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L'Angelo Dalle Ali Nere
L'Angelo Dalle Ali Nere

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L'Angelo Dalle Ali Nere

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Язык: Итальянский
Год издания: 2020
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Kyou rimase in piedi con le mani nelle tasche dei pantaloni, lasciando che il vento gli spettinasse i capelli. Alzò un sopracciglio, chiedendosi che cos’avesse fatto per far arrabbiare l’entità. Non era riuscito a scoprire che cos’era... eppure, la sensazione di familiarità lo perseguitava. Qualcosa gli diceva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che le loro strade s’incrociavano.

Voltandosi verso la porta, fece un sorriso consapevole. La aprì di scatto e fece un passo indietro appena in tempo per vedere tutti cadere verso l’interno.

Era usciti dalla stanza ma, non appena lui aveva chiuso la porta a chiave, si erano accalcati premendo le orecchie sul legno lucido. Furono colti di sorpresa quando la porta si aprì bruscamente, e caddero a terra.

«Suppongo che dovrò rieducare le vostre abilità di spionaggio.» disse Kyou prima di uscire dalla stanza, «Suki, chiama gli operai per far riparare la finestra.»

*****

Toya si aggiustò il colletto della camicia ringhiando per la frustrazione. Vai a fidarti di Kyou per trovare un costume adatto... Il travestimento era simile alle schifezze che vedeva nei film con vampiri melensi, completo di quel “coso” di pizzo da legare al collo. I pantaloni gli arrivavano al ginocchio ed erano accompagnati da calze bianche. Le calze... a che diavolo stava pensando, Kyou? Lo aveva preso per una donnetta?

Toya rinunciò alla parrucca e raccolse i capelli in una coda bassa, con alcune ciocche che ricadevano ai lati. L’unica parte che gli piaceva di quell’elaborato costume era il lungo mantello nero con il cappuccio foderato di rosso. Si abbinava molto bene a tutto il resto. L’altra cosa positiva era che Kyoko si era illuminata quando lo aveva visto vestito così.

I suoi occhi dorati s’intenerirono quando la guardò. Lo aveva definito come “il vampiro più sexy che avesse mai visto”. Scrutò il suo corpo con lo stesso apprezzamento.

Indossava un abito elaborato quanto il suo, ma il risultato finale era migliore. Kyou aveva scelto per lei un costume che ricordava l’epoca coloniale. Era di una bella fantasia rossa e nera, con un arricciamento sulla parte posteriore che sembrava muoversi ad ogni passo che faceva. Teneva in mano un parasole di pizzo nero e aveva un cappello a cilindro da donna, che all’epoca era usato solo come vezzo della moda.

L’unico problema con il vestito di Kyoko era che era corto sul davanti... arrivava appena a metà coscia mentre dietro aveva lo strascico. La parte superiore del corpetto era scollata e mostrava più di quello che Toya avrebbe mai voluto che gli altri vedessero... oltre a lui.

“Sensuale” era la prima parola che gli era venuta in mente, ma aveva tenuto per sé quel complimento. Si era limitato a prenderla in giro, dicendole che i bambini per strada si sarebbero presi la loro prima cotta per una ragazza.

Nonostante il probabile lato perverso di Kyou emerso nella scelta dell’outfit, Toya doveva ammettere che suo fratello aveva un gusto impeccabile. Nessuno dei due aveva l’aspetto di un mostro spaventoso, quindi erano perfetti per stare in mezzo ai bambini durante i festeggiamenti. Se Kamui e Amni avevano ragione, quella notte la strega avrebbe preso un altro bambino.

«Prova!»

Kyoko si portò una mano all’orecchio e fece una smorfia, mentre Toya ringhiò verso l’auricolare. «Abbassa quel maledetto volume, idiota!» esclamò ad alta voce, sperando che le casse di Kamui sarebbero esplose.

Kamui ridacchiò, «Scusate, era più forte di me. Ah, Toya, se vuoi spogliare Kyoko con gli occhi, non farlo qui.»

«Ma che cavolo…?» borbottò Toya guardandosi intorno.

Kyoko sogghignò e gli posò una mano sul braccio per attirare la sua attenzione, poi indicò la telecamera del traffico montata sopra il semaforo.

«Figlio di puttana.» ringhiò Toya, «È entrato di nuovo nel sistema di controllo del traffico.». Poi sorrise e guardò Kyoko, «Perché non diamo spettacolo?»

Kyoko gli diede uno schiaffo sul braccio e lo guardò imbarazzata.

