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Sangue Contaminato
Sangue Contaminato

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Sangue Contaminato

Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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Серия «Legami Di Sangue»
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Falco Notturno sentì il petto gonfiarsi per la speranza. L’emozione scomparve rapidamente ma bastò un assaggio per fargliene desiderare ancora. Era l’unica cosa che avesse mai desiderato… non essere mai più chiamato agli ordini da un demone.

“Non abbiamo alcuna intenzione di farle del male. È stato un suo desiderio venire con noi, così abbiamo onorato la sua richiesta. Se non mi credi allora sei libera di restare fino al suo risveglio per chiederlo direttamente a lei.” Lui diceva sempre la verità… era l’unica caratteristica che aveva conservato dalla sua vita terrena.

“Allora chi l’ha ferita?” chiese Carley sapendo che non era stato lui, tuttavia quei lividi in via di guarigione rivelavano cattive intenzioni.

“È stato il demone con cui stava combattendo al cimitero. Craven l’ha salvata da lui.” rispose Falco Notturno sedendosi accanto alla finestra, dove il sole poteva toccarlo. Quella era una delle poche stanze della casa in cui le finestre non erano state dipinte di nero. Falco Notturno cercò di ricordare se gli fosse mai piaciuta la luce del sole… immaginò di sì.

Carley si accigliò quando lui si girò verso la finestra come per abbandonare la conversazione. “E Craven sarebbe il demone che era con te? Lo stesso uomo che ha circondato questa casa di così tanti mostri? Sinceramente non credo che Tiara approverebbe.”.

Allungò una mano e la mise su quella di Tiara, anche se essa vi passò attraverso. “E perché avrebbe lasciato noi, i suoi amici, per stare con un demone?”

“Lei e Craven sono parenti. Craven è suo zio ma, nella sua mente, la figlia di suo fratello è anche sua. Ecco perché non le farà del male. Non è prigioniera e non sarà costretta a restare. Quando sarà guarita deciderà… se andrà via io la seguirò come suo protettore.”.

“E perché lo faresti?” chiese Carley. Era Craven lo zio… non l’Indiano. “Te l’ha ordinato lui?”

“No, adesso sono fuori dal controllo di Craven.” rispose lui senza voltarsi a guardarla. “Io sono una creatura della notte e lei è l’unica che può restituirmi la mia anima.”.

Carley spalancò la bocca… una creatura della notte? Quella sì che era una magia potente. Ripensò ai miti e alle leggende che aveva studiato, e persino in quegli antichi scritti se ne parlava raramente.

Da quello che ricordava, una creatura della notte era un essere umano che possedeva poteri mistici durante la sua vita terrena e che era stato risuscitato come uno zombie da un potente mago. Ma quello era solo il primo passo per diventare una creatura della notte pienamente sviluppata.

A differenza della maggior parte degli zombie, esse possono usare il loro potere per riacquisire la mente e il cuore che avevano un tempo. Si diceva che non avevano un’anima, ma lei non ricordava quali poteri possedesse una creatura del genere o se ci fosse un limite a quello che era capace di fare.

Si accigliò quando non ricordò di aver mai letto nulla a proposito di una creatura della notte che riconquista la propria anima. Era possibile una cosa del genere?

“La tua anima non è nell’aldilà?” chiese Carley curiosa.

“No, è legata alla mia tomba.” rispose Falco Notturno, svanendo.

Carley rimase in silenzio, stupita. Legata alla tomba? Rabbrividì al pensiero di trovarsi imprigionata sottoterra invece di essere libera come lo era adesso. Abbassando lo sguardo, si rese conto di percepire ancora Falco Notturno nella stanza, sebbene fosse svanito.

Guardando Tiara, Carley decise di non indagare sull’argomento… concedendogli la riservatezza che lui le aveva chiesto in silenzio.

Capitolo 2

In mezzo al caos dell’Hollywood Cemetery, Michael guardò lo Spinnan morto ai suoi piedi e si spolverò le mani sulla giacca.

