
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Kyoko rimase a bocca aperta quando la linea cadde, avrebbe voluto dire “no” alla prima occasione ma non ne aveva avuto il tempo. Lanciò un’occhiataccia verso la parete del soggiorno che divideva i loro appartamenti, chiedendosi se Suki avesse chiamato da lì o fosse in giro.

Vide l’identificativo del chiamante e sospirò: «Cellulare, ovviamente.». Sfondare il muro non sarebbe servito, allora. Tuttavia, l’idea di strozzarla con le sue stesse mani la fece sorridere. «Posso inventare una scusa, però.» si disse e, lanciando il cordless sul bancone, Kyoko guardò la vestaglia di seta che adesso le si era appiccicata addosso. L’acqua sulla sua pelle era diventata fredda e le stava dando i brividi, quindi decise di tornare in bagno.

«Drin drin!», Kyoko sussultò, poi alzò un sopracciglio e mormorò: «Spero che sia Suki così posso dirle quanto odio essere comandata a bacchetta!». Prese il telefono e rispose ad alta voce: «Pronto?».

Toya sorrise per il suo tono, «Ehi, tua madre non ti ha insegnato ad essere educata quando rispondi al telefono?».

Kyoko aveva voglia di aprire la finestra e far cadere il telefono nel vuoto. «Perché nessuno vuole lasciarmi finire di fare il bagno, oggi?» piagnucolò, sbattendo un piede a terra, e facendo strisciare l’aria fresca sotto la vestaglia.

Il ghigno di Toya svanì mentre la sua immaginazione si scatenava e delle visioni erotiche iniziavano a danzare nella sua mente. «Sei nu…» s’interruppe prima di chiederle se era nuda e, scacciando quel pensiero, fece un respiro profondo per calmarsi, nella speranza di tenere sotto controllo i suoi ormoni ormai infuriati. “Accidenti, che bella immagine…” pensò.

Kyoko si accigliò, chiedendosi se lui non fosse accanto a Suki in quel momento.

Toya riprovò: «Ehm, non importa. Ascolta, stasera andiamo al cinema, perciò preparati.».

Lei restrinse lo sguardo, quella doveva essere la giornata di chi dava ordini. «Stasera sono impegnata.» gli disse. Naturalmente il suo piano era quello di stare in ammollo nella vasca da bagno e poi guardare un film sul divano. Magari si sarebbe anche addormentata, senza nessuno che le dicesse di uscire.

«Che cosa?! Annulla tutto, tu esci con me!» le ordinò Toya, irritato che lei non facesse quello che voleva lui… come se non fosse sempre così.

Kyoko chiuse gli occhi e scostò il telefono, ripetendo a se stessa: “Non buttarlo fuori dalla finestra, non buttarlo fuori dalla finestra.”. «Toc toc.»… Kyoko si voltò verso la porta. “Adesso lo lancio a chiunque stia bussando a quella dannata porta!” gridò mentalmente, sentendo il suo lato cattivo che sogghignava.

Si diresse con calma verso la porta e la aprì, poi sbirciò per vedere chi fosse. «Kotaro.» sussurrò quasi senza fiato, poi chiuse la bocca con aria colpevole, sperando che lui non se ne fosse accorto.

Gli occhi di Kotaro s’illuminarono e si oscurarono al tempo stesso quando la porta si aprì. Era contento di vedere che Kyoko stava bene… e che non era completamente vestita. Rimase perplesso per il modo in cui aveva pronunciato il suo nome. Premendo la mano contro la porta, la aprì con il suo solito sorriso fiducioso mentre le passava accanto… quasi toccandola.

«Come sta la mia ragazza, oggi?» le chiese, entrando nell’appartamento come se fosse suo.

“Non commetterò nessun omicidio e non lancerò il telefono.” continuava a ripetersi Kyoko mentre lui la guardava con quel sorriso mozzafiato. All’improvviso le sembrava che l’aria condizionata avesse smesso di funzionare.

