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Della scienza militare
Gli antichi eserciti si componevano di soldati scelti tra uomini giá educati a un tale scopo ed erano perciò facilmente governati. Né le cognizioni geografiche o l'importanza del tempo erano per un capitano dell'antichitá se non secondarie, il che succede appunto tutto all'opposto per un capitano de' moderni tempi. Quegli ridotto ad operare con una ordinanza forte da per sé ed appoggiandosi ad essa, aveva tutto sotto gli occhi, ed a renderlo grande bastava il merito tattico; laddove questi dev'essere strategico, vale a dire dee saper dirigere e muovere le sue truppe su terreni che non vede. Quindi il primo va giudicato dalle sue azioni, il secondo dalla sua corrispondenza; dappoiché l'uno poteva riparare gli errori de' suoi collaboratori, essendo ciò in sua balía, l'altro non giá, perché fuori del suo potere. Ci resta ora a determinare come lo stato della societá tra gli antichi e delle scienze economiche, politiche e morali, esatte e naturali si palesi nelle loro composizioni, nelle armi e negli ordini da essi adottati; ci rimane a stabilire fino a che punto i loro militari ordinamenti hanno avuto potere sopra gli avvenimenti istorici. Le quali quistioni serviranno di conclusione, perché dimostrano la nostra primitiva asserzione, la quale andremo successivamente svolgendo negli altri nostri discorsi cosí pel medio evo come pe' secoli seguenti.
Esaminando le societá incivilite dell'antichitá, troviamo nella loro filosofia e legislazione la pruova compiuta del grado eminente cui erano pervenute le scienze morali, le quali tanto contribuivano a formare gli uomini e dirigerli ad uno scopo di sociale utilitá. Ecco perché gli uomini che componevano le falangi e le legioni avevano indubitatamente una gran superioritá sopra quella moltitudine di che si compongon gli eserciti delle moderne nazioni. Perciò tutto quello che riguarda la disciplina e la forza morale degli eserciti greci e romani eccita non solo la nostra ammirazione, ma sovente ci sembra un fenomeno inesplicabile, se pure non si vuole ammettere una degradazione nella specie umana. Or quest'alta disciplina non era solo fondata su metodi meccanici, buoni senza dubbio ed indispensabili, ma essa risultava altresí dall'azione sull'intelligenza e la volontá umana, richiedendosi dal soldato antico non la limitata cooperazione che l'ubbidienza inspira, ma quella piú elevata, piú compiuta, piú feconda per sua natura di grandi effetti, perché spontanea. Di ciò fanno fede le concioni degli antichi e tutta la loro legislazione militare, che mirava ad infervorare la mente delle persone senza che il disordine s'introducesse nelle schiere.
Da questo adunque possiamo inferire che gli uomini degli eserciti vetusti erano superiori agli uomini degli eserciti moderni, benché questi, a dir vero, migliorino a misura che negli Stati si adotta la massima che il servizio militare è un dovere di tutti temporaneamente.
Non diremo lo stesso delle armi, mentre le scienze naturali ed esatte erano nell'infanzia anche nelle colte nazioni dell'antichitá, e le opere stesse di Aristotele e di Plinio dimostrano insieme e la superioritá degli uomini e lo stato poco soddisfacente delle scienze naturali. Epperò i moderni hanno una indeterminata superioritá a questo riguardo; ma bisogna osservare che non è solo alla scoperta della polvere che si dee attribuire tal differenza, ché essa poteva farsi anche nell'antichitá, ma questa scoperta stessa non ha dato tutti i suoi risultamenti se non quando il progresso di tutte le scienze esatte e naturali l'ha secondata nel suo crescere e nel suo perfezionarsi. In effetti ci sono popoli selvaggi e popoli barbari che conoscono e si servono dell'armi da fuoco, ma non perciò posseggono la scienza militare. E se fosse vero che i chinesi, come alcuni pretendono, avessero preceduto gli europei nella scoperta della polvere, ne risulterebbe una pruova piú chiara di quanto asserimmo.
Gli ordini come dipendenti dalle armi hanno dovuto risentirsi, siccome facemmo osservare, dello stato delle scienze che loro servono di base. Ma gli antichi possedevano le scienze esatte ch'erano necessarie per servire di princípi alla tattica, ed in effetto ingegnosi e matematicamente ragionati erano tutti i movimenti della falange e della legione. Tutto ciò però che dipendeva dalle scienze geodetiche, geografiche ed astronomiche non avea base larga; per cui la parte trascendente della guerra presso gli antichi era piú nell'istinto degli uomini grandi che nello stato della scienza.