“È stato un piacere.” mormorò. Alzò lo sguardo appena in tempo per vedere Kane strappare la testa di un altro demone e lanciarla verso di lui. Michael evitò la testa volante e fissò Kane, che era girato di spalle.

“Scusa, ti dispiace?” disse Michael. “Mi sono impegnato per non sporcarmi… vorrei continuare così.”.

Kane gli sorrise da dietro “Sei abbastanza veloce da scansarti se qualcosa ti viene addosso.”.

Tabatha sospirò, aveva visto tanto spargimento di sangue da bastarle per tutta la vita. Adesso sembrava che i ragazzi stessero semplicemente giocando. “Kane, se non ti conoscessi direi che ti diverti troppo ad uccidere questi esseri.”.

“Be’, non ho mai…” Kane si fermò a pensare per un attimo, guardò i demoni morti attorno a sé e poi guardò Tabatha. “Hai ragione, mi diverto.” e scrollò le spalle con indifferenza.

“Ricordi cosa mi hai detto a proposito di usare una telecamera?” chiese Tabatha.

Kane lasciò cadere a terra il demone senza testa e scrutò il corpo della sua compagna “Sì… me lo ricordo.”.

“Bene, non ci sarà nessuna telecamera.” Tabatha ringhiò, e s’incamminò.

Michael iniziò a ridere per lo sguardo sul volto di Kane poco prima che il vampiro biondo corresse dietro la sua compagna.

“Aspetta.” gridò Kane. “Ritiro quello che ho detto… non mi diverto affatto.” Si fermò per afferrare un demone che correva accanto a lui. “Sono fastidiosi… non vedi?”

Angelica alzò un sopracciglio e le venne da ridere. Represse quell’impulso e si limitò a guardare Syn con curiosità. “I tuoi figli sono… interessanti.”.

“Devono ancora lasciarsi l’adolescenza alle spalle.” dichiarò Syn con un’espressione impassibile. “E hanno anche bisogno della madre.”.

Michael guardò Syn indignato per la sua affermazione. “Io ho superato la mia adolescenza e sto benissimo, grazie.” Detto ciò, sbatté un piede a terra come un bambino capriccioso e iniziò a borbottare. Poi diede un calcio alla testa che Kane gli aveva lanciato come se fosse un pallone, e la fece volare lontano. Essa finì in mezzo a degli alberi, seguita da una forte imprecazione.

“Chi diavolo è che gioca con le teste dei demoni?” gridò Jason.

Michael si fermò un attimo e decise di darsela a gambe. “Vado a controllare Kane.” disse, superando Syn e Angelica nella direzione opposta a quella di Jason.

“Visto che ho ragione?” disse Syn, costringendo Angelica a guardare altrove per nascondere la propria risata.

*****

“Avete visto?” urlò Nick da dietro una cripta. “Era una testa volante.”

In quel momento apparve un demone che cercava di sfuggire alla morte. C’era qualcosa di divertente nel vedere un mostro spaventato.

“Sì Nick, l’ho vista.” rispose Kriss.

Nick sparò alle gambe della creatura con un’espressione al limite del sadismo “Avanti. Vediamo se sai ballare.”.

“Nick, smettila di giocare con quella dannata cosa.” ringhiò Steven, poi roteò gli occhi, realizzando di aver appena preso le difese di un mostro.

Jewel si avvicinò alla creatura e le fece saltare la testa con il fucile, prima di sorridere a Nick “Il tuo compagno di ballo è morto.”.

“Ehi!” mormorò Nick. “Era mio.”.

“In realtà era mio.” disse Kriss con le braccia incrociate sul petto. “Da chi pensavate che stesse scappando?”

“Troppi cacciatori e poche prede.” disse Dean uscendo dall’ombra di un albero vicino.

“Almeno Nick si è liberato di quel braccio.” mormorò Steven, poi scosse il corpo disgustato “Bleah.”.

