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Il Morbo Di Parkinson In Tempi Di Pandemia
Il Morbo
di Parkinson
in tempi
di Pandemia
Juan Moisés de la Serna
Mª Esther Gómez Rubio
Marcos Altable Pérez
Traduzione italiana Valeria Bragante
Tektime Editore
2020
“Il Morbo di Parkinson in tempi di Pandemia”
Scritto da Juan Moisés de la Serna; Mª Esther Gómez Rubio e Marcos Altable Pérez
1a edizione: luglio 2020
© Juan Moisés de la Serna, 2020
© Tektime Edizioni, 2020
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Tektime
https://www.traduzionelibri.it
Riferimento:
De la Serna, JM; Gómez Rubio, ME e Altable Pérez, M. (2020). “Il Morbo di Parkinson in tempi di Pandemia” Montefranco, Italia. Tektime Editore
Dichiarazione:
Gli autori concordano con i contenuti inclusi nel manoscritto, affermando che non vi sono conflitti di interesse.
Avviso legale
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Prologo
Il Morbo di Parkinson è stato ampiamente studiato. Tuttavia, si fanno quotidianamente progressi in termini di diagnosi e cura, da qui l’importanza di essere informati, sia per il personale sanitario che per i pazienti e le loro famiglie.
Successivamente, viene presentato un testo accessibile a tutti i lettori, in cui gli aspetti più rilevanti di questa malattia sono trattati da una prospettiva aggiornata, tanto da affrontare anche l’attuale pandemia e le sue implicazioni in questa patologia.
Il testo include la testimonianza eccezionale della dottoressa Mª Esther Gómez Rubio, psicologa clinica e neuropsicologa, specialista di area del National Hospital for Paraplegics (SESCAM) che condivide la sua esperienza diretta con il Morbo di Parkinson.
Inoltre, comprende anche il prezioso contributo del dottor Marcos Altable Pérez, neurologo e fondatore di Neuroceuta a Ceuta che commenta i sintomi non motori e gli aspetti neuropsichiatrici del Morbo di Parkinson, nonché le sue implicazioni in questa pandemia.
Riguardo agli Autori:
Dra. Mª Esther Gómez Rubio, Psicologa Specialista in Psicologia Clinica, Laureata in Filosofia e Scienze dell’Educazione (sezione Filosofia), Laurea Magistrale in Neuropsicologia Cognitiva, Laurea Magistrale in Psicopatologia e Salute, Laurea Magistrale in Modificazione del Comportamento, Specialista Facoltativo nell’area Ospedaliera Nazionale dei Paraplegici (SESCAM).
Laureata in Filosofia all’UCM, Psicologa specializzata in Psicologia Clinica UNED, PIR Hospital de la Princesa (Madrid), Master in Psicopatologia e Salute UNED, Master in Modifica del comportamento UNED, Master in Neuropsicologia cognitiva UCM e FEASESCAM staff aggiunto dell’Ospedale Nazionale dei Paraplegici.
https://youtu.be/CDDDsNGV0Eg
Dr. Marcos Altable Pérez, laureato in Medicina, specialista in Neurologia, Master in Neurologia e Neurologia Pediatrica e Master in Neuropsicologia.
Con molteplici pubblicazioni in varie riviste scientifiche e congressi nazionali e internazionali, giornali, pagine web, capitoli di libri, ecc., integrando la pratica clinica a Ceuta, con lo studio e l’aggiornamento continuo in Neurologia, Neuropediatria e Neuropsicologia.
Dr. Juan Moisés de la Serna, Dottore in Psicologia, Master in Neuroscienze e Biologia Comportamentale e Specialista in Ipnosi Clinica, direttore dei corsi post-laurea presso l’Università tecnologica TECH e presso l’Università Europea Miguel de Cervantes; insegnante post-laurea e direttore del TFM presso l’Università Internazionale di La Rioja e l’Università Internazionale di Valencia.
