bannerbanner
Vivere La Vita
Vivere La Vita

Полная версия

Настройки чтения
Размер шрифта
Высота строк
Поля
На страницу:
3 из 9

Quasi accarezzata.

Sembrava che si stava appoggiando dopo tante fatiche su un morbido cuscino.

Finalmente, il mio cuore era tranquillo e stava riposando.

Sembrava quasi un sogno molto bello, tranquillo e nella luce, che però è stato quasi subito interrotto da una cosa molto ruvida che ho sentito sulla mia guancia. Era la mano del mio nonno, che con un movimento molto delicato, mi aveva preso vicino a lui. Con tanta tranquillità, a piccoli passi, i miei passi, abbiamo cominciato a camminare.

Lui trascinava un carretto, dove stavano in quel momento le due valige. Dietro al carretto c'erano mio papà, mia mamma e mio fratello.

Mentre andavamo avanti ho cominciato a sentire di nuovo quel silenzio molto forte, ma molto bello che era interrotto soltanto dal rumore dei nostri passi che rimbombavano come un eco. Ogni tanto quando si sentiva qualche parola, sembrava così forte che veniva quasi la voglia di chiedere subito scusa al silenzio per averlo disturbato.

Dopo non tanto tempo, abbiamo lasciato la strada su quale eravamo venuti con l'autobus ed abbiamo iniziato a camminare su un'altra che cominciava li.

Era diversa da tutte le altre strade che avevo visto fino in quel momento.

Aveva un colore marrone molto, molto chiaro, quasi giallo e cominciando a camminare sopra l’ho sentita sotto i piedi più morbida di come erano tutte le altre strade che conoscevo. Più morbida, ma abbastanza durra per non sprofondare. Vedendo la polvere alzata dall’immenso carretto con quattro ruote e trascinato da due grossi cavalli, appena passato, ho capito che era una strada fatta di terra. Guardando poi con attenzione mio fratello ed i miei genitori che camminavano uno dietro l'altro, su un lato, dove finiva la strada, ho visto sotto i loro piedi, una fila di grossi sassi molto piatti, messi così ordinati, da sembrare quasi un marciapiede.

Non ho fatto in tempo a capire di più, perché ho sentito la voce della mia mamma dicendo:

< Siamo arrivati.>

Eravamo d'avanti ad un cancello in legno.

Molto bello e molto grosso. Tutto colorato di un verde molto fresco. Bucherellato ogni tanto in un modo così bello che sembravano dei grandi fiori. Non riuscivo a vedere nulla di quello che era dietro al cancello, ma di sopra vedevo una casa come quelle già viste dall'autobus. Di un colore cosi chiaro e caldo che sembrava un pezzo del cielo di quel giorno sceso sulle sue pareti. Mentre provavo a guardare con più attenzione, da dietro ho sentito dei rumori.

Subito dopo, si è aperta una piccola parte di quel grosso cancello.

Una parte dove potevano passare al massimo due persone e da dietro, dopo aver aperto, ci è venuta incontro una donna.

Anche lei era vestita come quelle donne che avevo già visto prima. Con una gonna quasi fino a terra, con le braccia tutte coperte e sul capo, un fazzoletto che lasciava vedere soltanto la faccia.

Era la mia nonna.

Appena passati oltre il cancello, si apriva un mondo tutto nuovo e completamente diverso di quello che avevo mai visto prima.

Il cortile era molto bello, molto ordinato.

Una parte era coperta di erba molto bassa, morbida e di un verde molto forte. La parte che rimaneva era tutta terra di marrone abbastanza scuro, ma bello.

Su tutta la parte destra, dall'inizio e quasi fino in fondo al cortile, c'era la casa che avevo già visto prima dalla strada. Di fronte alla casa, sul' altro lato del cortile, un muro tutto verde che usciva dalla terra ed era alto quasi come le pareti della casa.

Vicino a quel muro verde, l'aria sembrava più fresca, faceva meno caldo e c'era un buon profumo.

Quel muro verde, era tutto pieno di grossi grappoli d'uva con i chicchi un po' verdi ed un po’ appena colorati.

Più verdi che colorati.

In fondo al cortile, messa di fronte al cancello di dove eravamo entrati, c'era un’altra casa.

