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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3
Sarebbe puerilità il voler più insistere sopra un assurdo così palpabile: rivolgiamoci piuttosto all'oggetto, al quale tendono veramente gli sforzi dell'avversario. Egli non vuol miracoli di veruna sorta, nè in verun tempo: egli investe quelli de' primi secoli, quelli degli Apostoli e di Gesù Cristo, ed in generale ogni evento che non sia nell'ordine della natura. Questa è la vera meta delle sue ricerche, ed a questo noi ora volgeremo le nostre difese.
Avanti però d'innoltrarsi, convien premettere due osservazioni. Ecco la prima. Non si dee contendere, se la primitiva Chiesa vantasse un potere di far miracoli permanente, e da esercitarlo a sua disposizione. Mai non si è così creduto nel Cristianesimo: mai non si è avuta l'arroganza di pretendere, che Iddio assoggettata avesse la sua onnipotenza all'arbitrio degli uomini. Quante difficoltà non farebbe nascere un tale sistema? A chi Iddio confidò questo potere? Ad ogni Fedele in particolare? O all'unione di tutti? O pure a' Vescovi presi ad uno ad uno, ovvero al Sacerdozio in corpo? E qual condotta conveniva tenere nelle occorrenti emergenze? Quelli d'una Provincia erano padroni di fare il miracolo, o dovevano implorare il consenso ed il soccorso di tutte le Chiese? Essendo somigliante disegno impossibile ad eseguirsi, si è sempre insegnato, che Iddio secondo il suo puro beneplacito accordava i doni miracolosi ad alcuni d'eminente virtù e nelle circostanze che gli rendevano necessari, nella stessa guisa, che furono conceduti a Mosè e ad altri illustri personaggi dell'antico Testamento.
La seconda riflessione riguarda l'origine istorica della presente controversia. Fu ella posta in campo dal Dottor Middleton colle stesse difficoltà critiche, che il nostro Autore ha tolte di peso da lui. La novità dell'impresa sollevò contro il Middleton tutto il Mondo Cristiano, ed i suoi Avversari lo ridussero alla disperazione di cambiar lo stato della questione, per ritirarsi con onore. Dichiarò egli di non aver tolti a combattere i miracoli passeggieri ne' primi secoli accaduti, ma solo il poter permanente, di che si credeva rivestita la Chiesa: cosa, ripiglia il Mosemio, da niuno sostenuta, e che per conseguenza non meritava la pena di confutarsi con un grosso volume. Il Sig. Gibbon cita questo grosso volume, cita l'opposizioni che incontrò, cita l'Apologia ch'egli preparò; ma non dichiara il fine ch'ebbe la disputa, e par che ignori, che la di lui piuttosto ritrattazione che apologia fu data alla luce un anno dopo la morte del medesimo.
Fu rimproverato al Middleton che le difficoltà da lui fatte contro i miracoli dei primi secoli si stendevano naturalmente a quelli degli Apostoli e di Gesù Cristo. In fatti egli oppose ai primi il Pirronismo dei letterati contemporanei, la credulità del popolo ed alcune leggerissime riflessioni di critica sopra i monumenti degli antichi Scrittori, e gli fu fatto vedere, che le stesse leggerissime riflessioni di critica possono applicarsi agli Evangeli, e che si rinviene la stessa credulità del popolo Ebreo, e lo stesso Pirronismo negli Scribi e ne' Farisei. Il Middleton, persuaso della verità de' miracoli depositati ne' libri canonici, non volendo riconoscere la fatale conseguenza de' suoi principj, amò meglio di mutar la questione. Col nostro Autore è superfluo l'affannarsi a mettergli in vista la stessa conseguenza, come quegli, che lungi dall'averla in orrore, se la fa propria, e temendo che il suo lettore non sia capace di scuoprirla da se, ve lo conduce per mano, e si leva del tutto la maschera verso il fine del capo.
Ora noi qui non prenderemo direttamente a difendere i miracoli di Gesù Cristo, giacchè egli non gli ha direttamente assaliti; faremo l'apologia de' prodigi de' primi secoli nella già divisata maniera ch'ei gli ha attaccati, e la certezza di questi terrà al coperto la certezza di quelli.
