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Tornanti
«Signora Flint. È un piacere vederla così presto dopo aver parlato con lei.» Le guance rosse e la barba bianca di Greybull le ricordavano Babbo Natale, uno però che aveva bisogno di qualche buon pasto. La sua cintura combatteva una battaglia persa contro la gravità, senza fianchi o sedere che tenessero su i pantaloni.
Dopo essersi dati la mano, Susanne si protesse gli occhi dal sole di mezzogiorno con l’altra. «Anche per me.»
«È riuscita a riferire il mio messaggio al dottor Flint? Siamo sotto pressione da parte della famiglia per chiudere il caso Jones.»
«Non l’ha chiamata? Sono così dispiaciuta. È stata una mattinata frenetica.» Non era una bugia, ma quasi si toccò il naso ugualmente per vedere se stava crescendo. «È partito per qualche giorno per andare a caccia di cervi con i bambini, ma tornerà mercoledì.»
Hal si tirò la barba, il viso serio, poi sorrise. «È la stagione.»
«Sì. Saranno accampati ad Hunter Corral, se è un’emergenza.»
«Mi limiterò a staccare il telefono e non sarà più tale.»
Lei rise. «Va tutto bene con il caso?»
«Non sono libero di dire molto, ma posso dire che il dottor Flint ha fatto tutto il possibile. E che non sarei sorpreso se la famiglia sporgesse denuncia ugualmente.» Abbassò la voce e si guardò dietro entrambe le spalle, prima di avvicinarsi a lei. «Io non le ho detto nulla, ma non sarebbe la prima volta che fanno causa a qualcuno quando le cose non vanno come vogliono loro.»
«Oh, no.»
«Quindi dobbiamo assicurarci di non tralasciare nessun dettaglio. Ma, le ripeto, non si preoccupi. Suo marito non ne ha colpa.»
«Farò in modo che la chiami immediatamente appena rientra.»
«Se tutto va bene, prima di allora, avranno catturato quel fuggitivo da un pezzo.»
«Quale fuggitivo?»
«Non ha sentito? Ne parlano tutti i notiziari alla radio. Un prigioniero ha ucciso un agente di Big Horn dalle parti di Ten Sleep ed è fuggito con il suo veicolo. Lo stesso tizio che ha ucciso il guardacaccia.»
«Oh mio Dio!» Ten Sleep era dall’altra parte delle montagne, ma lei avrebbe passato la notte da sola e viveva in campagna. Doveva tenere il fucile di Patrick vicino al letto.
«Tutti gli agenti delle forze dell’ordine statali, federali e locali della parte settentrionale dello stato lo stanno cercando. Anche lui è di queste parti, è cresciuto a Buffalo. La radio ha detto che ci saranno aggiornamenti ogni ora.»
«Non mancherò di ascoltarli.»
«Stia attenta, signora Flint.»
«Anche lei, dottor Greybull.»
Il medico la salutò sollevando un cappello immaginario, poi tornò dall’altra parte della strada con i pantaloni che si abbassavano pericolosamente, fischiettando “Blueberry Hill”.
Susanne si affrettò a entrare nel ristorante e rimase sulla porta in cerca di Vangie. Un gruppo seduto sotto l’enorme testa di bisonte sembrava familiare, ma non riuscì a ricordare i loro nomi. Continuò a scrutare. Il locale era pieno. Oltre ai tavoli gremiti, ogni sgabello al bar era occupato. Alcuni camerieri erano raggruppati vicino alla postazione del caffè, tenendosi in disparte mentre i clienti facevano la fila per l’unico bagno. Le posate sbattevano contro i piatti, fendendo il baccano delle conversazioni. Il posto era un pollaio.
Susanne udì: «Qui!» Vangie le stava agitando le braccia da un tavolo con la vista sul Clear Creek. La sua amica era vestita con jeans e una maglietta gialla, i capelli neri tagliati in un pratico caschetto, come i nativi del Wyoming, ma il suo forte accento del Tennessee tradiva le sue radici meridionali.
Susanne sapeva che anche il suo accento texano si sentiva. Forse era per questo che era stata così attratta da Vangie all’inizio. Due pesci fuor d’acqua. Ma Vangie riusciva a nuotare, mentre Susanne si sentiva come se stesse affondando. La sua amica era seduta con le spalle al torrente, il cui nome Susanne pronunciava ancora con una lunga i invece di “crick”, come la gente del posto. Un altro modo in cui non si integrava. Si sistemò il fiocco sulla scollatura della sua camicetta a pois. E poi di nuovo.
