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Il Dono Del Reietto
Il Dono Del Reietto

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Il Dono Del Reietto

Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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«Il centro addestramento degli arcieri» rilevò l'altro.

«E se da lì prendessimo l'altro tunnel, passerebbe troppo tempo, aumentando il rischio che qualcuno si accorga della nostra scomparsa. A quel punto, le probabilità di fuggire dalla città si ridurrebbero alquanto.» Il giovane der Bartolommei ripose la mappa sentenziando: «Dobbiamo uscire da qui.»

«Però, prima dobbiamo aprire quella porta: non credo si possa sfondare» obiettò Djeek che fino a quel momento era rimasto a contemplare affascinato le miniature rappresentate sulla pergamena.

«Ah, questa? Alquanto rudimentale» replicò spavaldo lo scassinatore. Prese a sferragliare con la grossa serratura: un paio di secondi dopo, aveva finito. Aprì la massiccia e cigolante porta a mo' di maggiordomo, si voltò verso i compagni e proclamò: «La via è libera signori. Potete accomoda... Khiki dove scappi?»

La reazione che vide impressa sulle facce dei compagni non era quella che si aspettava. Il gorgoglio sinistro che udì provenire dalla stanza alle sue spalle, lo portò istintivamente a sbattere ripetutamente gli incisivi producendo un ticchettio che, nella sua razza, è l'equivalente di un grido di battaglia. Con un gesto repentino, sfrecciò via dall'accesso lateralmente, poco prima che, con un balzo, la belva gli lacerasse la schiena. «Presto, fate di tutto per contrastarlo! Non fatevi ghermire: la saliva del rattopardo è infetta, i suoi morsi sono alquanto difficili da curare!»

Fagorn scagliò un innocuo dardo di fuoco testimone del fatto che sia il tempo che le fonti erano del tutto insufficienti in quel contesto. Il proietto gli bruciò moderatamente la pelliccia unticcia sul garrese ottenendo l'unico effetto di aizzarne la ferocia.

La fiera contrasse i muscoli felini e balzò sfrecciando al fianco del cavian. Il suo obiettivo era di artigliare il mago con le unghie oblunghe da ratto, per poi finirlo con gli incisivi larghi e affilati come le lame di una ghigliottina.

Proprio in quel momento, Djeek poggiò i palmi a terra facendo schizzare dal soffitto e dalle pareti della stanza piccoli frammenti di roccia e mattoni che, alzarono un gran polverone. I detriti andarono a colpire in parte il rattopardo, ma soprattutto il goblin stesso e Fagorn atterrandoli in un cumulo di calcinacci. Sottoterra, la fonte era eccellente, ma sia il tempo che il controllo del giovane geomastro non erano stati sufficienti. La belva, appena infastidita da quell'attacco, si passò una zampa sugli occhi rossi e luminescenti e si scrollò il pelo. Come fece per muoversi, pronta a divorare le due prede inermi, venne colpita da qualcosa di molto duro sulla nuca.

«È contro di me che morirai, alquanto orrida creatura di Ovathan!» gli sibilò Girolamo. Lo aveva colpito con un grosso yo-yo metallico legato a dei fili sottilissimi, ma robusti.

La belva riconobbe nell'avversario la sua preda geneticamente designata e ringhiò con rinnovata furia. L'altro non si fece pregare e gli scagliò contro lo yo-yo. Questa volta, con un movimento fulmineo, l'animale lo intercettò al volo trattenendolo nella bocca. Stava per dare uno strattone volto a sbilanciare il cavian, ma crollò a terrà privo di vita: sottili punte metalliche fuoriuscivano radialmente da vari punti del suo cranio. Il cavian operò un'impercettibile trazione su uno dei fili dell'arma e le punte rientrarono nella sfera con suono meccanico: così, poté estrarla dalla bocca della fiera.

Mentre i due compagni si rimettevano in piedi spolverandosi i vestiti, egli si affrettò a ripulire bene l'arma e quindi a raccogliere in una fiala la saliva del rattopardo.

«È un ingrediente alchemico alquanto ricercato, utilissimo per ricavare un antidoto contro il suo appestante morso» spiegò ai due che lo guardavano schifati.

«Che paura! Non avrei mai creduto che in vita mia potessi io, finire mangiato da un ratto e non viceversa!» si sfogò Djeek il cui orgoglio era stato messo a dura prova da quell'esperienza.

