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Tra cielo e terra: Romanzo
– Lui no, forse; ma un altro, di qui a cent’anni, sicuramente.
– Possiate voi campar tanto! E credete poi che quell’arciprete del ventesimo secolo riconoscerà l’elemento del divino anche nella religione di Moloch?
– No, egli troverà che quella non era una religione, ma un pervertimento di religione. Le religioni, tra i popoli rozzi, girano facilmente alla superstizione, e la superstizione alla ferocia o alla stupidità sua compagna. Ma questi pervertimenti uccidono una religione nel tempo, come l’edera sgretola il muro a cui si abbarbica; Dio si allontana, e passa in un’altra.
– Chi può saper quando, e come? – esclamò il generale. – Io dico invece: fare il bene, qualunque cosa ne avvenga.
– È da stoici; – rispose Maurizio. – Ma presuppone almeno l’imperativo morale. Perchè faccio io il bene? Per appagare la mia coscienza. Perchè la mia coscienza sceglie la sua felicità nel bene? Per averne un piacere. Ma è un piacere ideale, se il più delle volte porta danno, sofferenza, pericolo, sacrificio e morte. È dunque un ideale. L’ideale suppone l’idea, l’idea suppone un mondo intellettuale che non è quello della cieca natura. Cercate, generale, indagate, troverete Dio necessario.
– Dove? non si è mai visto, ch’io sappia. Nel roveto, forse?
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