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Il Giardino Dei Rododendri
«Lynda è morta, o forse non è nemmeno mai nata».
«Ma tu sei impazzita! Che ti prende? Mi sto preoccupando adesso! Vuoi dirmi che cos’hai?».
«Che cosa avevi di così urgente da comunicarmi al telefono questa mattina?», replicò Lynda ripetendo nuovamente la domanda. Pensò che se la madre avesse tergiversato ancora, lei avrebbe riattaccato questa volta.
«Tua zia Beth vuole vederci, ha qualche cosa d’importante da dirci Lynda, a quanto pare. Ci ha invitate a raggiungerla a casa sua, al cottage in Cornovaglia. Non mi ha detto nulla di più di questo, ho ricevuto un suo messaggio scritto, questa mattina qui in clinica».
«Beth è tua sorella».
«Si, certo! Tua zia Beth è mia sorella, non è una novità questa».
«Sai, non ne sono più tanto sicura».
Seguirono lunghi interminabili secondi di puro silenzio. Nessuna delle due parlava, entrambe restavano immerse nei loro pensieri, cercando di trovare in fretta le prossime parole da dire.
«Lo hai saputo vero?», riprese Sarah.
«Cosa avrei dovuto sapere? Quello che ogni persona sa fin da quando nasce? O c’è dell’altro che ancora mi nascondete tu e James?».
«James! Te l’ha raccontato!».
«Evidentemente è l’unica persona che mi ha sempre voluto bene, come una figlia. E’ stato come un padre per me, ben diverso da quello finto con il quale ho condiviso il tetto di casa fino al giorno in cui ha deciso finalmente di togliersi di mezzo».
«Lynda, tesoro mio! Mi dispiace che tu ne sia venuta a conoscenza in questo modo. E’ anche colpa mia e comprendo bene il tuo dolore e la rabbia che provi in questo momento. Ma posso spiegarti tutto. Vieni a prendermi domani mattina, partiremo insieme per la Cornovaglia per andare da Beth, va bene? Riesci a liberarti con il lavoro per qualche giorno?». Alla domanda seguì un lungo silenzio che Sarah interpretò come un consenso da parte della figlia. Anche da piccola, quando era arrabbiata, reagiva allo stesso modo. Evidentemente non era mai cambiata sotto quell’aspetto.
«Non ho più un lavoro, mi sono licenziata. Sarò lì domani mattina, fatti trovare pronta e con le tue cose già sistemate nella valigia».
«Come dici? Ti sei licenziata?».
Sarah attese una risposta da parte della figlia che invece riattaccò semplicemente.
«A domani, tesoro. Perdonami se puoi», concluse la donna, in risposta al fastidioso silenzio del telefono muto. Si sarebbero viste il mattino seguente, le rimanevano tutta la sera e la notte per riorganizzare le idee e preparare un discorso sensato che potesse dimostrare alla figlia le sue buone intenzioni, sia come madre che come donna e moglie di un uomo politicamente influente nel Paese. Sarah non cenò quella sera e nel letto continuava a girarsi e rigirarsi senza riuscire a prendere sonno nemmeno quando le sembrò di aver raccolto i cocci di una spiegazione adatta al confronto con la figlia. Il sonno la sorprese solo a notte fonda e fu molto breve e agitato. Ormai le prime luci dell’alba cominciavano a filtrare attraverso le fessure larghe degli oscuranti di legno consumati dal tempo ed era ora di alzarsi per mettere tutto in ordine in attesa dell’arrivo di Lynda.
6
Beth era già alzata da diverse ore quando Charles si presentò davanti alla porta di casa sua, come faceva quasi ogni giorno da un bel po’ di tempo.
«Buongiorno Beth, posso entrare?», chiese il giovane.
«Buongiorno a te Charlie! Certo che puoi entrare, sarò da te tra un minuto», rispose la donna dal piano superiore. Il tono carico d’affanno nella sua risposta suggerì al giovane che la donna doveva essere parecchio indaffarata in quel momento e pensò di essere arrivato nel momento sbagliato.
«Beth, se per lei questo non è un buon momento posso andarmene e tornare più tardi. Non ho grossi impegni da rispettare questa mattina», replicò il ragazzo.
«No no, scendo subito non ti preoccupare».
Immediatamente un forte rumore risuonò nella casa, seguito da un tintinnio di cocci, quello di un oggetto che si rompe cadendo a terra.
«Beth! Che succede? Tutto bene?», chiese il ragazzo preoccupato.
«Si Charlie, tutto bene. Mi è solo cascato un vaso e si è rotto in mille pezzi, c’è terra sparsa ovunque. Povero il mio piccolo rododendro!», rispose tristemente la donna. Nel frattempo il giovanotto l’aveva raggiunta per aiutarla ed entrò nella camera.
«Oh no Charlie! Quante volte ti ho detto che non voglio che tu mi veda così in questo modo!».
«Ma Beth, non si deve preoccupare! Lei è bellissima come sempre, lo sa questo», rispose il ragazzo sorridendo, mentre con le mani raccoglieva la terra dal suolo avendo cura di riposare la pianta e quanta più terra possibile nella più grossa parte di vaso rimasta ancora intera.
«Ma quale bellezza! In questo stato non piaccio più a nessuno, proprio a nessuno», insistette Beth, cercando consenso attraverso gli occhi giovani e pieni di luce del ragazzo.
«Ma a me lei piace tanto, e lo posso confermare ogni giorno. Quello che possono pensare o non pensare gli altri a me non interessa, è un problema loro, non mio. Ecco, il suo bel rododendro rosso è salvo e salvo. Penso però che sarebbe bene piantarlo nel giardino insieme agli altri ora, non crede? Qui potrebbe sentirsi solo», concluse mantenendo il sorriso inalterato sulle sue giovani labbra.