E prima di sciogliere le sue difficoltà, ci sia permesso di ragionare alquanto sul fatto e diciamo, che se i Gentili venivano in folla alla fede, questa è una prova evidente della verità de' miracoli, che si dicevano accaduti. E vaglia il vero o bisogna supporli tutti stupidi e privi di ogni amore per la Religione della patria, o confessare, che la conversione loro era il risultato di veri miracoli. Imperciocchè i Cristiani lungi dal cercare la solitudine e le tenebre operavano in pubblico; e ciò apparisce da quella specie di disfide, che s'incontrano ad ogni passo aprendo i libri degli Scrittori dei primi secoli. Dall'altra parte i vantati prodigi erano di tal natura, che anche i più rozzi contadini potevano formarne giudizio. Il parlare diverse lingue, il liberare gli ossessi, il richiamare a vita gli estinti, ricercano recondite cognizioni di fisica o sublimi sforzi d'ingegno a deciderne? Dunque supponendo i Gentili forniti del senso comune, e freddamente interessati per la propria Religione, se nelle operazioni Cristiane non vi era un fondo di verità, se ne dovevano accorgere; onde se si convertirono contro l'interesse delle proprie passioni, il fatto stesso fa una invittissima prova in favore di essi miracoli.
Inoltre abbiamo detto, che se nella Chiesa non si facevano veri miracoli, i Proseliti, che vi erano entrati per credulità, dovevano o presto o tardi disingannarsi, ed uscirne. A che dobbiamo attribuire la loro perseveranza per fino in faccia de' tormenti e della morte? Non si trattava d'una famiglia, di una città, di una Provincia. Dovunque erano sparsi i Cristiani, vantavano le stesse maraviglie. Apostati ve n'ebbe in ogni tempo, in ogni tempo gli Eretici esclusi dal seno della Chiesa erano pronti a calunniarla; e la perpetua cura de' filosofi era di porre in discredito i seguaci dell'Evangelio. Credibile che per niuna di queste vie siasi potuta mai giuridicamente provare una frode, una collusione? Noi avremmo voluto che l'Autore, in vece di esercitarsi nella gramatica, avesse trattato da filosofo questo argomento. Ma ascoltiamo quanto gli è piaciuto di ripetere dietro la scorta di un Dottore sconfitto.
Come si può spiegare lo Scetticismo de' letterati Pagani intorno all'immortalità dell'anima ed intorno la rivelazione in generale? Si spiega ottimamente con accordarvi di buon grado, che questi guardavano gli affari Cristiani con quell'indifferenza, e con quel dispregio, con cui credete di mortificarci in tanti passi dell'Opera vostra. Persone, che non credono, perchè non si sono informate, perchè non hanno fatto esame veruno, qual peso di autorità possono avere? Oltre che è legge forse di Psicologia, che la volontà si determini invincibilmente secondo la verità che scuopre l'intendimento? Perchè peccano tanti Cristiani persuasi fermamente dell'esistenza dell'inferno? Non si debbono avere in conto alcuno i pregiudizi, la superbia, i legami civili che stringono più che ogni altro le persone di merito distinte? E di questi stessi personaggi non ne vantò in gran copia la primitiva Chiesa?
Della credulità del popolo si è abbastanza parlato per non dover qui ripetere il già detto. Restano le riflessioni critiche sopra Ireneo e sopra Teofilo.
Ireneo, dice il Middleton, attribuisce altrui il dono delle lingue, dov'egli predicando l'Evangelio nelle Gallie confessa di aver dovuto contrastare colle difficoltà d'un dialetto barbaro. Nel testo si legge, che il Santo si scusa di non iscrivere con Greca eleganza la storia dell'Eresie a motivo di questo barbaro dialetto: frattanto ci si suppone, che ciò accadesse nell'atto di predicar l'Evangelio. La parola Greca poi, alla quale si fa significare contrastare colle difficoltà di un dialetto barbaro realmente significa esercitare, usare, parlare un dialetto barbaro.
Teofilo rigettò la proposizione di rendere ad un morto la vita, per quanto bramoso fosse dalla conversion dell'amico. Il fatto è verissimo, e ne istruisce chiaramente, che gli antichi Vescovi non si avvisavano di poter fare i miracoli a lor piacimento. Ma che se ne vuole inferire? Dunque Ireneo, il quale dice, che questo prodigio non era raro a suo tempo, e ch'egli aveva conversato con persone, alle quali era stata fatta questa grazia, mentisce.