«L’unico che vedrà Kyoko nuda sono io.» esclamò Kotaro da qualche parte nel raggio dei cinque isolati che erano stati chiusi per Halloween. «Sono io quello di cui è innamorata veramente.»

«Ha!» esclamò Kamui, «A Kyoko piacciono i tipi silenziosi, quindi al momento sono in vantaggio.»

«Le hai appena gridato nell’orecchio... che cosa avresti di tanto silenzioso?!» disse Toya.

«Volete smetterla di scherzare?» esclamò Tasuki, «Siamo qui per cercare i demoni, non per discutere della vita sessuale di Kyoko.»

«Vogliamo parlare della tua “non vita” sessuale?» intervenne Yohji, scatenando un’altra serie di risate.

«Volete chiudere il becco?» sbottò Kyoko, così arrabbiata da arrossire violentemente. «Solo perché non ho un ragazzo, non significa che potete prendermi in giro.»

L’espressione di Toya s’intenerì mentre la abbracciava. «Scusa.» sussurrò.

«Oh mio Dio, chiamate un medico... Toya si è appena scusato!» gridò Kamui negli auricolari.

«Sai che c’è?» disse Toya, «Sono quasi tentato di tornare indietro e prenderlo a calci nel culo.».

Kyoko ridacchiò, «Non preoccuparti. Ci divertiremo più tardi.»

Sorrise timidamente, rendendosi conto che era sembrato un doppio senso. Mentre i loro sguardi s’incrociavano, notò che i capelli gli erano ricaduti davanti al viso, che appariva dolce e tenero sotto la luce fioca. Gli sistemò le ciocche dietro le orecchie e lo baciò su una guancia.

Toya inspirò mentre arrossiva per il commento a doppio senso e per la sensazione delle sue labbra morbide sulla pelle. Sogghignò verso la telecamera nascosta e fece una linguaccia, poi prese Kyoko per mano e la scortò lentamente attraverso la folla che li circondava. Almeno le sue parole avevano zittito tutti.

La festa era in pieno svolgimento, con gruppi musicali che si esibivano all’angolo di ogni strada e in ogni locale. La luna parziale splendeva nel cielo, proiettando ombre contorte attorno a loro. Avevano parcheggiato dall’altra parte della piazza perché Kyoko voleva attraversarla a piedi e perlustrare l’area prima di raggiungere la festa per bambini.

Fece fermare Toya e indicò uno scolo vicino al marciapiede.

Lui annuì e vi si avvicinò. «Kamui, c’è uno scarico con la grata rimossa vicino a...» si guardò intorno alla ricerca di un punto di riferimento, che trovò proprio di fronte a loro.

Alzò un sopracciglio, «“La Casa degli Orrori”... dai, è assurdo. Vuoi che controlliamo?»

«Possono occuparsene Yohji e Kotaro se la smettono di palpeggiare Kyoko.» rispose Kamui con voce irritata.

Toya ringhiò mentre si girava, Kotaro le teneva un braccio attorno alle spalle, mentre Yohji le cingeva la vita, con la mano pericolosamente bassa sul fianco. Toya si passò una mano sulla fronte come se sentisse dolore, poi si avviò verso di loro con passi lunghi e decisi.

Entrambi scattarono all’indietro, nascondendo le mani dietro la schiena con aria da innocenti. Kotaro ebbe perfino l’audacia di iniziare a fischiettare, guardando gli edifici circostanti come se fossero le cose più affascinanti della Terra.

«Kotaro.» ringhiò Toya, «Tieni giù le mani da Kyoko.»

Lui mise il broncio e Toya si voltò verso Yohji, che era stato abbastanza stupido da riprovarci.

«Non pensarci neanche.» disse Toya, «Ora volete controllare quello scolo o devo buttarvi giù?»

Kotaro alzò le mani in segno di resa, «Va bene, va bene... andiamo. Ma ti invierò la fattura della lavanderia.». Trascinò subito Yohji lontano dal pericolo quando vide che l’idiota stava cercando di baciare Kyoko sulla guancia. «Muoviti, idiota, o stasera non dovrai preoccuparti soltanto dei demoni.»

Kotaro si toccò l’auricolare: «Ehi, genio, dove porta questo scarico?»

«Aspetta, sto controllando.» disse Kamui lentamente, «Penso che... sì, ci sono! Arriva proprio sotto la casa stregata davanti a voi. Vediamo, è un edificio vecchio... datemi un minuto.»