Molto più piccola e meno bella di quella grande.

Dopo pochi attimi e come se fosse stato dato un segnale da mia nonna, le tre bambine che fino in quel momento stavano tranquille su una bella panchina di legno, vicina, quasi attaccata al muro verde, si sono alzate e dopo che si sono avvicinate, ognuna di loro ha detto il suo nome.

Appena sentiti, non ricordavo più il nome di nessuna.

Tutte più o meno della mia misura.

Erano le mie cugine.

Una di loro, senza dire nulla a nessuno, si è avvicinata, mi ha preso per mano e quasi trascinandomi, ha cominciato a portarmi lontano da tutti gli altri. Tornando verso il cancello e poi girando tra la casa grande ed una recinzione attraverso quale si poteva vedere la strada di dove eravamo venuti, mi ha portato dietro alla casa.

Appena girato l'angolo, d'avanti agli occhi avevo un’altra cosa nuova. Un piccolo cortile, fatto tutto di terra, tra la casa ed un altro muro verde. Questo, era fatto di tantissime piante, tutte una vicina all'altra in un modo molto ordinato.

Piante che vedevo per la prima volta.

Erano molto sottili ed al meno due o tre volte più alte di me. Quando si muoveva l'aria, si muovevano tutte nella stessa direzione, facendo un bel rumore tranquillo, delicato, ma molto strano. Sembrava quasi il rumore del grande fiume che ho visto vicino a casa nostra con il mio papà.

Sopra tutto quel piccolo cortile, come un soffitto c'era un altro muro tutto verde che non faceva passare la luce del sole e da qui scendevano dei grossi grappoli d'uva con i chicchi molto più grossi di quelli appena visti.

Sotto la vite, nel forte caldo della giornata, l'aria era di un fresco profumato così buono, da non sembrare vero. Per terra, c'era un movimento veloce, disordinato e continuo di: galline, galli, tacchini, papere, oche e qualche mamma di queste razze, che in quel continuo movimento cercava dei posti più tranquilli per i suoi pulcini.

Era una cosa bellissima che prima, avevo visto soltanto in televisione.

Sembrava che ognuno sapeva quale era il suo posto ed anche se non si fermavano mai, nessuno dava fastidio o disturbava nessuno.

Non ho fatto in tempo a rispondere alla domanda della mia cugina se mi piaceva, oppure no perché, tenendomi sempre stretto per mano, mi ha riportato nel cortile dove eravamo arrivati. Passando vicino a tutti gli altri molto veloce e senza fermarci, siamo andati verso la piccola casa in fondo al cortile.

Camminando, mi ha fatto vedere alla fine del muro verde sulla sinistra, un grosso cane che vedendoci, o forse soltanto vedendo me che ero nuovo lì, ha cominciato a camminare deciso ed abbaiare molto forte.

Stavo per fuggire via dalla paura, quando ho sentito la mano della mia cugina che mi teneva ancora più forte e stretto.

Mentre lo faceva, mi diceva di non avere paura perché era legato ad una catena.

Il suo comportamento sicuro ha riportato subito la tranquillità anche a me, ma dentro il mio petto, quel qualcosa che ormai conoscevo, cioè, il mio cuore, aveva già cominciato a correre molto forte.

Siamo andati sempre avanti ed alla fine della casa grande, sulla destra del cortile, mia cugina mi ha fermato e siamo entrati dentro una piccola casetta, tutta di legno che prima non avevo neanche visto.

Dentro, l'aria era così forte che mi pungeva il naso e l'odore non era buono, ma la curiosità di vedere cosa c'era dentro, più forte di qualsiasi altra cosa.

Era la casetta dei maiali.

Tutti abbastanza grossi. Si muovevano tranquilli e ci venivano anche vicini facendosi accarezzare senza nessun timore. In quei momenti, anche se la cosa cominciava a piacermi, quello che aveva più paura tra tutti, credo che ero io.

Appena usciti dai maiali, siamo entrati nella piccola casa.

Per terra era tutto legno, ma coperto con un grosso strato di erba seccata. L'odore mi è subito piaciuto molto, anche se non lo conoscevo.

Si sentiva una grande pace.