«Ti ho ordinato un tè zuccherato.» Vangie aveva posato il bicchiere sulla tovaglietta di Susanne, un menù plastificato. «Lo faccio solo per prenderli in giro. Lo portano sempre non zuccherato, con bustine e un cucchiaino a parte.»
Susanne fece un’espressione disgustata, rabbrividendo. «Non è la stessa cosa.» In realtà beveva il tè senza zucchero, quindi a lei andava bene così, ma capiva il punto di Vangie.
«Voglio dire, faccio bollire l’acqua per i colibrì, santo dio. Lo zucchero non si scioglie nell’acqua fredda. Ogni vero cuoco lo sa.» Inarcò un sopracciglio guardando verso la cucina, come per suggerire che forse non c’era un vero cuoco là dietro.
Le due donne ordinarono due insalate dello chef e si raccontarono le novità nella vita di ciascuna.
«Come sta il bambino?» chiese Susanne. La gravidanza di Vangie era un segreto tranne che per gli amici intimi. Aveva avuto diversi aborti spontanei e non aveva ancora superato il primo trimestre con quel bambino.
Vangie guardò fuori verso il torrente. Era basso. Per lo più sassi al posto dell’acqua. «Ho qualche perdita.»
«Oh, no. Ma forse non è niente. Cosa dice il tuo dottore?»
Vangie aveva iniziato ad andare da un ginecologo a Billings, nel Montana. «Non gliel’ho ancora detto. Mi spaventa parlare con lui.»
«Devi chiamarlo.»
«Lo so. Lo farò se peggiora.»
Susanne prese la mano di Vangie e la strinse. «Posso fare qualcosa?»
«Le tue preghiere e la tua amicizia sono tutto ciò di cui ho bisogno.» Si asciugò una lacrima, poi il suo viso cambiò espressione. Sorrise, il che accentuò gli zigomi alti e rotondi. «Sono rimasta sorpresa quando mi hai chiesto di pranzare insieme. Pensavo dovessi andare a caccia di cervi.»
«Sì, ci dovevo andare.»
«E?»
Vangie poteva essere la sua migliore amica del Wyoming, ma Susanne non parlava con lei di questioni personali che riguardavano Patrick, né con nessun altro. «Patrick aveva bisogno di passare un po’ di tempo da solo con i bambini.»
«Che bravo papà.»
La cameriera mise davanti a loro le insalate. «Qualche altra cosa?» La sua bocca aveva un aspetto secco e raggrinzito, come se fumasse da una vita.
Vangie fece l’occhiolino a Susanne. «Dell’altro tè dolce, per favore.»
La cameriera sospirò e tornò in cucina.
Susanne mescolò la sua insalata. Non le importava del tè. Quello che le mancava era una buona salsa ranch per condirla. Fatta in casa con vero latticello. Tutto quello che riusciva a trovare in città era quella fatta con normale latte e una di quelle nuove bustine di condimento con dentro un sapore artificiale di latticello.
«Come stanno i bambini?» chiese Vangie.
«Perry è adorabile. I maschietti sono così dolci.»
Vangie sorrise. «E questo significa che Trish… »
«Sempre meno simpatica. Sono una cattiva madre per dire questo?»
«Sei una grande madre. È una fase della crescita. Ne uscirà. E poi l’ho vista in città la scorsa settimana ed è stata gentile con me. Probabilmente è solo una questione di rapporto madre figlia.»
In città. Susanne si chiese come ci fosse arrivata. Trish andava a scuola in autobus. «Con chi era?»
«Un gruppo di ragazzi.»
«A passeggio?»
«Stavano scendendo da un vecchio pick-up.»
«Uno di loro non era per caso Brandon Lewis?»
Vangie annuì. Insegnava alla scuola elementare di Buffalo e quindi conosceva tutti i bambini della città. «Credo che potesse essere lui alla guida. Perché?»
«L’ho sentita chiamarlo oggi al telefono. È troppo grande per lei.»
«Ooh, sì. È un ragazzo molto maturo. Un Casanova con le adolescenti, se le voci sono vere.
Magnifico. Proprio quello che volevo sentire.
La voce di una donna interruppe la loro conversazione. «Signore. Come va?»