«Stupido sbruffone di un cavian!» gli sbraitò contro Fagorn che aveva recuperato il suo status naturale, cioè irato instabile, tendente alla furia. «Saresti tu il famoso infiltratore! Un infiltratore che si fa cogliere di sorpresa da una bestia grossa quanto una tigre.»

«Non c'è di che! Sono alquanto lieto che tu mi sia grato per averti salvato la vita» replicò sarcastico l'altro, mentre con una pinza estraeva gli incisivi della belva per riporli in un sacchetto. Continuò: «Per tua informazione, il rattopardo è la cavalcatura delle truppe scelte rattoidi. È un dono di Ovathan ai suoi fidi servi ed è stato selezionato nei secoli per combattere efficacemente i loro nemici naturali tra cui si annoverano anche i cavian. Esso, nonostante la sua mole, è alquanto silenzioso, neanche un corristrello potrebbe sentirlo muoversi: d'altra parte è una creatura della dea della segretezza. E, se proprio vuoi saperlo, il suo odore è stato affinato nei secoli al fine di renderlo indistinguibile dal muschio persino al nostro finissimo olfatto. Vedi il sudore unticcio che ne ricopre il pelo? Ha proprio quella funzione.»

«Bella lezione di bestiologia! Comunque… grazie!» bisbigliò imbarazzato il mago che si era reso conto di aver esagerato. Poi, per rompere la tensione, chiese: «Cos'era quell'arma che hai usato?»

«Questo?» Prese a giocare a farlo muovere sotto e sopra facendolo rotolare e srotolare sul filo che lo avvolgeva. «Questo è un artefatto gnomico alquanto versatile, noi lo chiamiamo il “dono non gradito”. Come vedi, torna sempre indietro, tuttavia se lo apri, nasconde dei regalini come dire? poco azzeccati? ehm... che ti lasciano di stucco? Quella che avete visto è solo una delle sorpresine che vi si nascondono» spiegò.

I tre varcarono la porta guardinghi ritrovandosi in un ampia stanza al cui interno erano ammassate ossa di varia natura, anche di origine umanoide. In alto, sul centro del soffitto, vi era una botola metallica a grata attraverso cui filtrava una fioca luce.

«A quanto pare, il nostro caro Aaron sa bene come far sparire i suoi nemici!» commentò ironico Fagorn.

«Be', vorrà dire che noi entreremo nella sua casa esattamente da dove, normalmente, fa uscire i suoi ospiti più sgraditi. Ritengo che questo ci avvantaggerà alquanto» osservò Girolamo fissando la botola.

«Ma come facciamo ad arrivare lassù?» obiettò Djeek.

Effettivamente la grata metallica era posta a un'altezza di almeno dieci passi.

«È una situazione alquanto frequente nelle mia attività e sono attrezzato per questo» disse il cavian mostrando un sacchetto di velluto dal quale estrasse uno strano oggetto metallico. Era a forma di ferro di cavallo, con agganciato nella parte posteriore un anello grande quasi quanto un palmo e rivestito da una guaina di uno strano materiale nero, liscio e lucido.

«Questo è un artefatto alquanto prezioso, tra i più preziosi che abbiamo nella nostra comunità. Esso è il bottino che mio nonno presentò al termine del suo Pellegrinaggio ottenendo, così, la carica di Granmaestro dei Doni. Pare che l'abbia prelevato addirittura dalla Torre Grigia sotto il naso dei paradartha, prole dei Dharta e primi Elfi grigi, i più sapienti e i più potenti. Come faccia a funzionare è un mistero anche per molti maghi runici, ma noi abbiamo condotto delle ricerche. Grazie a un altro artefatto, l'Occhio di Verahia, abbiamo potuto scrutarne l'interno: dentro la parte in metallo, pare ci sia un filo avvolto come le spire di un serpente intorno a un'anima di ferro. Per quanto riguarda l'anello, quando il Maestro dei Congegni ha usato l'Occhio su di esso, per poco non ci ha rimesso la vista: pare che ci sia un'enorme quantità di magicka che scorre al suo interno senza consumarsi.»

Poi, con un atteggiamento solenne, simile a un prestigiatore che si esibisce dinanzi agli occhi rapiti dei bambini, proclamò: «E ora, Signori, se avete con voi oggetti metallici, allontanatevi alquanto e, visto che ci siete, portate via anche la mia sacca degli attrezzi... Sto per attivare la Stretta di Mano di Energon.»