In quel giorno in qui, quasi tutto ciò che ho visto e vissuto era per la prima volta, quello che avevo d'avanti in quel momento, oltre ad essere per la prima volta che vedevo, era anche la cosa più bella mai vista da vicino fino in quel momento.

Una mucca.

Tutta di un bel marrone, quasi rosso con delle macchie bianche sul petto, sulla pancia, sulle gambe e tutta la faccia. Legata alla sua mangiatoia, mentre masticava tranquilla, ci guardava nello stesso modo. Non mi sembrava vero ed ero fermo, senza parole, quasi perso nel guardare ed esaminare la mucca più che potevo, quando la mia cugina mi ha quasi svegliato per farmi vedere un'altra cosa che, preso dalla curiosità per la mucca, non avevo visto prima.

In quel momento, ho capito che avevo sbagliato.

Era quella la cosa più bella vista in quel giorno.

Il figlio della mucca.

Un piccolo vitellino.

Era seduto in un angolino tra il muro e la mangiatoia e dall'erba secca si vedeva soltanto un faccione bianco, bello e dolce. Un musetto rosa molto umido e due occhioni neri, grossi, puliti e luminosi. Ogni tanto muoveva le orecchie buffe che sembravano più grosse della testa.

Aveva una settimana da quando era arrivato.

Dopo essere usciti dalla stalla, si chiamava così la piccola casa ed era un'altra cosa nuova imparata in quel giorno, attraverso un piccolo cancelletto alla sua sinistra, siamo andati dietro. Appena arrivati, mi sono detto che se il Paradiso esiste, deve essere come quello che vedevo in quel momento.

Un pezzo abbastanza grosso con tutta erba e tanti alberi.

L'erba non era molto alta. Di un verde mai visto prima e toccandola era cosi soffice, cosi morbida, da sembrare una di quelle camicette eleganti che indossano le donne nei giorni di festa.

Il profumo era buonissimo.

Gli alberi non erano molto grossi e le loro foglie con il movimento dell'aria, facevano quasi lo stesso bel suono del muro verde, dietro alla casa.

Ho visto che oltre le foglie c'era dell'altro sulle piante.

Quando la mia cugina mi ha detto che se volevo mangiare della frutta, dovevo prendere quella caduta da sola per terra. perché era più buona di quella ancora sugli alberi, non mi sembrava vero.

Potevo mangiare della frutta subito.

Senza dover andare al negozio e senza doverla pagare con i soldi.

Da quel momento, il pezzo di terra dove eravamo, per me e diventato per davvero Il Paradiso, perché c'erano al meno sei o sette tipi diversi di frutta. Frutta che ogni bambino avrebbe voluto e che io potevo mangiare tranquillo.

Subito.

Purtroppo quel sogno bellissimo è stato interrotto da una voce di donna che da l'altra parte della stalla chiamava per nome me e mia cugina.

Dovevamo andare a mangiare.

Stavamo già andando ed ero molto contento, perché finalmente avevo capito come si chiamava la mia cugina.

Ritornando nel primo cortile, ho visto che c'era un continuo avanti ed indietro tra la prima porta della casa verso la stalla, ed un tavolo che e comparso vicino al muro verde, di fianco alla bella panchina in legno.

Ho visto in quel momento che la vite, diventava anche soffitto per un buon pezzo del cortile, come quello dietro la casa.

Mentre mia nonna e la mamma delle mie cugine preparavano il tavolo, insieme ai miei genitori ed al mio fratello sono entrato per la prima volta nella casa dei nonni.

Fuori faceva molto caldo ed entrando, per quello che ho sentito, sono rimasto per un attimo quasi bloccato sulla porta.

Un bellissimo fresco, molto gentile e ben profumato che mi avvolgeva dappertutto.

Mi sentivo dolcemente accarezzato.

Una cosa bellissima.

Non sapevo di cosa erano quei buoni profumi che mai avevo sentito in una casa prima di quel momento. Sapevo con certezza, che i profumi, insieme al fresco, al grande silenzio ed alla pace che si sentiva dentro, erano un forte invito per restarci.

In quel momento, dopo aver guardato bene in giro, era l'unica certezza che avevo, perché di domande ne avrei avuto da fare tantissime.

Tutte insieme.

