
Полная версия
Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 3
137
L'impostore Alessandro con molta forza raccomandò l'oracolo di Trofonio in Mallos, e quelli di Apollo in Claro e in Mileto (Lucian. Tom. II. p. 236. Edit. Reitz.). Quest'ultimo, l'istoria singolare del quale potrebbe somministrare un episodio molto curioso, fu consultato da Diocleziano, avanti ch'ei pubblicasse i suoi editti della persecuzione (Lactant. de M. P. c. 11).
138
Oltre le antiche istorie di Pitagora e d'Aristeo, frequentemente si opponevano a' miracoli di Cristo le cure fatte al Santuario d'Esculapio, e le favole attribuite ad Apollonio di Tiane; quantunque io convenga col D. Lardner. (Vedi Testim. Vol. III. p. 252, 352), che quando Filostrato scrisse la vita d'Apollonio, non ebbe tal intenzione.
139
Egli è molto da dolersi, che i Padri Cristiani, ammettendo la parte soprannaturale, o com'essi credono, infernale del Paganesimo, con le proprie lor mani distruggano il gran vantaggio, che altrimenti noi potremmo trarre dalle generose concessioni de' nostri avversari.
140
Giuliano (p. 301 Edit. Spanhem.) dimostra una devota gioia, perchè la providenza degli Dei avesse estinte l'empie Sette, e per la maggior parte distrutti i libri de' Pirronei e degli Epicurei; ch'erano assai numerosi, mentre il solo Epicuro non compose meno di 300 volumi. Vedi Diogene Laerzio l. X. c. 26.
141
Cumque alios audiam mussitare indignanter, et dicere oportere statui per Senatum, aboleantur ut haec scripta, quibus Christiana religio comprobetur, et vetustatis opprimatur auctoritas. Arnob. adv. Gentes l. III p. 103, 104. Egli aggiunge molto assennatamente: Erroris convincite Ciceronem… nam intercipere scripta, et publicatam velle submergere lectionem, non est Deum defendere, sed testificationem timere.
142
Lattanzio (Div. Inst. l. V. c. 2, 3) fa una molto chiara ed ingegnosa istoria di due di questi filosofi, nemici della Fede. Il vasto trattato di Porfirio contro i Cristiani era composto di trenta libri, e fu scritto in Sicilia circa l'anno 270.
143
Vedi Hist. Eccl. l. I. c. 9. ed il Cod. Teodos. l. I. Tit. I. l. 3.
144
Eusebio (l. VIII. c. 4. c. 17) determina il numero de' martiri militari con la seguente notevole espressione σπανιως τουτων εις που καὶ δευτερος, di cui non hanno renduta la forza nè il Traduttore Latino, nè il Francese. Nonostante l'autorità d'Eusebio, ed il silenzio di Lattanzio, di Ambrogio, di Sulpicio, d'Orosio ec. si è per lungo tempo creduto, che la legione Tebea, composta di 600 °Cristiani, soffrisse il martirio per ordine di Massimiano nella valle delle alpi Pennine. Ne fu per la prima volta pubblicata l'istoria, verso la metà del quinto secolo, da Eucherio Vescovo di Lione, che l'ebbe da certe persone, alle quali era stata comunicata da Isacco Vescovo di Ginevra, che si dice averla ricevuta da Teodoro Vescovo d'Ottoduro. Tuttavia sussiste l'Abbazia di S. Maurizio, ricco monumento della credulità di Sigismondo Re di Borgogna. Vedasi un'eccellente dissertazione nel Tomo XXXIV. della Bibliothèque raisonnée p. 427-454.
145
Vedi Acta Sincera p. 299. Le istorie del martirio di lui e di Marcello portano qualche carattere di verità e di autenticità.
146
Act. Sincer. p. 302.
147
De M. P. c. II. Lattanzio (o chiunque siasi l'autore di questo piccol trattato) aiutava a quel tempo in Nicomedia; ma sembra difficile immaginare com'egli potesse acquistare una cognizione così esatta di ciò che seguiva nel gabinetto Imperiale.
148
L'unica circostanza, che possiam ravvisare, è la devozione e la gelosia della madre di Galerio. Essa ci viene descritta da Lattanzio come Deorum montium cultrix, mulier admodum superstitiosa. Aveva essa una grande autorità sopra il figlio, ed era offesa dalla poca stima di alcune delle sue serve Cristiane.
