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Anima Nera Anima Bianca
Il primo grande artista ad essere registrato in loco fu lo storico BLIND LEMON JEFFERSON, un personaggio controverso che sarà soggetto di uno dei prossimi capitoli.
In realtà il musicista cieco (?) era già abbastanza famoso nell’ East Texas da dove proveniva ma…come artista di inni sacri! Fu solo con le grandi etichette che la sua immagine si convertì in quella di musicista maledetto.

La classica (e forse UNICA) foto ufficiale di Blind Lemon Jefferson. 1927
Fu proprio in chiesa all’angolo tra Elm Street e Central Avenue che egli venne scoperto da un talent-scout della Paramount, e infatti la prima incisione porta lo pseudonimo DEACON
( Diacono) L.J BATES. Come a dire che tra il Blues sacro e quello profano in fondo NON C’E’ una così profonda differenza! L’artista si firmò poi col suo vero nome per tutte le altre 70 registrazioni seguenti con la Paramount, fino al 1929, quando mori improvvisamente e con parecchie ombre.
Jefferson era un mirabile chitarrista e probabilmente il termine Texas Blues nacque con lui. Era in grado di ”martellare” la chitarra per ottenere dei bassi essenzialmente ritmici e ripetitivi subito seguiti da note ”aperte” e dal suono quasi arpeggiante. Il suo stile fece scuola influenzando gli innumerevoli artisti che si susseguirono in quelle sale d’incisione improvvisate, come SAM HILL, BUDDY WOODS, WILLIE RED, nomi che forse non vi diranno molto perché non sono mai balzati ai cosiddetti onori della cronaca, ma che rappresentano una pietra miliare della storia del Blues. Qualche anno dopo ecco l’oscuro LEADBELLY e l’aggressivo T. BONE WALKER, che applicarono le tecniche di Jefferson alla chitarra elettrica e combinarono il Blues con le neonate suggestioni del Jazz e dello Swing. L’utilizzo della chitarra amplificata segna infine l’ ingresso del Blues nell' epoca moderna.
Probabilmente fu EDDIE DURHAM con la sua band a darle quel risalto che in T. BONE WALKER era apparso come intuizione. Avvicinandosi sempre più al Rithm’n Blues. il ruolo della chitarra solista supera nel Jazz persino quello del sassofono, mentre nel Texas Blues sostituisce in larga misura il ruolo fino ad allora primario della voce!

Il DEEP ELLUM, fulcro del Texas Blues durante la Grande Depressione. 1930
Nel frattempo lo scoppio della Grande Depressione degli anni ’30 allontana temporaneamente le etichette dal mondo del Blues: si spengono le luci delle sale d’incisione portate ”a casa” degli artisti e inizia un periodo di semi-oblio mantenuto fortunatamente in vita da uno sparuto gruppetto di musicisti neri che si spostano nelle sale da ballo della zona sud del Texas, come la sala da Ballo ROSE, che a cavallo tra gli anni ’30 e '40 fu davvero una vetrina di eccezione per i talenti del Blues tipo BIG JOE TURNER, WILLIE NELSON o PEE WEE CRAYTON. Successivamente i musicisti si spostarono a Houston, soprattutto quando negli anni ’60 la zona Deep Ellum, il quartiere eccellente delle band, fu spogliata della ferrovia e relegata a ghetto industriale. Veramente a Houston molti musicisti avevano già preso alloggio, proprio per le migliori condizioni di vita e le possibilità di integrazione: vi troviamo SAM ”LIGHTNING” HOPKINS e suo cugino TEXAS ALEXANDER, ma anche ROBERT SHAW e HERSAL THOMAS, il fratello di SIPPIE WALLACE. Incidere a Houston era molto difficile. Le grandi etichette FREEDOM, MACY e PEACOCK arrivarono solo nel 1947 e trovarono una vera e propria antologia vivente del Blues che esprimevano ancora una volta il cocente dolore del nero emarginato arrivato lì da una terra lontana, per trovarvi solo fame e miseria. In questo filone ritroviamo nomi oggi abbastanza conosciuti, come ALBERT COLLINS, JOE HUGHES e JOHNNY WATSON, che comunque sono da molti considerati gli esponenti ”storici” del