Djeek, portando con sé solo la sua veste malandata, decise di rimanere a osservare da vicino Girolamo che nel frattempo mosse una minuscola levetta a scorrimento posta nel punto di congiunzione tra le due parti.

Al click, il goblin fu tirato per la manica da una forza misteriosa verso l'artefatto e andò a franare addosso al cavian che, nel cadere, ebbe il riflesso di disattivare l'artefatto.

«Ehi! Alquanto ardito da parte tua! Guarda che non sei il mio tipo!» scherzò Girolamo anticipando e quindi mortificando sul nascere ogni tentativo di battuta di Fagorn.

«No, guarda che ti sbagli!» replicò imbarazzato Djeek senza cogliere l'ironia.

Girolamo gli sfiorò la manica e un ago simile a quello che aveva freddato la guardia comparve tra le sua dita abili. «A quanto pare, ne avevi un altro. E visto che l'ho ritrovato io, ora me lo tengo» aggiunse facendolo cadere in un piccolo contenitore che andò a riporre nella sua tasca.

Djeek, ancora confuso, si sentì un po' depredato, ma non ebbe da replicare.

«Bene! Alquanto bene! Dove eravamo rimasti?» Il cavian riattivò l'artefatto, lo legò a una corda attraverso l'anello, lo ricoprì con un panno imbottito, e lo lanciò in alto senza badare troppo alla mira. Questo, infatti, come se fosse animato da volontà propria, deviò il proprio volo aumentando di velocità fino a incollarsi alla grata soprastante con un suono attutito.

«Bravo, non ci avevo pensato: se non l'avessi opportunamente rivestito, avrebbe fatto un fragore degno di una campana. Sei un tipo molto attento ai dettagli. Non pensavo che esistessero topi così svegli» osservò Fagorn.

«Un tentativo alquanto maldestro di complimento, “nobile” Fagorn» ribatté l'altro che odiava sentirsi chiamare topo. Con una smorfia di stizza, prese ad arrampicarsi agevolmente lungo la fune.

Una volta in alto, incastrò un gancio in una fessura, liberò la fune e ve la legò reggendosi con due dita alla grata; quindi agì sulla levetta della Stretta di Energon per disattivarla e riporla.

«Toglietevi da lì sotto: è alquanto pericoloso!» intimò a bassa voce, mentre estraeva una siringa contenete acido ad alta concentrazione che, a contatto con i perni di fissaggio della grata, li sciolse come fango. Le gocce che piovvero a terra produssero sfrigolando dei piccoli fori.

Si aggrappò con entrambe le mani al bordo dell'apertura e con la testa alzò lentamente il tombino fino a sporgere gli occhi oltre il pavimento della stanza che, come già aveva intuito grazie all'olfatto, si rivelò essere una cantina. «Naso alquanto buono non mente, vero Khiki?» bisbigliò soddisfatto. Il suo famiglio, passandogli sulla spalla, si avventurò nella stanza emettendo i suoi tipici vocalizzi.

«Ehi! Che cosa c'è lassù?» domandò Djeek ad alta voce.

Girolamo rispose con uno sguardo di rimprovero e tornò a concentrarsi sui vocalizzi del suo piccolo roditore. Quando si quietarono sostituiti dal rumore di masticazione, il cavian si issò per entrare nella cantina facendo cenno ai compagni di salire. Non appena girò l'angolo della nicchia in cui era posta la botola, ebbe una visuale più completa del posto: ciò che vide gli strappò un'imprecazione. «Per Givedon!»

Allarmati, i compagni si diedero da fare per raggiungerlo. Djeek risalì la fune con buona lena: seppur imbranato, era pur sempre un goblin; Fagorn sudò e sbraitò non poco per tenergli il passo.

Una volta sopra, lanciandosi sguardi per comunicare, si mossero con cautela rasenti il muro. Quando, ormai pronti a ogni evenienza, sbucarono nell'ampio locale sotterraneo, si trovarono di fronte a una scena che spiazzò tutte le loro previsioni.

«Venite, accomodatevi e sollazzatevi alquanto!» li invitò, stravaccato su una grossa sedia imbottita, il rampollo della casata Bartolommei. Alzò un calice di vino rosso con una mano, mentre il gomito dell'altro braccio poggiava su un di tavolo apparecchiato con altri due bicchieri, una bottiglia, un sacchetto aperto e alcuni peperoni gialli.