Ringraziamenti
Ringrazio tutte le persone che hanno condiviso le loro conoscenze specialistiche sul Morbo di Parkinson, in particolare Dª. Marian Carvajal Paje e Dª. María Caridad Marín Valero della Federazione Spagnola del Parkinson e anche la Dott.ssa Mabel Velandia Ramos Audiologa (Colombia); Dr. Horacio Pérez-Sánchez, ricercatore principale del gruppo di ricerca “Bioinformatics and High Performance Computing” (Spagna), e Dr. Cesar Rengifo, Tossicologo presso il Servizio Medico della Cooperativa de Servicios Múltiples (Venezuela).
Sommario
Avviso legale
Prologo
Riguardo agli Autori:
Ringraziamenti
Capitolo 1. Introduzione al Morbo di Parkinson
Sintomi e segni del Morbo di Parkinson
Sintomi non motori del Morbo di Parkinson
Origine del Morbo di Parkinson
Diagnosi del Morbo di Parkinson
Intervista sulla Federazione Spagnola di Parkinson
Capitolo 2 Contestualizzare la Pandemia
La denominazione COVID-19
Sintomatologia del COVID-19
Cambiamenti nella sanità
Morbo di Parkinson e COVID-19
Capitolo 3. Testimonianza di una Psicologa e Neuropsicologa con il Parkinson
Prima del Parkinson:
Prima reazione alla diagnosi:
Diagnosi di Parkinson a una Neuropsicologa:
Dalla negazione all’accettazione
Come affrontare il Parkinson?
Evoluzione della malattia nel mio caso particolare:
Conclusione
Capitolo 4 Emozioni di fronte al COVID-19
Depressione e Morbo di Parkinson
Ansia e Morbo di Parkinson
Neuropsichiatria nel Morbo di Parkinson
Intervista sul Programma Contigo de la F.E.P
Bibliografia
Capitolo 1. Introduzione al Morbo di Parkinson
Se guardiamo i risultati offerti da Google, sui trend di ricerca della tematica del Morbo di Parkinson, nelle sue diverse accezioni in varie parti del mondo dal 2004 al 2020, si nota che i primi Paesi più preoccupati al riguardo sono Porto Rico, seguito da Spagna, Paesi Bassi, Francia e Cile; al sesto posto il Portogallo, seguito da Italia, Canada e Finlandia, gli Stati Uniti occupano la tredicesima posizione dei sessantotto Paesi che compongono il risultato di Google, essendo l’ultima posizione occupata dal Vietnam.
Va notato che questo non riflette il numero di casi di pazienti con questo tipo di malattia a seconda del Paese, ma piuttosto le volte in cui è stato cercato questo termine, cioè potrebbe esserci un Paese con poca incidenza del Morbo di Parkinson, ma la popolazione è altamente sensibilizzata, quindi ci saranno molte ricerche su Google al riguardo.
O viceversa, una popolazione dove c’è un’alta incidenza del Morbo di Parkinson e, tuttavia, c’è poca consapevolezza di questo problema, e quasi nessuna ricerca su di esso.
Va notato che tra le prime quindici posizioni nei Paesi che cercano questo termine, nove provengono dal continente europeo.
Si segnala inoltre che a livello globale si è registrato negli anni un calo dell’uso di tale termine, attestandosi nel 2009 al di sotto del 25% delle ricerche effettuate nel 2004, situazione che è rimasta immutata fino al 2014 quando si è prodotto un cambiamento di tendenza, in crescita fino ad oggi.
Una pietra miliare nella ricerca di Google sul Morbo di Parkinson si è verificata il 15 agosto 2014, quando la moglie di Robin Williams ha confermato che l’attore aveva il Parkinson, notizia che ha scioccato così tanto le persone che hanno effettuato delle ricerche per scoprire cosa fosse questa malattia, e da quel momento in poi è stata osservata una leggera ripresa in questo termine di ricerca.