«Dicci solo se c’è un modo per scendere nelle fogne da dentro la casa.» disse Yohji.

«Secondo te che cosa sto facendo?» gridò Kamui «Per voi sembra sempre tutto facile da trovare. Bisogna fare delle ricerche, accidenti!»

Yohji guardò Kotaro con aria impassibile, «Detto da chi può entrare nel sistema della CIA anche mentre dorme.»

«D’accordo, voi tre continuate pure a discutere.» disse Toya, «Io e Kyoko andiamo nell’area per i bambini, così possiamo fare il nostro lavoro.»

Le cinse le spalle con un braccio e la condusse lontano da loro. Ma si bloccarono tutti quando la voce di Kamui risuonò di nuovo negli auricolari: «Ehm, ragazzi... abbiamo un problema.»

«Che altro c’è, genio?» chiese Toya, cambiando tono quando percepì la serietà di Kamui.

«Quello scolo è raggiungibile dalla casa... attraverso il seminterrato. Ma porta anche al cimitero a circa cinque isolati di distanza. A quanto pare, i tunnel sono stati scavati durante una qualche rivoluzione. Le leggende dicono che era un’arteria sotterranea per l’attività demoniaca.»

«Accidenti, sono contento di non venire con voi, ragazzi. Sarebbe terribile, in questo momento.» disse Toya con un sorrisetto. «Shinbe, Tasuki, potreste venire ad aiutare queste mammolette?»

«Chiedo umilmente scusa, Toya.» disse Shinbe via radio, «Ma io e Tasuki siamo dall’altra parte della piazza e al momento siamo occupati a fare il nostro lavoro.»

«Già.» disse Tasuki, poi gridò.

«Tasuki?» disse Kyoko, «Tutto okay?»

«Sta bene.» rispose Shinbe, cercando di non ridere. «Si è solo spaventato a morte per un anziano e uno zombi adolescente. Ehi Tama, bel costume.»

«Abbiamo cambiato idea, vi raggiungiamo subito.» ringhiò Tasuki, «Vecchia canaglia, mi spaventa sempre.»

Kyoko e Suki ridacchiarono all’unisono. A quanto pare, nonno Hogo aveva trovato Tasuki.

«Salutami il nonno, digli che lo chiamo domani.» aggiunse Kyoko.

«Io non gli dico proprio un bel niente!» esclamò Tasuki imbronciato.

«Diglielo, altrimenti...» lo avvertì Kyoko, mentre i suoi occhi verde smeraldo diventavano burrascosi.

Kotaro, Yohji e Toya fecero due passi indietro per allontanarsi da lei; quando Kyoko aveva quell’espressione, c’era una sola alternativa... scappare.

«Ehm, noi ci avviamo per controllare all’interno.» disse Kotaro con esitazione, «Vi terremo aggiornati.»

Yohji non se lo fece ripetere due volte. Indietreggiarono ancora, come se Kyoko potesse attaccarli alle spalle, poi corsero verso la casa.

«Kyoko.» disse Toya meravigliato «Sei spaventosa, lo sai?»

Lei sorrise, «È una caratteristica di famiglia.»

«Puoi dirlo forte.» borbottò Tasuki nell’auricolare.

Suki rise di nuovo, «E poi mi chiedete perché adoro lavorare con voi.»

«Tesoro.» le disse Shinbe «Tu puoi essere spaventosa quanto vuoi... ti vorrei ancora di più.»

«Chiudi il becco, Shinbe.» disse lei frustrata.

Capitolo 3 “Case stregate”

Darious rimase nell’ombra, osservando il gruppetto che prendeva strade diverse. Non si era neanche preoccupato di rendersi invisibile perché, stanotte più che mai, si sarebbe mimetizzato alla perfezione. Restrinse lo sguardo quando Toya abbracciò la ragazza. Perché loro erano così ben accetti dagli umani... mentre lui era sempre stato respinto? Che cos’avevano i Guardiani di così speciale?

Il suo sguardo meditabondo scrutò il viso di Kyoko mentre sorrideva e capì che non aveva paura di loro, li frequentava come se fossero suoi simili. Che cosa avrebbe dato per ricevere quello stesso sorriso... come se fosse un uomo e non un mostro.

Sentì il petto stringersi, ma scrollò le spalle mentre riportava l’attenzione sui due poliziotti che stavano entrando nella casa stregata improvvisata.