Tale a noi sembra il potere che ha avuto lo stato delle scienze sui militari ordinamenti degli antichi. Ci resta ora a considerare fino a qual punto sí fatto stato dell'arte militare abbia influito sulle fasi dell'istoria dell'antichitá e sulla sorte dell'umana specie.
Noi abbiamo indicato nel precedente discorso l'influenza che esercitò la resistenza della Grecia alla Persia, coronato dal buon successo nella guerra contro i medi a pro della civiltá della specie umana. Nessuno disconviene dell'immensa spinta che diedero allo spirito umano le conquiste di Alessandro, la conoscenza dell'Oriente, la formazione di un impero greco in Egitto e la fondazione di Alessandria; cittá che non solo serví al commercio delle derrate, ma a quello delle dottrine, ed ove conservò lo spirito umano un asilo per esercitarsi nella doppia decadenza letteraria della Grecia e di Roma. E questi grandi risultamenti nessuno negherá esser dovuti agli ordini greci, i quali guidati da mente sublime prevalsero sull'ignoranza militare dell'Oriente.
Le conquiste de' romani costituiscono l'importanza e l'unitá dell'istoria di quel tempo e hanno preparato piú di ogni altra cosa l'avvenire d'Europa. Perciò l'illustre Bossuet nel suo magnifico Discorso sulla storia universale ha considerata la vasta dominazione romana e la sua caduta come il grande strumento di cui la provvidenza usò per propagare il cristianesimo; alti risultamenti che si legano allo stato della scienza presso i romani ne' periodi diversi della loro politica esistenza. Tali conquiste sarebbero state certamente impossibili se ne' popoli che i romani attaccavano fosse fiorita la scienza militare. Ma fino a che punto la correlazione tra le scienze e la guerra si conservò nella decadenza dell'impero quando fu aperto il varco alle barbare dominazioni?
Uomini eminenti nelle scienze morali hanno manifestata la loro opinione intorno al circolo inevitabile che le nazioni percorrono, discendendo di bel nuovo dopo di essersi elevate all'apice della civiltá. Il nostro altissimo Vico ne ha fatto un sistema intiero ch'è rifermato da molti. Ma si domanda se i romani avevano attinto l'ultimo grado di civiltá, posto che nello Stato una ferrea schiavitú imbarbariva la maggior parte della popolazione e le classi alte erano ammollite, le medie avvilite; posto che in esso la religione non avea nulla di spirituale e si riconoscevano negli dèi piú vizi che non in qualunque uomo ordinario; posto che infine le scienze esatte e naturali erano nell'infanzia. Ivi gli spettacoli atroci ed altri particolari caratteri dimostrano una societá che conserva un gran fondo di barbarie e che non è compiutamente incivilita; per cui può dirsi che la decadenza dell'impero procedeva da ciò che gli mancava di civiltá anziché da eccesso della medesima. L'applicazione di questo principio allo stato dell'arte militare ne dará una pruova e servirá di risposta alla quistione ultima che ci siam proposta.
La degradazione degli uomini togliendo alla milizia romana quella superioritá di composizione che noi facemmo osservare, portò un colpo mortale alla milizia, poiché solo espediente dell'impero contro i barbari fu il sistema di reclutare tra questi; il che compiutamente dimostra la deteriorazione degli uomini d'arme. Si comprende egualmente come questa introduzione de' barbari qual nuovo elemento della forza militare avesse dovuto produrre il doppio effetto d'insegnare ad essi alcunché della tattica romana e d'involgere questa nelle costumanze barbariche; doppio effetto che tornava a favore del barbaro i cui metodi progredivano, ed a danno dei romani che deterioravano i loro. Le armi romane furono alterate dal loro buon lato, ch'era la parte difensiva, giacché davano maggior confidenza al soldato; la mollezza le fece cadere in disuso, ed barbari ebbero un ostacolo di meno.