«Montefiaschetto del sessantadue, prodotto nei Collicretosi: la migliore annata di uno dei migliori vini di Xantis. E sì! Si tratta alquanto bene il nostro Aaron!» continuò ignorando lo sguardo sgomento dei compagni di fuga.

Come Fagorn fece per avvicinarglisi con la mano protesa verso il suo collo, questi vi pose un calice con un gesto repentino.

«Certo, il gusto ne avrebbe giovato alquanto se avessimo avuto il tempo di farlo decantare un po'. Tuttavia, mio impetuoso compare, sappi che non avrai più occasione alcuna nella tua vita di estasiare i tuoi sensi come potresti fare oggi. Credimi: un solo sorso vale tutta la prigionia che abbiamo patito» proseguì con sguardo malizioso, mentre provvedeva a mescere il vino nel bicchiere tremolante nella morsa furiosa del mago.

«Dai, Djeek! Non mostrarti alquanto imbarazzato, bevine anche tu e scoprirai cosa possono generare un sole caldo, delle verdeggianti colline e delle buone botti di rovere, coadiuvati dal lavoro accorto e amorevole dei contadini del Regno di Villaneia, laddove fervida è l'adorazione per il mio Dio. Vedi mio bizzarro amico, per un agricoltore devoto a Givedon produrre un buon vino è come officiare un rito sacro e goderne è come pregare.»

Il goblin, senza farsi ulteriormente sollecitare, ignorò il bicchiere, afferrò la bottiglia, se la rovesciò direttamente nella gola e, dopo aver ruttato, sentenziò «Bah! Deludente! Eppure, il colore prometteva bene… pensavo sapesse di sangue, almeno un po', almeno... »

«Oh, Givedon! Oh, Dio delle feste! Perché ci elargisci doni di cotale sublimità e permetti l'esistenza di esseri rozzi al punto di non goderne alquanto?» si lamentò il cavian.

Nel frattempo, il gambo del calice di Fagorn non aveva più retto la presa, spezzandosi.

«Umano! Almeno tu non deludermi alquanto! Ché io non so se il mio povero e sensibile cuore possa reggere un altro oltraggio di cotale brutalità.»

«Per Tempèra!» imprecò l'altro. «L'alcol deve averti mandato in fumo il cervello! Guardatelo! Si atteggia a valletto di corte!» Rovesciò il contenuto del bicchiere sul pavimento, sfidando lo sguardo esterrefatto di Girolamo.

«E poi,» continuò poggiando quel che restava del calice sul tavolo per non far rumore «dovresti sapere che noi fiammamastri siamo astemi: l'alcol potrebbe renderci instabili durante l'esercizio delle nostre facoltà... per non dire infiammabili.»

«Da un dottore in materia come te, mi sarei aspettato alquanto che ti classificassi quale piromastro» obiettò il cavian che, seppur vistosamente turbato, non voleva dargli la soddisfazione di mostrarsi ferito dal gesto ingiurioso.

«Me ne sbatto della saccenza degli accademici! Fiammamastro va benissimo!» Fagorn odiava essere corretto.

Girolamo estrasse un frutto secco dal sacchetto, lo sbucciò con rapida esperienza usando i lunghi incisivi e prese a masticarlo con sguardo sognante. «Pistacchi dell'isola vulcanica di Cesilia, perfetti per accompagnare questo nettare che voi barbari non avete il dono di saper apprezzare. Siete fortunati che ora sono alquanto estasiato da questa inaspettata degustazione, altrimenti vi avrei infilzati entrambi con la mia lama che non conosce sconfitta!»

Degustò l'ultimo sorso chiudendo gli occhi e inspirando profondamente. Poi, continuò: «Alquanto sublime! Forza, almeno i pistacchi potete mangiarli!»

«Basta! Ti ricordo che stiamo nel bel mezzo di un'evasione!» urlò il mago al massimo che la sua voce afona gli consentisse.

«Se c'è qualcuno che deve ben tenere in mente cosa stiamo facendo, quello sei tu mio “infiammabile” compare, visto che gridando alquanto, rischi di farci scoprire!» lo redarguì l'altro con sguardo ora divenuto severo. Porse un peperone alla piccola Khiki che accolse il dono con fischi oculati, ma entusiastici. «Almeno tu, mia cara, sai godere di quanto la natura ci offre.»