«Sei tanto caro Charlie, sei davvero un bravo ragazzo! Chi non ti ha visto crescere non può nemmeno immaginare che cosa si è perso in tutto questo tempo! La tua povera mamma sarebbe fiera di saperti cresciuto così bello, educato e gentile verso il prossimo. Quando il momento sarà giunto glie lo dirò, stai tranquillo», rispose Beth mentre con la mano accarezzava la spalla del giovane. Il giovane la guardò dritto negli occhi e afferrò la sua mano, stringendola calorosamente.
«Quello che mia madre avrebbe dovuto vedere l’ha sicuramente già visto. E lei, Beth, non dovrà raccontarle proprio nulla, almeno per un bel po’ di tempo ancora!», la rincuorò Charlie. Beth lo ringraziò con un sorriso sincero e carico di ammirazione che rubava lentamente il posto alle lacrime amare sgorgate poco prima dai suoi occhi blu.
«Sei tanto caro Charlie! Ma io purtroppo sento che non sarà così. Sono una donna, questo è il mio corpo e le sensazioni che vivo e che fatico a descrivere mi suggeriscono che ormai non mi resta ancora molto tempo da vivere. Dunque, veniamo a noi! Mi hai portato la frutta che ti avevo chiesto?», domandò Beth mentre con le mani finì di sistemarsi il viso e il capo.
«E’ tutto qui fuori dalla porta, la sta aspettando! Sempre di primissima qualità, come piace a lei. Ma questa volta mi ha chiesto davvero un carico esagerato! Che cosa ha in mente?», chiese il giovanotto incuriosito. Beth gli aveva ordinato spesso carichi di frutta, ma sempre in quantità limitate. Questa volta invece sembrava dovesse sfamare un esercito intero.
«Diciamo che ci sarà un bel po’ di gente qui tra qualche giorno e avremo un bel po’ di cose da fare. E tu dovrai darci una mano, signorino! Pensi di farcela?», riprese la donna. Aveva ritrovato tutta la sua energia e il suo buonumore o quantomeno era quello che cercava di esprimere agli occhi del ragazzo, divenuti tristi in seguito alle sue ultime parole piene zeppe di rassegnazione verso il naturale decorso della vita.
«Io?», chiese Charlie. Non si aspettava un suo coinvolgimento in un progetto di Beth e ciò lo incuriosì.
«Oh si, caro ragazzotto mio! Proprio tu! Vedi forse qualcun altro qui in questa camera oltre a noi due?»
Il ragazzo alzò le spallucce. Faceva sempre così quando voleva mostrare che aveva capito, ma il motivo di quel suo coinvolgimento non gli era ancora per nulla chiaro.
«Vedrai, ci divertiremo tanto!», concluse Beth facendogli l’occhiolino.
Uscirono insieme nel giardino che circondava tutto il cottage, diversi ettari di terreno dedicati ad una sola splendida pianta, il rododendro in tutti i suoi più svariati colori e tipologie. Si poteva passeggiare tra le piante già alte che cominciavano a regalare i primi fiori colorati per via della stagione già avanzata. Ogni volta che usciva dalla porta, Beth osservava quelle piante e sorrideva. Forse con gli occhi le vedeva come figli suoi, intenti a giocare nel suo immenso giardino. Le casse di frutta erano già state ben accatastate da Charlie vicino alla porta che conduceva alle fresche cantine, nel sottosuolo.
«Forza, portiamole giù Charlie, andiamo!», esclamò Beth contenta di vedere che la qualità di quella frutta aveva soddisfaceva ancora una volta le sue aspettative. A Beth brillarono gli occhi, desiderava davvero che il suo progetto fosse un successo così che anche lei ne avrebbe assaporato l’essenza prima che fosse troppo tardi. Scacciò dalla mente i cattivi pensieri a piene mani e provò d’istinto a sollevare una cassetta di frutta ma senza riuscirci. Erano davvero molto pesanti per lei.
«Beth, lasci stare. Sono molto pesanti, ci penserò io non si preoccupi. Mi dica solo dove vuole che glie le sistemi».
«Qui sotto Charlie. Seguimi, ti faccio strada», rispose Beth con rinnovata rassegnazione, «Ormai funziono bene solamente come apriporta».
«Non dica sciocchezze. Mi vuole spiegare il perché di tutta questa negatività oggi? Non le fa mica bene sa?», rispose seccamente Charlie per darle una scossa.
«Oh Charlie, non sono affatto sciocchezze! Lo hai visto anche tu no? Non riesco a sollevare nemmeno una cassetta. Sono diventata una vecchiaccia ormai!».
«Io direi che è solo diventata più esperta e saggia».
«Oh, grazie caro! Sei il mago furbetto dalla parola dolce e molto facile! Chissà quante ragazze con il cuore infranto hai disseminato qui in giro!»
Charlie sorrise e Beth con lui.
«Sono un ragazzo difficile, complicato e anche un po’ sognatore. Le donne non mi apprezzano per quello che sono!», asserì beffardamente il giovane.
«Ecco, vedi? L’hai detta tu la vera sciocchezza del mattino. Anche per oggi sei a posto allora», lo istigò Beth.
«Oh no, non è affatto una sciocchezza. Non resisto più di qualche giorno insieme ad una ragazza. Non riesco a fingere, a nascondere i miei pensieri, i miei sentimenti, il mio modo d’essere e di agire. E quindi esco subito allo scoperto, quasi sempre. Questo generalmente alle ragazze della mia età non piace ed io mi rovino con le mie stesse mani!».
«Sei mai stato innamorato veramente?», lo provocò nuovamente Beth. Attendeva con ansia la risposta a quella domanda. Ma la risposta tardava ad arrivare.
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