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Jeremy (Angelo Spezzato #4)
Mentre sorvolava il cottage di Lash e Naomi, guardò verso la porta-finestra aperta. Si bloccò quando vide un’ombra che passava lì davanti. C’era qualcosa o qualcuno lì dentro. Rimanendo in attesa, vide le tende bianche che sventolavano. Sentì una serie di ticchettii, e rivide l’ombra. Volò dentro, atterrando con un soffice tonfo sul pavimento di ciliegio della camera da letto.
“Chi c’è?” Si guardò intorno nella stanza, chiedendosi chi potesse essere così pazzo da sconfinare nella residenza privata di un altro angelo.
Saleos.
Ma il luogotenente di Lucifero avrebbe osato presentarsi in Paradiso? Jeremy aveva sacrificato la propria vita per uccidere Lucifero immergendoli entrambi nel Lago di Fuoco—l’unico modo per eliminare un angelo. Dopo che l’Arcangelo Michael l’aveva riportato in vita, gli avevano detto che Sal ed i fratelli erano fuggiti.
Jeremy trattenne il respiro, ascoltando attentamente per sentire eventuali movimenti. Saleos non era stupido. Sapeva che tutti gli angeli dispongono di una vista e di un udito superiori, rendendo difficile muoversi in Paradiso senza venire scoperti. Saleos era così assetato di potere da fare qualcosa di così assurdo come riprendere il cammino dal punto in cui Lucifero l’aveva interrotto.
Una forte brezza entrò nella stanza. Il copriletto svolazzò, creando delle ombre danzanti sul pavimento. Jeremy espirò, ridendo fra sé e sé.
“Bene. Sto andando fuori di testa. Vedo cose che non ci sono. Faccio sogni ad occhi aperti sulla moglie di mio fratello, e adesso parlo da solo.”
Si passò le mani fra i capelli, sentendo quanto fossero più corti e rimpiangendo il vecchio taglio. La vita sarebbe mai tornata ad essere come prima? Anche Rachel si era accorta che c’era qualcosa che non andava. Era così preoccupata da aver chiesto ad Uri di placcarlo e portarlo alla loro suite nella residenza degli angeli. Aveva insistito per fargli un taglio di capelli. Jeremy non poteva credere di avere ceduto.
“Ti farà sentire meglio” aveva detto.
“Uri me lo fa fare sempre” lo aveva rassicurato.
“Che odore? Non c’è nessun odore di ammoniaca” aveva detto innocentemente, sbattendo le ciglia.
Ore dopo, i suoi capelli erano più corti e più scuri, e lui si sentiva ancora uno schifo.
Sospirando, richiuse le ali ed entrò nella stanza. Osservò il letto morbido ricoperto da dozzine di cuscini bianchi e azzurri. Ne prese in mano uno, azzurro. Aveva lo stesso colore degli occhi di Naomi. Lasciò vagare la mente e pensò al sogno in cui lei stava fra le sue braccia, baciandolo teneramente, dicendogli parole d’amore.
Senza riflettere, si portò il cuscino al naso, chiuse gli occhi e inalò. Il profumo di Naomi, l’inebriante aroma di muschio che sembrava indugiare su tutto quello che toccava, gli riempì i sensi. Si trovò nuovamente perso nei ricordi dell’unico bacio che si erano scambiati; l’unico, l’ultimo. I ricordi si trasformarono in sogni. Jeremy sapeva che niente era reale. Sapeva che era sbagliato desiderarla. Ma nel suo sogno, lei era sua. Lei lo amava.
“Naomi” disse sottovoce. “Come posso estrometterti dal mio cuore?”
Spalancò gli occhi sentendo un ticchettio nella stanza.
C’è qualcuno.
4
Sentì ringhiare e poi, tutto a un tratto, un proiettile rossastro si fiondò nella stanza e si fermò ai suoi piedi.