Gli ordini si risentirono della decadenza degli uomini e del cambiamento nelle armi: essi furono meno solidi e meno mobili, furono alterati in tutte le loro proporzioni dalla diffidenza che avevano gl'imperatori d'Oriente, dalla forza ed unitá dell'antica legione la quale tanto aveva influito nel governo.
Ecco a nostro credere dimostrato che la superioritá degli antichi essendo stata interamente negli uomini, la sola degenerazione di costoro alterò tutti gli elementi del sistema militare e produsse il grande avvenimento della dominazione de' barbari. Se al contrario le scienze fossero state nell'impero ciò che sono tra le nazioni incivilite d'oggidí, l'arte militare si sarebbe mantenuta al loro livello ed i barbari non avrebbero potuto osare l'invasione, siccome oggi non l'osano e per le cause medesime. Basta vedere come il fuoco greco contribuisse sí lungamente alla conservazione dell'impero d'Oriente malgrado la corruzione e l'abbietta esistenza di questo, per comprendere che se l'impero romano fosse stato veramente incivilito e se questa civiltá avesse potuto reagire sulle sue forze conservatrici, avrebbe esso data alla storia un altro colore ed all'umanitá altri destini.
Nella stessa guisa e col metodo stesso ci faremo a svolgere lo stato dell'arte militare nel medio evo, per continuare sotto questo rapporto la comparazione de' moderni con gli antichi e renderla cosí piú compiuta. Nel quale imperfetto lavoro ci dá coraggio il vivo interesse che nell'animo nostro si sveglia allo scorgere nella serie degli avvenimenti quanto potere abbia avuto su di essi un'arte che a prima vista pare speciale, un'arte che ci sta molto a cuore e che vorremmo vedere presso di tutti considerata come scienza conservatrice e come parte dell'economia sociale.
DISCORSO III
Della scienza della guerra nel medio evo e delle sue relazioni con le altre scienze e con lo stato sociale.
Il medio evo, considerato come un'èra di distruzione e di rinnovazione, è una delle epoche piú importanti dell'istoria dell'umanitá.
In effetto quale spettacolo piú atto a risvegliar la meditazione che la distruzione successiva dell'antico mondo? La quale vedesi compiere per lo spazio di piú secoli nelle leggi del pari che nei costumi, sí nelle istituzioni come nelle credenze, tanto nelle idee quanto nelle passioni; e scorgiamo poi questi elementi scomposti dell'antico ordine fondersi coi nuovi e preparare un sistema di progressiva civiltá che fa l'orgoglio della presente Europa e ch'è la piú bella pagina degli annali della specie umana.
Un punto di veduta sí elevato sfuggí alla sagacitá dei filosofi del secolo scorso, i quali non considerarono questo istorico periodo se non come quello nel quale il mondo classico antico era scomparso, dando luogo ad una vasta colonizzazione di barbari, che avevano col loro dominio fatto retrocedere lo scibile umano in tutte le sue diramazioni. Nel nostro secolo al contrario i sapienti deplorando tutto ciò che si distruggeva dal quinto all'undecimo, hanno veduto da questo al decimoquinto una serie di progressi importanti, che menavano ad un sistema di civiltá superiore a quello degli antichi, piú in armonia con le leggi di un vasto perfezionamento sociale comune a tutti gli uomini ed in conseguenza piú compiuto e piú solido.
Stabilita una volta questa partizione del medio evo in due periodi, uno che tendeva a scomporre l'antico ordine che reggeva l'Europa sotto la dominazione romana, l'altro che intendeva a creare il nuovo sotto il quale l'Europa è ordinata oggidí, crediamo importante esaminare qual sia stata la sorte dell'arte militare in questi due periodi; ricerca che può servire a verificare lo stato delle scienze e della societá in quella epoca, per le relazioni costanti e moltiplici tra l'una e le altre.
Le tre quistioni nella soluzione delle quali crediamo poter trovare di che raggiugner l'oggetto che ci proponemmo, sono:
Determinare qual fu lo stato dell'arte militare dal quinto all'undecimo secolo, considerandolo negli uomini, nelle armi e negli ordini.
Determinare quale fu il suo stato sotto lo stesso aspetto dall'undecimo secolo fino alla scoperta della polvere da sparo.
Determinare i legami dello stato delle scienze e della societá con lo stato dell'arte militare in questi due periodi.