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1
In Cirene trucidarono 220,000 Greci, in Cipro 240,000, ed in Egitto una grandissima quantità di persone. Molte di queste infelici vittime furon segate in due parti, secondo un precedente esempio datone da David. I vittoriosi Giudei divoravan la carne, leccavano il sangue, si avvolgevan come nastri le budella di que' meschini attorno a' lor corpi. Vedi Dione Cassio l. LXVIII. p. 1145.
2
Senza ripetere le ben note descrizioni di Gioseffo, possiamo apprendere da Dione (l. LXIX, p. 1262) che nella guerra di Adriano furon passati a fil di spada 580,000 Giudei, oltre un numero infinito di essi, che morirono di fame, di disagio e di fuoco.
3
Per la setta degli Zeloti vedi Basnag. Hist. des Juifs l. I. c. 17; pe' caratteri del Messia, secondo i Rabbini l. V. c. 11, 12, 13; per le azioni di Barcocheba l. VII. c. 12.
4
Noi dobbiamo a Modestino Giurisconsulto Romano (l. VI. Regular.) una distinta notizia dell'Editto di Antonino. Vedi Casaubon. ad Hist. Aug. p. 27.
5
Vedi Basnag. Hist. des Juifs l. III. c. 2, 3. La carica di Patriarca, fu soppressa da Teodosio il Giovine.
6
Basti solo rammentare il Purim, o la liberazione degli Ebrei dal furore d'Aman, che fino al Regno di Teodosio fu celebrata con insolente trionfo e sfrenata intemperanza. Basnage Hist. des Juifs l. VI. c. 17. l. VIII. c. 6.
7
Secondo il falso Gioseffo, Tsefo nipote di Esaù condusse in Italia l'armata d'Enea Re di Cartagine. Un'altra Colonia d'Idumei, fuggendo la spada di David, si rifuggì negli stati di Romolo. Per queste o per altre ragioni di ugual peso gli Ebrei applicarono il nome d'Edom all'Impero Romano.
8
Dagli argomenti di Celso, quali son rappresentati e confutati da Origene (l. V. p. 247, 259.) possiamo chiaramente scuoprire la distinzione, che si faceva fra il popolo Ebraico, e la setta Cristiana. Si veda nel Dialogo di Minuzio Felice una bella ed elegante descrizione de' sentimenti popolari intorno all'abbandonamento del culto stabilito.
9
Cur nullas aras habent? templa nulla? nulla nota simulacra?.. unde autem vel quis ille, aut ubi, Deus unicus, solitarius, destitutus? Minuc. Felix c. 10. L'interlocutore Pagano fa una distinzione in favor de' Giudei, che una volta ebbero un tempio, altari, vittime, ec.
10
Egli è difficile (dice Platone) di acquistare, e pericoloso il pubblicare la cognizione del vero Dio. Vedasi la Teologia de' Filosofi nella traduzione, che ha fatto in Francese l'Abate d'Olivet dell'opera di Tullio De natura Deorum Tom. 1. pag. 275.
11
L'autore del Filopatride tratta continuamente i Cristiani come una compagnia di sognatori entusiasti δαιμόνιοι, αἰθέριοι, αἰθεροβατοῦντες, ἀεροβατοῦντες ec. ed in un luogo manifestamente allude alla visione, in cui S. Paolo fu trasportato al terzo Cielo. In un altro luogo Triefonte, che rappresenta un Cristiano, dopo aver deriso gli Dei del Paganesimo propone un misterioso giuramento.
ΎΨιμέδοντα θέον, μέγαν, ἄμβροτον, οὐρανίωνα,Ύιον πατρὸς. πνεῦμα ἐη πατρὸς ἐππορευόμενον,Ἑν ἐκ τριῶν, καὶ ἑνὸς τρία ταῦτα νόμιζε.Ἀριθμέειν με διδάσκεις (questa è la profana risposta di Critia) Καὶ ὅρκος ἡ ἀριθμητική, οῦκ οἶδα γὰρ τί λέγεις, ἐν τρία, τρία ἐν.
12
Secondo Giustino Martire (Apolog. major. c. 70. 85), il demonio, che aveva qualche imperfetta cognizione delle profezie, aveva finto a bella posta questa somiglianza, che potesse rimuovere, quantunque con diversi mezzi, tanto il Popolo che i Filosofi dall'abbracciar la fede di Cristo.
