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La Lista Dei Profili Psicologici
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La Lista Dei Profili Psicologici

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–Che altro?― disse l’uomo del sigaro sedendosi di nuovo sul divano dal quale si era appena alzato.

–E’ chiaro che avete bisogno di me per qualcosa per cui voi stessi non siete qualificati, probabilmente per analizzare qualcuno o dire se è veramente chi dice di essere. E il fatto che siate venuti qui significa che siete disperati o che non volete che si sappia,perchè è molto tempo che non me ne occupo, e per questo nessuno potrebbe sospettare di me.

–Molto bene!― disse l’uomo mentre osservava attentamente il sigaro. ―Ho un piccolo problema e ho bisogno del suo aiuto.

–Non credo che sia piccolo, violazione di domicilio, minacce… quando uscirà di qui, ne avrà più di quanti immagina.

–Non è ancora stato assunto!―disse l’uomo che continuava a stare seduto fumando il sigaro.

–Assunto?― chiesi, sorpreso.

–Per questo siamo qui― disse l’uomo che stava ostruendo la porta dellla stanza.

–Che altro sa?― insistette l’uomo che fumava.

–Vediamo!, da quello che vedo, lei deve essere una persona importante, ma non un politico o un imprenditore,perchè il suo amico alla porta la rispetta tanto che non è intervenuto finora, e lo ha fatto in tono rispettoso,e non come una puntualizzazione sulle sue parole. Ha quasi una venerazione, come la si ha per una guida o un maestro.

–Maestro?― chiese l’uomo che fumava il sigaro salendo sul sedile.

–Beh, ora si chiamerebbe così, ma sarebbe meglio dire Maestre― dissi in tono scherzoso.

–Cosa l’ha portata a questa conclusione?― chiese mentre si alzava e lasciava il sigaro sopra il tavolinetto dove c’era la lampada.

–Attenzione al tavolino!― dissi mentre stavo per avvicinarmi al mobile, quando mi sentii trattenere da dietro,notando che i due uomini mi tenevano per le spalle.

–Risponda alla domanda― disse da dietro di me l’uomo che mi stava trattenendo.

–Va bene!―dissi in tono di protesta mentre mi dibattevo per liberarmi.

–Lo ha tradito il segno sul suo anulare, che ora è nudo, ma presenta tracce di aver portato abitualmente un anello di grandi dimensioni, tipo quello di un vescovo o simili.

»Ma lei non indossa abiti larghi, altrimenti non si sentirebbe a suo agio nel vestito di buon tessuto che indossa. E neppure ha traccia di indossare un cappello cattolico o la kipa ebraica, o qualcosa di simile, quindi l’opzione religiosa l’ho scartata.

»Inoltre, ha sulla giacca una piccola ma inequivocabile croce ottogonale di Malta, con le sue otto punte rosse, nota anche come la croce di San Giovanni; per chi non la conosce può essere anche solo un ornamento, e anche confonderlo con il simbolo di una squadra di calcio, o di un ordine religioso come quello di Santiago, ma è senza dubbio la croce di Malta.

–E’ stato a Malta?― chiese l’uomo, mentre guardava quella particolare spilla.

–Sí, tempo fa, ma mi piace conoscere i posti che visito, soprattutto la loro storia, e quella di questo luogo è singolare.

–Singolare?― chiese mentre si avvicinava e prendeva il sigaro per continuare a fumare.

–Alcuni cavalieri, appartenenti alla nobiltà europea, esiliati dal proprio paese e reclusi su in’isola, alla mercè dei loro nemici.

–Non è andata così la storia!― rettificò in modo molesto il fumatore.

–Lo so, ma il suo linguaggio del corpo mi aiuta a definire il suo profilo. Per quello che vedo lei non è un cittadino di quest’isola, bensì un discendente intellettuale di quei maestri, e potrei perfino dire che potrebbe essere un discendente biologico.

–Questo ha importanza?― chiese mentre esalava lentamente una boccata di fumo.

–Ah!, lei è discendente diretto dei Maestri del luogo ―affermai categoricamente.

–La sua abilità mi sorprende― disse l’uomo, alzandosi dal mio divano. ―In verità è meglio di quello che pensavo, lei è stato assunto!