terzo ed ultimo periodo del Texas Blues, quello ormai agonizzante sposato al rock, al BEAT e al mondo trasformato dalle campagne Hippie che lo hanno defraudato delle ataviche radici. Queste nuove correnti giunsero infine nella città di Austin, ultimo baluardo di un Texas che cambiava...insieme alla sua musica. Dagli anni ’60 ad oggi è storia recente. Chi sta leggendo questo libro è sicuramente un appassionato del Blues e della Old America, ma anche se non lo fosse immagino che almeno uno tra i nomi STEVE RAY VAUGHAN, JIMMY VAUGHAM, JOE ELY e ANGELA STREHLI sia di suono familiare. Con loro la tradizione ”nera” del Blues si colora di ”bianco” e l’interesse verso questo genere inimitabile, in grado di plasmarsi con l’ ambiente circostante e di rinnovarsi al suono del tempo che passa, è cresciuto in tutta l’ America e non solo. E’ stato proprio grazie al Texas Blues che esso ha finalmente goduto del riconoscimento ufficiale della grandezza di un popolo martoriato e mai sconfitto, che è stato in grado di insegnare al mondo che nella musica risiede l’ anima di ognuno, e che grazie alla musica i popoli sopravvivono alla sopraffazione. Dopo la raccolta delle tradizioni blues degli storici LOMAX, padre e figlio, grazie ai quali un intero universo di musica e di tradizioni non è stato perduto, il Texas si è fatto promotore di una campagna mediatica di celebrazione e diffusione del Blues, di cui l’intero Stato è intriso fin dentro le ossa. Centinaia di manifestazioni e organizzazioni ogni anno coinvolgono la rete dei media e quello delle feste popolari per continuare una tradizione che non intende spegnersi. Una campagna di sensibilizzazione che ha contribuito in maniera eccelsa al riconoscimento dei diritti civili e sociali della popolazione Afro-Americana, e che è culminata nel 1987 con un evento storico per l’ intera nazione: una borsa di studio al pianista Blues Afro-Americano ALEX MOORE, che viene consegnata direttamente dal patrimonio nazionale del FOLK ART PROGRAM del NATIONAL ENDOWMENT for the ARTS. Il primo mattoncino di un edificio di Uguaglianza, Amore e Rispetto che ci auguriamo arrivi presto a toccare il cielo.
Charlie Patton
Il Padre del Blues?

Figura emblematica, da sempre considerato ”Il padre del Delta Blues” Charlie Patton è per molti un eroe leggendario approdato al Blues, musica ”malefica e corrotta“, proprio grazie alla sua degradata condotta ai limiti di una follia schizoide e del malessere tipico di chi vive ai margini.
Abbiamo già ampiamente parlato di come l’Afro-Americano ”liberato” in realtà galleggiasse in una sorta di limbo, privato della sua stabilità e delle sue tradizioni. Suonare il Blues era un tentativo di liberazione effettiva che coinvolgeva non solo la Black people ma anche moltissimi immigrati Europei, in genere Inglesi e Irlandesi, sfuggiti alla povertà dei sobborghi natii per finire nei meandri puzzolenti del Mississippi. La vita era dura per tutti: la speranza di sopravvivere molto scarsa. La famiglia Patton non era diversa. Dalla documentazione del censimento del 1900 si fa luce sul mestiere del padre, bracciante agricolo, e sulla data di nascita del piccolo Charlie, avvolta spesso in strane ombre.Contea di Hinds, sul Mississippi, aprile 1891.
Famiglia poverissima, costituita da padre, madre e due sorelle più grandi.
Il piccolo Charlie non frequentava molto la scuola ma aiutava nei campi. Tra castighi e scorrerie, data la natura ribelle del piccolo futuro ”genio“, la sua infanzia scorre tranquilla fino all’età di 9 anni, epoca in cui per mancanza di lavoro la famigliola si trasferisce nella piantagione di cotone di Dockery, venti miglia più a sud. E qui inizia il capitolo maggiormente misterioso e romanzato della sua vita, su cui tanti hanno scritto e discusso. Un capitolo strano, oscuro, degno delle migliori tradizioni Blues.

