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Una promessa rubata
Il padre, preoccupato, pregò il prete di parlare con il figlio.
– ‐ Sì, non ho paura della morte, anzi la voglio! Perché? Perché solo così incontrerò la mia Miriam. -‐ gli disse il giovane conte Guevara Latron.
– ‐ Mi dispiace, -‐ il prete scosse la testa -‐ quest’incontro non potrà aver luogo. Tu sai che nel regno celeste possono entrare solo i cristiani e Miriam era musulmana.
– ‐ Ma questo non è giusto! Non è colpa sua se è stata nata in una famiglia musulmana! Lei non sapeva neanche dell’esistenza di Cristo, come avrebbe potuto essere battezzata?
Il prete scosse la testa con commozione, alzò le spalle e stese la mano per metterla sulla testa del giovane, ma questi si scansò e uscì frettolosamente dalla chiesa.
Da quel giorno il conte Latron è sempre cupo. Non trova consolazione e speranza né sulla terra né in cielo, né nella vita, né nella morte. Fu così che il padre, convinto che chiodo schiaccia chiodo, decise – quale ultima speranza – di fargli intraprendere un viaggio lungo e difficile verso paesi sconosciuti, incontro a nuovi pericoli, nuovi amici e forse anche un nuovo amore.
Ecco perché Pedro adesso si trova sulla riva del fiume presso una città dallo strano nome “Vibinum”. Il loro esercito deve recarsi al santuario dell’Angelo, sul Gargano, e da lì partire per la Terra Santa.
Si muovono solo al tramonto. Dopo un breve tragitto il conte Latron si volta indietro. Sullo sfondo del cielo color porpora, sulla cima della montagna, biancheggia la città, somigliante alla sua Calaat-‐Rava. Si sente stringere il cuore: bisogna ricordare questo nome: Vibinum. Tornerò ancora, -‐ promette a se stesso -‐ ancora libererò Calaat-‐Rava. Forse non io ma i miei figli o i figli di miei figli. Chissà! Ma per fare questo bisognerà almeno accasarsi.
Quest’idea inaspettata lo costringe a sorridere, per la prima volta dopo quasi un anno.
2
Durante la spedizione il conte non ha davvero tempo per cupi pensieri. Appare subito chiaro che egli ha l’innato talento del condottiero: tutti i Guevara erano eccellenti militari. Per questo è chiamato alla pianificazione delle operazioni militari. Certamente un ruolo importante aveva avuto anche il suo glorioso nome, la gloriosa origine.
Ma un giorno il passato lo accappia e gli assesta un duro colpo.
I crociati già da tempo tengono in assedio una cittadina dove una settimana prima erano esaurite acqua e cibo. Ogni giorno fuori dalle porte della città si gettano i corpi dei morti per fame e per sete: di solito bambini, vecchi e donne, perché le ultime briciole di cibo e la rugiada raccolta all’alba sono riservati ai militari. I crociati osservano attentamente se qualche corpo si muove: tra i cadaveri può nascondersi una spia.
Giusto a mezzogiorno la porta si apre e altri corpi vengono gettati fuori. Improvvisamente tra loro sguscia una giovane donna, che comincia a correre stringendo al petto un bambino.
– ‐ Che cosa è? – si volta Latron al vecchio interprete.
Questi alza le spalle:
– ‐ Cerca di salvare il suo bimbo. Ma chi glielo permetterà? Lei potrebbe descrivervi la situazione nella città.
Infatti, dopo qualche momento di sbigottimento, in direzione della donna volano prima maledizioni poi anche pietre.
– ‐ Guarda, risparmiano le frecce, evidentemente anch’esse stanno per finire, -‐ dice il vecchio a Latron.
Ma questi già non sente più nulla. La figura femminile che corre, le pietre… Come la sua Miriam! Monta a cavallo e corre al galoppo incontro alla donna. In quel momento volano le frecce – poche e precise. Une delle prime si conficca nella schiena della donna. Lei cade e resta immobile.
Quando il giovane si avvicina la donna è già morta. Il neonato succhia avidamente il suo seno, dal quale già gocciola sangue, non latte. Latron prende il suo corpicino quasi senza peso e, risalito a cavallo, torna indietro. Nella sua mente balena l’immagine del suo antenato che porta via dai nemici un altro neonato, un figlio di re. Al contrario, questo bimbo che reca con sé non è affatto un figlio di re…
– ‐ Non sopravvivrà, è troppo debole, non riusciremo a salvarlo. E poi non sopporterebbe la vita dell’esercito. E dove troveremo il latte per lui? – dice afflitta la superiora delle suore che curano i feriti.