Poteva percepire l’attività demoniaca all’interno ma era più interessato alla sua fonte. Il padrone che controllava le pedine era il suo vero obiettivo. Distruggi il padrone e distruggi i suoi servi. Era un concetto semplice che molti sottovalutavano... finché non affrontavano effettivamente un maestro in combattimento. Solo allora non sembrava più così semplice.

Per prima cosa, doveva trovare i demoni maestri e ucciderli. I Guardiani si sarebbero occupati degli altri parassiti... i bersagli facili. Girò lentamente la testa e guardò verso il cimitero prima di sparire.

Kamui bevve rumorosamente il suo frullato al mirtillo, poi rosicchiò la cannuccia per un po’. Vide sparire l’uomo che stava seguendo Kyoko da quando lei e Toya erano arrivati, e sorrise. Voltandosi verso un altro computer, osservò il fermo immagine di Darious.

“Finalmente ci hai trovati.” pensò, assicurandosi di tenere quel particolare pensiero al sicuro da Amni e Yuuhi. Si era chiesto spesso se l’angelo nero fosse ancora in giro da qualche parte.

Ingrandì l’immagine e il suo sorriso si spense quando notò la solitudine che tormentava lo sguardo di Darious.

*****

Kotaro e Yohji si avvicinarono alla donna in piedi all’ingresso della Casa degli Orrori e fecero per entrare. Notarono subito un cartello con cui si vietava l’ingresso ai minori di 18 anni, quindi significava che venivano controllati i documenti.

«Perché c’è il limite di età? Ci sono zombi nudi o cose del genere?» scherzò Yohji, anche se sperava segretamente di avere ragione.

«Scusate.» disse la donna «Per l’ingresso sono dieci dollari.»

Yohji borbottò: «Venti dollari in due? È una rapina.»

Kotaro le mostrò il distintivo e sorrise. «Lei non vuole la nostra quota ed è arrivata l’ora di fare una pausa.»

Il distintivo attirò l’attenzione della donna, incapace di distogliere lo sguardo dalla luce blu.

«Non voglio la vostra quota.» ripeté lei con aria confusa.

Kotaro guardò Yohji, «Andiamo.»

Entrarono mentre la donna scuoteva la testa confusa, poi guardò l’orologio e decise che era ora di andare a mangiare qualcosa.

La porta principale si chiuse dietro di loro mentre si guardavano attorno. L’ingresso era a forma di esagono, con piccoli tavoli rotondi disposti in ogni angolo. Al centro c’era una tavola rotonda più grande con fiori appassiti e una ciotola di frutta marcia finta, il tutto ricoperto di segatura e ragnatele finte.

Si destarono quando notarono il cartello con la parola “Entrata” scarabocchiata in lettere contorte, accanto a una porta coperta da una tenda e senza nessuna guida. La musica raccapricciante di un organo a canne risuonava dagli altoparlanti, dando alla stanza quella che doveva essere una certa atmosfera, ma era solo cattivo gusto.

«Sembra un’agenzia di pompe funebri.» mormorò Yohji, «C’è persino una bara.»

Si avvicinò e, in preda alla curiosità, sollevò il coperchio. Una decisione di cui si pentì all’istante per il cattivo odore.

«Kotaro... dimmi che è tutto finto e sarò tuo amico per sempre.» lo implorò mentre si raggomitolava.

Kotaro era già diretto verso la porta coperta. Indietreggiò per guardare dentro la bara e si allontanò di colpo. Un umano dilaniato giaceva sul raso insanguinato, grottescamente contorto in modo che le due metà del suo corpo fossero rivolte in due direzioni diverse, anzi, tre se si contava l’inclinazione della testa.

Era un innocente che probabilmente si era offerto volontario per una notte di divertimento, fingendo di alzarsi dalla bara per spaventare gli avventurosi che entravano nella stanza. Ma ora non si sarebbe più rialzato... o almeno così sperava Kotaro.

Chiuse la bara, non c’era più niente che potessero fare per lui.

«Immagino che questo risponda alla domanda sul perché non ci sia una guida.» disse Yohji mentre si allontanava dalla bara, guardando con nostalgia la porta da cui erano entrati.

«Fa parte del tuo lavoro, Yohji.» dichiarò Kotaro «Lo sapevi quando Kyou te l’ha offerto. L’unica cosa che possiamo fare è assicurarci che non vengano uccisi altri innocenti come questo povero ragazzo.»

Si portò una mano all’auricolare, sapendo che gli altri erano in ascolto: «Abbiamo già una vittima.»