Ecco il certificato di nascita di Charlie Patton
Se Robert Johnson ebbe il suo mentore qualche anno dopo, e si dice che fosse il DIAVOLO, per Charlie Patton le cose cambiano solo in apparenza. Sicuramente il fatto che per entrambe le due mitiche figure l’incontro con il Blues e il momento in cui prendono in mano la chitarra si accompagnino alla frequentazione di personaggi equivoci con alle spalle un mix di musica, sangue e magia nera, alimenta la leggenda. Nel caso di Charlie la firma oscura del suo genio fu un Bluesman primigenio di nome Henry Sloan. Le cronache non ci dicono molto di lui. Ma la mia proverbiale cocciutaggine mi ha sguinzagliata alla ricerca di dati esaurienti che potessero in parte chiarire quale influenza e quale eventuale condizionamento avessero esercitato una così mirabile opera sul giovane rampollo Patton.

Il delta del Mississippi così come appariva nel 1900
Ho trovato quindi una piccola storia del personaggio ”Ombra” di Charlie, devo dire mooolto interessante! Costui, tale Henry Sloan, era figlio di Sam e Laura, due ex schiavi senza professione che si erano trasferiti dalla South Carolina nella Contea dii Hinds. (a soli 3 km dalla famiglia Patton!)) già agli inizi del 1870. Nel censimento della zona del 1880 si parla di un bambino, figlio della coppia, di nome James, nato nel 1871. Ricontrollando poi i dati dell’ ulteriore censimento del 1900 abbiamo conferma che James ed Henry siano la stessa persona. Molto probabilmente, come si usava a quell’ epoca, Henry portava il nome di un fratello deceduto neonato e poi mescolato negli annali dell’epoca. Fatto sta che nel censimento che ci interessa detto Henry risultava vivere ancora coi genitori, tre dei suoi figli e la seconda moglie, essendo poi divenuto vedovo nel 1898. Di professione Agricoltore è interessante notare che si sottolinea che Henry Sloan sapeva ”leggere, scrivere e leggeva molti libri”. Particolari interessanti, visto che Henry era un Afro-Americano povero e che, come tutti i suoi coetanei, probabilmente aveva potuto frequentare solo la prima elementare! Non esistono foto a riguardo, ma anche qui abbiamo delle dichiarazioni di due futuri ”discepoli” di Charlie Patton, SON HOUSE e TOMMY JOHNSON, che riferiscono chiaramente di una mania ossessiva di Charlie nei confronti del suo alter ego Henry, definito ”alto, grosso, dal naso camuso e gli occhi penetranti e spaventosi. che contrastavano nettamente con la sua età matura”. In base alle ricerche del famoso storico DAVID EVANS, Henry Sloan poteva essere addirittura la misteriosa figura di Bluesman che W.C. Handy incontrò sul treno a Tutwiler e che lo iniziò psicologicamente al Blues! All’epoca Handy nella sua autobiografia ce lo descrive come ”alto, magro e nero, che pizzicava accanto a me una chitarra mentre dormivo. I suoi vestiti erano stracci, i suoi piedi spuntavano fuori dalle scarpe. Sul volto c’era dipinta la tristezza dei secoli. Mentre suonava ha tirato fuori un coltello e lo ha premuto sulle corde della chitarra, tirandone via un suono mai sentito che era come un lamento dell’anima. Per tre volte fece questo strano gesto, che a pensarci poteva essere una rozza croce sulla chitarra." Stiamo comunque parlando del 1903 ed è probabile che la famiglia Sloan, insieme a molte altre della Contea di Hinds, si sia trasferita da poco nella piantagione Dockery. C’è da chiedersi allora COME MAI l’incontro fatidico tra Henry e Charlie sia avvenuto solo in loco e non già nella contea di Hinds! Ancora secondo SON HOUSE ”costui da anni lo teneva d’ occhio e attendeva con ansia che crescesse”.