Nonostante quanto sopra, questo non ci informa sul numero di pazienti, ma solo sull’interesse mostrato dagli utenti di Google per il Morbo di Parkinson, quindi sarebbe necessario sapere fino a che punto tale malattia è progredita.
“Sembra che il numero di casi diagnosticati di Parkinson sia aumentato negli ultimi anni.
Le ragioni si trovano principalmente nell’invecchiamento della popolazione e in una maggiore precisione nelle diagnosi che vengono fatte sempre più precocemente e nelle persone più giovani, tanto che il 15% delle 10.000 diagnosi annue si verifica già nelle persone sotto i 45 anni di età.
Inoltre, l’aspettativa di vita è aumentata nelle persone con questa patologia, quindi si può davvero essere certi che l’aspettativa di vita di questi pazienti è simile a quella delle persone senza la malattia.” Marian Carvajal Paje, F.E.P.
Prima di addentrarci nella definizione di Morbo di Parkinson, è necessario ricordare alcune nozioni fondamentali delle basi neuronali, quindi è importante sapere che il cervello è suddiviso in tronco encefalico, cervelletto, diencefalo e cervello.
- Il tronco encefalico è costituito a sua volta da tre parti, il midollo allungato (dove vengono regolate funzioni come quella respiratoria, il diametro vascolare ed il battito cardiaco; oltre a singhiozzo, tosse o vomito); rigonfiamento (partecipa alla regolazione della respirazione); e mesencefalo (contiene la substantia nigra e partecipa alla regolazione dell’attività muscolare).
- Il cervelletto è responsabile della coordinazione motoria fine e grossolana, oltre a partecipare alla postura, all’equilibrio e al tono muscolare.
- Il diencefalo è diviso in talamo (responsabile dell’integrazione di informazioni, coscienza, apprendimento, controllo emotivo e memoria) e ipotalamo (regola comportamento ed emozioni, temperatura corporea, sete e fame, cicli circadiani e stati di coscienza, secrezione dell’ormone ipofisario e regolazione del sistema nervoso autonomo).
- Il cervello, dove si sviluppano le funzioni cognitive, le decisioni consapevoli, l’apprendimento relazionale o il linguaggio, tra le molte altre cose.
Occorre chiarire che esistono due tipi di comunicazione che possono verificarsi a livello neuronale: elettrica e chimica. La prima si realizza mediante impulsi elettrici che hanno origine nei dendriti e nel soma e sono condotti attraverso l’assone ai pulsanti terminali depolarizzando la membrana neuronale; mentre la comunicazione chimica è realizzata da sostanze chiamate neurormoni che agiscono da mediatori nella trasmissione di informazioni ad altri neuroni e cellule del corpo.
Il processo inizia all’interno del neurone, che trasmette le informazioni attraverso depolarizzazioni propagate, generatori di potenziali d’azione, con potenziali modificazioni nei canali del calcio e del potassio, fino a raggiungere la fessura sinaptica, dove vengono rilasciate le vescicole contenenti neurormoni (primo messaggero chimico o neurotrasmettitore), che attraverseranno lo spazio interneuronale fino a raggiungere i recettori del neurone bersaglio, che può influenzare la superficie della membrana cellulare (ormoni proteici, peptidi e catecolamine) o all’interno della cellula, nel citoplasma o nucleo (ormoni steroidei e tiroidei).
I neurotrasmettitori possono essere classificati in gruppi amminici (noradrenalina, epinefrina, dopamina, 5HT); amminoacidi (glutammato, GABA); purine (ATP, adenosina); gas (ossido nitrico); peptidi (endorfine, tachichinine); e acetilcolina.
Nello specifico, la dopamina ha una funzione inibitoria, partecipando allo stato di allerta, è anche solitamente associata al raggiungimento del piacere e del desiderio sessuale, attivando il sistema nervoso simpatico, necessario per un nuovo apprendimento, basato sul desiderio di ottenere rinforzo.