Era una casa completamente diversa della nostra e di tutte le altre che avevo mai visto fino in quel momento.

Due camere molto grosse con delle finestre forse un po' piccole che non facevano entrare tanta luce. Per terra non c'erano tappetti come a casa nostra ed appena entrati, le scarpe non si toglievano. Il pavimento era molto scuro ed abbastanza duro e mio papà mi ha spiegato che era fatto di terra battuta. Le pareti erano colorate con dei colori molto belli e chiari. I soffitti, fatti di legno. Erano così belli per la loro forma, che sono rimasto con il naso in su a guardarli per un bel po'.

Anche i mobili erano tutti diversi dei nostri.

Avevano quasi tutti lo stesso colore dei soffitti. Un marrone abbastanza scuro, ma piacevole ed avevano tagliate, scolpite, delle forme una più bella dell'altra, che insieme ai disegni fatti con dei colori molto piacevoli, facevano restare a bocca aperta, d'avanti ad ogni cosa.

Piccola o grande.

Appesi ai soffitti, c'erano dei lampadari completamente diversi dei nostri.

Molto più piccoli, ma molto più interessanti.

Fatti di vetro, ferro molto fine e tela bianca con dei bei disegni molto colorati.

Non riuscivo a capire a cosa serviva il liquido che si trovava al loro interno e che riuscivo a vedere attraverso il vetro.

Tutti quei dubbi sono rimasti un po' in aria, allo stesso modo di come mi sono trovato, quando all'improvviso mio papà mi ha alzato, per poi lanciarmi nel gradissimo letto.

Bellissimo, ma, appena atterrato, sono venute fuori altre domande.

È stato un atterraggio molto morbido, ma non sono stato rimbalzato in aria come a casa quando saltavo sopra il letto con il mio fratello. Il materasso faceva un rumore tutto strano che non conoscevo. Il profumo che sentivo era molto buono, la curiosità, molto grande e senza neanche fare la domanda, mio papà mi ha dato subito la risposta.

Era un materasso fatto con il fieno.

Mia mamma era già pronta per vestirmi in tenuta da battaglia e lo ha fatto mentre ero ancora sopra il letto.

Pantaloncini corti, maglietta e sandali.

Appena pronto, siamo usciti ed eravamo gli ultimi che si dovevano ancora sedere intorno al grande tavolo.

C'era un po' di gente e non conoscevo quasi nessuno, ma non era importante, perché la mia attenzione è stata subito attirata da tutto quello che c'era sopra il tavolo.

Tutto molto bello.

La tovaglia che lo copriva era molto bella ed il suo colore bianco, mi sembrava ancora più bianco, quando guardavo tutti i suoi disegni, colorati con tutti i colori più belli e caldi, ma quello che era sopra il tavolo, toglieva il fiato.

Cose che ogni tanto vedevo e mangiavo anche a casa nostra mentre sentivo che erano mandate dai nonni, ma sul tavolo, c'erano anche tante altre che non avevo mai visto prima.

Non c'era del cibo cucinato.

Su un grosso piatto in centro, c'erano delle salcicce di un marrone intenso e piacevole interrotto ogni tanto da alcune piccole macchioline bianche. Erano tagliate a rondelle molto fini e delicate. Tutto intorno, delle fette di pancetta in quale le strisce bianche, quelle rosa, quelle rosse che poi diventavano quasi marrone, erano così ordinate da chiedersi come mai erano venute così bene se nessuna persona ci ha mai lavorato per metterle in ordine. Alla fine, all'esterno del grosso piatto e sempre tutto intorno, c'erano delle grosse fette di formaggio. Il colore non era né bianco e neanche giallo, ma molto bello.

Forse perché aveva visto la mia faccia, la mia cugina salvatrice, mi ha subito detto che il formaggio, l'ho aveva fatto la nostra nonna, con il latte della mucca appena vista.

Di fianco al grosso piatto, c'era un altro.

Sempre rotondo, ma ancora più grosso e molto profondo. Dentro, in piccoli pezzettini, c'erano tutti i colori che potrebbero essere immaginati.

Tutti molto belli, molto vivi e molto freschi.