“Bear! Piccola pazza palla di pelo. Sono solo io” disse Jeremy al Chihuahua, ridendo. Dopo la morte di Bear, Jeremy aveva fatto un viaggio di proposito per prenderla e portarla a Lash e Naomi. Dopo tutto questo tempo, il piccolo cane ancora non l’aveva preso in simpatia.
Bear inarcò la schiena. Il suo musetto puntava il pavimento mentre continuava a ringhiare.
“Ma perché non ti piaccio? Vedresti che sono uno a posto se mi dessi una chance.” Si abbassò per accarezzarla.
Lei fece uno scatto, cercando di mordergli le dita.
“Hey!” Jeremy ritirò velocemente la mano.
Il cane cominciò ad abbaiare e a correre in circolo, producendo con le piccole zampe dei ticchettii sul pavimento.
“Bear, finiscila.”
Jeremy saltò in piedi al suono della voce di Naomi.
“Naomi! Io . . . uh . . .”
Perse la voce nel momento in cui la vide, e si dimenticò di cosa stava per dire. Naomi era in piedi sulla soglia della stanza, con le tende bianche che le svolazzavano dietro. I suoi occhi azzurri sostennero il suo sguardo, e tutto ciò a cui lui poté pensare era di annegarvi dentro. Poi gli occhi di Naomi passarono al cuscino che Jeremy teneva fra le mani.
Sconvolto, Jeremy lanciò il cuscino sul letto e si spostò velocemente per allontanarsi. Come giustificare questo fatto?
Bear si mise a correre fra i suoi piedi, abbaiando, e il suo piede le schiacciò per sbaglio la punta della coda. Lei guaì e corse da Naomi.
“Scusa, Bear.”
Il cane guardò prima lui e poi Naomi, poi si appiattì a terra, arrivando a sembrare ancora più piccolo, e ringhiò. Era come se Bear sapesse cosa Jeremy stava pensando e stesse proteggendo Naomi per conto di Lash.
“Finiscila, Bear. Cosa ti è preso?” Naomi si abbassò ad accarezzare la testolina del cane.
“È colpa mia. Mi era sembrato di aver visto. . . poi il cuscino . . . ho fatto un errore, non dovrei essere qui.” Jeremy fece un passo verso la finestra, chiedendosi come avrebbe potuto passare oltre Naomi senza toccarla.
“Per favore, non te ne andare.”
Jeremy si fermò, osservando gli occhi lucidi che lo guardavano con l’affetto di una sorella e niente più.
“Io e Lash siamo preoccupati per te” disse lei.
No. Fece un grugnito. Lash era lì con lei. Con tutto il suo stupido sognare ad occhi aperti non aveva visto il fratello entrare. Si guardò intorno preso dal panico. Ci aveva messo così tanto a riacquistare la fiducia del fratello, non voleva perderla di nuovo. Ma perché era venuto qui? E perché non riusciva ad andarsene?
“Lash, io non . . .”
“Non è qui. È con Uri e Rachel. Gli ho detto che volevo parlarti da sola” disse Naomi.
Jeremy sospirò di sollievo, grato che Lash non l’avesse colto in flagrante mentre si comportava come un cretino innamorato con sua moglie.
“Non gli dirai che ero qui, vero?” Il pensiero delle sue braccia e delle sue gambe che lo circondavano gli passò velocemente per la mente e guardò subito a terra, allontanando le immagini. Non poteva nemmeno più guardarla senza ricordare quei sogni. L’attrazione verso di lei era troppo intensa.
“Non lo farò.”
“Bene.” Jeremy aprì le ali e si concentrò sul piccolo spazio vuoto di fianco a Naomi. Era appena sufficiente perché ci passasse senza entrare in contatto con lei. Si lanciò in avanti.
“Jeremy, per favore. Dimmi cosa c’è che non va.” Naomi afferrò il suo bicipite, fermandolo.
Lui trasalì. Il dolore non gli era estraneo. Sapeva cosa si provava a sentirsi bruciare cellula dopo cellula, come quando si era trovato nel Lago di Fuoco, ma niente era paragonabile al tocco di Naomi. Lo shock corse dalla punta delle sue dita lungo le braccia fin dentro al petto.