Come faceva quel tipo, che poteva essere descritto come il sesso in persona, ad influenzarla in quel modo? Le veniva sempre la voglia di gettarlo a terra e lanciarglisi addosso. Scuotendo la testa, sussultò quando si rese conto che la vestaglia si era aperta un po’. Non si vedeva niente ma aveva comunque troppa pelle scoperta, e arrossì.

Toya s’irrigidì quando sentì il campanello e poi la voce di Kotaro. Gridò al telefono per attirare l’attenzione di Kyoko: «Accidenti, Kyoko! Che diavolo ci fa Kotaro lì?». Poi s’interruppe, arrabbiato per il fatto che la guardia di sicurezza si fosse presentata di nuovo nell’appartamento della sua Kyoko.

Kyoko fece una smorfia quando l’urlo del telefono risuonò forte e chiaro nel soggiorno. Guardando l’orologio da parete, capì che doveva iniziare a prepararsi, altrimenti Suki sarebbe stata la prossima a bussare alla porta. Adesso ne aveva abbastanza. Si voltò e si avvicinò al ripiano con l’intenzione di riagganciare il telefono.

Lo prese e gridò: «Ci vediamo più tardi!». E uno era sistemato.

Kotaro sorrise, sapendo che era stato Toya a gridare. Il suo sguardo si posò sulla seta che avvolgeva Kyoko come una seconda pelle e non poté fare a meno di avvicinarsi. Chiuse lentamente gli occhi per un istante mentre inspirava profondamente, adesso il suo corpo era a pochi centimetri. Il pensiero di toccarla senza contatto gli faceva venire voglia di stringerla.

Si sporse in avanti avvicinandole la bocca all’orecchio, prima di sussurrare il suo nome. Le sue labbra si ammorbidirono, così come i suoi occhi blu di ghiaccio. Spesso desiderava che lei ricordasse il passato… e quanto erano vicini un tempo. Che cos’avrebbe fatto se avesse ricordato che avevano vissuto insieme? Lui, lei e Toya… affinché entrambi potessero proteggerla.

Kyoko rimase senza fiato mentre sentiva i brividi sul collo e sulla guancia. Era abbastanza difficile rimanere lucida con lui così vicino e le sembrava che la stesse toccando anche se non lo stava facendo. Ricordando cosa stava facendo nella vasca, arrossì.

Continuò a voltargli le spalle per nascondersi e scacciò il ricordo del bagno. Chiudendo gli occhi, lottò contro l’impulso di appoggiarsi a lui e dovette afferrarsi al ripiano per farlo.

Kotaro aveva voglia di intrappolarla lì tra le sue braccia ma si trattenne. Sentiva il profumo del bagnoschiuma che aveva usato, ma un altro odore attirò la sua attenzione… eccitazione? Sentendosi indurire, si scostò da lei.

Passandosi una mano tra i capelli, si mise a distanza di sicurezza, sforzandosi di ignorare la scossa nel suo stomaco… Perché era tornato di nuovo lì? Era qualcosa di importante.

Sentiva il proprio istinto protettivo che scalciava per ricordargli la notizia che aveva ricevuto. «Passi la serata con me?», il tono innocente della domanda nascondeva un doppio significato.

Kyoko respirò piano ancora una volta, pronta a combattere i propri sentimenti. Sarebbe stato troppo pericoloso stare da sola con lui. All’improvviso aveva voglia di ringraziare Suki per averla costretta ad uscire.

Vedendo il suo cipiglio, Kotaro aggiunse rapidamente: «Possiamo fare quello che vuoi. Noleggiare un film e stare a casa… o uscire.».