Generato nel Locus Niger, nella parte ventrale del tegmento mesencefalo, raggiunge il nucleo accumbens, l’amigdala, l’area settale laterale, il nucleo olfattivo anteriore, il tubercolo olfattivo e la neocorteccia.
“Il Morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, producendo una progressiva degenerazione dei neuroni situati nella substantia nigra e responsabili della produzione di dopamina.
La dopamina è la sostanza fondamentale per il corretto svolgimento del movimento corporeo.” Marian Carvajal Paje, F.E.P.
Alti livelli di dopamina migliorano la motivazione, il buon umore e il desiderio sessuale. La sua inibizione, d’altra parte, produce demotivazione, indecisione, scarsa libido e persino depressione. Pertanto, il Morbo di Parkinson produrrà una serie di cambiamenti a livello neuronale, come dimostrato in un’indagine condotta dall’Università di Modena in collaborazione con l’Università di Reggio Emilia (Italia)[1].
Lo studio ha coinvolto 40 persone, 24 pazienti con Morbo di Parkinson diagnosticato da 5 anni, con un’età media di 60 anni e 15 persone della stessa età senza la malattia. Tutti sono stati sottoposti ad una risonanza magnetica funzionale in cui il cervello è stato scansionato per cercare differenze morfologiche significative nel cervello dei pazienti con Morbo di Parkinson rispetto ai soggetti di controllo. Gli autori hanno riscontrato differenze in termini di volume della materia grigia del cervello, particolarmente ridotta nei pazienti con Morbo di Parkinson, nella corteccia parietale destra e nella struttura interna del cervello, nel putamen, responsabile della via motoria e responsabile dell’esecuzione dei movimenti appresi.
Due anni dopo, lo stesso studio è stato condotto con gli stessi partecipanti per vedere come era cambiato il loro cervello, portando ora l’età media a 62 anni, riscontrando anche differenze significative nel nucleo pediluviano e nel nucleo pedunculopontino e nella regione motoria del mesencefalo. Secondo gli autori, è importante scoprire come l’avanzata del Morbo di Parkinson stia interessando nuove aree poiché ci permette anche di sapere come trattarlo. Va notato, come si vedrà in seguito, che l’incidenza del Morbo di Parkinson sarà associata in un’alta percentuale all’incidenza dei disturbi dell’umore.
“I disturbi dell’umore di solito si verificano come conseguenza di disturbi cerebrali che colpiscono i gangli basali, i lobi frontali e alcune sostanze chimiche del cervello come la dopamina, la serotonina e la noradrenalina.” María Caridad Marín, FEP
Sintomi e segni del Morbo di Parkinson
È importante sapere che in ambito clinico si fa una distinzione tra sintomi e segni, quando si descrive cosa accade in caso di patologia della persona:
- Si parla di segni per riferirsi ad un dato oggettivo che il medico raccoglie direttamente, sullo stato di salute dell’individuo, come, ad esempio, un ridotto numero di leucociti nel sangue, a seguito di un’analisi; alterazione delle onde P secondo l’elettrocardiogramma; oppure la presenza di placche “senili” e neurofibrille evidenziate da una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata).
Quindi i segni sono una prova indiretta che deve essere interpretata dal medico sui diversi indici che l’organismo mostra.
- I sintomi, invece, sono l’espressione soggettiva di un paziente su un malfunzionamento del suo corpo.
Sarebbero equivalenti alle lamentele o ai disturbi manifestati dal paziente a causa della sua malattia; così come l’intensità percepita del disagio o del dolore, e di solito è la prima cosa che un medico valuta quando entriamo nell’ambulatorio e ci chiede: «Cosa c’è che non va? Cosa la porta qui da me?»
Una volta raccolte le impressioni, il medico di solito approfondisce questi sintomi, con domande del tipo «Da quanto tempo ha questi sintomi? Definirebbe questi disturbi come dolorosi o invalidanti?»