“Non ce la faccio.” La sua voce era un sussurro roco.
“A fare cosa?”
Abbracciarti. Adorarti. Amarti.
Non poteva rispondere alla domanda, non come avrebbe voluto. Doveva andarsene, ma il tocco delicato della mano di Naomi sul suo braccio lo tratteneva come mille catene. Ciuffi di capelli le svolazzavano sul bellissimo viso, lanciando richiami al cuore di Jeremy.
Non guardare.
Occhi color zaffiro si oscurarono incontrando quelli di lei. Il respiro caldo di Naomi colpì la sua guancia ruvida.
Allontanati.
Jeremy si avvicinò. Le sue ciglia scure si abbassarono mentre il suo sguardo si spostava sulle labbra rosa di Naomi.
Solo un bacio. Un abbraccio.
Bear abbaiò.
Lui rimase immobile, sconvolto da ciò che aveva quasi fatto, con il cuore pesante perché non l’aveva fatto. Guardò verso Bear, grato che lei percepisse ciò che Naomi ovviamente non vedeva o si rifiutava di vedere.
“Non posso” disse, staccandosi dalla sua presa.
“Per favore, Jeremy. Lascia che ti aiuti. Parlami. Puoi dirmi qualunque cosa. Tu sei mio—”
“Fermati!” Occhi pieni di dolore la guardarono prima che lei potesse dire la parola che l’avrebbe ucciso. “Non chiedermi cosa non va. Non hai nessun diritto di chiederlo.”
Nell’istante in cui il viso di Naomi si spense, Jeremy si augurò di potersi rimangiare quelle parole. La facciata dell’arcangelo spensierato che aveva costruito con cura si stava sgretolando. Non sapeva per quanto tempo ancora sarebbe riuscito a tenerla insieme.
Poi, quando il viso di Naomi passò dal dolore alla rabbia e i suoi occhi si accesero di un fuoco blu, Jeremy seppe che avrebbe resistito solo pochi secondi prima di prenderla fra le braccia e lanciarla sul letto a pochi passi di distanza.
“Ho tutti i diritti di chiederlo. Tengo a te. Sei mio fra—”
“Maledizione, Naomi! Non vedi quello che mi stai facendo?”
“Sto cercando di aiutarti.”
“Non sei di aiuto. Non posso stare qui con te così.”
“Così come? Con me che mi preoccupo per te?”
“Sì! Non vedi che questo mi ferisce più di qualsiasi altra cosa? Tu ti preoccupi per me come una sorella.”
“Cosa c’è di male in questo?”
“Niente . . . tutto. So che dovrei esser grato di qualunque cosa possa avere da te. Averti come sorella dovrebbe essere sufficiente. Avere mio fratello e la mia famiglia con me dovrebbe esser sufficiente. Vorrei che lo fosse, ma non lo è perché io—”
Serrò i denti per impedire che le parole lasciassero le sue labbra. Se avesse permesso loro di uscire, non ci sarebbe stata la possibilità di tornare indietro.
“Oh, Jeremy, ne abbiamo già parlato. Pensavo che tu fossi d’accordo con me.”
“Lo so, lo so. Tu pensi che questi sentimenti per te esistano solo nella mia testa. Ma non è così, Naomi. Sono qui.” Si batté una mano sul petto nudo. “È tutto qui dentro. Tutto per te perché tu sei tutto ciò a cui riesco a pensare, tutto ciò che sogno. E non dovrei pensarti—non in quel modo. Non posso andare avanti così.”
“Cosa vuoi dire?”
“Me ne devo andare.”
Lei sbatté le palpebre, incredula. “Non puoi. Distruggerai Lash. E non pensi ai tuoi genitori? Non te ne puoi andare.”