Susanne alzò lo sguardo. La nuova arrivata, con una coroncina di trecce bionde e gli occhi celesti, sorrise loro dalla sua notevole altezza. Ronnie Harcourt. M-e-r-d-a, scandì Susanne mentalmente. Se avesse dovuto indicare una donna con tutti i tratti che rendevano le donne del Wyoming così diverse da lei, Ronnie sarebbe stata quella giusta. E si dava il caso che vivesse nella proprietà vicina a quella dei Flint. Ronnie stava facendo pratica come agente dell’ufficio dello sceriffo della contea di Johnson. Nel suo ranch marchiava il bestiame e lo catturava con il lazo, e cacciava pure. Aveva anche l’abitudine di apparire ogni volta che Susanne dimostrava di essere una sprovveduta di città senza speranza. Come mettere il piede sbagliato nella staffa per montare a cavallo. Rimanere bloccata con il pick-up in un cumulo di neve. O puntare accidentalmente un fucile carico nella direzione sbagliata, facendo finire tutti stesi a pancia in giù.
«Ciao, Ronnie. Ti va di unirti a noi?» chiese Vangie.
Susanne gemette dentro di sé. Si preparò a essere gentile, socievole persino, perché era così che era stata educata. Ma non significava che le piacesse.
Ronnie rifiutò. «Sono solo qui per prendere qualcosa da portar via e poi torno al lavoro. Ma vado a fare una camminata al Circle Park questo pomeriggio quando finisco il turno. Qualcuna di voi vuole venire con me? Le foglie saranno uno spettacolo.»
Vangie sembrava sinceramente dispiaciuta. «Vorrei poterlo fare.»
Circle Park: era vicino ad Hunter Corral, dove sarebbero stati i piccoli cacciatori di Susanne. All’improvviso, fu pervasa dall’ansia. I volti della sua famiglia apparvero uno dopo l’altro come diapositive da 35 mm nel proiettore a carosello della sua mente. Sembrava una premonizione, ma vaga e non specifica. Non credeva nelle premonizioni. Patrick sì. La incoraggiava ad ascoltare le sue viscere, insistendo entusiasticamente sulla loro connessione con la mente e tutto quello che potevano dirle. Ma l’unico messaggio che a lei davano era: è ora di mangiare! Era sorprendente che qualcuno così scientifico e razionale come suo marito nutrisse quel misticismo. Forse era legato alla sua ossessione per quella che considerava la connessione soprannaturale dei pellerossa con la natura.
Scosse la testa. «Non posso, ma grazie mille per l’invito.»
Lo sguardo di Ronnie le diceva che non gliela dava a bere. «La prossima volta, allora. Ci vediamo.»
Susanne ricambiò: «Buona giornata.»
«Allora, ciao», seguì Vangie. Poi si inclinò verso Susanne. «Non è così male, sai.»
«Ne sono sicura.»
«Hai davvero da fare? Perché se così non fosse, potresti venire con me a Billings per fare acquisti.» Vangie faceva frequenti viaggi in Montana per comprare cose per il ranch dei Sibley, Piney Bottoms. Il Montana non addebitava l’imposta sulle vendite, quindi faceva risparmiare un po’ di soldi se si dovevano acquistare articoli costosi o in grandi quantità.
«Il mio programma è infilarmi nella vasca da bagno con quel nuovo libro di cui tutti parlano: Dove sono i bambini?, una bottiglia di Zinfandel bianco e qualche candela. La casa è tranquilla ed è tutta mia.» Si sentiva un po’ in colpa per essere così eccitata, nonostante il suo strano senso di disagio, all’idea di avere qualche giorno per sé. E per averlo ammesso con Vangie, che stava avendo così tanti problemi a metter su una famiglia tutta sua. Ma era un lusso, un raro lusso. «La prossima volta?»
«La prossima volta, certo.»
«Ma fa’ attenzione. Sono preoccupata per te.» Per il bambino, naturalmente, ma era anche preoccupata per Vangie, che avrebbe guidato da sola sull’interstatale. «Non fermarti a prendere su autostoppisti. C’è un assassino in libertà. Ha ucciso un agente di Big Horn.»
La boccuccia di Vangie si spalancò. «Veramente?»
«È quello che mi ha detto il coroner poco fa.»