Era l'insalata dentro quale secondo mia nonna, ci volevano ancora dei pomodori e mentre stava ancora parlando, si è alzata ed attraverso un piccolissimo cancello, è sparita dietro al grosso muro verde della vite. Non ho fatto in tempo a stupirmi della sua mossa che è subito ritornata. In mano, aveva un po' di pomodori e dopo averli subito lavati, li ha tagliati dentro l'insalata.

In un altro grosso contenitore quasi piatto, c'erano tanti tipi di frutta bel colorata, di quella che avevo già visto per terra e sugli alberi nel Paradiso.

Sempre lì vicino, c'era un pezzo di legno grosso e piatto che mi incuriosiva molto, ma la cosa che aveva sopra toglieva il fiato.

Era un pane immenso tagliato a metà.

Molto alto, con tanta mollica.

Dentro era di un bianco che guardato fisso e per tanto tempo toglieva la vista.

Era bellissimo vedere come verso l'esterno, in pochissimo spazio, il bianco diventava giallino, poi marrone molto chiaro e poi il marrone scuro della crosta, che chiedeva soltanto di essere mangiata.

Tutte quelle belle cose sopra il tavolo, liberavano dei profumi così forti e cosi buoni, da sentirmi quasi sazio, prima ancora di cominciare a mangiare e quando mio papà mi ha svegliato dai miei profondi sogni, ho capito che mi chiamava per andare insieme a lui a fare un qualcosa.

Portare l'acqua fresca in tavola.

Stavamo camminando e mi chiedevo perché lo voleva fare, visto che vicino al nonno c'erano due bottiglie di vetro trasparente già piene. Una, aveva dentro un liquido di un colore giallo molto chiaro e molto bello che non sapevo che cos'era, ma l'altra aveva un liquido senza colore.

Per me l'acqua.

Con mio papà che aveva in mano un secchio ed il mio fratello, siamo andati dietro alla casa, lì dove c'erano le galline. Appena arrivati, mio papà ha aperto una piccola porticina nella parte alta del piccolo e bellissimo gabbiotto in legno che avevamo di fronte. Nella parte alta della casetta, da una parte al' altra, ho visto un grosso pezzo di legno rotondo su quale era raccolta in modo ordinato una catena. Alla fine della catena, un secchio di metallo.

Quando mi ha preso in braccio ed alzandomi mi ha fatto guardare dentro, la prima cosa che ho sentito e stato un bellissimo fresco umido molto profumato, che mi ha colpito forte, ma dolcemente in faccia.

Ho visto un grosso buco, non molto profondo e fatto tutto intorno di sassi molto grandi.

Alla fine del buco, l'acqua.

Faceva tanto buio dentro, ma la cosa bella era che mentre parlavo, sentivo la mia voce molto più forte e sembrava che di sotto qualcun' altro che aveva la mia voce, mi rispondeva con le mie stesse parole.

L'eco rimbombava molto forte e molto chiaro.

Poi, mio papà, girando una grossa ruota al' esterno del piccolo gabbiotto in legno, ha fatto scendere il secchio di ferro legato con la catena e dopo un po’, lo ha riportato su.

Pieno di acqua.

Mentre dal secchio di ferro la stava versando nel secchio che lui ha portato, ho visto che era molto limpida.

Con una tazza di ferro che era dentro il gabbiotto, ci ha fatto bere.

Era così fresca che con il caldo di fuori, la sentivo mentre scendeva nella mia pancia. Aveva un gusto molto buono ed era completamente diversa dell'acqua che avevamo noi a casa.

Ritornati con l'acqua fresca a tavola, ho capito che era l'unica cosa che mancava prima di cominciare a mangiare, perché ci stavano tutti aspettando.

Dopo averla messa in un grosso contenitore marrone con una forma tutta strana, qualcuno dei grandi mi ha spiegato che era fatto di terracotta per poter tenere l'acqua fresca. L'altra acqua che ho visto in bottiglia, andava bene li perché si chiamava grappa ed insieme al liquido giallo nella seconda bottiglia, che si chiamava vino, erano fatti dal mio nonno e bevuti soltanto dai grandi.

Non avevo capito quasi niente di queste ultime cose, ma non ho fatto domande.

Non mi interessava, non mi riguardava, perché da grandi.