“Non c’è altro modo. Gabrielle mi garantirà la possibilità di rimanere sulla Terra per un lungo periodo se ne avrò bisogno. Ne sono certo.” Guardò il suo viso devastato e si chiese per quanto tempo sarebbe riuscito a vivere una vita lontano da lei e dalla sua famiglia. “Devo allontanarmi per un tempo sufficiente perché al mio ritorno ti possa amare come una vera sorella.”
Se ciò è del tutto possibile. Deglutì il groppo che aveva in gola quando pensò che avrebbe potuto non rivedere più lei o la sua famiglia.
Si avvicinò alla finestra, tenendo le ali vicine al corpo. Si fermò. Girandosi verso Naomi, tese una mano. Le accarezzò leggermente una guancia.
“Dì a mio fratello che sentirò la sua mancanza.”
“No. Diglielo tu.” Una lacrima le scese sulla guancia, bagnandogli il pollice.
Lui lasciò cadere la mano e scosse la testa, girandosi prima di cambiare idea. “Sarà meglio per tutti se non lo faccio. Per favore fallo tu per me, Naomi.”
Senza aspettare una risposta, saltò dalla finestra, lanciandosi nel cielo. Mentre il suo corpo scendeva in picchiata lungo la cresta della montagna, il vento gli riempì le orecchie con un rumore che bloccava il suono dei singhiozzi di Naomi. Quando stava per schiantarsi al suolo, aprì le ali e sollevò il corpo verso l’alto, evitando l’impatto solo per qualche centimetro. Andò verso il Salone del Giudizio, l’unico posto tranquillo dove poteva rimanere da solo e pensare a come convincere Gabrielle a lasciarlo partire.
5
Dopo aver aperto le pesanti porte di mogano, Jeremy entrò nella sala. L’ambiente era illuminato dalle numerose candele allineate lungo i muri. Alla fine del grande salone c’era un trono di legno pregiato. Il ricco cuscino di velluto splendeva alla luce delle candele che circondavano il trono del giudizio. Jeremy era stato in quella stanza decine di volte con Lash, e a volte con altri angeli caduti. Era sempre rimasto in disparte, a guardare Michael emettere le sue sentenze, chiedendosi cosa si provasse ad inchinarsi davanti all’arcangelo più potente, sentendosi vulnerabili, ad implorare il perdono e a supplicare di essere riammessi in Paradiso. Sebbene infrangesse le regole ogni tanto, Jeremy non era mai stato sfiorato dall’idea di infrangere le leggi del Paradiso al punto da venirne espulso. Perché avrebbe dovuto? Disponeva di tutto ciò di cui avesse mai avuto bisogno o che avesse mai voluto . . . finora.
Le fiamme tremolavano mentre Jeremy si recava con decisione verso il trono di Michael e vi si inginocchiava davanti. Appoggiò la testa sul petto. Non doveva più chiedersi cosa sentissero gli altri in questa posizione. Lo provava in ogni parte del corpo. Sentì un peso al petto mentre le ultime settimane gli scorrevano nella mente. La lite con il fratello, il desiderarne la moglie, il sognare una vita in cui Lash non ci fosse così da poter avere Naomi per sé.
“Perdonami, fratello.”
La sua voce possente echeggiò nel salone silenzioso. Aveva lottato duramente per riconquistare la fiducia di Lash. Non voleva perdere il fratello ancora una volta. Il pensiero di andarsene e non rivedere più la propria famiglia o Naomi gli stava strappando il cuore, pezzo dopo pezzo. Non poteva rimanere. Non se ne poteva andare.
“Aiutami a trovare un modo.”
Una brezza fresca gli sfiorò il collo, seguita da un tocco sulla spalla. Si alzò di scatto e si girò rapidamente.
“Gabrielle!” Cosa ci faceva qui? Gli angeli non entravano in quella sala a meno che non dovessero farlo.
“Stavo . . . uh, stavo . . .” Jeremy si passò una mano fra i capelli osservando il salone, alla ricerca di una scusa. “Stavo cercando una candela extra.”