Vangie infilò la forchetta nella sua insalata e ne tenne un boccone per aria. «È meglio per me stare fuori a fare qualcosa, così non mi raggomitolo in casa preoccupandomi per questo bambino. Non preoccuparti. Sono armata e pericolosa, e non mi fermerò per niente e per nessuno.»
SEI
BIG HORN, WYOMING
18 settembre 1976, una del pomeriggio
Trish
Trish uscì dal McDonald’s e andò al trailer dei cavalli. Cindy scalciava ritmicamente. Quella cavalla aveva un futuro come batterista, anche se a suo padre piaceva dire che l’avrebbe mandata alla fabbrica di colla, se non la smetteva di picchiare contro il rimorchio. Attraverso un finestrino aperto su un lato del trailer, accarezzò il muso di Goldie. La palomina aveva un naso come il Coniglietto di Velluto. Trish aveva desiderato una cavalla nera come Black Beauty, ma si era innamorata della sua bionda compagna. E le piaceva il fatto che i propri capelli e il suo pelo fossero abbinati.
Goldie nitrì e la spinse con il muso, in cerca di un biscotto. Trish non ne aveva.
«Scusa, tesoro.»
Tornò al loro ammaccato pick-up di colore bianco. Suo padre l’aveva già avviato e aveva inserito la marcia. Era ancora un po’ agitata per la chiamata che aveva fatto dal telefono pubblico. Aveva chiesto alla signora Lewis di riferire un messaggio al figlio, riguardante il cambio di programma da Hunter Corral a Walker Prairie, dopo che la scorbutica donna le aveva detto che Brandon non c’era e stava per riattaccare. Trish sperava che non fosse già partito per Hunter Corral per vederla. E che la signora Lewis gli riferisse il suo messaggio.
Perry e suo padre stavano parlando del Super Bowl e delle possibilità dei Dallas Cowboys di vincerlo in quella stagione. I Dallas Cowboys erano la squadra del cuore dei due. Chi cresceva in Texas era come se dovesse fare il tifo per loro, a meno che non vivesse a Houston e fosse allora un fan degli Oilers. In Wyoming, invece, la gente tifava per i Denver Broncos. Trish aveva deciso che, dal momento che adesso era una ragazza del Wyoming, loro erano la sua squadra.
Suo padre uscì dal parcheggio, diretto verso le montagne. Lontano dall’interstatale. Stava andando di nuovo nella direzione opposta a quella che lei si aspettava.
«Papà, che stai facendo?»
Perry continuava noiosamente a parlare del football. «Roger Staubach è destinato a entrare nella storia.»
Suo padre le sorrise. «Stiamo prendendo una scorciatoia. Vedi quella strada sterrata su per la parete della montagna?» Gliela indicò.
Lei strizzò gli occhi. Ne vide una, a malapena. «Sì.»
«Questo ci farà risparmiare un’ora di viaggio.»
Trish ricordava un sacco di volte in cui le scorciatoie di suo padre erano finite male. O erano rimasti bloccati, o era una strada a fondo chiuso, o si era rotto il pick-up, o si erano persi. «Magnifico.»
Patrick tornò alla conversazione sul football con Perry. Una fastidiosa voce interruppe la musica della stazione radio con un aggiornamento sulle ricerche di un fuggitivo. Trish ruotò la manopola della sintonia, scorrendo le poche stazioni, tutte disturbate, disponibili nel nord del Wyoming.
Superarono un cartello che segnava l’inizio del centro abitato di Big Horn. Trish non l’aveva mai sentito. Dato che lo attraversarono in meno di un minuto, capì perché. Era persino più piccolo di Buffalo. Era convinta che ci fossero meno abitanti in tutto lo stato del Wyoming che a Irving, la città dell’area metropolitana di Dallas-Fort Worth dove avevano vissuto prima di trasferirsi nel vero stato dei cowboy.
Lentamente lo scenario l’attirò e, senza accorgersene, lasciò la radio su una stazione di musica gospel. Cervi, antilopi e tacchini selvatici vagavano ovunque. La strada li portò vicino a un torrente serpeggiante, le cui sponde erano fitte di pioppi, quelli tremuli e i populus trichocarpa, gli alberi che facevano il “cotone”. Abbassò il finestrino e annusò forte. Qualche sentore del dolce profumo degli ulivi di Boemia aleggiava ancora nell’aria. L’ultimo resto dell’estate. In lontananza, le montagne si ergevano ripide, i loro fianchi ricoperti di alti pini, fatta eccezione per le enormi formazioni rocciose dai differenti colori. Rosa, rosso, nero, bianco, grigio. Il vento le sferzava i capelli. Era ancora caldo, ma sentì che si stava raffreddando, preannunciando l’autunno. Presto sarebbe arrivata la neve. Sua madre diceva sempre che Trish era proprio come suo padre. Lei non vedeva come. Suo padre era un duro e voleva tutto a modo suo. Ma, effettivamente, amava le montagne come lei. E i cavalli. Trish amava davvero tanto i cavalli.