Il giovane mastica della mollica, l’avvolge nello straccio più pulito che ha trovato e ne mette un po’ nella bocca del bimbo; ma questi è troppo debole e piccolo per un simile cibo… Fino alla mattina Pedro siede dondolando il bambino, che all’alba cessa di vivere…
Il conte piange senza emettere alcun suono, disperatamente. Non aveva pianto così neppure sul corpo di Miriam. Neanche il bambino entrerà nel regno celeste. E neanche sua madre…
Accanto al giovane si mette a sedere un frate. È come se avesse letto i suoi pensieri:
– ‐ Non disperarti così. Lassù in cielo, tra l’inferno e il purgatorio, c’è una valle verde con un castello al quale si accede attraverso sette porte. Nel castello vivono le anime dei bambini non battezzati e delle persone che durante la vita non hanno incontrato Dio ma hanno vissuto, anche senza saperlo, secondo i suoi comandamenti. Essi non
soffrono, non patiscono, sono quasi felici. Dico “quasi”, perché non possono vedere Dio. Il fuoco dell’inferno non li brucia, la solitudine non li gela. Il fiume mormora, i fiori sbocciano, le farfalle volano. Hanno tutto tranne la possibilità di vedere Dio e questo crea in loro un’ansia eterna… Ma, anche se non vedono Dio nessuno può confermare che non vedano Sua madre. La Madonna porta nella valle verde il sollievo e la calma… Come si traduce in spagnolo “valle verde”? Val verde? Prega alla Madonna di Valverde…
Il discorso del monaco è ritmato e quasi ninnante. Le lacrime del conte pian piano si asciugano, il dolore ardente dell’anima si placa. “La Madonna di Valverde…», ripete dentro di sé.
– ‐ Io stesso o i miei figli, o i figli dei miei figli libereremo dai Mori Calaat-‐Rava e costruiremo presso il ruscello il santuario della Madonna bruna con gli occhi neri, la Madonna di Valverde, per la mia Miriam, per questa donna, per il suo piccolissimo bimbo…
3
I crociati sono accompagnati da un gruppo di suore che solitamente curano i malati e i feriti, ma cucinano anche, riparano i vestiti e aiutano come possono i militari a superare la nostalgia.
Pedro fa amicizia con alcune di loro, in particolar modo con suor Teresa, originaria del Sud Italia, la cui comunità è venuta con Boemondo di Taranto, figlio di Roberto Guiscardo. Di solito vivace e gioiosa Teresa ultimamente è molto cambiata. Un giorno decide di rivelare a Pedro il suo tormento:
– ‐ Mi sembra di essermi sbagliata nella vocazione. Non per ciò che riguarda il monachesimo in generale, ma nel servizio ai crociati. Non sopporto più di veder morire anziani e bambini, colpevoli soltanto di non essere cristiani. Fascio le ferite e curo i nostri militari e la mattina successiva di nuovo essi vanno all’assalto e di nuovo muoiono degli innocenti…
– ‐ Gli innocenti muoiono non solo per colpa nostra! -‐ replica Don Pedro, poi racconta alla suora la storia di Miriam.
Teresa ammutolisce cercando, senza successo, parole di consolazione. È Il conte stesso a rompere il silenzio:
– ‐ Credo che questi pensieri tormentino non solo noi. Tutti vedono che ci sono persone per bene anche tra i musulmani.
Poi si volge e indica Abdullah: – Per esempio, lui!
Spesso i crociati incontrano i profughi, donne, bambini e anziani, che, con l’avvicinarsi delle truppe, cercano di lasciare città sperando di trovare rifugio dalla guerra. I crociati li fanno passare permettendo loro di raggiungere parenti o amici.
Con un gruppo di profughi andava anche Abdullah, un vecchio con i capelli grigi. Si era storto un piede ed era costretto a restare indietro rispetto agli altri. Le suore lo hanno fasciato e fatto riparare all’ombra. Per alcuni giorni non è stato bene, poi si è abituato al campo ed è rimasto con i crociati, servendoli come interprete e informandoli sugli usi e costumi locali.
– ‐ Dove devo andare? Non ho nessuno, non ho paura di niente. La morte mi troverà ovunque quando arriverà il tempo! -‐ aveva confidato.
