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Omicidi Alieni
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Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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OMICIDI ALIENI

di Stephen Goldin

Pubblicato da Parsina Press

Versione in Italiano pubblicata da Tektime

Alien Murders, (Omicidi Alieni) Copyright © 2009 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati.

The Height of Intrigue (L’apice dell’intrigo) Copyright © 1994 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati. Originariamente pubblicato in Analog Magazine.

The Sword Unswayed (La Spada non impugnata), Copyright © 1998 di Stephen Goldin. Tutti i diritti riservati. Originariamente pubblicato in Analog Magazine.

Immagine di copertina Copyright Steve Johnson | Dreamstime Stock Photos.

Traduzione dall’Inglese - Paola Ligabue.

Indice

L’apice dell’intrigo

La spada non impugnata

Stephen Goldin

Collegati con Stephen Goldin

L’APICE DELL’INTRIGO

Rabinowitz non aprì nemmeno gli occhi quando squillò il telefono. “Qualcuno è dannatamente maleducato” borbotto, poi ad alta voce “Telefono: solo suono. Pronto?”

Una voce sconosciuta le rispose “Parlo con la signorina Debra Rabinowitz?”

“De-bor´-ah,” disse istintivamente. “La defunta Deborah Rabinowitz. È qualcosa di importante Ispettore?”

Ci fu una pausa. “Come ha fatto a sapere...oh, perché ho digitato il suo codice personale. Davvero astuta, signora!”

“I complimenti vanno fatti solo all’ingresso dei domestici. Spero che sia valsa la pena superare il codice della privacy di un comune contribuente per questa telefonata!”

“Beh, credo di sì, signora. Le dispiace se passo da lei?”

“Fisicamente?”

“In persona, sì, è proprio quello che pensavo di fare.”

“Mi richiami fra dodici ore. Sono sicura che per quell’ora il cadavere sarà resuscitato.”

“Veramente pensavo più a qualcosa del tipo fra cinque minuti. Sto attraversando la Baia proprio ora.”

“Cinque minuti? Ha un mandato?”

“Beh, vede, speravo di evitare un rapporto conflittuale in questa prima fase.” Fece una pausa. “Mi serve un mandato?”

“Cinque minuti,” sospirò Rabinowitz. “Telefono: spegniti.”

Si strofinò gli occhi nel tentativo di farli aprire, poi si girò per guardare l’orologio: 14:14. Un orario non insensato per gente che si atteneva all’ora terrestre. “Lo zombie si stira”, disse con un altro sospiro rotolando fuori dal letto ad acqua, incurante delle proteste del proprio corpo.

Barcollò nuda fino al bagno, pisciò, e si passò una spazzola fra i capelli castani, per fortuna corti. Diede un’occhiata al contenitore dei cosmetici e fece una smorfia. “Niente trucco. Gli zombie non si truccano: è contro le regole sindacali.”

Tornò sempre barcollando nella camera da letto. Aprì lo sportello dell’armadio. Restò a fissare l’interno dell’armadio con lo sguardo assente per tre minuti, senza muoversi. Il campanello suonò.

Puntualità. Il folletto delle piccole menti. No, questa è coerenza. Intercom: solo suono, porta d’ingresso. Solo un minuto. Sono subito da lei. Intercom: spegniti.”

Afferrò un semplice copricostume giallo e bianco e se lo fece scivolare sul corpo nudo. Quasi nuda, scese le scale appoggiandosi pesantemente sulla ringhiera, borbottando, “Eh, questo sì che si chiama bussare. Un cristiano che fosse, putacaso, a custodir la porta dell'inferno, starebbe bene a girare la chiave!” Quando arrivò in fondo alla scala, aveva recuperato una buona parvenza di coscienza.

Aprì la porta, e si trovò di fronte ad un uomo eccessivamente curato, in un costoso completo di sartoria. Poteva avere appena passato la trentina, ma è difficile da dire con gli orientali. Nonostante la brezza pomeridiana, non aveva un capello fuori posto.

“Signorina Rabinowitz?” chiese, guardandola con uno sguardo di apprezzamento.

“Sì. E questo definisce una delle nostre identità.”

“Scusi, signora. Sono il Detective William Hoy. Posso entrare?”

“Sarebbe inopportuno insistere per un’identificazione formale, prima?”