Kriss fece una smorfia “Non parlare di quel braccio… mai più.”.

“Perché?” chiese Jewel, non cogliendo la battuta.

Nick sorrise “Beh, io…”.

Kriss lo guardò e ringhiò “Di’ un’altra parola e ti mando dritto da San Pietro.”.

Dean sorrise “Non provocare il mio gattino… sembra abbastanza arrabbiato da farlo sul serio.”.

Kriss guardò Dean e rimase sorpreso quando vide il desiderio celato nel suo sguardo. Non poté farne a meno… il suo sguardo si posò sul corpo di Dean e un leggero rossore gli affiorò sulle guance, costringendolo a guardare altrove.

Jewel sorrise, intuendo ciò che stavano pensando i due uomini. Steven e Nick, invece, ne erano del tutto ignari.

Gli occhi di Dean si oscurarono in modo attraente quando vide la reazione di Kriss. Avvicinandosi all’altro caduto, Dean avvolse un braccio intorno alla vita di Kriss e gli accostò le labbra all’orecchio “Credo che adesso potrete cavarvela da soli.” Sorrise quando Kriss rabbrividì leggermente per il suo respiro caldo.

Gli altri tre rimasero stupiti quando i due caduti svanirono.

“Ma come fanno?” chiese piano Steven.

“Non lo so.” rispose Nick, cercando di scacciare il pensiero di Dean che teneva stretto Kriss in quel modo.

Un rumore di passi li fece girare a guardare verso Quinn e Kat, che sopraggiunsero da dietro una cripta.

“Bene, ci siamo quasi tutti.” disse Nick. “Io sono pronto a lasciare questo casino nelle mani del PIT.”.

“Mancano solo Envy e Devon.” disse Steven.

Jewel si guardò intorno “Mi chiedo dove siano finiti.”.

“L’ultima volta che li ho visti erano con il fratello di Envy e il nostro orsetto armato preferito. Sono sicuro che ci raggiungeranno con lui.” dichiarò Nick. “Quindi se tu vieni con me ce ne andiamo.”.

“Sei pronta?” chiese Quinn a Kat, stringendola intorno alla vita. “Come prima.” Kat gli sorrise. Avevano fatto un bel lavoro stasera, ma il combattimento le aveva fatto venire voglia di altre cose.

Steven mise un braccio sulla spalla di Jewel e la portò verso l’ingresso del cimitero.

Nick roteò gli occhi. Stava iniziando a sentirsi come il terzo incomodo.

In un’altra zona del cimitero, le quattro persone in questione stavano pattugliando il cimitero, eliminando i demoni uno ad uno. Trevor era al telefono per dare ordini agli agenti che aveva lasciato alla centrale.

“Sì, serviranno dei blocchi stradali per tenere gli umani lontani dall’Hollywood Cemetery. Assicuratevi che tutte le strade secondarie siano coperte.” Trevor tacque per un minuto mentre l’ufficiale all’altro capo del telefono parlava.

“Predisponeteli al più presto.” continuò Trevor “Al massimo entro dieci, quindici minuti. Arrivano già i primi curiosi ma ho inviato delle persone a fermarli. Il fatto è che non sono poliziotti, quindi è un grosso problema. Non possiamo permettere che qualcuno comprometta la scena del crimine, sai cosa voglio dire… vandali e incendi… almeno per tre giorni… No, se qualcosa tenterà di uscire non credo che userà le strade.”.

Trevor si strofinò la tempia con l’altra mano. “Ascolta, se vedi qualcosa di strano… spara e basta.” Riagganciò e sospirò pesantemente. “Odio dover precisare ogni singola sillaba per farmi capire.”.

“E fai anche lo spelling?” chiese Chad in tono scherzoso.

Devon scoppiò a ridere ed Envy sorrise.

“Non proprio.” rispose lei, sentendosi un po’ goffa. “Ma sa scandire bene i suoni.”.