Abdullah è matematico e astronomo ma anche un uomo di vasta cultura. È innamorato della sua professione e sa raccontarla in modo così affascinante che di sera attorno al falò i crociati lo ascoltano a bocca aperta. Ad esempio:
– ‐ Quanto fa uno più uno? – egli domanda.
– ‐ Due! – rispondono tutti insieme.
– ‐ E no! Un gatto più un topo faranno un gatto, e un coniglio più una coniglia faranno ventiquattro cuccioli!
– ‐ Mah! È vero!
Gli ascoltatori sono spiazzati.
– ‐ Oppure: un cavaliere più un fante saranno due uomini e un cavallo -‐ li punzecchia il vecchio.
– ‐ Aspetta, qualcosa non va! Ci hanno insegnato: uno più uno fa due, due più due fanno quattro. Guarda: una moneta e un’altra moneta sono due monete, una mano più un’altra sono due mani.
– ‐ E una mano più un piede? – sorride con furbizia Abdullah.
– ‐ Anche due!
– ‐ Ma due di che cosa? Di mani o di piedi? Adesso, cari miei, dobbiamo capire che cos’è l’astratto e, quindi, la generalizzazione…
Quando il falò si spegne, tutti sono sdraiati sull’erba, guardano il cielo e il vecchio gli racconta delle stelle.
4
Queste serate piacevano a tutti, ma una sfortunata notte la scintilla del falò dà fuoco alla tenda dove dormono le suore. In un attimo la fiamma spicca il volo. I crociati corrono a spegnere il fuoco coprendolo con la sabbia. Abdullah corre tra le fiamme nella tenda e comincia ad aiutare le donne ad uscire: la prima, la seconda, la terza… poi si sente soffocare e cade. Quando riescono tirarlo fuori è ormai troppo tardi. C’è ancora qualche barlume di vita, ma è chiaro che non è possibile salvarlo.
– ‐ Battézzati, ti prego, battézzati! Ho tanta voglia di incontrarti nel regno celeste! – lo prega insistentemente Teresa.
– ‐ Non addolorarti, ragazza, -‐ disse con un filo di voce Abdullah -‐ se il vostro Dio è così saggio e misericordioso come credete, qualcosa inventerà per me…
Teresa che è stata una delle prime a scappare dalla tenda per aiutare spegnere l’incendio, siede vicino al corpo del vecchio, impietrita. “Come me vicino al corpo di Miriam”, pensa Latron. Si siede accanto a Teresa e l’abbraccia:
– ‐ Sai, Abdullah ha nuovamente ragione… Dio ha pensato già a tutto. Tra l’inferno e il purgatorio c’è la Valle verde…
Pedro ripete le parole del monaco nello stesso modo ritmico e tranquillizzante e sente che Teresa si ravviva, poi comincia a singhiozzare, infine si acquieta:
– ‐ E tu, quando finirà questa campagna, fonderai una comunità e pregherete la Madonna di Valverde, bruna con gli occhi neri, per tutti gli uomini non battezzati ma giusti, per Miriam, per Abdullah. Sono sicuro che ti appoggeranno in molti. Guarda, anche i templari hanno già scelto come loro protettrice la Madonna nera, e non a caso. In verità essi citano “Il Cantico dei cantici”, ma penso che il motivo sia un altro…
E così fu. Lo stesso anno ad Acri fu fondata la prima comunità femminile della Madonna di Valverde, nel 1229 le suore di quest’ordine giunsero nei dintorni di Matera e più tardi presso Vibinum.
Il conte Pedro Ladron Guevara torna in Spagna, trova moglie e fa crescere i figli, per avere qualcuno a cui affidare le sue promesse.
Capitolo III
Don Pedro junior
L’anno 1157
1
Fin dal mattino era agitato, anche se cercava di non farlo vedere. Altro che! Per la prima volta, dopo dieci anni passati lontano dalla patria, stava tornando in Spagna.
Nella sua agitazione c’era tutto: il presentimento del viaggio lungo e difficile; la gioia dell’imminente incontro con la madre e la nonna; l’orgoglio della partecipazione all’importante impresa; ma anche una certa preoccupazione, se non proprio paura.
Procedevano in grande reparto, composto da drappelli di cavalieri giunti dai diversi monasteri. Era stato il suo grande nonno e omonimo, Pedro Ladron de Guevara, ad aver creato e organizzato questa struttura.