«Noleggiare un film e stare a casa…» ripeté Kyoko, pensando che era esattamente quello che voleva fare. Poi, notando gli occhi di Kotaro che s’illuminarono, si corresse subito: «Era quello che volevo fare, se non fossi stata trascinata nei piani di qualcun altro. Mi sarebbe piaciuto restare sveglia a guardare film con te ma mi dispiace, non posso.». Sorrise per scusarsi, imprecando mentalmente per essersi persa una serata piuttosto calda con quel bel fusto.

Kotaro afflosciò le spalle ma sorrise, sapendo che lei non voleva ferirlo. Capì che lei voleva che restasse e si chiese come mai… aveva il suo stesso desiderio? Per lui, Kyoko era la gemma più preziosa della Terra e avrebbe fatto il possibile per farla sorridere e proteggerla allo stesso tempo.

Dopotutto, aveva aspettato più di mille anni solo per rivederla.

Volendo assicurarsi che fosse fuori pericolo, le chiese: «Allora, che programmi hai? Magari potrei unirmi.». Le fece un sorriso birichino, sperando che funzionasse, altrimenti avrebbe potuto seguirla…

Kyoko sapeva che Suki non sarebbe stata d’accordo, una “serata al femminile” era un’uscita di sole donne. Sapeva anche che, se Kotaro avesse scoperto che uscivano da sole, si sarebbe accodato presentandosi per caso. L’aveva fatto parecchie volte.

Toya era invadente, mentre lui cercava sempre di essere discreto, anche se, quando erano nella stessa stanza, sembravano comportarsi quasi allo stesso modo e si punzecchiavano costantemente. Entrambi avevano un cuore d’oro e lei lo sapeva. In un certo senso li amava entrambi… così tanto da stare male, ecco perché aveva deciso di non scegliere nessuno e rimanere single, per il momento. Onestamente, non voleva ferire i sentimenti di nessuno dei due.

Ma sapeva per certo che, se Kotaro avesse creduto che sarebbe uscita con Toya, non si sarebbe preso la briga di seguirla. O almeno così sperava.

«Mi dispiace ma ho un appuntamento con Toya, ti prometto che sarà per un’altra volta.» gli disse, poi abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio per la bugia, ma era l’unico modo per toglierselo di torno. Notò che lui fece un passo avanti e quindi indietreggiò, mordendosi il labbro inferiore quando rimase bloccata dal tavolo.

Kotaro sentì la gelosia vibrare dentro di sé ma la tenne sotto controllo. Il suo unico conforto era che, uscendo con Toya, Kyoko non sarebbe stata una delle prossime ragazze scomparse.

E poi, sapeva che Kamui sorvegliava segretamente entrambi. Mentalmente, doveva ammettere che Toya era iperprotettivo nei suoi confronti e quindi l’avrebbe tenuta al sicuro. Voleva essere lui a proteggerla, quella sera, ma sarebbe stata comunque al sicuro.

Kyoko alzò lo sguardo e lui capì che temeva che lui l’avrebbe fermata… in realtà voleva fermarla ma non lo avrebbe fatto. Lei avrebbe fatto la sua scelta.

Annuendo con riluttanza, le prese la mano e la trattenne per un momento, guardandola negli occhi. Capì che aveva una giornata difficile, decifrava i suoi sentimenti attraverso il colore dei suoi occhi… aveva imparato a farlo tanti secoli fa. Desiderava solo che lei ricordasse.

«D’accordo, allora. Ci vediamo domani. Stai attenta, dolcezza.». Chinandosi, le sfiorò la fronte con le labbra e si voltò per andarsene.

Kyoko sorrise, «Grazie, Kotaro.». La fronte le formicolava nel punto in cui le sue labbra calde l’avevano toccata. Era contenta che fosse più facile da gestire rispetto a Toya. Le baciava spesso la guancia, la fronte o la mano, lasciando quel punto sempre accaldato.