–Assunto?, e ora?― chiesi agitato mentre vedevo venire verso di me l’uomo col sigaro.

–Ho tre nomi e tre destinazioni in questo raccoglitore, voglio una relazione su ciascuno di essi, e mi piacerebbe averlo entro la fine del mese, buona notte!

Detto questo, mi allungò un raccoglitore che non pesava molto, e senza dire altro è uscito dalla stanza dietro l’uomo che lo aveva protetto. Lasciandomi in quella stanza, illuminata dalla luce proveniente dal corridoio.

Ero ancora perplesso per quello che mi era appena capitato, quando mi girai per chiedergli il motivo di quell’incarico, ma erano già spariti nel corridoio, prendendo lo stesso ascensore che avevo usato io pochi minuti prima.

In realtà, della storia di Malta sapevo molto di più di quello che avevo espresso,ma volevo vedere la sua reazione davanti a una mezza verità per sapere se anche quella persona la conosceva o no.

Una storia straordinaria che è iniziata migliaia di anni fa, ma ebbe il suo culmine con la decisione politica di Carlo I di Spagna e V di Germania che dopo aver saputo della sconfitta subita dall’Ordine di San Giovanni sull’isola greca di Rodi per mano degli ottomani, permise loro di stabilirsi su una piccola isola, la più a sud del Mediterraneo, ma che era un punto strategico, poichè era la porta di accesso tra l’Europa e l’Africa.

In cambio della cessione tutti gli anni, come forma di riconoscimento dell’atto, i cavalieri dell’Ordine di Malta devono consegnare come omaggio il Falcone Maltese.

Terra di pescatori che si vide trasformata in un porto senza eguali, ora trasformato in centro di commerci e religioso. Dove arrivavano tutte le grandi ricchezze d’Europa a contribuire alla costruzione di quello che sarebbe stato il maggior baluardo della sua epoca.

Un’isola destinata a distinguersi per l’arte e i progressi nella medicina, nella quale si recavano per studiare e istruirsi gli aspiranti cavalieri. Tutto ciò finanziato e sostenuto dalle case regnanti europee, che videro fiorire quella piccola isola.

Ma non era solo un contributo di beneficienza e disinteressato quello che davano le monarchie europee, poichè da quando l’Ordine si stabilì sull’isola dovette difenderla da ogni tipo di pirati e predoni che tentavano di impadronirsi dei bottini provenienti dall’Africa.

I leali cavalieri mantenevano le acque libere dagli empi, e proteggevano i coraggiosi mercanti che le attraversavano.

Luogo desiderato e temuto allo stesso tempo. Baluardo di una stirpe di cavalieri, si dice che siano discendenti dei crociati che andarono in Terra Santa.

Su questo argomento la realtà si confonde con la fantasia. La tradizione vuole risaltare la maestosità di quei cavalieri, suggerendo che erano guardiani di grandi tesori che accumulavano con sospetto, e che inoltre, possedevano reliquie portate dalla Terra Santa; tra queste, la più preziosa, il Santo Graal.

Ma beh, questo può essere vero oppure no, perchè così tanti luoghi si sono autoproclamati possessori temporanei di questa prestigiosa reliquia, che è impossibile conoscere la verità.

Se avessi avuto più tempo per scambiare informazioni con questo Maestre, di certo avrei potuto chiarire questa e altre situazioni, che ancora oggi circondano di mistero le mitologiche figure di uomini così valorosi e ingegnosi da essere stati in grado di tener testa alle orde di Solimano il Magnifico.

Un personaggio del quale ho fatto una delle mie analisi dei profili psicologici, come ad altri grandi della storia come Napoleone, o lo stesso Alessandro Magno ma, a causa del fatto che sono vissuti in un tempo molto lontano, non ho potuto raccogliere altro che aneddoti, che fossero dei loro sudditi che raccontavano la bontà della loro figura, o dei suoi avversari, che raccontavano quanto fossero crudeli e spietati.

Qualcosa che mi ha spinto a scegliere personaggi più recenti, dei quali esisteva documentazione e anche qualcosa scritto da essi stessi. In questo modo, mi era più facile avvicinarmi alla vera personalità, e scoprire quali erano le loro ambizioni e desideri, ma anche cosa temevano ed evitavano.