Ne afferrò una dallo scaffale, imprecando quando la cera calda gli cadde sulla mano. Mentre la strofinava, guardò verso Gabrielle. Il suo stomaco si contorse vedendo l’espressione sul suo viso. Era lo stesso sguardo che gli aveva rivolto Naomi—pietà.
Naomi le aveva forse raccontato ciò che era successo? Non poteva pensare ad un altro motivo per cui Gabrielle, che era sempre molto pragmatica, potesse avere quell’espressione. Che patetico. Anche il più duro degli arcangeli provava pena per lui.
“Oh, mi dispiace che ti sia bruciato.”
Perché continuava a rimanere lì?
Dì qualcosa. Sgridami. Buttami fuori. Qualunque cosa.
“Ne è passato di tempo dall’ultima volta in cui questo corpo è stato toccato da cera calda.” Fece apparire le fossette, sperando che lei avrebbe colto la sua allusione e l’avrebbe sbattuto fuori a calci dal salone.
“Jeremiel.” Gabrielle espirò lentamente. Le sue ciglia scure si abbassarono per un momento, poi si risollevarono. I suoi occhi color smeraldo lo guardarono con tenerezza. Aveva paura che lui sarebbe crollato.
Jeremy fece un passo all’indietro, sorridendo con tanta forza da temere che i suoi denti si sarebbero sgretolati.
Forza, Gabrielle. Rimproverami. Puniscimi. Però smettila di guardarmi in quel modo. Non posso accettarlo anche da te.
Nella sala si fece silenzio. Il cuore di Jeremy gli pulsava nelle orecchie mentre aspettava che Gabrielle gli desse una risposta.
“Per essere un ottimo giocatore di poker, sei un pessimo bugiardo” disse lei alla fine.
“Sì, me l’hanno già detto.”
“Non intendevo disturbarti. Se hai bisogno di stare da solo per qualche minuto, posso mettere qualcuno di guardia alla porta per controllare che nessuno entri.”
“No, ho finito qui.” Jeremy espirò a fatica. Gabrielle non fece domande sul perché fosse solo, inginocchiato come uno dei caduti davanti al trono di Michael. Era troppo educata per farlo. Era un aspetto del suo carattere che gli piaceva molto.
Le labbra di Gabrielle si curvarono in un sorriso dolce. Se Jeremy voleva chiederle il permesso di rimanere sulla Terra, questo era il momento. Aprì la bocca, ma le parole gli rimasero bloccate in gola.
“Volevi chiedermi qualcosa?”
Chiedi, cretino.
La bocca gli si seccò per la paura di dover spiegare il motivo della sua richiesta. In quanto arcangelo, non aveva bisogno di un permesso per recarsi sulla Terra, ma per una permanenza prolungata gli serviva l’approvazione di Michael o di Gabrielle. Quest’ultima era la sua migliore possibilità. Era molto rigida quando si trattava di seguire il regolamento degli angeli, ed era sempre ligia al dovere, ma non era curiosa. La prima volta in cui se ne era andato dopo la lite con Lash, era stata lei a suggerirgli di allontanarsi. E, quando era tornato, lei non gli aveva mai chiesto dove fosse stato.
“Io, uh . . . ” Osservò la candela che teneva in mano, facendola scorrere nervosamente fra il pollice e l’indice.
Non poteva farlo. Sapeva di doversene andare, ma non poteva sopportare il pensiero di lasciare Naomi e non vederla tutti i giorni. E Lash . . . la gola gli si seccò di nuovo. Naomi aveva ragione. Dopo tutto ciò che lui e il suo migliore amico avevano affrontato, gli avrebbe spezzato il cuore. Lash era finalmente felice, e non voleva essere lui a fare a pezzi il suo mondo perfetto.
“Lascia che ti aiuti.” Gabrielle gli si avvicinò e poggiò delicatamente una mano sulla sua.
Jeremy sollevò lo sguardo ad osservare il suo bellissimo viso. Non le era mai stato così vicino. Vide il modo in cui il suo vestito color crema le fasciava le curve e come i riccioli dorati le cadevano sulle spalle come seta. I suoi occhi erano così intensi. Erano un caleidoscopio di giallo con varie gradazioni di verde. La guardò intensamente. Era come se un velo fosse stato sollevato, e lui potesse vedere le profondità della sua anima. C’era molta forza in lei . . . e tristezza.