“Assolutamente no. È stato maleducato da parte mia non farlo subito.” Fece scivolare la mano in modo naturale nella tasca interna della giacca e ne estrasse un documento di identità e il distintivo. Rabinowitz dovette strizzare gli occhi per leggerla alla luce accecante del sole pomeridiano.

“Interpol?” alzò le sopracciglia con curiosità.

“Esatto, signora. Posso entrare?”

“Solo se mi promette di non chiamarmi più signora. Mi sento abbastanza vecchia questa matt …. Questo pomeriggio.”

“Andata.” Il Detective Hoy entrò. “Vorrei davvero ringraziarla moltissimo per avere accettato di vedermi con un così breve preavviso.”

“Mi ha dato la sottile impressione che avessi ben poca alternativa. Mi segua, prego. Spero che scuserà il disordine. Ricevo veramente pochissime visite.”

“Non sono di House Glamorous. Anche se la sua casa da fuori è abbastanza pretenziosa.”

“Grazie. Ha più di duecento anni. L’élite della San Francisco Vittoriana amava costruire le case estive qui, su Alameda.”

Gli fece strada verso il salotto e lo invitò a sedersi. Lui si sedette sulla poltrona di sinistra, mentre lei prese posizione alla grande scrivania antica. Il ripiano, almeno, non era troppo in disordine.

Ammirò gli scaffali intorno a lui. “Non penso di avere mai visto tanti libri stampati tutti insieme in un unico posto.”

“La chiami ostentazione…. Senta, normalmente sono bravissima nei convenevoli, ma la stanchezza mi rende stranamente impaziente. Ho dormito solamente due ore dopo avere viaggiato virtualmente in tutta la galassia per le precedenti trentasei. Lei comunque non è venuto qui per discutere della mia casa o della mia libreria. Non sono affari dell’Interpol. Avanti, mi dica perché è qui.”

Hoy sorrise. “E mi dicevano che lei sarebbe stata un tipo difficile. ‘È la figlia di un diplomatico, evasiva, e piena di mezze verità.” Mi piace una persona che dice quello che pensa.”

“Lo farò molto di più se non arriva al punto.”

“Secondo la compagnia telefonica, lei ha virtualvagato un bel po’ verso il pianeta Jenithar negli ultimi quattro mesi. In particolare all’ufficio di Path–Reynik Levexitor.” Scosse la testa. “Diamine, quello è veramente un soggetto particolare.”

Guardò Rabinowitz. “Beh, è vero, no?”

“Statista, e al contempo amico della verità. Lungi da me l’idea di mettere in dubbio l’attendibilità della compagnia telefonica. Levexitor ed io abbiamo negoziato un affare a più controparti per dei diritti editoriali su Jenithar. Tutto perfettamente legale, posso aggiungere. Levexitor è un cittadino che occupa un’alta posizione nel suo mondo.”

“È già successo che cittadini che occupavano alte posizioni cadessero.” sottolineò Hoy.

“Sia come sia,” disse Rabinowitz. “I miei affari con lui sono sempre stati onesti.”

“Lei vende solo opere protette da copyright?”

“Principalmente sì. Mi piace essere il capo di me stessa, e non un’impiegata dell’ONU. Mi è capitato di fare da intermediario per il WLO—”

“Il suo dovere patriottico, naturalmente.”

“Per una commissione—ma la Terra ha beneficiato di ognuna delle trattative.”

“Quindi i pirati letterari non le piacciono?”

“È una domanda o un’affermazione?”

“Mi prende in giro, signorina Rabinowitz?”

“La risposta è no. L’arte e le idee sono la nostra sola valuta nei mercati interstellari. Se boicottassi questo concetto sarebbe come tagliarmi la gola da sola.”

“Suona come un’altissima forma pratica di patriottismo.”

“Oh, mi spiace, penso che lei cercasse Deborah Rabinowitz l’Idealista. Beh, lei vive a circa dodici ore di sonno da qui. Le farò sapere che è passato.”

Hoy rise. Era una bella risata, una risata sincera. “Lei è divertente, lo sa? Sono contento di essere venuto fin qui.”

“Almeno uno di noi è soddisfatto. Il mio “pratico patriottismo” è liso e consunto e io non mi diverto nemmeno un po’

“Andrò diritto al punto, allora. Ho ragione di credere che il suo amico Levexitor stia cercando di acquistare del materiale di dominio mondiale attraverso il mercato nero.”