La piantagione Dockery, una fattoria molto ben attrezzata, come appariva agli inizi del 1900
Comunque siano andate le cose, quando inizia la chiara frequentazione tra i due Charlie ha ormai 10 anni e il Delta Blues, di cui si è detto sia stato ”il Padre” era già ampiamente diffuso su tutto il Mississippi e conosciuto come musica oscura, maligna e che portava alla perdizione dell’anima. Abbiamo già parlato dei rapporti tra il Blues e la Magia nera. I legami tra il Voodoo e gli ex schiavi, che proprio sulle rive del Mississippi hanno subìto le peggiori sevizie, sono fortissimi e volutamente celebrati attraverso questa strana musica che libera l’anima. Sporca e fangosa come il fiume sulle cui sponde nasce, la musica Blues primigenio utilizzava dei rozzi ausili ”correttivi” affinché le note NON fossero limpide e pure, in quanto l’ anima ferita non può alzarsi PULITA verso il cielo. Operando quindi un trasfert tra strumento musicale e Bluesman la musica veniva ”sporcata” ad arte bendando le mani del musicista o utilizzando un coltello a lama piatta che, tirando le corde, originava una melodia poi divenuta famosa grazie ai musicisti Hawaiani, ma che sul Mississippi aveva una valenza del tutto simbolica e magica. Il famoso coltello di cui parliamo, infatti, dopo essere stato utilizzato per riti magici come l’ uccisione della gallina nera e la celebrazione del demoniaco spirito Papa Legba, ”impregnato” del sangue della vittima sacrificale veniva poi passato sulle corde della chitarra affinché l’energia vitale si trasferisse al musicista. Divenuto quindi sciamano, il Bluesman partiva col suo canto ossessivo e improvvisato, seguito a ruota da altri musicisti che ne accompagnavano il ritmo con la mani, la chitarra o il suono della voce. Questo esperimento empatico poteva durare delle ore e costituiva per i neri che lo eseguivano ulteriore causa di alienazione e di abbandono da parte dell’ intera comunità, per la quale questi rituali erano espressione di possessione diabolica. E’ chiaro quindi come agli inizi del 1900 il Blues fosse considerato una musica maledetta, che solo adepti o iniziati potessero conoscerla. Lasciato solo con se stesso, ostracizzato, visto come schiavo di Satana il Bluesman entrava gradualmente nella convinzione di essere un dannato e volutamente si perdeva nell’ alcool, nel sesso sfrenato, nella violenza e nel sangue, cosa del resto molto facile per un Afro-Americano dell’epoca. Entrava insomma in un circolo vizioso da cui era impossibile uscire e che si concludeva quasi inevitabilmente con la morte prematura per sifilide, cirrosi epatica o duelli all' ultimo sangue. Molti di questi poveracci semplicemente ”sparivano”, probabilmente fatti fuori da loro connazionali animati da fervore religioso (la nascente Chiesa Afro-Americana ne fece di assassinii!) o da amanti gelosi oppure dalla stessa Polizia del luogo. Tuttavia le prime ”sette” che praticavano il Blues primigenio erano fortemente motivate a portare la loro musica fuori dai confini del Mississippi, e possibilmente fuori dall’ America: lo scopo era di emancipare e riabilitare la black people, rivendicando quei concetti di uguaglianza e di umanità da sempre negati. Lottando contro l’ ostracismo della loro stessa gente, i Bluesmen si impegnarono costantemente nella trasmissione orale di una cultura che poteva valersi solo dell’insegnamento diretto, del condizionamento personale e della possibilità per il discepolo di entrare in una comunità magica e oscura, in quanto dichiaratamente in lotta col sistema. Quando si parla del diavolo non si sbaglia di tanto. La differenza sta nella sua interpretazione: il vero demonio era la condizione di "non vita” nella quale era relegato l’Afro-Americano, che si sentiva ormai uno zombie. Liberarsi equivaleva ad attingere a quelle energie ataviche rimaste nella terra di origine e che ogni uomo porta dentro di sé. Quelle forze oscure che dalla palude fangosa del Mississippi potessero elevare l’uomo fino alla società vera, quella in cui tutti sono uguali e fratelli fra loro. L’abbinamento tra le figure di Papa Legba e Lucifero ne nasce automatica, ma solo perché entrambi lottano contro un’ Autorità Superiore che li costringe ad una condizione di schiavitù. Il Blues quindi non fu solo una ”musica dei neri d' America” ma una vera e propria rivoluzione culturale che segnò l 'inizio del cammino, sofferto e avvelenato, verso l’integrazione razziale, con le sue vittime e i suoi martiri. Ciò che avvenne a Charlie Patton e poi a Robert Johnson fu appunto questo. Essi furono ”iniziati” da mentori oscuri affinché imprimessero sulla propria pelle il marchio della lotta del nero contro la sopraffazione della società bianca, e lo facessero utilizzando l’arma terribile di una MUSICA che ogni uomo, di qualsiasi razza, porta nel proprio sangue. Una musica che è lo scorrere del tempo attraverso il battito del cuore, di cui emula il ritmo. In un’ intervista nella quale gli chiedevano di spiegare al pubblico quella strana musica del Mississippi, SON HOUSE rispose: ”Metti la mano sul tuo petto e ascolta il battito del tuo cuore. Beh, QUELLO è il Blues!” Ecco la spiegazione, ecco la semplice chiave d’accesso. Fu quindi facile per Henry Soan, e per tutte le altre figure oscure di cui la tradizione Blues è piena, penetrare con la forza di un uragano nella mente del giovane Charlie Patton e ”dannarlo” per sempre.