13
Nel primo e secondo libro d'Origene, Celso tratta la nascita e il carattere del nostro Salvatore col più empio disprezzo. L'oratore Libanio loda Porfirio e Giuliano per aver confutato la follia di una setta, che ad un uomo di Palestina morto dava il nome di Dio, e di figlio di Dio. Socrat. Hist. Eccl. III. 23.
14
L'Imperator Traiano ricusò la permissione di lasciar formare una compagnia di 150 spegnitori d'incendj per uso della città di Nicomedia. Egli non gradiva qualunque associazione. Vedi Plin. Epist. X. 42, 43.
15
Il Proconsole Plinio avea pubblicato un editto generale contro le adunanze illegittime. La prudenza de' Cristiani fece sospender le loro Agapi, ma era impossibile ch'essi omettessero l'esercizio del culto pubblico.
16
Siccome le profezie dell'Anticristo, del prossimo abbruciamento del mondo ec. irritavano que' Pagani, che non convertivano, se ne faceva menzione con cautela e riserva, e furono censurati i Montanisti per aver troppo liberamente svelato il pericoloso segreto. Vedi Mosem. p. 413.
17
Neque enim dubitabam, quodcumque esset quod faterentur (queste sono le parole di Plinio), pervicaciam certe et inflexibilem obstinationem debere puniri.
18
Vedasi l'istoria Eccles. Mosem. Vol. I. pag. 101 e Spanem. Remarques sur les Césars, de Julien pag. 468. etc.
19
Vedi Giustino Mart. Apolog. I, 35, II, 14. Atenagora in Legation. c. 27, Tertulliano Apolog. c. 7, 8, 9. Minucio Felice c. 9, 10, 30, 31. L'ultimo di questi Scrittori riferisce l'accusa nella più elegante e circostanziata maniera; la risposta di Tertulliano è più ardita e più vigorosa.
20
Nella persecuzione di Lione alcuni schiavi Gentili furon costretti dal timor de' tormenti ad accusare i lor padroni Cristiani. La Chiesa di Lione, scrivendo a' propri fratelli dell'Asia, tratta l'orrida accusa con l'indignazione e il disprezzo che merita. Euseb. Hist. Ecl. V. I.
21
Vedi Giustino Mart. Apolog. I, 35. Iren. adv. haeres. I. 24. Clem. Alessand. Stromat. l. III. p. 438. Euseb. IV. 8. Sarebbe grave e disgustoso il riferir tutto ciò, che hanno immaginato i successivi Scrittori, tutto quel ch'Epifanio ha ricevuto come vero, e che ha copiato il Tillemont. Il Beausobre (Hist. du Manicheisme l. IX. c. 8, 9) ha esposto con grande spirito l'arte non ingenua di Agostino e del Pontefice Leone.
22
Quando Tertulliano divenne Montanista, diffamò la Morale della Chiesa, ch'egli aveva sì fortemente difesa. Sed majoris est agape, quia per hanc adolescentes tui cum sororibus dormiunt, appendices scilicet gulae lascivia et luxuria: de Jejun. c. 17. Il canone 35 del Concilio d'Elvira provvede agli scandali, che troppo spesso macchiavan quelli, che facevan le vigilie nelle Chiese, e screditavano il nome Cristiano agli occhi degl'Infedeli.
23
Tertulliano (Apolog. c. 2.) si diffonde a gran ragione, e con un poco di stile declamatorio sulla bella ed onorevol testimonianza di Plinio.
24
Nella vasta compilazione dell'Istoria Augusta (una parte di cui fu composta nel Regno di Costantino) non si trovano sei linee relative a' Cristiani; nè la diligenza di Sifino ha potuto scoprire il lor nome nella vasta istoria di Dione Cassio.
25
Un oscuro passo di Svetonio può somministrare per avventura una prova di quanto stranamente si confondesser fra loro gli Ebrei ed i Cristiani di Roma.
26
Vedasi nel 18 e 25 capitolo degli Atti Apostolici la condotta di Gallione, Proconsole dell'Acaia, e di Festo, Procurator della Giudea.