«Bello, vero?» disse suo padre.
La figlia continuò a guardare fuori dal finestrino. «Mm-mm.»
Le venne in mente una cosa. Sua madre le aveva chiesto di dirgli di chiamare il medico legale. Glielo avrebbe detto più tardi. Non aveva ancora finito di punirlo per averla portata in quella stupida gita di caccia. Doveva credere che stesse soffrendo. Ma non smise di ammirare il panorama, e quando sbirciò suo padre, vide che le stava sorridendo, per niente ingannato.
Le gomme saltarono dall’asfalto a una strada sterrata in salita. La carrozzeria vibrò, il motore gemette e il rumore nell’abitacolo si fece più forte.
«Hai mai fatto questa strada?» chiese Trish. «È sicura, almeno?»
Le labbra di suo padre iniziarono a muoversi senza che uscisse alcun suono. Quello le diede la risposta: no.
Il pick-up raggiunse la cima di una collina, quando una gomma urtò contro una roccia. Ci fu un botto, poi l’intero veicolo sbandò a destra, che per fortuna era il lato in salita. Iniziarono a sentire un brutto rumore: buh-bud-uh buh-bud-uh buh-bud-uh.
Patrick guardò lo specchietto laterale e accostò in un punto pianeggiante. «Merda.» Poi: «Non dire a tua madre che l’ho detto.»
«Che sta succedendo?» chiese Trish.
«Una gomma del trailer a terra. Penso che i cavalli siano un po’ pesanti per questa strada accidentata.» Parcheggiò il pick-up e spense il motore. «Va bene, ragazzi. Adesso cominciamo a divertirci.»
Perry si avvicinò trepidante dal sedile posteriore. «Cosa facciamo?»
Trish incrociò le braccia.
«Ho sentito dire che questa strada diventa piuttosto ripida ed è tutta accidentata. Voglio che montiate in sella ai vostri cavalli e saliate in cima, conducendo a mano gli altri due. Questo alleggerirà il veicolo e le gomme. Ne ho solo una di scorta.»
«Quindi non è sicura. Stai parlando sul serio?» chiese Trish. Sua madre non sarebbe stata contenta quando glielo avrebbero detto.
«Più serio di così si muore.»
«Che bello!» disse Perry. Stava già scendendo dal pick-up.
Trish lo seguì, scuotendo la testa. Un’altra storia da aggiungere alla lista delle scorciatoie di suo padre. Quando ebbero tirato fuori i cavalli dal trailer, la ragazza chiese: «Quanto manca alla cima?»
«Non è lontano. Poche miglia.»
Beh, non era la fine del mondo.
Sellò Goldie. Patrick aiutò Perry con Duke, il suo cavallo pezzato. Duke era alto e aveva la brutta abitudine di gonfiare la pancia. Inspirava fino a gonfiarla ogni volta che qualcuno andava da lui con una sella, il che rendeva difficile stringere bene la cinghia. Trish era già montata e teneva Reno, il gigantesco cavallo nero di suo padre, un incrocio percheron, e Cindy, una saura bassa e tarchiata. Oltre a essere un piccoletto, suo fratello saltava da una cosa all’altra come una palla di gomma e gli ci voleva un’eternità per terminarne una. Alla fine, anche lui era in sella.
Patrick disse: «Devo solo cambiare la gomma. Voi ragazzi, andate avanti.»
«Ok», rispose Trish.
Perry prese la lunghina di Cindy e schioccò la lingua a Duke per farlo partire. Trish diede un colpetto al collo di Goldie, poi si spostò in avanti, stringendo leggermente le gambe attorno al corpo del suo cavallo. Tutti e sei, Trish, Perry e i quattro cavalli, partirono a passo lento. Meno di venti minuti dopo, il padre li raggiunse e li salutò con il braccio avanzando su per la montagna, più veloce dei cavalli, ma sempre lentamente. Scomparve dietro una curva a esse e lei e Perry rimasero soli.