Tornando dalla crociata, il nonno Pedro si era preoccupato di trovare una moglie degna di essere madre dei suoi futuri figli. Non si faceva illusioni sulla possibilità di liberare subito Calaat-‐Rava, così cara al suo cuore: il re non aveva le forze per questa impresa militare. Ma il motivo principale era che ai giovani militari non era concesso il tempo di acquisire l’esperienza necessaria né quello di sposarsi e fare figli.
I Mori, infatti, controllavano attentamente ogni gruppo di giovani e colpivano prima che diventassero adulti. E così nella testa di Pedro era maturata un’idea: bisognava mandare i figli minori nei paesi vicini e là farli diventare dei veri militari. In questo caso i Mori non avrebbero potuto raggiungerli e sarebbe stato possibile preparare, a loro insaputa, un vero esercito.
I monasteri della Francia e dell’Italia sarebbero dovuti diventare centri per la preparazione di quei giovani. Ma i signori locali non avevano alcun interesse a riempire i monasteri di cavalieri armati; il nonno doveva usare tutta la sua capacità diplomatica e strategica per convincerli.
Il monastero di Troia (dove avrebbe in seguito studiato Pedro nipote) era stato dato agli Spagnoli nel 1124, dopo che il drappello di giovani cavalieri sotto la guida di Sancho, figlio del primo Pedro e padre del secondo, aveva aiutato i Normanni, e in particolar modo il conte di Loretello e il re di Sicilia Ruggero II, a rafforzare il loro potere in Puglia. Da allora momento il monastero si chiamò San Nicola Calatrava.
In ogni modo non era possibile tenere molti giovani in un solo posto perciò quando arrivavano nuovi gruppi di ragazzi si costruivano o si prendevano in gestione nuovi monasteri.
Con il tempo il numero dei militari preparati era cresciuto. Nel 1147 un drappello di giovani, sotto la guida dell’abate del monastero di Orsara, era partito per la Spagna. Ufficialmente si disse che l’abate spagnolo aveva organizzato il lungo viaggio per ricevere notizie e creare un rapporto d’amicizia con il re, anche se la loro amicizia durava già da molti anni – erano nati e cresciuti nella stessa città. Il motivo per cui aveva preso con sè tanti
“frati” era dovuto alla pericolosità del viaggio. Ma tutti i cavalieri sapevano che li aspettava una grande battaglia: la liberazione di Calaat-‐Rava.
E la battagia ci fu. Calaat-‐Rava fu liberata e l’abate ricevette dal re la villa Bamba per il coraggio dei suoi “frati”.
Tra i giovani c’era anche il fratello maggiore di Pedro junior, Vela, a cui fu affidata Bamba. Lì -‐ presso Bamba, non Calaat-‐Rava -‐ fondò subito il santuario della Madonna di Valverde. Così la promessa del nonno non era stata realizzata pienamente. E adesso – morti in battaglia sia Pedro che suo figlio Sancho – Vela, il nipote maggiore di Pedro, doveva farlo.
2
Tutto questo il giovane Pedro aveva saputo dai racconti di Vela, della nonna e della madre, quando aveva solo dieci anni, ascoltando con il fiato sospeso.
Il nonno si era lanciato all’attacco per primo. Nella sua figura – col mantello svolazzante al vento, sul cavallo che volava – c’era qualcosa di spaventoso e mistico insieme.
Sancho aveva cercato di raggiungere il padre, ma vi era riuscito solo quando il cavallo di Pedro era caduto sotto una pioiggia di frecce. Questo non aveva fermato il cavaliere. Il figlio gli aveva offerto il suo cavallo, ma Pedro lo aveva scansato senza dire una parola ed era corso avanti.
Era penetrato nella città come un coltello nel burro. Sembrava che la morte non dovesse coglierlo, ma all’improvviso un colpo lo raggiunse, poi un altro…
Sancho voleva aiutare il padre ferito, ma questi di nuovo lo scansò e di nuovo entrò in battaglia. Le frecce volavano dai tetti delle case. Sancho, per proteggere il padre da una di esse, fu colpito a morte. Neanche questo fermò Pedro. Ma subito dopo, anch’egli colpito a morte, cadde accanto al figlio…
Vela entrò nella città dall’altra parte insieme con il riparto dei “frati”. Furono loro a trovare i corpi del nonno e del padre.