Si chiese che cosa avrebbe pensato se avesse saputo che non aveva mai ricevuto un bacio sulle labbra. Nessuno avrebbe mai creduto che, a diciotto anni, era ancora pura… fisicamente. Arrossì di nuovo, sapendo che i suoi pensieri non erano troppo irreprensibili. Era tutta colpa di quel cuore traditore che batteva ogni volta che pensava a lui.

Kotaro aprì la porta ma si fermò e, sorridendo, aggiunse: «Ricorda, sei comunque la mia ragazza.». Se ne andò chiudendo la porta, e sogghignò per quel commento.

Sapeva che lei non avrebbe superato il limite con Toya e non era preoccupato. Anche in passato, quando entrambi si scontravano, lei prendeva sempre le sue difese a scapito di Toya. Aveva sempre amato l’altro ragazzo ma Kotaro sapeva che, in realtà, era innamorata di lui. La velocità del suo battito cardiaco quando erano vicini svelava sempre i suoi veri sentimenti… in questa vita come in passato. Doveva solo aspettare che lei se ne rendesse conto ancora una volta.

Kotaro inspirò, assaporando il suo profumo. Sentiva l’odore della sua purezza e lei non era una persona che prendeva alla leggera una cosa del genere. Era così innocente e quel pensiero fece svanire il suo sorriso. Non era così sicuro di volere che lei scoprisse il lato oscuro di questo mondo… non voleva rischiare la sua felicità. Neanche lui era come lei credeva. Sapeva che Kyoko lo avrebbe accettato in entrambi i modi, ma il ricordo della sua morte gli impediva di parlarle del passato. Alcune cose era meglio non ricordarle.

Mentre usciva dall’edificio e tornava sul marciapiede, Kotaro alzò lo sguardo verso la sua finestra, chiedendosi che cos’avrebbe fatto quando avrebbe scoperto la verità su di lui. Le avrebbe detto tutto… ma non era ancora il momento. Come fai a spiegare che sei più vecchio di qualsiasi essere umano e che hai dei poteri che si vedono solo nei film?

Scosse la testa mentre tornava verso il college, contemplando la sua prossima mossa riguardo alle ragazze scomparse.

Sapeva che cosa stava accadendo e, probabilmente, erano già morte… o non morte, almeno. I suoi occhi brillarono di rabbia per un momento, rivelando il lato oscuro della sua anima di Lycan. Doveva rintracciare l’odore di quei maledetti succhiasangue e di chi li guidava, prima che trovassero di nuovo Kyoko.

Capitolo 3

Kyoko setacciò l’armadio alla ricerca del vestito che Suki l’aveva convinta a comprare lo scorso fine settimana. Ridacchiò tra sé ricordando che Shinbe le aveva seguite per dare dei consigli su qualsiasi cosa volessero. Il clou era stato quando era sgattaiolato nel camerino delle signore.

Da dietro la tendina, si era finto un assistente e aveva chiesto a Suki se aveva bisogno di aiuto con la zip.

Lei aveva risposto di sì e si era voltata. Kyoko era quasi caduta quando Shinbe fu scagliato contro la parete opposta.

Le aveva chiesto come avesse fatto a capire che era lui e la sua amica aveva risposto: «Non credo che permetterebbero a un assistente gay di entrare nel camerino delle signore e, quando ha infilato la mano nel vestito invece di tirare su la zip, si è fatto smascherare.».

«Povero Shinbe.» sospirò Kyoko mentre estraeva una camicetta bianca, corta e arricciata, con maniche di seta che si allargavano dal gomito al polso. La trovava davvero carina, In un certo senso le ricordava la veste di un angelo ma più sexy. Era abbastanza corta da mostrare l’ombelico, con la minigonna nera che le fasciava i fianchi.

Dopo essersi vestita e aver trovato le scarpe adatte, si legò i capelli in uno chignon spettinato, lasciando qualche ciocca libera. Si truccò e indossò una catenina con un ciondolo a forma di goccia, era pronta per andare ovunque Suki avesse intenzione di portarla.