Nel frattempo, Djeek si era lanciato sui pistacchi. Con l'istintiva rapidità acquisita in anni di lotte per assicurarsi le misere razioni di cibo che gli venivano lesinate nel vivaio, si svuotò in bocca quasi tutto il sacchetto con tutte le bucce e, masticando fragorosamente, commentò: «Nom male! Cofì proccanti mi ricordano le ossa. Anche fe qui niente sa di carne o di fangue, ammeno un po', ammeno... »

«Ho capito. Sono, ormai, alquanto consapevole dei vostri limiti: procediamo dunque!» constatò Girolamo rassegnato. Si alzò e si mosse verso la scalinata che menava fuori dalla cantina, non prima, però, di aver infilato nella saccoccia un prezioso sacchetto di zafferano proveniente dal feudo de' L'Astore.

Djeek lo seguì e imitandolo, si pose intorno al collo una fila di salsicce. Fagorn si incamminò scuotendo la testa e borbottando tra sé.

Sbucarono in un'ampia cucina illuminata dalla sola luce delle stelle e delle lune: essa filtrava da un ampio lucernaio posto in alto su un lato della stanza.

«È notte. Quindi gli umani dormono. Giusto?» osservò il goblin sperando di mostrare arguzia.

«Non ne sono sicuro alquanto» rispose Girolamo sorridendo all'essenzialità del ragionamento del compagno. «Sai? Ci sono anche umani pagati per restare svegli e montare la guardia.»

«Ma per fortuna, il nostro amico alchimista non ha ritenuto importante vigilare la cantina, almeno non dall'accesso sotterraneo» si inserì Fagorn.

«Alquanto prevedibile! In effetti, non è che ci si possa aspettare un'intrusione attraverso un antico passaggio segreto abitato da simpatiche belve e sigillato da una grata fissata da staffe di ferro spesse come i polsi di un orco e posta a oltre dieci passi da terra. Pagare una guardia per vigilarlo sembrerebbe un inutile spreco di denaro o meglio, lo sarebbe se non esistesse Girolamo il mastro infiltratore» si gongolò il cavian atteggiandosi in un inchino degno di un attore da teatro dinanzi all'ovazione del pubblico.

«Quando ti ci metti, sei odioso!» osservò il mago. «Comunque, visto che sei così svelto, vedi di trarci fuori di qui, possibilmente senza altre ridicole digressioni.»

«Bravo! Vedo che ormai, sei alquanto consapevole delle mie abilità...» ribatté l'altro. «Ma dov'è Djeek?»

Lo ritrovarono nel locale dispensa aggrappato con braccia e gambe a un mezzo maiale che penzolava da un gancio: quando li sentì arrivare sollevò la bocca del fiero pasto e, mostrando la faccia completamente imbrattata di sangue, li accolse con roboante rutto.

Lo scassinatore, il cui udito era sottilissimo, udì qualcuno da qualche parte della magione allertarsi.

«Cos'è stato? L'hai sentito anche tu?»

«Sì, veniva dalle cucine! Vado a controllare. Voi restate a vigilare la nostra “ospite”!»

Il cavian colpì con le nocche del pugno la testa del goblin. «Ci hai fatti scoprire! Stupido e alquanto ingordo zuccone!» Un istante dopo, aveva già cominciato a impartire ordini volti ad attuare il piano di fuga che aveva immediatamente escogitato.

«Djeek, entra in quella credenza e non muoverti! Fagorn, il tuo compito è alquanto importante: nasconditi dietro il cumulo di legna d'ulivo vicino al forno. La vedi quella torcia sul muro della dispensa? Appena la guardia entrerà nella cucina fa in modo che si accenda. Al resto penserò io.»

Passarono pochi istanti e la porta della cucina si aprì lentamente. «Chi va la! Guarda che ti abbiamo sentito, abbiamo già lanciato l'allerta» scandì un grosso individuo entrando guardingo. Come fece un passo, vide accendersi la luce nella stanza della dispensa e considerando che il fuggitivo fosse lì, si lanciò all'inseguimento. Girolamo si era nascosto dentro una grande cesta posta sopra un mobile al lato dell'accesso e, come il vigilante passò, gli balzo alle spalle e lo tramortì colpendolo in testa con un mattarello.