Poi mi è stato detto che tutto quello che c'era sul tavolo in quel momento, era da assaggiare perché fatto dai miei nonni e questa sì che era una cosa che mi interessava e non comprendevo. Soprattutto mi interessava capire, come erano riusciti i miei nonni a fare così bene e con così tanti colori, quelle belle fette di pancetta vicino alle rondelle di salsiccia.

Non ho avuto il tempo di fare partire nessuna di tutte le mie domande ed ancora meno di avere delle risposte, perché mentre tutti insieme, in allegria, con poche parole e forti risate che ogni tanto rompevano il grande silenzio, ci si andava avanti con il bel lavoro di svuotamento dei contenitori sul tavolo.

Quando il bel lavoro era quasi finito, all'improvviso ho sentito una voce che dentro mi ha fatto venire il freddo. Freddo, come la neve con qui giocavo d'inverno, anche se la mia pelle era tutta molto calda, quasi sudata. Non sapevo chi era stato, ma avevo capito benissimo quello che aveva detto.

Mandava noi piccoli a dormire.

Mentre i grandi stavano ancora togliendo le cose dal tavolo, insieme alle tre cuginette, ero già sul grosso lettone provato prima. Dormire di pomeriggio era l'unica cosa che fino in quel momento della mia vita non ho mai accettato volentieri, ma appena rimasti da soli, ho visto che era tutto molto diverso di come era a casa, quando dovevo dormire.

Appena chiusa la porta, dentro e ritornato il grande silenzio.

Con la bella aria fresca che c'era, il profumo del materasso sembrava ancora più forte ed ancora più buono di prima. La coperta, anche lei tutta nuova per me, era cosi morbida sulla pelle che invogliava a restare lì, ma non volevo dormire lo stesso. Volevo usare quel tempo per vedere e capire un po' di più tutto quello che avevo intorno, però la luce bassa non mi aiutava.

Purtroppo per me e senza sapere per quale motivo, quella luce diventava sempre più bassa.

Finché e scomparsa del tutto.

La luce e tornata, quando ho sentito delle belle voci molto vicine. Erano le mie cuginette, in piedi in giro per la camera ed il mio primo pensiero e stato:

< Meno male che ci sono anche loro ad alzarsi prima, perché così non devo più dormire >.

Non ho fatto in tempo a finire quel grande pensiero, perché nella porta che si è aperta, oltre la luce potente di fuori, è entrato anche il mio fratello. Scherzando ci diceva di scendere dal letto, perché erano quasi tre ore che stavamo lì e nelle vacanze non si deve dormire mai così tanto.

Non credevo nulla, ma non ho aspettato di sentire per la seconda volta quello che aveva detto.

Con i miei dubbi, tutti insieme, siamo usciti.

Fuori faceva ancora molto caldo e la luce era forte.

Per tutto quello che ho sentito uscendo di casa, mi sembrava quasi di essere al mattino quando mi svegliavo ed i miei dubbi sono diventati ancora più forti.

Come sempre, al meno una grande domanda girava libera per la mia testa.

Anche in quel momento ne avevo una:

< Ho dormito, oppure no? >.

Poi, quando mio fratello mi ha fatto vedere una grossa bacinella di metallo con dentro dell'acqua e ho visto le mie cuginette lavorando già sodo nel lavarsi la faccia, i dubbi sono scomparsi del tutto e sono venute fuori le mie grandi conclusioni. Era per la prima volta nella mia vita che quella cosa lì, quella che mi ha sempre fatto soffrire, cioè dormire di pomeriggio, era diventata bella, piacevole e facendo un po' più di attenzione a me stesso, ho capito che mi faceva stare anche molto, molto bene.

In quel momento, mi è sembrato che i miei pensieri hanno finito le parole e di domande non ne avevo più.

Il posto di tutto ciò è stato preso da un'immensa soddisfazione che dentro mi faceva sentire come mai prima.

Una tale leggerezza, da non sentire più il mio peso.

Erano passate soltanto poche ore da quando ero arrivato a casa dei miei nonni, ma tutte quelle tante cose nuove viste e vissute, mi facevano stare sempre meglio in ogni momento. Stavo benissimo e mi sono reso conto per la prima volta che non riuscivo a trovare parole abbastanza buone per raccontarmelo bene.

На страницу:
3 из 9