Rabinowitz si sporse verso di lui. “E la questione non dovrebbe essere di competenza dell’IPC piuttosto che dell’Interpol?”

“Beh, in un secondo momento, sì. Stiamo cercando di evitare che ci si arrivi.”

“Fate tutto in famiglia all’ONU,” suggerì Rabinowitz.

“Qualcosa del genere,” concordò Hoy allegramente. “Non ha mai avuto a che fare con l’IPC?”

Rabinowitz fece una smorfia. “Un paio di volte.”

“Allora sa di cosa si tratta.” Si alzò dalla sedia e iniziò ad esaminare accuratamente gli scaffali di libri. “Ma va, penso di aver letto alcuni di questi libri a scuola.”

“Sono considerata ufficialmente una sospettata, detective?”

Lui si girò per guardarla. “Oh, odio usare la parola “sospettata” così all’inizio di un caso. Trasmette un’idea sbagliata alla gente.” Riprese a guardare attentamente la libreria, poi prese un libro dal suo posto e lo riposizionò prima di altri due titoli a destra. “Scusi, quello non era al suo posto. È una cosa che non sopporto. Lei li mette in ordine alfabetico, giusto?”

“Grazie. Venga a spolverarli quando vuole. Se non sono una sospettata. —”

“Diciamo solamente che lei è qualcuno che volevo veramente incontrare e con cui volevo parlare. Non sono deluso, d’altronde. Lei è tanto bella quanto affascinante. Anche più bella che nella foto della sua scheda.”

“Bene, ora la mia giornata è perfetta. Adesso se vuole…—”

“Alcune persone possono essere una tale delusione, sa? Tu pensi che dovrebbero affascinarti e invece ti annoiano terribilmente. Ma lei no. Lei —”

Rabinowitz si alzò dalla scrivania. “Se non ha altre domande—”

Hoy rifiutò il suggerimento. “Beh, una o due. Non c’era nessun altro della Terra coinvolto nel suo affare con Levexitor?”

Rabinowitz si risedette. “No. Stavo lavorando per conto dell’Agenzia Adler, ma ero la sola a rappresentare interessi umani in questa trattativa.”

Hoy annuì. “Levexitor ha fatto riferimento ad altri nomi, contatti umani?”

“Non che mi ricordi.”

“Altre trattative che aveva in corso?”

“No, perché dovrebbe? Non sono la sua socia. Nemmeno io gli ho detto di altre trattative che ho in corso.”

“Capisco. Bene, è praticamente tutto quello che mi interessa per il momento.” Hoy si alzò e le sorrise. “È stato bello incontrarla, signorina Rabinowitz. Un vero piacere. Se ricorda qualcos’altro, mi può raggiungere tramite l’ufficio locale, proprio al di là della Baia.”

Rabinowitz si alzò dalla sedia per accompagnarlo verso l’uscita. “Naturalmente, se dovesse saltare fuori che lei è coinvolta nella vendita al mercato nero,” continuò Hoy, “le assicuro che la metterò dentro per molto tempo. Ma se non è quella che sto cercando, verrebbe a cena con me? Dopo che il caso sarà risolto, ovviamente.”

“Mi dispiace. Io non mangio mai,” disse lei nel chiudergli la porta alle spalle.

***

Mentre la porta si chiudeva, lei si girò, si accasciò contro di essa, chiuse gli occhi e sospirò, “Così infastidita da un damerino.” Poi si rese conto di essere sveglia e di muoversi scatti, mentre il mento le colpiva il petto. Si raddrizzò e spalancò volutamente gli occhi. Proprio di fronte a lei c’era la scala, che portava su alla camera da letto. Di fianco alla scala, il corridoio portava alla cucina sul retro della casa. I commenti di Hoy sulla cena avevano suscitato l’interesse del suo stomaco.

“Ho più bisogno di dormire,” mormorò, “ma ci sono tutti quei gradini.”