“Non dirmelo.” la interruppe Chad. “Fa lo spelling delle parole così come si pronunciano?”

Envy annuì “Proprio così.”.

Chad quasi cadde a terra per ridere, mentre Trevor mise il broncio.

“La piantate, voi due?” ringhiò Trevor.

“Piantare cosa?” Envy e Chad parlarono all’unisono, dopodiché scoppiarono a ridere.

Envy sorrise ricordando tutte le volte in cui, da adulti, si erano trovati in difficoltà perché avevano iniziato a ridere e non riuscivano a smettere. A pensarci bene, di solito succedeva sempre quando era ora di dormire. Osservò Chad. Accidenti, il suo sguardo era spento.

Devon non stava prestando molta attenzione alla scenetta, al momento. Aveva visto Warren da lontano che smembrava un demone e combatté l’impulso di trasformarsi per correre da lui.

Envy notò l’espressione di Devon e intuì il suo desiderio dal modo in cui i suoi occhi cambiarono colore. Seguì il suo sguardo verso il giaguaro e si rese conto che trasformarsi faceva parte della sua natura. Probabilmente era rimasto nella sua forma umana solo per lei e non era affatto giusto.

“Perché non vai ad aiutarlo?” gli disse, posandogli una mano sul braccio. “Io me la caverò.”.

Devon la guardò “Come tornerai a casa?”

“La porto a casa mia.” propose Chad, felice di quell’idea. Il suo appartamento non era più lo stesso da quando lei se n’era andata. “Intendo comunque portarla fuori di qui. Puoi passare a prenderla quando hai finito.”, poi aggiunse rapidamente “Prenditi tutto il tempo che vuoi perché probabilmente dormiremo come sassi.”.

Devon stava per obiettare ma guardò i due fratelli e per la prima volta si rese conto che erano così stanchi da sembrare drogati. Si sentì in colpa per non averlo notato prima. Agli umani serviva il doppio del sonno, se non di più, rispetto ad un mutante.

“D’accordo.” rispose Devon, e diede un bacio a Envy. “Verrò a prenderti… tu vai a riposare.”.

Envy annuì e osservò Devon che si tolse i vestiti, si trasformò in giaguaro e corse verso Warren, e lei si meravigliò di quanto fosse bello in qualsiasi forma.

“Possiamo andare adesso?” La voce di Trevor era cupa, non gli piaceva il modo in cui lei stava fissando Devon.

Envy e Chad annuirono entrambi.

“Buona idea.” disse Chad. “Mi dispiacerebbe diventare un bersaglio facile di qualche demone fortunato dopo essere svenuto dal sonno nel cimitero. Non chiudo occhio da due giorni.”.

I tre si diressero verso l’ingresso del cimitero, uccidendo alcuni demoni lungo il tragitto. Quando finalmente raggiunsero l’auto di Trevor, Chad si fermò un attimo, incapace di controllare il sorriso sadico che gli apparve sul viso.

“Dov’è la tua vecchia auto?” chiese Envy quando Trevor si avvicinò al veicolo di colore nero. “Non che questa non sia fantastica, eh.”.

Trevor si bloccò, ricordando la caratteristica che Ren aveva dato all’auto. Oh merda! All’improvviso aveva voglia di girarsi e correre via come un pazzo.

“Trevor.” disse Evey emozionata, con la voce uguale a quella di Envy. “Sono contenta che tu stia bene. Ho scansionato tutti quelli che entravano e uscivano dall’ingresso, e ho già depositato buona parte del tuo rapporto nel sistema del PIT.”.

Trevor sbiancò quando guardò Envy e vide l’espressione incredula sul suo viso.

“Trevor.” Envy imitò la preoccupazione che aveva sentito nella voce dell’auto… cioè la sua. “C’è qualcosa che vorresti condividere con il resto della classe?”

“Oh, e questa chi è?” chiese Evey. “Non l’ho mai vista prima e non è nella banca dati del PIT. Devo aggiungerla?”