3
Pedro si stava preparando al viaggio: era arrivato il tempo di partire per l’Italia; la lotta non era ancora finita. Il ragazzo aveva un po’ di timore a lasciare la casa.
– ‐ Perché non posso rimanere? – domandava – Calatrava è liberata, perché bisogna ancora preparare i militari in altri paesi?
– ‐ Prendere una città è più facile che tenerla! – gli spiegava ragionevalmente il fratello – Il re non ha forza per difenderla. Hai visto, è stato costretto a dare Calatrava ai templari, ma neanche loro possono tenere qui un grande riparto perché il loro primo dovere è nella Terra Santa. E i Mori sono ancora molto forti. Dio voglia che i templari resistano almeno dieci anni, fino a quando voi sarete cresciuti. Poiché quasi tutti i vostri padri, nonni e fratelli maggiori sono caduti in battaglia, cosa succederebbe se i templari partissero?
– ‐ E come mai tu resti?
– ‐ A chi affidare la mamma e la nonna? Ed è, inoltre, necessario preparare il vostro ritorno. Non tutto è così semplice…
Il discorso con la nonna era molto più difficile. La perdita del marito e del figlio l’aveva impietrita. La nonna disse:
– ‐ Devi. Questo è tutto. Tutti i tuoi antenati sono stati militari, lo sarai anche tu. È un lavoro pericoloso, conduce alla morte. Per soppravvivere e vincere, o solamente vincere, bisogna essere buon militare. Perciò vai in Italia per diventare buon militare.
– ‐ Ma se io non volessi fare il militare? Se volessi fare qualcos’altro?
– ‐ E che cosa? Piantare i fiori? Sarà possibile farlo dopo la guerra.
– ‐ E quando finirà la guerra?
– ‐ Boh, Dio voglia che i tuoi pronipoti possano vederlo… Ma adesso bisogna essere buon militare. Vedi, persino i monaci partecipano alla lotta, anche se potrebbero passare questo brutto momento dietro le mura del monastero.
– ‐
La mamma non diceva nulla a Pedro, lo stringeva solamente, abbracciandolo e cercando di non piangere. All’ultimo momento disse:
– ‐ Meglio che tu vada, almeno per te il mio cuore non soffrirà.
4
Pedro sta per tornare, col suo riparto, in patria. Suo fratello Vela è venuto a prenderli e li mette al corrente di ciò che li aspetta:
– ‐ I templari non possono più difendere Calatrava, devono conservare le forze e prepararsi alla nuova crociata. Il re Sancho III si è immischiato nella guerra contro Navarra e Calatrava non gli interessa. Dobbiamo sostituire noi i templari.
– ‐ “Noi” chi?
– ‐ Tu sai che i templari sono un Ordine monastico militare. Non vogliono lasciare la città ai vassalli del re perché questi sono obbligati a combattere là dove lui ordina e re Sancho adesso è turbato solo da Navarra. Dunque servono uomini indipendenti dal re.
– ‐ E noi siamo indipendenti?
– ‐ Insomma sì. Vivete nei monasteri perciò si può dire che siete in un certo senso monaci. E siete cavalieri. Quasi come i templari.
– ‐ Però essi hanno un Ordine proprio! E noi? Ti chiedo ancora una volta: noi chi siamo?
– ‐ Siete Calatrava. Avrete anche voi il vostro Ordine, aspetta e vedrai.
Partono da Troia a Napoli di notte, per imbarcarsi al mattino. Pedro, voltandosi, scorge, sulla cima di una delle montagne, una corona d’oro appesa al cielo nero. Dapprima si stupisce, poi, guardando attentamente, capisce che sono le luci di Vibinum, città dove suo nonno aveva promesso di tornare.
A Pedro sembra che il loro viaggio assomigli alla nascita di un fiume: i piccoli riparti si incontrano, confluiscono e procedono insieme, incorporando via via altri nuovi “riparti-‐ ruscelli” e diventando un fiume sempre più ricco d’acqua. Un altro “fiume” proviene dalla Francia, alimentato da “ruscelli” più piccoli affluenti da altri paesi, alcuni dei quali molto lontani.
5
Ai riparti è stato ordinato di fermarsi lontano da Calaat-‐Rava per non attirare l’attenzione. Pedro non capisce come mai. Vela spiega:
– ‐ Non conviene far vedere al re Sancho che i templari non vogliono lasciargli la città. Potrebbe sentirlo come offesa e sarebbero guai. Non ci bastano i Mori come nemici, serve anche un conflitto con il re?!