Si diresse lentamente verso la cucina, sicura che se si fosse mossa troppo velocemente avrebbe inciampato e si sarebbe addormentata prima di toccare il pavimento. Trovò due lastre inamidate che erano probabilmente pane, le farcì con qualcosa di non identificabile e divorò l’ammasso prima di guardarlo troppo da vicino. Sfortunatamente, mentre le si riempiva lo stomaco, le si riaccesero i sensi, troppo per tornare a dormire. E c’era una trappola in attesa prima che potesse tornare alla scala.

Si fermò di fianco alla porta aperta della stanza dei Viaggi Virtuali. Guardò all’interno. “Domani lo rimpiangerò,” mormorò. “Cavoli, lo rimpiango già adesso.” E così dicendo, entrò. “Viaggi Virtuali: Jenithar, Ufficio di Path–Reynik Levexitor”.

“Se sono fortunata,” aggiunse, parlando a sé stessa, “non lo troverò.”

Si ritrovò in un’anticamera nello spazio virtuale, proprio all’esterno dell’ufficio di Levexitor. Di fronte a lei due portoni di legno senza alcuna decorazione. Il fatto che lei si trovasse lì significava che l’impianto di Visita Virtuale di Levexitor era sintonizzato e che il suo arrivo gli era già stato annunciato.

“Signorina Rabinowitz,” disse la voce eterea di Levexitor. “Non mi aspettavo un’altra sua visita così presto.”

“La prego di scusarmi se la disturbo, Altissimo. Posso tornare in un altro momento.”

Ci fu una pausa stranamente lunga prima della risposta. “Non vedo alcun motivo perché non dovremmo parlare ora. Non è che io fossi impegnato con altre cose. Può entrare.”

Rabinowitz si diresse verso la porta virtuale di fronte a lei, che oscillò verso l’interno per ammetterla alla realtà che Levexitor aveva scelto di mostrare a suoi visitatori.

Alcune erano creature di fantasia, che creavano degli habitat virtuali elaborati dal design esotico. I Jenitharp non erano fra queste. L’ufficio di Levexitor era esattamente come era stato ogni volta che lei lo aveva visitato negli ultimi quattro mesi. Le pareti erano color granata spruzzate d’oro, mentre il pavimento era liscio e grigio ardesia. C’erano due porte – quella da cui era entrata e una all’altra estremità della stanza – e nessuna finestra.

Una luce diffusa proveniva da una fonte non identificata. La stanza era piccola, qualcuno di tale importanza sulla terra avrebbe avuto un ufficio spazioso. Era una stanza cupa, triste, quasi come una cantina ammobiliata alla bell’e meglio, ma d’altronde lo stesso Levexitor non era il massimo della personalità.

Contro la parete di fondo, c’era una postazione bassa, dove stava normalmente l’assistente di Levexitort, Chalnas. Chalnas era il tipo di impiegato che passava tutto il suo tempo a scrivere su di un taccuino. Rabinowitz non ricordava di averlo mai sentito pronunciare cinque parole consecutive, ed anche in quei casi era solamente per chiedere dei chiarimenti.

Chalnas non c’era in quel momento. Era una di quelle persone che non noti se c’è, ma la cui assenza stona.

Nel centro della stanza, alla sua scrivania, c’era Path–Reynik Levexitor. I Jenitharp erano bipedi, ma umanoidi solo per una definizione generosa del termine. Erano cilindri irsuti, ricoperti da un piumaggio un po’ simile al marabù. Due lunghissime braccia, collegate al corpo nel punto in cui ci dovrebbe essere la cintura; potevano raggiungere con la stessa facilità la sommità delle loro teste bulbose e le suole dei loro grandi piedi. Gli occhi erano nascosti meglio di quelli di un cane da pastore e le voci sembravano risuonare dal loro intero corpo.

La proiezione di Levexitor nello spazio virtuale era altissima, una spanna più alta di Rabinowitz. Il suo marabù era screziato di lavanda, molto più elegante del marrone plebeo di Chalna. Era così nobile che non aveva bisogno molto di muoversi.

Non c’erano sedie nella stanza. Rabinowitz era in piedi, Levexitor era in piedi, Chalnas— quando era presente – stava in piedi. L’attitudine di rendersi deliberatamente più bassi davanti agli altri era chiaramente impossibile su Jenithar. Se Rabinowitz non fosse stata in grado di sedersi comodamente nella sua sedia reclinabile a casa, anche mentre stava in piedi nello spazio virtuale di Levexitor, alcune delle sue lunghe sessioni di trattativa non sarebbero andate così bene.