Nel primo periodo indicato noi esporremo succintamente lo stato dell'arte militare presso le nazioni piú nominate a quel tempo, che si riducono ai greci, ai saraceni ed ai barbari, e particolarmente ai franchi, per la parte che hanno avuto sotto la seconda razza negli affari principali di Europa.
L'impero greco che conservava le forme e le tradizioni della civiltá greca e romana, non ne perfezionava i metodi, perché gliene mancava lo spirito in letteratura, in legislazione ed in filosofia, e però se ne rimaneva alle nude forme. Cosí fu nell'arte militare, languida imitazione dell'infanteria delle legioni; la greca non aveva che un ordine misto, preso dalla falange e dalla legione, che non produceva nessuno dei grandi effetti delle due ordinanze, l'una fondata sul suo peso e l'altra sulla sua flessibilitá. Il decadimento degli uomini scorgesi dalla difficoltá di conservare le armi difensive, e dallo stato in cui era la cavalleria che non poteva uguagliar quella dei persiani e dei barbari, e dal numero delle macchine che dovevano supplire al vigore delle truppe. I fuochi greci furono il solo spediente contro il valore dei saraceni e dei franchi.
Dalla natura degli uomini, degli ordini e delle armi dei greci può dedursi lo stato di una societá della quale un illustre storico ha detto che «i greci, contenti al minuto commercio ed alle manifatture le quali non dimandano l'uso di alcuna facultá, si abbandonavano fuori di queste due professioni ad una infingarda mollezza»; per cui – soggiunge l'autore – quantunque conservassero tutte le cognizioni pratiche della civiltá, nondimeno perché privi della vita la quale solo le anima, non potevano resistere a popoli ad essi inferiori in ricchezza, in potenza, in scienza ed in arte militare. Possiamo quindi conchiudere che quanto abbiam detto nel precedente discorso sull'impero romano nel suo periodo di decadimento è applicabile al basso impero nella sua lunga epoca d'ingloriosa carriera.
I saraceni offrono uno spettacolo opposto a quello de' greci, mentre la loro maggior possa stava nel vigor fisico, nell'entusiasmo degli uomini, nella loro individuale destrezza a maneggiare le armi da getto e da ferir dappresso e nella facilitá con la quale guidavano i loro cavalli. La parte piú debole erano gli ordini che, secondo gl'istorici contemporanei, possono ridursi per le battaglie ad un parallelogrammo di due linee profonde e solide, l'una d'arcieri e l'altra di cavalieri, che dovevano dar preludio e fine al combattimento, adoperando successivamente la prima e poi la seconda linea. Inferiori ai greci rispetto agli ordini ed al meccanismo, superiori come individui, erano vani i loro assalti, non avendo di che riordinarsi e ritornare alla mischia. In tutto ciò che riguardava la guerra di assedio e le macchine corrispondenti erano inferiori ai greci pel loro stato di civiltá: avevano però il merito d'imitare con sagacitá ciò che non potevano creare per princípi.
I franchi come rappresentanti principali dei popoli barbari formavano una societá tutta guerriera, il cui viver civile era subordinato allo scopo militare: da ciò risultava che gli uomini erano di una rara intrepidezza ed erano spinti alla guerra dalla inclinazione e dall'abitudine. Le loro armi essendo ridotte alla «francisca», ad una lunga spada e ad un pesante scudo, e non venendo perciò conceduto loro l'uso delle picche e delle armi da getto, non potevano combattere né alla spicciolata né in massa, e però lor mancavano tutti i vantaggi di un ordine tattico; difetto che bilanciava il poter superiore delle individuali qualitá. Forniti appena di cavalleria, era questa un'altra inferioritá per le battaglie e pei loro risultamenti. La mancanza di macchine d'assedio si rileva da questo stato imperfetto dell'arte militare come sua natural conseguenza. Tra i barbari i goti erano i piú avanzati in ordinamento militare. Le loro armi erano piú compiute, i loro ordini piú regolari e la parte che riguardava le macchine piú fornita; e ciò provava il loro stato di civiltá inoltrata. I vandali, i borgognoni ed i longobardi occupavano un posto intermedio nella scala dell'incivilimento relativo. Tra i franchi ed i goti, gli uni i piú rozzi e gli altri i piú inciviliti tra i barbari, si osserva la stessa proporzione nell'arte militare. Gli unni che non ebbero certa sede nel mezzo dell'Europa ma vi fecero soltanto incursioni, differivano nel combattere a cavallo dagli altri barbari, come facemmo osservare.