Se Trevor non l’avesse conosciuta, avrebbe giurato che la voce di Evey fosse un po’ troppo dolce per essere sincera.

“Evey, questa è mia sorella Envy.” intervenne Chad. “È umana e non fa parte del PIT. Puoi darci uno strappo a casa?”

Le portiere dell’auto si aprirono, Trevor e Chad salirono davanti ed Envy si sedette dietro.

“Quando hai imparato a parlare?” chiese Envy, guardando Trevor nello specchietto retrovisore. Se uno sguardo avesse il potere di uccidere allora a quel volante ci sarebbe stato un uomo morto.

“Da poco.” disse Evey con una risposta breve e concisa, poi aggiunse all’improvviso “Non provare a pensare di portarmi via Trevor.”.

Chad spalancò gli occhi prima di iniziare a ridere così tanto da sentire dolore al fianco.

“Oh, non ti preoccupare.” rispose Envy, lanciando un sorriso quasi perfido a Trevor attraverso lo specchietto. “Non ho intenzione di portartelo via. Trovo che siate una coppia perfetta.”.

Evey sussultò e le portiere dell’auto si chiusero di colpo. “Dove abitate tu e Chad?” Questa volta la voce era felice.

“Guido io.” disse Trevor, augurandosi che la terra sprofondasse e lo inghiottisse. “Tu fai la brava e simpatizza con Envy.”.

“Oh sì.” disse Envy, mentre Trevor mise in moto. “Ti prego, parlami di te e delle cose divertenti che fai con Trevor.”.

Chad era quasi steso per ridere e non si fermò finché non furono quasi a casa. Non appena Evey entrò nel vialetto, Chad scese di corsa e si precipitò in casa, sapendo che Envy ci avrebbe messo qualche minuto in più. Cavolo, gli facevano male le mascelle. La cosa divertente era che stavolta non era colpa di Trevor.

“Evey.” disse gentilmente Envy “Ti dispiace se Trevor mi accompagna alla porta? Stasera ho visto troppi mostri per sentirmi al sicuro da sola… visto che il mio fratellone mi ha piantata in asso.”.

Trevor si sentì rimpicciolire sapendo cosa lo aspettava, e che Evey non l’avrebbe aiutato. Non era proprio la sua serata.

“Buona idea. Trevor, assicurati che niente faccia del male alla mia nuova amica. Io intanto finisco l’aggiornamento del tuo rapporto per il PIT.” Il cruscotto si illuminò trasformandosi in un computer mentre Evey lavorava al suo progetto, mormorando a bassa voce. Poiché Envy era la sorella di Chad e ovviamente combatteva anche lei i mostri, aveva deciso che meritava un file nella banca dati del PIT. Segretamente scattò una foto alla ragazza con la sua fotocamera nascosta.

Trevor sospirò cedendo all’autocommiserazione, e scese lentamente dalla macchina. Bene, aveva sperato di avere un momento da solo con Envy e ora sembrava essere stato accontentato. Lui cercava sempre di vedere il lato positivo delle cose, ma stavolta quel lato sembrava quasi inesistente.

Finalmente arrivarono alla porta d’ingresso e Trevor guardò verso Evey, trovando solo un enorme albero nel cortile a coprirgli la visuale. Proprio in quel momento Envy si girò e lo guardò intensamente, dopo aver rimuginato per tutto il tragitto. Gli puntò un dito al petto così forte che a Trevor sembrò di vedere già il buco nelle costole.

“Era uno scherzo? Perché non era affatto divertente.” sibilò Envy a bassa voce, senza sapere quanto fosse sensibile il microfono di quella dannata auto.

“Sì, è uno scherzo.” ringhiò Trevor. “Ma è stato fatto per torturare me… non te. Sinceramente me n’ero dimenticato finché non siamo tornati all’auto.” spiegò Trevor, passandosi le mani tra i capelli. “Mi dispiace che tu abbia dovuto saperlo.”.