27
Nel tempo di Tertulliano e di Clemente Alessandrino la gloria del martirio si ristringeva a S. Pietro, a S. Paolo, ed a S. Giacomo. I Greci più moderni bel bello l'attribuirono al resto degli Apostoli, e prudentemente scelsero per teatro della lor predicazione e de' lor tormenti qualche remoto paese di là da' confini del Romano Impero, Vedi Mosemio p. 81, e Tillemont Mémoires Eccles. Tom I. p. III.
28
Tacit. Annal. XV. 38, 44. Sueton. in Neron. c. 38. Dion. Cass. l. LXII. p. 1014. Oros. VII. 7.
29
Il prezzo del grano (probabilmente del Modio) fu ridotto a tre Nummi, che può equivalere a circa quindeci Scellini per sacco Inglese.
30
Noi possiam osservare, che Tacito fa menzione di tal fama con diffidenza molto conveniente e dubbiezza, mentre essa viene avidamente descritta da Svetonio, e solennemente confermata da Dione.
31
Questa sola testimonianza è sufficiente a dimostrar l'anacronismo degli Ebrei, che pongon la nascita di Cristo quasi cent'anni più presto (Basnage Hist. des Juifs l. V. c. 14, 15.). Possiamo apprendere da Gioseffo (Antiq. XVIII. 3) che il tempo, in cui fu Procuratore Pilato, corrisponde agli ultimi dieci anni di Tiberio dall'anno di Cristo 27 al 37. Quanto all'epoca particolare della morte di Cristo, una tradizione molto antica la fissa ai 25 di Marzo dell'anno 29 sotto il Consolato de' due Gemini (Tertullian. adv. Judaeos c. 8.). Questa data che si adotta dal Pagi, dal Cardinal Noris e dal Le Clerc, sembra per lo meno tanto probabile, quanto l'Era volgare, che (non so per quali congetture) li pone quattro anni più tardi.
32
Odio humani generis convicti. Queste parole possono significare l'odio del genere umano contro i Cristiani, o l'odio, de' Cristiani contro il genero umano. Ho preferito quest'ultimo senso, come il più conforme allo stile di Tacito ed all'error popolare, di cui un precetto del Vangelo (Vedi Luca XIV. 26) era forse stato l'innocente occasione. Giustificato viene il mio interpretamento dall'autorità di Lipsio; da quelle de' traduttori di Tacito, Italiani, Francesi e Inglesi, dall'autorità di Mosemio (p. 102), di Le Clerc (Hist. Eccles. p. 427), del Dottore Lardner (Testimon. vol. I. p. 345) e del vescovo di Glocester (Legat. Div. vol. III. p. 38). Ma poichè il vocabolo convicti non si unisce molto felicemente col rimanente della sentenza, Giacomo Gronovio ha anteposto di leggere conjuncti, seguendo l'autorità del prezioso Codice di Firenze.
33
Tacit. Annal. XV. 44.
34
Nardini Roma antica p. 387. Donatus de Roma antiqua l. III. p. 449.
35
Sueton. in Neron. c. 16. L'epiteto di malefica, il quale alcuni sagaci Comentatori traducono magica, più ragionevolmente risguardasi da Mosemio come sinonimo dell'exitiabilis di Tacito.
36
Il passo risguardante Gesù Cristo, che fu inserito nel testo di Gioseffo tra il tempo d'Origene o quello d'Eusebio, può somministrare un esempio di non volgar falsità. Si riferiscono distintamente l'esecuzione delle profezie, le virtù, i miracoli, e la risurrezione di Gesù. Gioseffo riconosce, ch'egli era il Messia, e dubita se debba chiamarlo un uomo. Se potesse rimaner qualche dubbio intorno quel celebre passo, il lettore può esaminare le argute obbiezioni di le Fevre (Havercamp. Joseph. tom. II. p. 267-273), l'elaborata risposta di Daubuz (p. 187-232) e la maestrevol replica (Biblioth. Ant. L. Mod. t. VII. p. 237-288) di un critico anonimo ch'io credo essere il dotto Ab. di Longuerue.
37
Vedi le vite di Tacito fatte da Lipsio, e dall'Abate de la Bleterie, il Dizionario di Bayle all'art. Tacite e Fabricio Biblioth. Latin. Tom. II. p. 386. Edit. Ernest.
38
Principatum Divi Nervae, et imperium Traiani uberiorem securioremque materiam senectuti seposui. Tacit. Hist. I.