Black Indian, il ceppo genetico da cui discendeva anche Charlie Patton. L’ esistenza degli Indiani neri era un problema per il Governo degli Stati Uniti che lo risolse NON OCCUPANDOSENE. Questa minoranza etnica rimase così privata per lungo tempo del riconoscimento dei propri diritti civili e sociali. Attualmente la situazione generale è migliorata solo apparentemente.
La famiglia Patton era comunque un esempio abbastanza diffuso di disagio e difficoltà di integrazione. Lo stesso ceppo etnico di appartenenza la dice lunga sulle traversie quotidiane che i suoi componenti, tra la scuola e il vicinato, avevano dovuto sopportare. Se guardiamo l’unica fotografia conosciuta di Charlie Patton, appartenente al collezionista John Tefteller, ci rendiamo conto che non si tratta di una persona ”tipicamente” Afro-Americana. C’era una chiara mescolanza di sangue bianco, nero e Indiano in lui, e oggi si sa che la nonna materna era una Cherokee, cosa puntualizzata anni dopo dallo stesso Patton che cantava nella sua Dirth Road Blues della permanenza nei territori aviti quali ”IL TERRITO”. Si trattava di un territorio Indiano divenuto in seguito parte dell’ Oklahoma, dove sua nonna si recava spesso prima di morire, per unirsi a quelli della sua tribù nella lotta per la rivendicazione della terra che veniva concessa dal Governo degli Stati Uniti ai pochi Nativi rimasti. Il problema dei Black Indians, cioè quello dei figli nati da unioni di ex schiavi o Black Cowboys con donne Indiane, rimase comunque un problema irrisolto e contribuì alla povertà della famiglia Patton, che subì pesantemente ogni sorta di umiliazione.

Indiano Cherokee Black. Notate l’evidenza somiglianza etnica con Charlie Patton.
Molti rancori si agitavano quindi nell’animo del decenne Charlie, quando conobbe Henry Sloan. Affascinarlo e coinvolgerlo nel pericoloso gioco del Blues fu impresa da poco.
Che Charlie soffrisse per le condizioni di povertà e di emarginazione della sua famiglia è ampiamente dimostrato non solo dal suo stile di vita rivoluzionario, evidente soprattutto quando fu oggetto di interesse da parte delle grandi case discografiche, ma ne troviamo riprova anche in molte delle sue canzoni. Ad esempio in DOWN the DIRT ROAD descrive con crudezza le condizioni di degrado dei mezzadri e dei braccianti agricoli del sud, e di quanto sia impossibile cambiare le cose se non fuggendo, dal Paese, cosa che lui stesso fece a 19 anni.
Vado via per un mondo sconosciuto, ho paura, ma non sarà per sempre.
Ogni giorno sembra un omicidio, qui. Io andrò via domani.
Il viaggio di Patton inizia all’ indomani di questa canzone lungo tutto il Mississippi, fermandosi in ogni città dove sconvolgeva gli abitanti non solo per la sua musica maledetta ma anche per gli atteggiamenti rissosi e attaccabrighe.