149
Il culto e la festa del Dio Termine elegantemente si illustrano dal De Boze (Mem. de l'Accademie des Inscriptions Tom. I. p. 50.).
150
Nell'unico manoscritto, che abbiamo di Lattanzio, si legge profectus; ma la ragione, e l'autorità di tutti i Critici permettono di sostituir praefectus, in luogo di quella parola che distrugge il senso del passo.
151
Lattanzio (de M. P. c. 12) fa una pittura molto viva della distruzion della Chiesa.
152
Mosemio (p. 922-926) da molti luoghi sparsi di Lattanzio e d'Eusebio ha rilevato una molto giusta ed esatta notizia di quest'editto, sebbene qualche volta egli dia in congetture e sottigliezze.
153
Molti secoli dopo, Eduardo I. praticò con gran successo l'istessa forma di persecuzione contro il Clero d'Inghilterra. Vedi Hume, Ist. d'Ingh. Vol. I. p. 300 dell'ultima edizione in 4.
154
Lattanzio solamente lo chiama quidquam etsi non recte, magno tamen animo ec. c. 12. Eusebio (l. VIII. c. 5) l'adorna degli onori secolari. Nessuno si è avvisato di far menzione del suo nome; i Greci però celebrano la memoria di lui sotto il nome di Giovanni. Vedi Tillemont, Mem. Eccles. Tom. V. p. II. p. 320.
155
(Lactant. de M. P. c. 13, 14.) Potentissimi quondam eunuchi necati, per quos Palatium et ipse constabat. Eusebio (l. VIII. c. 6.) racconta le crudeli esecuzioni degli eunuchi Gorgonio, e Doroteo, e di Antimio Vescovo di Nicomedia; ed ambidue questi Autori descrivono in un'equivoca ma tragica forma le orride scene, che furono rappresentate anche alla presenza Imperiale.
156
Vedi Lattanzio, Eusebio, e Costantino ad Coetum sanctorum c. 25. Eusebio confessa la sua ignoranza intorno alla ragione del fuoco.
157
Tillemont Memoir. Eccl. Tom. V. Part. 1. p. 43.
158
Vedi Act. Sincer. Ruinart. p. 353. Quelli di Felice di Tibara, o di Tibur sembrano assai meno corrotti, che nelle altre edizioni, le quali somministrano un vivo saggio della licenza propria delle leggende.
159
Vedi il primo libro di Ottato Mellevitano contro i Donatisti dell'ediz. del Dupin; Parigi 1700. Egli fiorì nel regno di Valente.
160
Le memorie antiche, pubblicate al fine delle Opere di Ottato, (p. 261) descrivono in una maniera molto circostanziata come procedevano i Governatori nella distruzion delle Chiese. Facevano essi un minuto inventario de' vasi che vi trovavano. Sussiste ancora quello della Chiesa di Cirra nella Numidia: consisteva in due calici d'oro e sei d'argento, in sei urne, una caldaia, sette lampade, il tutto parimente d'argento, oltre una gran quantità di utensili di rame e di vestimentî sacri.
161
Lattanzio (Instit. Div. V. II) restringe tal calamità al conventiculum con la sua congregazione. Eusebio (VIII. 11) l'estende a tutta la città, e rappresenta qualche cosa di simile ad un assedio regolare. Ruffino, antico di lui traduttore Latino, aggiunge alcune importanti circostanze intorno alla permissione accordata agli abitanti di ritirarsi. Siccome la Frigia s'estendeva sino a' confini dell'Isauria, può essere, che l'indole inquieta di que' Barbari indipendenti contribuisse alla lor disgrazia.
162
Eusebio l. VIII. c. 6. Il Valese (con qualche probabilità) pensa d'avere scoperta in un'orazion di Libanio la ribellione della Siria; e ch'essa fu un temerario attentato del Tribuno Eugenio, il quale con soli cinquecento uomini occupò Antiochia, e potè forse lusingare i Cristiani con la promessa di tollerare la religione. Da Eusebio (l. IX. c. 8) e da Mosè di Corene (Hist. Armen. l. II. c. 77) può rilevarsi ch'era già stato introdotto nell'Armenia il Cristianesimo.
163
Vedi Mosem. (p. 938.) Il testo d'Eusebio chiaramente dimostra, che i Governatori, de' quali fu esteso, non già ristretto il potere, in forza delle nuove leggi potevan condannare alla morte i più ostinati Cristiani per servir d'esempio a' lor confratelli.