Nel completare la diagnosi, per stabilire se la persona soffre di un quadro clinico, è determinante il valore dei segni, rispetto ai sintomi, che vengono presi in considerazione come indizi da esplorare, privi di valore diagnostico di per sé.
È inoltre necessario fare una nuova distinzione tra sintomi positivi e negativi, non si tratta di valutarli come “buoni” o “cattivi”, poiché ognuno di essi è indicativo del fatto che c’è un problema di salute e quindi sono tutti valutati come “cattivi” in quanto negativi per il normale sviluppo della vita della persona:
Il sintomo positivo è definito come quello che è presente quando non ci si aspetta che compaia in una persona sana della stessa età, ad esempio, nel Morbo di Parkinson, un sintomo positivo sarebbe la presenza di tremori, qualcosa che non compare in una persona non affetta dal Parkinson.
Il sintomo negativo, invece, è definito come l’assenza di una capacità o abilità che si riscontra in una persona sana della stessa età, ad esempio, un sintomo negativo può essere l’assenza della parola, nel caso di una persona che ha sofferto di un disturbo cranioencefalico a seguito di una caduta e di un forte colpo alla testa, presente in una persona della sua età.
È importante notare che la distinzione tra positivo e negativo viene sempre fatta rispetto ad altri pazienti della stessa età, poiché ci sono sintomi che possono essere presenti o assenti in certe fasce di età e non in altre.
“La presenza di sintomi motori come tremore, lentezza dei movimenti (bradicinesia), rigidità e instabilità posturale possono significare che una persona soffre di questa malattia.
Tuttavia, non tutti i tremori sono dovuti al Parkinson, né tutti i sintomi possono comparire insieme.
È necessaria una precisa valutazione da parte del neurologo specialista per escludere altre possibili patologie che presentino sintomi simili.
Allo stesso modo, esiste un marker emotivo che è la presenza di un disturbo depressivo dell’umore e che si verifica prima della comparsa dei sintomi motori.
In effetti, per molte persone i sintomi non motori del Parkinson (depressione, apatia, mancanza di motivazione, disturbi del sonno…) sono complessivamente più invalidanti dei sintomi motori sopra menzionati.” Marian Carvajal Paje, F.E.P.
Anche se quando si pensa al Morbo di Parkinson, lo si fa sulla base dei suoi sintomi principali associati al movimento, ma non sono gli unici e nemmeno quelli che influenzano maggiormente la qualità di vita del paziente.
Sapendo che tra il 40 e l‘80% dei pazienti affetti da Parkinson deve affrontare anche un problema in più, il dolore, qualcosa che è direttamente dannoso per la loro qualità di vita e le relazioni sociali.
Il dolore serve come avvertimento al cervello che qualcosa non va, ma quando è cronico, a causa di traumi o malattie, diventa un grande fastidio, che influisce non solo sulle normali prestazioni ma anche sulle capacità cognitive.
Il dolore può cambiare l’umore, e persino “offuscare la ragione”, questo insieme ad un fenomeno denominato sensibilizzazione, in modo che chi soffre di dolore cronico, lo sperimenta molto più intensamente ogni giorno, “sopportando” sempre meno la sua presenza.
Quindi, oltre all’intervento nel Morbo di Parkinson, questi pazienti dovrebbero ricevere cure tempestive per combattere questo dolore costante; ma può essere migliorato il trattamento del dolore nel Parkinson?
È proprio quanto ha annunciato l’azienda Mundipharma International in un [2] comunicato stampa secondo il quale l’azienda farmaceutica ha completato con successo la prima rigorosa ricerca sul trattamento del dolore nei pazienti con morbo di Parkinson analizzando gli effetti del trattamento ossicodone-naloxone. (OXN PR).