Lentamente alzò una mano e le fece una carezza. Era stupenda. La sua mano non sentì una scossa come era successo quando aveva toccato Naomi. Ma sentiva un certo senso di pace stando vicino a lei. Lei riusciva a capirlo. Forse erano destinati a stare insieme, legati dal loro amore non corrisposto—quello di Gabrielle per Raphael e il suo per Naomi.
Chissà.
Abbassò la testa. Poi le accarezzò le labbra con le sue in un bacio leggero come una piuma.
6
Non aveva sentito niente. Nessun fuoco che gli percorresse il corpo. Nessun trepidare dello stomaco per l’anticipazione di qualcosa di più. Era stato come aver baciato la propria madre.
“Non è questo che intendevo, Jeremiel.” Gabrielle abbassò la testa, allontanandosi da lui.
“Mi dispiace. Non so cosa mi sia preso.” Si sedette sul gradino più basso della pedana e si mise la testa fra le mani. Stava facendo un casino. Era questo che avrebbe dovuto aspettarsi d’ora in poi—fare gesti inappropriati in uno dei luoghi più sacri? Aveva baciato Gabrielle, diamine!
Scosse la testa. Doveva esserci qualcosa che potesse fare. In qualche modo Gabrielle era sempre riuscita a controllarsi, e l’aveva fatto per secoli.
Sollevò lentamente la testa. Lei possedeva le risposte. Era lei a dovergli dire cosa fare.
“Tu come ci sei riuscita?”
“Scusa?”
“Come ci sei riuscita, vedendolo tutti i giorni, sapendo che Raphael non . . .?”
Un’ondata di dolore le attraversò il bellissimo viso. Lui trattenne il fiato alla vista di tanta angoscia. Durante tutti gli anni in cui aveva lavorato con lei, non l’aveva mai vista così. Gabrielle corrugò la fronte mentre lottava per riportare un’espressione normale sul viso e allontanare secoli di dolore e desiderio. Prima che Jeremy potesse scusarsi per aver parlato di Raphael, lei alzò una mano, facendolo tacere.
“Tu lo sai” disse.
Lui annuì.
Gabrielle chiuse gli occhi per un attimo, pensando. Quando li riaprì, fece un respiro esitante, come se fosse indecisa sul fare una domanda alla quale voleva disperatamente una risposta. Dopo aver preso fiato, le parole le uscirono di botto:
“Lo sa qualcun altro?”
“Non credo.”
Lei annuì leggermente, poi si voltò e fece qualche passo. La sua tunica svolazzava seguendo i suoi movimenti. Si contorse le mani, parlando fra sé e sé: “Devo migliorare. Tutti lo scopriranno.”
Fantastico. Adesso aveva peggiorato le cose. Non avrebbe dovuto nominare Raphael.
“Non dirò nulla su te e . . .”
Gabrielle si immobilizzò, inorridita.
Devo stare zitto. Jeremy fece una smorfia e chiuse la bocca.
“Non sono preoccupata, mi fido di te. Ho solo pensato . . . lascia perdere.” Scosse la testa come per svuotare la mente da ciò che la preoccupava ed espirò lentamente. “Allora, vuoi sapere come faccio?”
“Sì.”
Gabrielle rimase in silenzio per un momento. Il suo bel viso passò da un’espressione di desiderio a una di felicità e poi di dolore, per finire con la sua abituale espressione dura.
“Lo fai . . . e basta.”
“Tutto qui? Nient’altro?” Doveva esserci qualcos’altro. Era pronto a provare di tutto.
“Nient’altro. Va meglio con il passare del tempo, o così ho sentito dire. Lo dicono i filosofi umani. Non sono sicura che la cosa si applichi anche agli angeli. Il tempo degli umani ha una fine, mentre per gli angeli è . . .”