Per tutto il territorio del Texas, in Georgia, nell’ Illinois e nel Missouri, il suo arrivo era considerato ”una piaga“ in virtù del seguito di scalmanati che l'artista si portava appresso. A Dockery, Patton era considerato già una star e la sua fama, come artista e come pazzo, lo precedeva. Bevitore incallito, ossessionato dall’ idea della perdizione, profondamente convinto che ”chi nasce nell’ Inferno non può redimersi” portava il vessillo di Satana sempre con sé. Giovanissimo era stato ferito alla gola in una rissa (o forse da un’amante gelosa) ed era scampato alla morte per miracolo; c’è chi sussurrava che il suo alter ego Henry Sloan avesse patteggiato con esseri oscuri per farlo sopravvivere. Dalla profonda ferita che gli danneggiò irreparabilmente le corde vocali venne fuori una voce terrosa, cavernosa e inquietante. Spesso, anche nelle migliori registrazioni di qualche anno dopo, molte delle parole delle sue canzoni risultano incomprensibili al grande pubblico, e ciò contribuì nettamente alla creazione di un’ immagine tenebrosa, oscura ma di grande impatto sui giovani. Non dimentichiamo la grande influenza di Patton sui giovanissimi talenti che incontrava nei suoi pellegrinaggi canori. SON HOUSE ne rimase letteralmente affascinato ma WILLIE BROWN andò anche oltre, se cercò per tutta la vita di imitare il maestro nella sua Crossroads Blues, un brano che sarebbe poi divenuto uno standard e che influenzò tutte le stars venute dopo, come MUDDY WATERS, JOHNNY LEE HOOCKER e, pensate, perfino il Satanico ROBERT JOHNSON!

Son House
Molti considerarono Charlie Patton un grande intrattenitore più che un Bluesman. Decisamente l’impatto visivo sul palco era notevole: pensate forse che il primo a coniare esibizioni Shock, con tanto di rogo di chitarra e sfumazzate di spinelli, sia storia recente e che sia patrimonio di Jimmi Hendrix negli anni ’70? Se è così vi sbagliate di brutto. Patton saliva su un palco con l’atteggiamento di un clown triste e aggressivo, che prendeva a calci i tavoli, aggrediva i clienti e suonava la chitarra in tutti i modi possibili: di schiena, bendato, ponendola tra le gambe, con una sola mano e a testa in giù. A volte il respiro affannoso miscelato alla voce gutturale calamitava le donne e atterriva gli uomini, che vedevano in lui un ”posseduto”. Probabilmente era così. Non sappiamo se la figura ammaliatrice di Sloan lo abbia condizionato al punto da ritenersi un ”perduto” o se invece il suo mentore non abbia invece ”liberato” le ossessioni naturali della sua psiche. Non conosciamo molto della primissima giovinezza di Patton, tranne quello che riferirono le sorelle all’ indomani della sua morte. Sappiamo quindi che non amava andare a scuola e che non si recava mai in chiesa. Che era un bambino obbediente sul lavoro quanto scapestrato coi compagni di gioco. E, soprattutto, sappiamo che fino all’ incontro col temuto Sloan NON SAPEVA SUONARE LA CHITARRA. Quando approfondiremo altri personaggi del Blues vedremo che QUESTO è uno dei fulcri su cui si innestano moltissime delle leggende metropolitane che hanno ampliato e corroso la fama degli artisti del periodo. Comunque sia, se l’influenza artistica di Sloan è documentata, è probabile che anche tutto il contorno ne venga di conseguenza. Patton era un donnaiolo incallito, un bevitore eccezionale e un attaccabrighe incorreggibile. In più fumava come un turco, era dedito all’ oppio e maltrattava le donne. Malgrado ciò si sposò 8 volte, ebbe innumerevoli amanti e numerosi figli, dei quali quasi nessuno gli sopravvisse. Qualcosa su di lui la riportò, tanti anni dopo, una vecchissima Rosetta Patton cresciuta anch’ ella nel ricordo del malefico padre: ma il ritratto che ne viene fuori non è affatto confortante.

Rosetta Patton, unica figlia sopravvissuta dell'artista, negli anni '60 con in mano la fotografia del padre.