164
Atanasio p. 833. ap. Tillemont. Mem. Eccles. Tom. V. part. I. p. 90.
165
Vedi Euseb. (l. VIII. c. 13.) e Lattanz. de M. P. c. 15. Dodwel (Dissert. Cyprian. XI. 75) rappresenta quegli Scrittori come non coerenti fra loro. Ma il primo evidentemente parla di Costanzo, quando era Cesare, e l'altro del medesimo Principe innalzato al grado d'Augusto.
166
Dalle Inscrizioni di Grutero apparisce, che Daziano determinò i confini fra' territorj di Pax Julia e di Evora, città situate nella parte meridionale della Lusitania. Se riflettiamo alla vicinanza, in cui sono questi luoghi col Capo S. Vincenzo, possiam sospettare, che il celebre Diacono e Martire di questo nome, per negligenza da Prudenzio si ponga in Saragozza, o in Valenza. Vedasi la pomposa istoria de' suoi patimenti nelle memorie di Tillemont Tom. V. Part. II. p. 58-85. Alcuni Critici son d'opinione, che il dipartimento di Costanzo, come Cesare, non includesse la Spagna, la quale continuasse ad essere sotto l'immediata giurisdizione di Massimiano.
167
Euseb. l. VIII. c. 2. Gruter. Inscr. p. 1171. n. 18. Ruffino ha sbagliato intorno all'uffizio di Adautto, ugualmente che intorno al luogo del suo martirio.
168
Euseb. l. VIII, c. 14. Ma siccome Massenzio fu vinto da Costantino, faceva a proposito per Lattanzio di por la sua morte fra quelle de' persecutori.
169
Può vedersi l'epitaffio di Marcello appresso il Grutero Inscr. p. 1172. n. 3. Esso contiene tutto ciò, che noi sappiamo della sua storia. Molti Critici suppongono che Marcellino o Marcello, i nomi de' quali si trovano nella lista dei Papi, sian persone diverse, ma il dotto Abate De Longuerre si convinse ch'essi non erano che una sola persona.
Veridicus rector lapsis quia crimina flerePraedixit miseris, fuit omnibus hostis amarus.Hinc furor, hinc odium; sequitur discordia, lites,Seditio, caedes: solvuntur foedera pacis.Crimen ob alterius, Christum qui in pace negavitFinibus expulsus patriae est feritate Tyranni.Haec breviter Damasus voluit comperta referre.Marcelli popolus meritum cognoscere posset.Possiam osservare che Damaso fu fatto Vescovo di Roma l'anno 366.
170
Optat. contr. Donatist. l. I. c. 17, 18.
171
Gli Atti della passione di S. Bonifazio, che abbondano di miracoli e di declamazioni, furon pubblicati dal Ruinart p. 283, 291 in Greco e in Latino, sull'autorità di un manoscritto molto antico.
172
Ne' primi quattro secoli si trovano poche tracce di Vescovi o di Vescovati nell'Illirico Occidentale. Si è creduto probabile, che il Primate di Milano estendesse la sua giurisdizione fino a Sirmio, capitale di quella gran Provincia. Vedasi la Geografia sacra di S. Paolo p. 68-76 con le Osservazioni di Luca Holstenio.
173
L'ottavo libro d'Eusebio, ed il supplemento intorno ai Martiri di Palestina, si riferiscono principalmente alla persecuzione di Galerio e di Massimino. I lamenti generali, coi quali dà principio Lattanzio al quinto libro delle sue Instituzioni Divine, alludono alla lor crudeltà.
174
Eusebio (l. VIII. c. 17) ci ha dato una versione Greca, e Lattanzio (De M. P. c. 34) l'originale Latino di questo memorabil editto. Sembra, che nessuno di questi scrittori abbia pensato quanto ciò direttamente s'opponga a quel ch'essi hanno poco avanti affermato de' rimorsi e del pentimento di Galerio.
175
Eusebio (l. IX. c. 1) riporta l'epistola del Prefetto.
176
Vedi Eusebio l. VIII. c. 14. l. IX. c. 2-8. e Lattanzio de M. P. c. 36. Questi scrittori convengono in descrivere gli artifizi di Massimino; ma il primo riferisce l'esecuzione di varj Martiri, mentre l'altro afferma espressamente che occidi servos Dei vetuit.