Avrebbe voluto poter dire a Kotaro dove stavano andando, ma nemmeno lei sapeva la risposta. Si morse il labbro inferiore rendendosi conto di sentire la sua mancanza, poi cercò di scacciare la malinconia perché Suki l’avrebbe notata.

L’ultima cosa di cui aveva bisogno era la sua migliore amica che le faceva un milione di domande alle quali non voleva rispondere.

*****

Shinbe si passò le dita tra i capelli mentre si appoggiava allo stipite della porta, sorridendo. Si era precipitato da Suki quando per telefono gli aveva detto di non passare perché sarebbe uscita.

“S’illude se pensa di potersi liberare di me così facilmente.” si disse con un sopracciglio alzato.

Quando lei aprì la porta con i capelli ancora avvolti in un asciugamano, le disse: «Oh… mi sono perso te che facevi il bagno?». Fece un sorrisetto vedendo la sua espressione. Non appena aveva incontrato Suki e Kyoko aveva sentito il bisogno di stare vicino a loro in ogni momento. Spesso uscivano in quattro insieme a Toya.

Suki sapeva che lui si considerava “il suo ragazzo” solo perché era l’unico con cui usciva, ma non gradiva molto la sua petulanza. Tentò di nascondere il rossore che minacciava impadronirsi de suo viso e ribatté: «Ci vorrebbe la candeggina e una palla da demolizione per sgomberare una mente come la tua.».

Lui le si avvicinò mentre i suoi occhi di ametista si oscuravano in modo attraente. «Se mi fai entrare… penso che potrei trovare un motivo per farti fare un altro bagno.» le disse.

Suki sentì il proprio battito cardiaco accelerare al suono della sua voce roca e fece un paio di passi indietro mentre lui faceva alcuni passi avanti, chiudendo la porta dietro di sé. Decidendo di non fargli prendere il sopravvento, gli lanciò uno sguardo di avvertimento e fu ricompensata quando lui si fermò. Se avesse scoperto che effetto aveva su di lei… sarebbe finita davvero nei guai.

«Ascolta, devo finire di prepararmi perché stasera ho un impegno. Te l’ho già detto al telefono, ricordi?» gli disse. Sapeva che sarebbe venuto comunque… se non altro per provare a scoprire dove sarebbe andata.

Togliendosi l’asciugamano dalla testa, si diresse verso il bagno, parlando ad alta voce per farsi sentire: «Possiamo fare qualcosa domani sera, ok?».

Shinbe si appoggiò alla penisola che separava la cucina dal soggiorno. Stava per iniziare a lamentarsi quando il suo sguardo cadde su un volantino poggiato sul ripiano. Lo prese e lo esaminò rapidamente.

Alzò le sopracciglia per quell’illuminazione.

IL CLUB PIÙ GRANDE E FAMOSO DELLA CITTÀ

“CLUB MIDNIGHT”

SPECIALE VENERDÌ SERA

“SERATA AL FEMMINILE”

Le parole “serata al femminile” erano state cerchiate con la penna. Shinbe poggiò il volantino dov’era e si diresse verso il bagno. Nascose il proprio sorriso mentre entrava senza bussare e sgattaiolò dietro Suki, che stava per spazzolarsi i capelli.

«A domani allora.» le sussurrò all’orecchio, poi la baciò su una spalla. Poi si voltò per andarsene senza dire altro.

Suki rimase immobile a fissarsi allo specchio, non le piacevano le vibrazioni che aveva appena sentito. Non era da Shinbe arrendersi senza supplicarla. Essendo troppo bello per essere vero, si affrettò e finì di prepararsi. Temendo che Shinbe avesse in mente qualcosa, decise di andare da Kyoko un po’ prima del previsto.

*****

A diversi chilometri di distanza, due penetranti occhi rossi guardavano fuori dalla finestra di un attico con vista sulla città. Lunghe onde di capelli neri e setosi ricadevano lungo una schiena nuda, in contrasto con la pelle pallida come la luna. Il suo viso angelico era sorprendente, con lineamenti ben definiti, e il suo corpo era asciutto e scolpito come quello del mitico dio Adone.