“Benvenuta, Signorina Rabinowitz. Non mi sarei aspettato di trovarmi di nuovo di fronte a lei così presto.”

“Le chiedo veramente scusa per l’intrusione Altissimo. C’erano ancora alcuni piccoli dettagli da sistemare, e pensavo potessimo farlo una volta per tutte, … ma se Chalnas non è qui per registrarli.”

“È il giorno di riposo di Chalnas, ma posso ricordare bene quello che diremo. Continui, la prego.”

Rabinowitz passò i successivi 10 minuti a discutere le definizioni precise di diritti teatrali in nero, per tutti e tre i romanzi Tenger e la durata esatta delle opzioni.

Anche se era un esercizio senza senso, le dava una scusa legittima per essere lì.

Nelle risposte di Levexitor c’erano delle insolite lunghe pause, e lui sembrava piuttosto a disagio.

C’era evidentemente qualcosa nel suo spazio reale che preoccupava almeno una parte della sua mente. Quando Rabinowitz commentò che probabilmente lui avrebbe preferito occuparsi delle sue cose personali e rifarsi vivo con lei più tardi, lui respinse l’idea con un gesto della mano e continuò la discussione.

Quando arrivarono al punto cruciale e lo affrontarono in modo più dettagliato di quanto fosse necessario, Rabinowitz disse, “Altissimo, ho qualche esitazione a sollevare delle questioni così delicate davanti a qualcuno così alto, ma qualcosa mi ha disturbato così tanto che sento di doverle parlare di questo.”

“La prego di sentirsi libera di parlare apertamente.” Disse Levexitor.

“Molto bene, Altissimo,” disse Rabinowitz. “Sulla Terra ci sono voci che dei criminali stiano cercando di contrabbandare la nostra letteratura su mercati dei mondi esterni. Non ho sentito nomi, ma solo i più infimi dei nostri si abbasserebbero a svolgere un’attività di questo genere.”

“È curioso che lei parli di questo argomento proprio adesso, Signorina Rabinowitz. Continui, la prego.”

“So che lei naturalmente è al di sopra di certe cose. Come amica, tuttavia, ero preoccupata che Lei potesse inconsapevolmente essere raggirato da questi esperti criminali e commettere azioni che potrebbero certamente sminuirla. Pensavo anche che potesse sapere come diffondere queste notizie fra i suoi colleghi più bassi, alcuni dei quali potrebbero cedere alla tentazione. Questi criminali sono privi di scrupoli e sminuirebbero chiunque trattasse con loro.”

“Infatti,” disse Levexitor. “Posso capire fin troppo bene che qualcuno, persino il più alto fra noi, potrebbe essere momentaneamente tentato da queste offerte, in particolare se provengono da alte fonti.” Ci fu un’altra lunga pausa. “Sì,” continuò infine, “e posso anche capire lo sminuire di cui parlava. Per parlare in tutta franchezza, Signorina Rabinowitz—”

Levexitor si fermò improvvisamente e si girò. La testa si piegò all’indietro, come se stesse guardando in alto. Poi, emettendo un piccolo grido, si chinò in avanti sulla scrivania e restò fermo, fermissimo.

“Altissimo? Altissimo?” La stanza era completamente silenziosa. Nessun movimento, nessun rumore. Rabinowitz si guardò intorno. Non c’era nessuno nella stanza virtuale, a parte Levexitor e lei. E Levexitor non si muoveva.

Rabinowitz avanzò fino a trovarsi proprio di fianco al grande alieno. Si sporse per toccarlo. Era massiccio, come toccare un albero indossando spessi guanti di gomma, ma nessun’altra sensazione oltre a quella. Il corpo proiettato di Levexitor era reale come le pareti – e non più vivo.

Camminando lentamente, fece il giro della stanza. I suoi passi non facevano rumore. Levexitor non faceva rumore. Le sole cose che udiva erano le sue pulsazioni che le fluivano nelle orecchie e il respiro che stava cercando di tenere controllato.

Non sarebbe stato un bene gridare o chiedere se ci fosse qualcuno. In questo spazio virtuale c’era solo la sua proiezione e la proiezione di Levexitor. Qualcuno o qualcosa poteva essersi introdotto nello spazio reale di Levexitor e poteva in effetti essere ancora lì, ma lei non poteva vederlo.