39
Vedi Tacito, Annal. II, 61 IV. 4.
40
Il nome del commediante era Alituro. Per il medesimo canale Gioseffo (de vita sua c. 3.) aveva ottenuto, circa due anni prima, il perdono e la libertà di alcuni Sacerdoti Ebrei ch'erano prigionieri in Roma.
41
L'erudito Dottore Lardner (Testimonianze giudaiche, e Gentili Vol. II. p. 101-103) ha provato, che il nome di Galilei fu molto antico, e forse la prima denominazione dei Cristiani.
42
Gioseff. Antiq. XVIII. 1, 2. Tillemont. Ruine des Juifs (p. 742.). I figli di Giuda furono crocifissi al tempo di Claudio. Il suo nipote Eleazaro, dopo la presa di Gerusalemme, difese una forte rocca con 960 de' suoi più disperati seguaci. Quando l'ariete ebbe fatto una breccia, essi rivoltaron le loro spade contro le loro mogli ed i figli, e finalmente contro i lor propri petti; e tutti morirono, fino all'ultimo.
43
Vedi Dodwell. Paucitat. Martir. l. XIII. La inscrizione Spagnuola appresso Grutero, p. 238. n. 9, è una manifesta e conosciuta menzogna, inventata da quel famoso impostore Ciriaco di Ancona, per lusingare l'orgoglio ed i pregiudizi degli Spagnuoli. Vedi Ferreras (Hist. d'Espagne Tom. I p. 192.)
44
Il Campidoglio fu bruciato nel tempo della guerra civile fra Vespasiano e Vitellio il dì 19 Decembre dell'anno 69. Il tempio di Gerusalemme restò distrutto ne' 10 Agosto del 70 per le mani de' Giudei stessi, piuttosto che per quelle de' Romani.
45
Il nuovo Campidoglio fu dedicato da Domiziano (Sveton. in Domitian. c. 5. Plutarco in Poplicol. Tom. I. p. 230, Edit. Bryan.) Il solo indoramento costò 12000 talenti (più di cinque milioni di zecchini). Fu opinione di Marziale (l. IX. Epig. 3,) che se l'Imperatore avesse voluto esigere il suo denaro, Giove medesimo, neppure col porre generalmente all'incanto l'Olimpo, avrebbe potuto pagare due scellini per lira.
46
Rispetto al Tributo vedasi Dione Cassio (l. LXVI. p. 1082 con le note di Reimaro), Spanemio (de usu numism. Tom. II. p. 571) e Basnag. (Hist. des Juifs l. VII. c. 2.)
47
Svetonio (in Domitian. c. 12) avea veduto un vecchio di novant'anni pubblicamente esaminato avanti al Tribunale del Procuratore. Questo è quel che Marziale chiama Mentula tributis damnata.
48
Questa denominazione a principio s'intese nel senso più comune, e fu supposto che i fratelli di Gesù fossero la legittima prole di Maria e di Giuseppe. Un divoto rispetto per la virginità della Madre di Dio suggerì agli Gnostici, ed in seguito a' Greci ortodossi l'espediente di dare una seconda moglie a Giuseppe. I Latini, fino dal tempo di Girolamo, vi accrebbero qualche cosa, attribuirono a Giuseppe un celibato perpetuo, e con molti esempi simili giustificarono la nuova interpretazione, che Giuda ugualmente che Giacomo e Simone, i quali sono chiamati fratelli di Gesù Cristo, non fossero che suoi primi cugini. Vedi Tillemont, Memoir. Eccles. (Tom. I. part. III.) e Beausobre, Hist. critiq. du Manich. (l. II c. 2.)
49
Trenta nove πλεθρα, quadrati di cento piedi l'uno, il qual terreno, rigorosamente computato, appena formerebbe la somma di nove acri. Ma la probabilità delle circostanze, la pratica degli altri scrittori Greci e l'autorità del Valois mi fanno inclinare a credere, che si usi il πλεθρον per esprimere il Romano jugero.
50
Euseb. III. 20. La storia o presa da Egesippo.
51
Vedasi la morte, ed il carattere di Sabino appresso Tacito (Hist. III. 74-75). Sabino era il fratel maggiore di Vespasiano, e fino all'avvenimento al trono di lui, si era considerato come il principal sostegno della famiglia Flavia.