«Così inizia la notte dei demoni.» disse Kamui.

Kotaro abbassò la testa, sperando che l’aldilà fosse clemente con quel ragazzo, ma qualcosa sul pavimento accanto alla bara attirò la sua attenzione... impronte insanguinate.

«Ehi, Yohji.» disse piano, allontanandosi lentamente, «Guarda qua.» aggiunse, indicando il tappeto.

Yohji fissò quelle che sembravano impronte insanguinate, che attraversavano il tappeto e scomparivano dietro la porta coperta... non erano umane. Da quello che vedeva, avevano le dita più lunghe del normale e delle unghie ancora più lunghe.

Kotaro gli fece cenno di stare in silenzio e Yohji annuì, estraendo la sua PPK dalla fondina, poi lo seguì nella stanza oltre il sipario.

Percorsero diverse stanze tra luci stroboscopiche e grida fasulle, e iniziarono a rilassarsi pensando che il resto della casa fosse vuoto. Entrarono nella stanza successiva e si bloccarono quando videro un piccolo gruppo di visitatori che saltellavano e strillavano, alcuni ridendo.

Oltre la corda di velluto rosso era in atto la scena della motosega di un film famoso... uno dei preferiti di Kotaro. L’unico problema era che il tipo che stava torturando il corpo sul tavolo non era umano. Mentre la persona distesa era più che reale... ed era ancora viva. La donna era legata e urlava chiedendo aiuto, ma i visitatori credevano che facesse parte dello spettacolo.

Kotaro avvertì un senso di nausea e lanciò un’occhiataccia al mostro che indossava la maschera di pelle umana. Un altro povero essere che era caduto vittima del “gul”.

«Perché non abbiamo sentito le urla finora?» sussurrò Yohji terrorizzato.

Kotaro si mosse quando la motosega si avvicinò alla gamba insanguinata della donna. Proprio mentre le luci tremolanti si spegnevano per un istante, saltò oltre la corda e squarciò il soffitto, facendo scoppiare un tubo che inondò di acqua fredda i visitatori.

«Assicurati che escano tutti dalla porta principale.» sibilò verso Yohji mentre estraeva la sua Berretta. «Qui ci penso io.»

Yohji annuì e scortò il gruppo fuori dalla stanza fino al salotto. Chiuse la porta e sistemò il catenaccio in modo che nessuno potesse entrare. Aveva l’impressione che un sacco di gente avrebbe chiesto il rimborso del biglietto, ma meglio essere delusi che morti.

Sospirando, si voltò e rimase immobile per la paura quando il corpo all’interno della bara si alzò all’improvviso. Si muoveva rigidamente... e un liquido non meglio identificato trasudava fuori dalla bara, fino al pavimento. Lo shock rallentò il suo tempo di reazione mentre la creatura si alzava in piedi e si lanciava contro di lui, affondandogli i denti in una spalla.

Yohji fu sopraffatto dall’impatto e andò nel panico quando il dolore gli pervase il collo. Gli era caduta la pistola, quindi usò i pugni per colpire quell’essere prima di riuscire a liberarsi.

Prese l’arma da terra e fece una smorfia quando vide che il filo del suo auricolare era stato tagliato, in modo che non potesse chiedere aiuto a Kotaro... cosa che non avrebbe potuto fare comunque perché il suo partner era già impegnato.

La creatura si avvicinò di nuovo e, stavolta, Yohji fece l’unica cosa che gli venne in mente... urlò e si mise a correre.

Il demone, sorpreso dall’interruzione, agitò la motosega verso Kotaro. Lui si abbassò per schivarlo e lasciò perdere la pistola, preferendo un’arma molto più efficace. L’unico problema era evitare la motosega. Quando il gul riprese l’equilibrio, ci andò di mezzo quella povera donna. La motosega affondò nel suo torace e si fermò, schizzando sangue dappertutto.

Guardandosi indietro per assicurarsi che Yohji non fosse lì, Kotaro alzò una mano e scagliò una luce blu dritto verso il gul. Confuso, il demone sollevò la motosega e la girò verso se stesso. L’arnese gli si posò sulla spalla, iniziando a tagliargli il petto in diagonale. Mentre la testa e un braccio del demone cadevano a terra, Kotaro cliccò l’auricolare.

«Yohji, ho finito.» gli disse rimanendo in attesa, poi si accigliò. «Yohji?»

Il silenzio era assordante finché non sentì un grido di terrore che gli ricordò il cartone animato di Johnny Bravo quando gridava più forte di un gruppo di ragazze messe insieme.