“Infinito” gemette Jeremy. Appoggiando la schiena al gradino, guardò la volta del soffitto. Le ombre prodotte dalle candele danzavano sul suo viso splendido mentre studiava le intricate decorazioni gotiche presenti nel salone. Era buffo quanto gli uomini desiderassero la vita eterna. Se solo avessero saputo cosa significava vivere per sempre.
Cosa avrebbe potuto fare?
“Quindi la prima volta in cui te ne sei andato non ti ha aiutato per niente?” chiese lei.
“Sì . . . no . . . non lo so. Inizialmente è stato difficile dimenticare Naomi. Pensavo a lei ogni giorno, e non capivo perché non riuscissi a liberarmi di lei. Aver saputo del nostro passato insieme ha reso le cose ancora più—”
Si fermò e si girò verso Gabrielle, che si sedette sul gradino al suo fianco.
“Cosa stai facendo?” Gabrielle spalancò gli occhi vedendo che lui le si avvicinava, inspirando.
“Quel profumo.” Chiuse gli occhi, annusandole nuovamente il collo. Era un misto di gelsomino e cocco.
“È la lozione che mi hai portato quando sei tornato dalla Terra, ricordi?”
“Sì, è vero.” Appoggiandosi all’indietro, posò i gomiti sul gradino, lasciando che la mente viaggiasse e ricordasse il tempo che aveva passato sull’isola fiorita. Ricordi di alberi carichi di boccioli di plumeria, spiagge di sabbia bianca, e tavole da surf gli passarono per la mente.
“Quindi il tuo tempo sull’isola . . . Pensavo ti avesse aiutato stare lontano.”
“Lo ha fatto.” Erano successe così tante cose dal suo ritorno da Kauai da fargli sembrare che fossero passati anni. Veramente, erano passati anni, secondo lo scorrere del tempo sulla terra.
“Sembrava che ti stessi divertendo mentre eri via.”
Jeremy fece un balzo. Cosa aveva visto Gabrielle? Per la maggior parte del tempo si era trascinato in giro, passeggiando sulle spiagge finché non aveva incontrato Sammy e Leilani.
Sorrise, rimembrando. Che coppia erano quei due. Qualche settimana con loro ed era tornato a sentirsi il suo vecchio sé stesso, finché . . .
Deglutì a fatica, spostando l’attenzione su Gabrielle.
“Hai visto?”
“Certo che ho visto. Ti ho lasciato la maggior privacy possibile, ma Michael voleva che dessi un occhio al suo arcangelo più prezioso. Ce ne sono così pochi come noi. Non voleva correre il rischio di perderne un altro. E poi, non avevo mai visitato Kauai. È una bellissima isola.”
“Lo è.”
Gabrielle lo studiò per un attimo, osservando i jeans e la maglietta nera. Erano così diversi dai vestiti su misura che usava prima. “Sei cambiato così tanto da quando te ne sei andato. Hai anche fatto amicizia con degli umani.”
“Hai visto anche questo.”
Ed eccoci. Rimase in attesa della sua condanna e del suo avvertimento. Gli angeli, specialmente l’arcangelo della morte, non dovrebbero mai avvicinarsi agli umani. Non bisogna fare amicizia con loro e, soprattutto, non bisogna innamorarsene. Annebbia il giudizio e impedisce ad un angelo di svolgere il proprio dovere. Jeremy non aveva bisogno che gli venisse ricordato cosa succedeva quando un angelo si avvicinava troppo ad un essere umano. Gli bastava guardarsi allo specchio.
“Sì—almeno in parte. La cosa che ho preferito è stata la gomma da masticare. È una ragazza attraente. Qual era il suo nome?”
Jeremy sollevò un sopracciglio, sorpreso dalla reazione di Gabrielle. O si stava ammorbidendo per quanto riguardava le regole, o lui aveva veramente un aspetto terribile, e lei non aveva il coraggio di—come dicevano gli uomini?—infierire su un uomo già a terra.