«Ora potete uscire! Il tempo per fuggire è alquanto risicato» disse, mentre legava e imbavagliava l'uomo svenuto. «Dei! Quanto pesa! Aiutatemi a trascinarlo nella dispensa.»

Fagorn fu subito lì e notò lo stemma ufficiale del regno di Faunna impresso sul corpetto che proteggeva il ventre prominente della guardia. Constatò: «L'alchimista deve aver ottenuto un grande potere, se può disporre di uomini della Corona pur non essendo neanche un nobile.»

«Ti sbagli alquanto. Per essere esatti, è stato da poco investito della carica di Baronetto per i servigi offerti al Re e al Marchese» lo corresse il cavian.

«Ciò che dici non fa altro che confermare quanto ho appena affermato.»

«Ma la fonte della sua fortuna è il preparato inventato da Aliah... oh, scusate!» puntualizzò Djeek, mentre usciva con un fragore di pentole dal suo nascondiglio.

«Finirai per rovinare la mia fama di infiltratore discretissimo. E dire che mi sono prodigato alquanto per mettere fuori uso questo pachiderma senza troppo fracasso» lo rimproverò il ladro mentre chiudeva a chiave il malcapitato vigilante nella dispensa.

I tre uscirono guardinghi dalla cucina finendo in un locale di disimpegno nel quale era installato un piccolo montacarichi a carrucola che serviva per far salire il carrellino del cibo al piano superiore dove, con ogni probabilità, era posta la sala dei banchetti. Questa era evidentemente raggiungibile attraverso la piccola scalinata posta proprio dinanzi a loro.

«Bene! Che facciamo impalati? Saliamo e svigniamocela da qui!» li spronò Fagorn.

«Sono d'accordo con te, anche se temo alquanto che non sarà tutto così lineare come ci prospetti: sai? la furtività perde molta efficacia quando c'è chi è già stato allertato da un goblin imbranato» ribatté l'altro.

«Se le guardie non sono troppe, potremmo sconfiggerle» propose il goblin fiducioso.

«Quella è l'ultima opzione, la più pericolosa e la meno consigliabile: più guai combiniamo e maggiori saranno le risorse che saranno impiegate per riagguantarci» obiettò il mago.

«Senza considerare che, se il nostro valore di ricercati diventasse alquanto appetibile, potremmo attirare l'attenzione dei migliori cacciatori di taglie: quando sono arrivato qui, correva voce che il Leggendario Maxim Misterio si trovi in questo Marchesato.»

«E chi sarebbe questo Mazzimistreio?» chiese Djeek.

«Oh, goblin ignorante! Maxim Misterio è una leggenda vivente, l'eroe mascherato a cui, mai, nessun fuorilegge sfugge. Questo Regno, anzi l'intero Impero, deve molta della sua serenità alle sue imprese» spiegò Girolamo che amava raccogliere non solo oggetti, ma anche notizie su tutti i personaggi rilevanti di Xantis.

«Be', penso che ti sia fatto un po' troppo condizionare dalle canzoni bardiche che vanno per la maggiore nelle osterie. In fondo, anche ammettendo che abbia doti straordinarie, è pur sempre un essere umano» obiettò Fagorn.

«Forse, non hai ascoltato alquanto attentamente la romanza “Maxim Misterio contro Kurtos il Re Minotauro”. Potrai anche non credere ai particolari dell'opera, ma adesso il Sovrano di Creox, colui che mirava a soggiogare i regni meridionali, diletta l'Imperatore come schiavo gladiatore nella sua Arena. O dimentichi “Maxim Misterio scova Jaaz”, il sauroide detto lo squartatore: per mesi si è divertito nel compiere i suoi efferati delitti prendendosi gioco dei servizi segreti di Arsantis. Penserai che quanto cantato sia esagerato, ma questa è la realtà: dopo l'intervento dell'eroe le donzelle della Capitale possono di nuovo passeggiare tranquil...» il cavian si interruppe di colpo. «Ho udito dei passi, penso tre umani. Dal rimbombo credo che ora siano in una grossa stanza, forse nella sala da pranzo. Dalle caratteristiche acustiche dei suoni, posso supporre alquanto plausibilmente, che tra lo sbocco di questa scalinata e la sala ci sia una porta, quindi potremo superarli evitando di entrare dove sono loro.»

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