– ‐ Cosa fare?
– ‐ Vedrai. Importante è trovarsi al momento giusto nel posto giusto.
Pedro comincia a osservare gli avvenimenti con interesse: ecco, i templari rifiutano di difendere la città; ecco, il re torna da Navarra e cerca qualcuno a cui affidare Calaat-‐Rava. Ma tutti rifiutano e, in fondo, non c’è da stupirsi: se un Ordine così potente come i templari non può difendere la fortezza, cosa dire dei singoli signori locali?
– ‐ Davvero Calaat-‐Rava non serve a nessuno? – Pedro domanda al fratello Vela.
– ‐ A qualcuno serve certamente ma è stato possibile convincerli a non esporsi.
– ‐ E come hanno potuto convincerli?
– ‐ Spiegando loro che gli Ordini sanno essere grati. A differenza di alcuni re…
Nel giorno del ritorno del re Sancho a Navarra, nel campo dei cavalieri accade una cosa strana. La mattina presto arrivano due monaci. Entrano nella tenda di Vela che ordina di non disturbare nè lui, nè i suoi ospiti, ma permette a Pedro di essere presente alla conversazione.
Uno dei monaci è Raimondo Serrat, l’abate del monastero di Fitero, presso Navarra, dove il re sta conducendo la guerra. Il secondo è frate Diego Velasquez.
– ‐ Siete pronti? – chiede l’abate.
– ‐ Sì, e voi?
– ‐ Anche noi.
– ‐ Come pensate di convincere il re?
– ‐ Frate Diego è non solo ex cavaliere, ma anche amico d’infanzia del re Sancho. A lui il re crederà.
– ‐ Allora, avanti!
E così è stato.
Al re conviene dare la città ai frati ma ad una condizione: prima devono dimostrare che sono capaci di difendere Calaat-‐Rava.
Ora tocca ai cavalieri.
In pochi giorni (tanti, quanti servono per levare le tende e raggiungere la città) sotto le mura di Calaat-‐Rava si riuniscono quasi ventimila giovani cavalieri, ben preparati e armati, in maggior parte provenienti dalla Francia e dall’Italia. Dopo sei mesi il re sottoscrive la donazione della città “a Dio, a Santa Maria, all’abate Serrat e ai suoi frati”…
6
– ‐ Adesso finalmente si può realizzare la promessa del nonno – Vela dice a Pedro. – Lo ricordi ancora?
– ‐ Ma Calaat-‐Rava non solo è liberata, ma è anche indipendente! Davvero esisteva un’altra promessa?
– ‐ Sì. Fondare presso la città, sulla riva del fiume, il santuario della Madonna di Valverde.
– ‐ Valverde? E dove si trova?
– ‐ Vicino al purgatorio.
Vela racconta al fratello la storia del nonno: della bellissima Miriam, di Abdulla, della donna con il bambino, della valle verde del limbo…
– ‐ E la nonna? Lui non l’amava proprio?
– ‐ All’inizio no. Cercava una madre per i suoi figli, una ragazza forte e intelligente, capace di capire e di assecondare lo scopo della sua vita, il suo servizio alla Madonna della valle verde. E trovò nostra nonna.
– ‐ Ma lei sapeva..?
– ‐ Sapeva. Il nonno voleva che lei lo prendesse così com’era, non deludendo le sue speranze e non fingendo. E lei lo prese.
– ‐ Sembra che lei lo amasse molto…
– ‐ Sai, anche lui l’amava, non come amava Miriam, forse molto più profondamente. Di Miriam era innamorato, ma l’amore è tutt’altra cosa…
I fratelli trovano quel luogo riposto presso il fiume; vi costruiscono il santuario; vi posano la statua della Madonna bruna con gli occhi neri. Infine dedicano il santuario a Dio, a Santa Maria e all’Ordine di Calatrava.
Capitolo IV
Don Enrico
L’anno 1208
1
Questa morte assurda confuse tutti definitivamente. Che cosa insensata, morire per mano del fidanzato rifiutato dalla figlia! E proprio nella famiglia reale! Un amore infelice? Come se questo potesse accadere alle principesse! Enrico scuoteva la testa, incredulo. Ora bisognava prendere in fretta delle decisioni per risolvere la situazione in una terra come la
Puglia, così importante per lui, e non solo. Per questo si diresse subito a Messina, per condurre delle trattative con un ragazzino di 14 anni!