Doveva informare qualcuno. Si guardò intorno nella stanza scarsamente arredata, cercando qualche dispositivo di comunicazione. Non sembrava essercene nessuno. La scrivania di Chalnas era vuota e anonima. C’erano alcuni comandi digitali sul tavolo di Levexitor, ma lui era sdraiato su di loro e lei non poteva muoverlo. Anche se avesse potuto, i comandi non sarebbero stati proprio intuitivi.

Improvvisamente il corpo di Levexitor sobbalzò sul tavolo. Non era un movimento consapevolmente controllato. Mentre Rabinowitz guardava, mani invisibili si muovevano sul pannello di controllo della scrivania. Poi l’ufficio alieno improvvisamente scomparve e lei si ritrovò nella sua stanza dei Viaggi Virtuali.

Si avvolse le braccia intorno al corpo e sedette sulla sedia reclinabile, tremando come una foglia. In effetti batteva i denti: non riusciva a ricordare di averlo più fatto da quando aveva letto per la prima volta “Il cuore rivelatore” quando aveva quattordici anni. Chiuse gli occhi e cercò di controllare gli improvvisi boccheggi, in cerca di fiato. Lentamente, molto lentamente riprese il controllo. Obbligò le labbra tremanti: “Telefono: San Francisco, Interpol, Detective Hoy.” Dopo pochi istanti, il viso sorridente del detective le apparve davanti.

“Che bella sorpresa, Signorina Rabinowitz,” disse. “Non pensavo di risentirla così presto.”

“Non bella,” rispose lei. “Per niente. Dovrà contattare le autorità di Jenithar. Qualcosa è appena successo a Levexitor. Penso sia stato assassinato.”

***

“Mi sento così stupida,” disse Rabinowitz. “Sono andata in panico come un’adolescente svitata. Non ero in pericolo. Non mi avrebbe potuta toccare. —”

“Lei era presente quando è finita violentemente la vita di qualcuno!” disse Hoy in modo confortante dalla scrivania del salotto. “O almeno telepresente. Penso che non sarebbe normale se lei non fosse rimasta scioccata.”

“Era proprio lì con me,” continuò Rabinowitz. “L’assassino. Non potevo vederlo, non potevo sentirlo, non potevo toccarlo. Ma comunque era lì. Lui era nel mondo reale e io in uno virtuale, ma avevamo un collegamento in comune—Levexitor. Lei pensa che mi abbia vista??”

Hoy fece una pausa. “Beh, potrebbe avere controllato il computer di Levexitor senza essere nello spazio personalmente. La sua immagine proiettata è fedele alla realtà?”

“Sostanzialmente sì. Sono abbastanza soddisfatta del mio aspetto.”

“Allora siamo in due.” Hoy le rivolse un ampio sorriso.

“Grazie, detective. Ogni volta che penso lei potrebbe anche non essere un totale fastidio, lei gentilmente mi smentisce. Immagino non importi se mi abbia visto o no. Levexitor ha pronunciato il mio nome abbastanza spesso. L’assassino deve essere stato lì tutto il tempo. Questo spiegherebbe le strane pause di Levexitor. Almeno questo significa che io non sono nella sua lista dei sospettati.”

“Ecco, mi spiace deluderla, ma no. Potrebbe avere ucciso lei stessa Levexitor per coprire poi le sue tracce una volta saputo che stavo diventando sospettoso.”

“Lei ha una mente veramente paranoica.”

“È la vita. È scesa comunque più in basso nella lista.”

“Grazie.” Rabinowitz lo guardò dritto negli occhi. “Cosa c’è ancora in quella lista? Chi mi fa compagnia?”

“Non deve preoccupare la sua bella testolina a questo proposito.”

“Se uno dei suoi sospettati ha ucciso Levexitor e se sa chi sono, potrebbe cercare di mettermi a tacere. Devo proteggere me stessa. Sono sempre un testimone, anche se non ho visto niente.”

Hoy era pensieroso. “Beh, se lei è colpevole non sarà una grande sorpresa. Jivin Rashtapurdi è definitivamente da qualche parte nello schema.”

“Il criminale?”

“No, il droghiere. E stiamo tenendo d’occhio un altro broker dal nome Peter Whitefish. Lo conosce?”

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