177
Pochi giorni avanti la sua morte pubblicò un amplissimo editto di tolleranza, nel quale attribuì tutti i rigori, che avevan sofferto i Cristiani, ai Giudici e Governatori, che avevano male inteso le sue intenzioni. Vedasi l'editto ap. Euseb. l. IX. c. 10.
178
Tale è la bella deduzione che si trae da due passi notabili appresso Eusebio l. VIII. c. 2, e de Martyr. Palest. c. 12. La prudenza dell'Istorico ha esposto il suo carattere alla censura ed al sospetto. Era ben noto, ch'egli stesso era stato posto in carcere, e si supponeva che se ne fosse liberato per mezzo di qualche disonorevole compiacenza. Tal accusa gli fu mossa contro nel tempo ch'esso viveva, ed anche alla sua presenza nel Concilio di Tiro. Vedi Tillemont Mem. Eccles. Tom. VIII. Part. 1. p. 67.
179
L'antica, e forse autentica narrazione de' patimenti di Taraco, e de' suoi compagni (Act. Sincer. Ruinart. p. 419-448) è piena di forti espressioni di disprezzo e di sdegno, che non potevano non irritare il Magistrato. La condotta di Edesio verso Jerocle, Prefetto dell'Egitto, fu anche più straordinaria. λογοις τε καὶ εργοις τον θικαστην… περιβαλων. Euseb. de Martyr. Palest. c. 5.
180
Euseb. de Mart. Palest. c. 13.
181
August. Collat. Cartag. Dei III. c. 13. ap. Tillemont Mem. Eccles. Tom. V. part. I. p. 46. La controversia co' Donatisti ha sparso qualche luce, quantunque forse parziale, sull'istoria della Chiesa Affricana.
182
Eusebio (de Martyr. Palest. c. 13) chiude la sua narrazione assicurandoci, che questi sono i Martirj, che avvennero nella Palestina in tutto il corso della persecuzione. Può sembrare, che il quinto capitolo del suo libro VIII, che si riferisce alla Provincia della Tebaide in Egitto, contraddica la nostra moderata calcolazione; ma questo non servirà che a farci ammirare l'artifizioso maneggio dell'Istorico. Scegliendo per teatro della più squisita crudeltà il più distante e separato paese del Romano Impero, dice che nella Tebaide spesso avevan sofferto il Martirio da dieci fino a cento persone in un giorno. Ma quando egli viene a raccontar il suo proprio viaggio in Egitto, il suo stile insensibilmente diventa più cauto e moderato. Invece di usare un grande ma determinato numero, parla di molti Cristiani (πλειους) e col massimo artifizio sceglie due parole ambigue (ισ ορτσαηιεν e ὑπμειναστας) che possono indicare tanto quel che aveva veduto, quanto ciò che aveva udito; sì l'aspettazione che l'esecuzion della pena. Essendosi così assicurato un sotterfugio, lascia l'interpretazione dell'equivoco passo a' suoi lettori e traduttori; immaginando a ragione che la lor pietà gl'indurrebbe a preferir il senso più favorevole. Fu per avventura un poco maliziosa l'osservazione di Teodoro Metochita, che tutti quelli che avevan conversato, come Eusebio, con gli Egiziani, si dilettavano di uno stile oscuro ed ingrato (Vedi Valesio nel luogo cit.).
183
Quando la Palestina era divisa in tre parti, la Prefettura d'Oriente conteneva 48 Province. Siccome però le antiche distinzioni delle nazioni erano da gran tempo abolite, i Romani distribuirono le Province, avuto riguardo ad una general proporzione di loro estensione ed opulenza.
184
Ut gloriari possint, nullum se innocentium peremisse, nam et ipse audivi aliquos gloriantes, quia administratio sua in hac parte fuerit incruenta. Lactant. Inst. Div. V. 12.
185
Grot. Annal de Reb. Belgic. l. I. p. 12. Edit. fol.
186
Fra Paolo (Istor. del Concil. Trident. l. III.) riduce il numero de' Martiri Belgici a 50000. Non era Fra Paolo inferiore a Grozio in dottrina e moderazione. L'anteriorità del tempo conferisce alla testimonianza del primo qualche vantaggio, che per altra parte egli perde per la distanza, che passa da Venezia a' Paesi Bassi.