Brillava al chiaro di luna e i muscoli sembravano danzare ad ogni movimento. Era bello per chiunque lo guardasse, eppure la sua anima oscura era malvagia e letale. Un sorriso apparve sulle sue labbra perfette mentre i suoi pensieri si rivolgevano agli eventi della sera prima.

Voltandosi, iniziò a prepararsi per la serata. Il suo sguardo si posò sulla sedia della regina Anna accanto al fuoco, e sulla giovane studentessa universitaria che vi sedeva senza vita. Hyakuhei sogghignò mentre pensava al sangue fresco che aveva bevuto la sera prima.

“Peccato, era così bella.” si disse. Si leccò le labbra, ricordando il piacere mentre prendeva la ragazza e si nutriva di lei. Non si sarebbe mai stancato delle giovani donne che attirava e prendeva per sé.

Quella sera sarebbe andato in un famoso locale notturno per cacciare la sua preda e doveva essere sicuro che i suoi “figli” fossero nutriti. Le “serate al femminile” davano sempre buoni frutti, per le creature della notte erano come un buffet di carne senza fine.

Lui era un potente signore dei vampiri e nessuno osava ostacolarlo o mettere in discussione la sua forza. Il piacere era stato il suo unico desiderio per oltre mille anni, ma adesso voleva di più. Voleva ciò che era suo di diritto. Si accigliò mentre meditava sull’oggetto che era diventato la sua ossessione mentre aspettava che rinascesse nel mondo. Il leggendario Cuore di Cristallo Protettore.

Il cristallo sacro era un gioiello che si diceva fosse in grado di dare a un vampiro la capacità di camminare alla luce del giorno. Secondo la leggenda, una ragazza con il sangue non contaminato e il cuore di una bambina possiede il gioiello nel proprio corpo. Sarebbe una sacerdotessa di altissimo livello e con un potere enorme, la protettrice e la custode del cristallo.

Riportò il suo sguardo oscuro verso il cielo notturno, dove una luna rosso sangue incombeva dall’alto. «Ti ho perso una volta, mia cara sacerdotessa, ma non commetterò errori, ti ritroverò.». Restrinse lo sguardo e promise: «Questa volta avrò sia te che il cristallo…».

*****

Lo scorso fine settimana Suki aveva fatto shopping con Kyoko proprio per questa serata, ma non l’aveva detto alla sua amica. Anche lei aveva comprato un vestito. Tirandolo fuori dall’armadio, se lo infilò con trepidazione. Era un abito tutto nero e molto attillato, se n’era innamorata appena l’aveva visto.

“Meno male che Shinbe non c’è.” pensò con un sorrisetto mentre si guardava allo specchio. Era molto corto ma non lasciava intravedere granché… solo quel tanto che bastava per stuzzicare l’immaginazione. Si legò i capelli con un elastico nero, si truccò e, dopo aver preso le chiavi, si diresse verso l’appartamento di Kyoko.

Kyoko uscì dalla sua camera sperando di avere il tempo per fare uno spuntino prima di uscire ma, prima ancora di arrivare in cucina, qualcuno bussò alla porta.

“Oddio, speriamo che non sia Toya.” pensò, chiedendosi se avrebbe dovuto rispondere o no. Mancavano ancora venti minuti all’appuntamento con Suki, perciò decise di ignorare i colpi alla porta per il momento, intimorita da chi poteva essere.

È incredibile come la paura ci faccia sentire bambini. Kyoko alzò un sopracciglio e trattenne il respiro.

I colpi divennero un po’ più forti ma, questa volta, furono seguiti da una voce: «Avanti, Kyoko, lo so che ci sei. Non farmi sfondare questa porta!».