Da questo breve cenno sullo stato della scienza bellica nel periodo che abbiamo additato si deduce facilmente che l'arte militare seguiva la decadenza rapida ed universale di tutte le scienze e di tutte le istituzioni che costituivano la civiltá dell'antico mondo, e che in conseguenza né le grandi combinazioni della guerra né i gran capitani potevano sorgere per mancanza di tutt'i mezzi ausiliari, che abbiamo mostrati nei nostri precedenti discorsi essere indispensabili condizioni. La societá romana, dominata da' suoi invasori, era da essi per l'interesse della loro conservazione allontanata dall'uso delle armi, le quali non poteva impugnare per difendere un ordine di cose tutto a suo svantaggio: circostanza che concentrando in una sola classe l'esercizio delle armi, faceva presagire che ogni rilassatezza nell'ordinamento di questo dovea produrre necessariamente la debolezza. Questi effetti furono prodotti presso i barbari piú segnatamente dopo la rovina dell'impero goto in Italia e piú compiutamente dopo la morte di Carlo Magno, il quale fece sostituire il principio feudale alla unitá amministrativa che quel grand'uomo si era sforzato di stabilire nel suo governo. I greci dopo le vittorie di Belisario e di Narsete, che chiusero la gloria delle legioni romane non ostante i vizi che vi si erano introdotti, perdettero per la loro decadenza morale ed intellettuale tutti i vantaggi che dovevano al meccanismo, alle pratiche ed alle tradizioni ereditate dalla potenza da cui traevano l'origine. È un curioso fenomeno il vedere coincidere cronologicamente l'ultime vittorie di Giustiniano con l'abolizione da questo principe decretata delle scuole d'Atene. Gli arabi trovarono nei loro prosperi successi, nell'estensione smisurata delle loro conquiste e nella loro imperfetta civiltá che non si prestava al progresso costante, quella decadenza militare che abbiamo segnalata nelle barbare nazioni e nel basso impero, ma che procedette fra loro con piú lentezza. Per la quale conservarono prima superioritá, poi eguaglianza con gli europei, finché la civiltá progressiva di questi ultimi non decise la loro superioritá.
Ci resta ora ad esaminare nel secondo periodo l'istesso andamento, additarne i princípi e le conseguenze, segnalandone le cause, gli effetti e la loro correlazione.
Il secondo periodo che ci facciamo ad esaminare offre due epoche diverse che debbono essere segnalate pe' tratti caratteristici che presentano. La prima si rannoda al periodo antecedente e corrisponde alla formazione del governo feudale; la seconda al suo insensibile decadimento e alla lenta formazione dell'unitá nazionale e di un governo centrale. Che cosa poteva essere l'esercito ove non vi era Stato? Che cosa erano gli uomini, le armi e gli ordini in una federazione imperfetta di dominatori che vivevano ed esercitavano tutti i dritti dell'individuale sovranitá sulle loro possessioni? Tali sono le prime e piú naturali quistioni che si presentano in questa epoca, in cui la societá pare disciogliersi nei suoi ultimi elementi per ricomporsi indi con essi sotto altra forma. È ben semplice rispondere che in questa epoca tutta d'individualitá l'arte doveva finire, perché essa suppone una aggregazione d'individui ordinata ad uno scopo, ed il ben indirizzarvela è il suo fine. Non vi resta dunque altro che gli uomini. Or la societá allora si componeva dei dominatori e de' loro vassalli. Fra le armi sceglievansi quelle che si confacevano col comodo e con la sicurezza; per cui cavalli ed armi difensive. Ordini non ci potevano essere e si trasformavano nell'individuale destrezza, come si vede dagli esercizi militari, immagine della guerra. Essi erano ridotti alle giostre, e ciò dimostra che gli scontri altro non potevano essere che una serie di singolari combattimenti, il cui risultamento era il frutto del valore, della destrezza, della bontá delle armi e dei cavalli e non degli ordini. Quindi la distruzione di ogni scienza bellica. Ciò si desume chiaramente in primo luogo dalla composizione dei drappelli che non erano il frutto di un calcolo militare ma bensí delle possessioni territoriali de' baroni, secondariamente dall'assenza di ogni fanteria che costituisce il nerbo degli eserciti, e finalmente dall'inespugnabilitá delle castella, perché mancava ciò che forma il materiale di guerra per gli assedi, il che ne rendeva facile la difesa. È inutile il far osservare che non vi era alcun segno che facesse presumere nulla di trascendente nell'arte della guerra, e che dopo Carlo Magno che teneva e doveva muovere masse riunite, queste dileguaronsi in Europa all'elevazione della terza razza in Francia.