All’improvviso, Kotaro vide Yohji correre nella stanza, superarlo e uscire dall’altra porta così velocemente da provocare uno spostamento d’aria. Poi sentì i passi nauseabondi che solo un cadavere posseduto poteva fare. Muovendosi per pararglisi davanti, aspettò in silenzio il suo arrivo.

L’essere entrò barcollando e, trovandosi faccia a faccia con il bel detective, si fermò. Gli occhi di Kotaro brillavano di gioia sadica mentre sbatteva il palmo sulla faccia del ghoul.

«A cuccia!» ringhiò Kotaro alla creatura, che ora aveva un buco in faccia abbastanza grande da infilarci il pugno. Voltandosi, uscì dalla porta da cui il suo amico era appena fuggito.

Yohji non aveva nemmeno rallentato quando lo aveva visto, convinto che quell’essere lo stesse inseguendo a distanza ravvicinata. L’ultima cosa che voleva fare era correre per tutta la casa infestata, così, quando aveva individuato una porta parzialmente nascosta, aveva ringraziato qualunque dio fosse in ascolto per aver trovato un’uscita. Ma il suo slancio fu troppo veloce e non riuscì a fermarsi in tempo mentre spalancava la porta.

C’erano una serie di gradini che portavano giù... e lui passò oltre. Urlò di nuovo quando iniziò a precipitare nell’oscurità.

Kotaro lo raggiunse proprio mentre spalancava la porta e volava giù... letteralmente.

Usando i propri poteri, si mosse più veloce del vento e afferrò Yohji prima che colpisse il pavimento del seminterrato. Lo tenne stretto quando notò che era svenuto per lo spavento... ma non era quello il problema. Il problema era l’enorme morso che il ghoul gli aveva dato su una spalla.

«Maledizione.» esclamò Kotaro attivando l’auricolare. «Kamui, abbiamo un problema. Yohji è a terra. Ripeto, Yohji è...»

Non riuscì a finire la frase quando un gruppo di demoni iniziò a sciamare da un grosso buco nel muro. Kotaro usò la sua vista acuta per vedere oltre nel tunnel sotterraneo, doveva essere quello che, secondo Kamui, collegava la casa al cimitero.

«Kotaro?» disse Kamui, poi borbottò una serie di improperi che avrebbero reso orgoglioso qualsiasi marinaio. «Suki!» gridò.

«Ci penso io!» esclamò lei, iniziando a sfrecciare lungo le strade secondarie che portavano alla casa infestata. «Con cosa abbiamo a che fare?»

«Ghoul.» la voce inquietante di Yuuhi echeggiò nell’interfono.

«Fuoco! Si possono uccidere con il fuoco!» aggiunse subito Kamui.

Suki sorrise mentre svoltava l’angolo e frenò bruscamente. Parcheggiò l’Hummer, scese e aprì il bagagliaio. Con un sorriso stampato sul volto, prese il lanciafiamme dall’arsenale e si mise il serbatoio del carburante a tracolla.

Imbracciando l’arma pesante, corse verso la parte anteriore della casa stregata.

Indossava una tuta militare verde infilata in un paio di anfibi. Teneva due cinture di proiettili incrociate sul petto e un’altra attorno alla vita, con una fondina per pugnale e coltello su un fianco. Al collo portava un paio di mostrine con il suo nome e un numero di identificazione.

Il look era completato da una bandana rosso sangue annodata attorno alla fronte, con i capelli sciolti che svolazzavano dappertutto. Sembrava appena uscita da un campo di battaglia, cosa che portava più di un uomo a fissarla.

I proiettili, il coltello e il lanciafiamme sembravano falsi per Halloween, ma nessuno sapeva che erano veri al cento per cento.

«Accidenti, Suki.» sussurrò Kamui, «Non potresti avere un aspetto migliore.»

Lei sorrise verso la telecamera montata sul semaforo all’angolo. «Ti piace?»

«Ci puoi giurare!» esclamò Kamui, «Ma a Shinbe piacerebbe di più.»

«In che senso?». La voce di Shinbe risuonò attraverso il trasmettitore ma Suki lo ignorò, si avvicinò alla porta d’ingresso e la calciò forte, facendola volare indietro con un botto.

«Oh, niente.» disse Kamui con tono innocente, «A meno che non ti piaccia l’idea di Suki in veste da cattiva, che impugna un lanciafiamme e mostra una scollatura da far impallidire una modella.»

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