Percependo la sincerità nei suoi occhi e nella sua voce, Envy si rasserenò. Stava dicendo la verità… o almeno lo sperava. “Perché qualcuno ti farebbe una cosa del genere?”

Gli occhi argento-blu di Trevor si scurirono un po’ mentre guardava la sua anima gemella. “Perché lo sanno tutti che io ti amo e tu mi odi. Lo trovano divertente. Perché pensi che Chad abbia riso per tutto il tempo?”

“Trevor.” Envy sentì il petto stringersi dolorosamente alle sue parole. “Non è vero.” lo corresse lei dolcemente. “Non potrei mai odiarti.”.

“Lo so.” Lui le rivolse un lieve sorriso, che svanì subito. “So bene che sei innamorata di entrambi. Anche Devon lo sa.”.

Envy spalancò gli occhi e fece subito un passo indietro. Scuotendo un po’ la testa sussurrò “Cosa te lo fa pensare?”

“Siamo mutanti, Envy… sentiamo il tuo odore.” insistette Trevor, facendo un passo avanti e accorciando la distanza tra loro. “Non dirmi che non mi vuoi quando io so che è così. Tu mi ami quanto lui perché hai due anime gemelle.” Trevor deglutì… ecco, glielo aveva detto.

Envy rimase in silenzio, guardandolo come un cerbiatto appena sorpreso dai fari di un’auto. Non sapeva come rispondere perché la verità era che… Trevor riusciva ancora a confonderla. Si era sforzata di ignorare l’attrazione che provava per lui perché aveva scelto Devon.

“Dimmi che non mi ami.” le sussurrò Trevor, chinandosi fin quando le loro labbra quasi si toccarono.

Stavolta fu lei a deglutire. Voleva negare ciò che lui stava dicendo ma i sentimenti nascosti non glielo avrebbero permesso. Odiava sentirsi dire le bugie, perciò era incapace di mentire perfino a se stessa. Lo amava ancora… ma era sbagliato amare due uomini contemporaneamente.

“Io amo Devon.” mormorò sulle labbra di Trevor, imprecando contro se stessa per averlo ferito di nuovo.

“Aggiri la domanda… mossa davvero intelligente.” disse Trevor dopo un attimo e si scostò un po’ per guardarla. “Anche se menti posso comunque sentire il tuo odore.”.

Envy fece un passo indietro mentre Trevor si chinò su di lei, coprendole la visuale anche se si era allontanata. Allungando una mano dietro di sé, lei cercò la maniglia della porta. Non voleva pensarci… le spezzava il cuore.

Alla fine le sue dita trovarono la maniglia e la girarono, aprendo la porta. Lei sgattaiolò dentro e fece per chiuderla quando la mano di Trevor scattò e la bloccò.

“Sai che ho ragione.” sussurrò Trevor. “Lo provi anche tu.”.

Envy sentì le farfalle nello stomaco e chiuse subito la porta. Facendo scattare la serratura, si girò e vi si appoggiò con la schiena, aspettando che Trevor mettesse in moto e se ne andasse. Per qualche motivo le sembrò che lui fosse ancora lì in piedi dietro di lei, in attesa di oltrepassare la porta e stringerla tra le braccia.

Trevor posò i palmi sulla porta che li separava, percependo Envy appoggiata dall’altro lato. Poteva sentire il suo cuore battere attraverso il legno massiccio e inalò profondamente per calmare i propri nervi. Il suo istinto gli gridava di sfondare la porta e riprendersi ciò che era suo… ma sarebbe stato dannato piuttosto che darle un motivo per smettere di amarlo.

Si accigliò quando non la sentì allontanarsi dalla porta. Avvicinandosi all’ostacolo tra loro, poggiò la fronte contro il legno freddo e sospirò.

“Envy.” sussurrò. “Io ti amo.”.

Fu allora che la sentì correre verso la sua camera da letto.