Tra le caratteristiche dello studio, emerge che è stato condotto utilizzando un gruppo di controllo a cui è stato somministrato un placebo, nonché un disegno in doppio cieco, dove né il paziente né gli infermieri che hanno somministrato la sostanza sapevano se si trattasse del farmaco o del placebo. Valutato mediante autovalutazione utilizzando una scala di valutazione del dolore, misurata in momenti diversi, fino a quattro mesi dopo la somministrazione.
I risultati mostrano differenze significative tra i due gruppi, quelli che hanno ricevuto farmaci rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo, durante i primi tre mesi, perdendo efficacia sei mesi dopo l’inizio del trattamento.
Tra gli effetti collaterali indesiderati del trattamento, nausea e costipazione sono state osservate nel 17% dei pazienti.
Il comunicato stampa non riporta il numero di partecipanti, il loro sesso o le fasi della malattia in cui si trovavano.
Uno dei limiti dello studio è proprio il metodo di raccolta dei dati tramite auto-report, poiché ora possono essere utilizzati altri metodi più affidabili.
Nonostante ciò, è un’ottima notizia poiché è il risultato di una ricerca rigorosa che offre un’alternativa ai pazienti con Morbo di Parkinson, aumentando così la loro qualità di vita, riducendo il dolore che provano, oltre a dover soffrire a causa degli altri sintomi della malattia.
Nonostante quanto sopra, si deve tenere conto che è necessario effettuare ulteriori ricerche per verificare che l’efficacia di questo trattamento del dolore non interferisca con quello utilizzato nel Parkinson, come è già successo in altre occasioni, rispetto a quando viene provato trattando due problemi contemporaneamente, a volte gli effetti positivi dei farmaci si annullano a vicenda, rendendo l’intervento meno efficace.
Sarebbe quindi conveniente corroborare i dati precedenti con diversi tipi di farmaci e in diverse fasi della malattia per verificare in quali condizioni l’intervento del dolore attraverso questa metodica è più efficace, cercando nuove alternative per quei pazienti che non rispondono adeguatamente a questo trattamento, sia perché in fase avanzata, sia perché presentano altre patologie associate al morbo di Parkinson.
Ma tornando ai sintomi più evidenti del Parkinson, non tutti i problemi motori possono essere attribuiti a questa malattia, poiché sono presenti anche in altre patologie, da qui l’importanza di conoscerli e stabilire la diagnosi tempestiva differenziale.
Nonostante quello che si può pensare, sia i professionisti che le persone estranee alle scienze della salute hanno una certa conoscenza delle patologie e psicopatologie più frequenti, ma c’è anche tutta una serie di malattie, disturbi e sindromi che sono ancora sconosciute a causa del loro basso livello di incidenza o perché non ricevono abbastanza attenzione dai media.
Ecco perché esistono manuali di riferimento come il Vademecum nel caso dei medici e manuali diagnostici, come l’ICD-10 o il [3] DSM-V [4] nel caso degli psicologi e psichiatri.
Questi vengono solitamente utilizzati quando un caso non è del tutto chiaro, quando si presentano sintomi che non appartengono al quadro clinico che si ha o perché non è possibile stabilire una diagnosi conforme a tutti i sintomi osservati.
Ma ci sono così tante classificazioni in categorie e sottocategorie, su sintomi e sindromi, disturbi e malattie, che è necessaria una certa specializzazione per poter fornire un’assistenza migliore.
Pertanto, i professionisti si specializzano per età, ad esempio, nei disturbi dello sviluppo nell’infanzia, o per gruppi di malattie che presentano alcuni elementi in comune, come le malattie neurodegenerative.
Nonostante quanto sopra, gli operatori sanitari dovrebbero aggiornarsi periodicamente per conoscere “nuove patologie” o quelle che hanno cambiato la loro incidenza nella popolazione e sono ora più comuni, o che si verificano in concomitanza con altre malattie o disturbi; ma esiste una relazione tra la Sindrome di Pisa e il Morbo di Parkinson?