In Ispagna si lottava tra gl'indigeni ed i saraceni, e tale stato di guerra permanente manteneva la necessitá di riunire masse numerose per aggredire o difendere. Perciò non dovea mancare alcuna pratica d'ordini militari; ma la poca conoscenza che abbiamo degli scrittori arabi e la poetica esagerazione degli autori spagnuoli ne' loro racconti non ci ha lasciato di che formarci un'idea del metodo di guerra allora usato. Vi si osserva però che le qualitá individuali costituivano l'eroe, il quale dovea la vittoria non alle sue disposizioni, ma al proprio valore, alle proprie armi, al terrore che metteva il solo suo nome ne' nemici ed alla fiducia che ispirava ne' suoi. Il gran Cid del pari che gli altri eroi contemporanei appalesano questo carattere, e i loro piú caldi panegiristi non notano mai tratto alcuno della loro intelligenza, ma sí bene della loro ferrea volontá.
Nel basso impero si osserva l'istesso sistema che nel periodo antecedente, ma sempre in decadenza, secondo che piú si discostava dalla sua origine e che le forze dell'impero diminuivano con essere ristrette nei loro limiti materiali.
Negli arabi alcun cambiamento positivo non vi era e conservavano tuttavia sui greci i vantaggi che enunciammo.
Le imprese dei normanni eran dovute piú particolarmente alla loro abilitá per mare, tutta di abitudine, di coraggio e di pratica, e per terra a quella superioritá che dovevano avere siccome barbari non ammolliti né sformati dalla conquista e combattenti con nemici sparsi, in vaste terre che occupavano fra popolazioni avverse sí, ma avvilite, le quali non potevano resistere ai nuovi invasori perché non avevan resistito ai primi. E ciò spiega gli straordinari successi dei normanni, che non possono essere attribuiti a nessuna superioritá militare scientificamente considerata.
Resta ad osservare che cosa fosse lo stato dell'arte militare nelle repubbliche italiane, le quali ordinate sotto altra forma avevano resistito a Federico Barbarossa, avevano difeso Milano e Crema con ostinazione e trionfato a Legnano in aperta campagna.
La lega lombarda fu la prima che in quell'epoca presentasse lo spettacolo di una milizia comunale ragunata dal popolo senza distinzione di classi: metodo ch'era il risultamento del suo stato sociale e politico e degl'interessi delle comunitá estese con la lega, la quale offre il simbolo dell'unitá federale e la sua pratica applicazione nell'esercito collegato che pugnò a Legnano. Questa prima riunione di italiani dopo l'invasione de' barbari ci fa ricercare con ansietá che cosa fossero le loro armi e i loro ordini, giacché abbiamo veduto come gli uomini si scegliessero. Gli storici contemporanei dicono che un elmo, uno scudo, con braccialetti e cosciali, erano le armi difensive delle milizie delle cittá lombarde, e le armi offensive una spada larga e tagliente. Solo qualche corpo di alabardieri e di arcieri erano eccezioni e non regola. Quest'armamento non comportava nessun ordine tattico da piegarsi ad ogni variazione della guerra, ma tutta affidava la riuscita al valore individuale, il quale aveva una direzione nel dover difendere il carroccio, che era il mistico e sacro simbolo della vittoria e della patria. Gli eserciti di Federico, al dire degli storici, non differivano dagli eserciti italiani, tanto piú che si osserva che le genti d'arme tedesche non erano né numerose né perfezionate ne' loro metodi come lo furono dipoi. Ed infatti da un illustre storico di quel tempo è attribuito a questo perfezionamento delle genti di arme alemanne la superioritá ch'ebbero sugli abitanti delle cittá italiane; il che con altre cagioni produsse la successiva conquista degli italiani o per gli stranieri o pei condottieri, e divennero perciò alcuni di essi signori del luogo, come lo Sforza di Milano.