*****

Jason era seduto su una panchina di pietra davanti a una cripta per riprendere fiato. Non si era imbattuto in nessuna creatura o persona negli ultimi tre minuti ed era un record per quella notte.

Toccando l’anello sperò che in qualche modo l’oggetto si riattivasse. Il suo stomaco era serrato perché non sapeva dove fosse Tiara e se stesse bene. Abbassando un po’ la testa, si rimproverò mentalmente per non essere riuscito a portarla via dal mausoleo. Che razza di protettore era? Lei aveva addirittura dovuto chiedere aiuto a un demone.

“Forse dovresti guardare dietro di te.” disse una voce dal nulla.

Gli occhi di Jason scattarono vedendo un uomo dai lunghi capelli neri, in piedi a poca distanza da lui. Sbatté le palpebre quando capì a cosa si riferiva l’uomo.

I peli sulla nuca gli si drizzarono e Jason fece alcuni passi avanti prima di girarsi per vedere cosa c’era dietro di lui. Quattro demoni lo fissavano ad un paio di metri di distanza, con la bocca aperta per mostrare i loro denti aguzzi.

“Fatevi sotto!” gridò Jason, sentendo una leggera scarica di rabbia. Era stanco di combattere quelle creature. “Non l’avete ancora capito, idioti? Per vivere in un cimitero bisogna essere morti.”.

Angelica sorrise raggiungendo Syn appena in tempo per sentire le imprecazioni di Jason. “Ehi Jason, vuoi vedere una cosa?” gli chiese avvicinandosi, e alzò le mani davanti a sé. Aprì la bocca e sussurrò un incantesimo che avrebbe dovuto far implodere i demoni. Per suo sgomento, le creature indietreggiarono all’improvviso e si dileguarono nel buio.

“Grandioso.” disse Jason, pensando che dipendesse dall’incantesimo.

“Dannazione, se la smettessi di spaventarli a morte forse riuscirei ad ucciderne qualcuno in modo decente, stasera.” Angelica sbottò e si girò, trovando Syn proprio dietro di lei. “Sei come un repellente per demoni.”.

Jason sorrise quando capì di cosa si stava lamentando. “Un repellente per demoni.” mormorò, ma poi tacque all’istante quando Angelica si girò per guardarlo. “Voglio dire, hai ragione. Hai pienamente ragione.” Quando si è in dubbio è sempre meglio assecondare le donne.

Syn ridacchiò piano “Mi sono solo avvicinato, cara. Non posso farci niente se gli Spinnan mi temono, forse erano solo codardi. Vogliamo andare alla ricerca di mostri coraggiosi?” Fu ripagato quando Angelica roteò gli occhi e sorrise. Lei stava iniziando a sciogliersi nei suoi confronti, bene.

Jason si arrese realizzando che quello era l’uomo da cui lo avevano messo in guardia quando aveva iniziato a fare domande su Angelica agli altri. Concludendo che quella era una strada ormai senza speranza, sospirò e riportò l’attenzione all’anello.

“Questo stupido coso è inutile… quella sua specie di GPS maledetto dev’essersi rotto.” ringhiò, e cercò di togliersi l’anello. Ci provò per un po’ ma poi si arrese quando sentì il dito schioccare. Lo osservò di nuovo per un attimo e piegò la testa di lato. Forse era un bene che non potesse toglierlo perché, se lo avesse fatto, probabilmente sarebbe finito in mano a quelle dannate creature.

“Come faccio a proteggere Tiara se non so dove diavolo è?” imprecò contro l’anello. “Non è il momento di mettersi a dormire.”.

“Posso vederlo?” gli chiese Angelica, allungando la mano. Riconobbe l’anello dai ricordi che Zachary aveva condiviso con lei, il suo potere la incuriosiva.

Jason non poté fare a meno di guardare Angelica meravigliato. Gli teneva dolcemente la mano ed esaminava l’anello con occhio critico. Il tocco della sua pelle morbida era molto rilassante… poi lui tremò quando Syn si mise a ridere.

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