Trish si godeva il panorama. Ogni volta che c’era un’interruzione tra gli alberi sul lato a valle, poteva vedere in lontananza, oltre le colline, le isolate formazioni rocciose disseminate qua e là, del colore rosso mattone. Per qualche minuto Perry non disse una parola. Oltre al rumore degli zoccoli, si sentivano solo il canto degli uccellini e i versi delle aquile. Ma non durò.
Perry fece avanzare Duke e Cindy al trotto per mettersi a fianco di sua sorella. «Chi hai chiamato al McDonald’s?»
«Piantala.»
«Era un ragazzo?»
Trish non rispose.
«Era Brandon Lewis?»
«Cosa?» Trish si girò di scatto verso di lui. «Non sono cavoli tuoi.»
«Lui ti piace.»
«Sei una peste.» La ragazzina aumentò la pressione delle gambe su Goldie. La cavalla rispose con un lento trotto. Reno fece resistenza e la lunghina si tese. Trish scosse la testa. Reno era una bestia testarda. Goldie insistette e Reno si arrese, anche se la corda era sempre tesa.
Perry gridò: «Aspettami.»
Dietro di loro si avvicinava un rombo di motori. Trish spostò i suoi due cavalli sul lato destro della strada, contro la parete della montagna. Non si voltò a guardare, sapendo che avrebbe creato una reazione a catena con Goldie e Reno, che sarebbero tornati in mezzo alla strada.
«Spostati, Perry.»
Se le rispose, non poté udirlo. Qualche manciata di secondi dopo, due motociclisti la affiancarono. Erano in sella a grandi moto nere con cromature argentate. Le selle avevano una forma a banana che li faceva piegare all’indietro. I due uomini indossavano jeans con copripantaloni di pelle, giubbotti di pelle e bandane sulla fronte. Entrambi portavano barba e baffi lunghi e fini. Uno aveva la coda di cavallo. L’altro aveva un bizzarro taglio a spazzola come quello di Perry. Il tipo con la coda di cavallo, che era a torso nudo sotto la giacca, le fece un verso di apprezzamento quando la vide. Trish cercò di non vedere i peli sotto le sue ascelle. Che schifo. L’uomo frenò davanti a lei e girò la modo di traverso, bloccandole la strada. L’altro fece lo stesso.
I cavalli si fermarono di colpo.
«Ehi, piccola bellezza. Chi è questo che hai con te?» L’uomo con la coda indicò Perry con il pollice.
Scioccata, Trish guardò dritto davanti a sé e guidò Goldie per aggirare le moto. Il suo accento non era del posto. Il che aveva senso, perché nessuno del Wyoming si sarebbe comportato in quel modo. Ma non riusciva a capire da dove venisse. Non era texano. Non era del Nord. Non era del Sud. Né della costa orientale, come Boston o New York.
«Non fare la presuntuosa solo perché sei carina.»
La voce di Perry, quando parlò, era così stridula che sembrava uno dei Chipmunks. «Lascia in pace mia sorella.»
Gli uomini si guardarono e scoppiarono a ridere.
Quello con i capelli a spazzola disse: «Il suo eroe. Bella questa.»
Quello con la coda fissò Perry con occhi minacciosi. «Cosa farai se non lo facciamo, microbo?»
«Andiamo, Perry», disse Trish. «Ignorali.»
«Dove sei diretta, dolcezza? Forse ci vediamo più tardi.»
Di nuovo Trish non rispose. Perry aveva problemi a far procedere Duke oltre le motociclette.
«Dagli una pacca sul sedere. Deve sentire che sei tu che comandi», disse a suo fratello.
Perry fece come gli aveva suggerito, e Duke sbuffò e avanzò al trotto con Cindy, superando Trish, Goldie e Reno.
«La tipa ha carattere. Mi piace», disse l’uomo con i capelli a spazzola.
I due avviarono i motori sgasando, per poi superare Trish, Perry e i cavalli, ma senza fermarsi. Una delle moto scoppiettò sfiammando. Duke scartò bruscamente a sinistra. Perry si aggrappò al corno della sella. Alcune persone avevano una predisposizione per l’equitazione, lui no. Il suo corpo vacillò e si inclinò, ma rimase in sella. Goldie scosse la testa, sbuffando.