Kyoko alzò gli occhi al cielo per il tono di Suki. Aprì la porta e si sentì trascinare fuori all’istante. «Forza, sbrighiamoci. Ho la brutta sensazione che, se non ce ne andiamo subito, Shinbe tornerà qui o chissà cosa.». Kyoko ebbe a malapena il tempo di chiudere a chiave la porta prima che Suki la tirasse fuori.

*****

Kyou aprì le pesanti tende nere della finestra adesso che era arrivato il crepuscolo. I suoi lunghi capelli argentati svolazzarono come un ventaglio mentre apriva la finestra, permettendo al vento di accarezzare il suo viso angelico. Vestito di nero, sembrava un angelo caduto.

Il denaro gli aveva dato la libertà di stabilire i propri orari e il potere gli garantiva che non sarebbe stato disturbato. Acquistando l’ultimo piano dell’hotel più costoso della città, si era assicurato la solitudine di cui aveva bisogno e la vista che desiderava. Guardando dall’altra parte della strada, vide che si era già formata una fila all’ingresso del “Club Midnight”, il club più famoso della città. Era il posto perfetto in cui le creature della notte potevano sfamarsi.

In coda c’erano moltissime studentesse viziate, insieme ai teppistelli che le accompagnavano. Gli occhi di Kyou erano colmi di disprezzo mentre scrutare la fila, chiedendosi quale di loro avrebbe attirato l’attenzione dell’uomo cui dava la caccia. Chi sarebbe stata la prossima vittima di Hyakuhei?

Kyou sentiva la sua presenza nella città e si chiedeva se Hyakuhei sentisse la morte che lo perseguitava. Questa volta le cose erano diverse. Kyou lo aveva trovato troppo facilmente, come se Hyakuhei gli avesse lasciato una traccia da seguire. Le morti e le sparizioni delle studentesse del college erano un palese biglietto da visita che portava solo ad una persona.

Non gli piaceva il pensiero che Hyakuhei lo avesse condotto lì. «Non sono più sotto il tuo controllo.» ringhiò Kyou mentre gli gocciolava il sangue tra le dita serrate, e i suoi occhi divennero rosa. «Tu non hai alcun potere su di me… non più!». Placando la propria rabbia, assunse di nuovo un’espressione impassibile e nascose la propria aura. Era giunta l’ora che il predatore diventasse la preda.

Se avesse percepito la forza vitale di Hyakuhei, avrebbe dovuto muoversi con cautela per evitare che anche lui percepisse la sua.

*****

Kyoko era sorpresa da quanto fosse grande la discoteca. Rimase a bocca aperta quando entrarono nell’enorme parcheggio. Suki era voluta arrivare prima per evitare la fila ma, a quanto pare, c’erano già molte persone, perciò scesero di fretta dall’auto. Kyoko vide dei volti familiari del college che frequentavano e sorrise quando notò che c’era anche il suo vecchio amico Tasuki.

Il ragazzo aveva notato Kyoko e Suki tra la folla. Si era lasciato convincere dai suoi amici, non aveva niente di meglio da fare ora che gli esami erano finiti, perciò aveva accettato volentieri. Era bello e aveva un bel fisico, con capelli castani lunghi fino alle spalle e occhi color cioccolato che facevano sciogliere il cuore a tutte le ragazze.

Era uno dei ragazzi più popolari del campus, ma era noto soprattutto per i punteggi alti che aveva ricevuto in tutti i corsi ed era più gentile della maggior parte dei ragazzi. Era anche una delle persone più ricche dell’istituto e, sebbene non ostentasse mai nulla, la sua reputazione ne beneficiava.

Facendosi strada tra la folla, si avvicinò a Kyoko con un sorriso. La conosceva dai tempi delle medie e aveva sempre avuto una cotta segreta per lei. Erano usciti insieme ma niente di serio… erano amici ed era anche passato molto tempo dall’ultima volta che erano usciti.

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