Chiusi la porta della stanza e mi diressi in camera da letto, dove mi sdraiai, pensieroso, sul letto. “Ma che situazione strana!”, dissi tra me e me, se già il pomeriggio era stato strano, quello era la ciliegina sulla torta.

Aprii il raccoglitore e sparsi il contenuto sul letto, erano tre mucchietti di fogli con una clip che teneva insieme ciascuno di essi; presi il primo e con mia grande sorpresa era il curriculum di un giovane di vent’anni, con le informazioni su dove aveva studiato, che pratica professionale aveva e i posti di lavoro a cui aspirava.

Nel secondo foglio dello stesso gruppo, ho trovato il suo certificato di nascita, con il giorno, l’ora, il luogo di nascita, i dati della madre e il nome dell’ospedale.

Nel terzo foglio, c’era una mappa della città di New York, e, spillato a essa, un biglietto aereo.

Lo esaminai con attenzione e mi resi conto, con mia grande sorpresa, che era un biglietto aereo a mio nome per il lunedì successivo, “Come?”, mi chiesi stupito,“e se non avessi superato la prova?”.

“Tutto qui?”― esclamai, rendendomi conto che non avevo molte informazioni su questa persona, nè su ciò che dovevo fare al riguardo.

La cosa più importante al momento di redigere un profilo è proprio avere più informazioni possibili, soprattutto se sono di prima mano, da parte di qualche familiare o amico stretto o dalla persona da analizzare, e con quelle informazioni potevo al massimo fare una descrizione molto generica.

Guardai gli altri due mucchi e avevano le stesse scarse informazioni, ma rispettivamente c’era dentro un biglietto per Parigi e uno per Vienna.

“Bene, almeno le destinazioni non sono male”― dissi tra me e me dopo essermi accorto che ciascuno dei biglietti avevano date divise di una settimana uno dall’altro.

Vale a dire, dovevo andare, incontrarmi con le persone, analizzarle e tornare a casa. Il tutto nel tempo record di una settimana, perchè il lunedì seguente dovevo fare lo stesso in un’altra destinazione.

Non ricordo di aver viaggiato con tanta fretta, neppure quando dovevo andare a qualche congresso scientifico ai quali andavo per conoscere le uiltime ricerche della mia materia; mi piaceva trascorrere qualche giorno nella città di destinazione per conoscere i suoi costumi e tradizioni, ma così era troppo.

“Meno male che Parigi e Vienna non sono molto lontane, non immagino quello che sarebbe potuto accadere se fosse stata Sydney, nel viaggio avrei perso almeno due giorni, uno all’andata e uno al ritorno, ma perchè avranno tanta fretta?”― mi chiedevo mentre raccoglievo i fogli e li rimettevo nel raccoglitore che mi avevano portato, sistemandolo su un tavolino che avevo in camera, quando all’imrovviso:

–Apra la porta!― si sentì dire con voce decisa.

–Apra o buttiamo giù la porta― disse un’altra voce in tono minaccioso.

–Chi siete?― chiesi, mentre mi avvicinavo alla porta della camera da letto.

–Apra, ho detto!― rispose in tono autoritario.

–Andatevene o chiamo la polizia!― risposi, stanco di tante sorprese in un solo giorno.

Non avevo ancora finito di parlare che sentii un gran rumore, e una luce accecante illuminò la camera da letto e misi la mano sulla porta per isolarmi così dal resto della suite, ma non ne ebbi il tempo.

Sentii un forte fischio nelle orecchie. Non ci vedevo più, gli occhi mi lacrimavano, e facevo fatica a respirare; era una sensazione così sgradevole che quasi non riuscivo a pensare a quello che stava succedendo.

–Si sieda!, si sieda!― disse qualcuno mentre mi evitava di barcollare per la stanza.

–Mi sente?― chiese una voce molto alta, ma la sentii appena perchè avevo la testa come se stesse per esplodere.

–Aspetti che le passi, metta la testa tra le ginocchia e si rilassi― disse qualcuno che sentii a malapena.

Non so quanto tempo sia passato, ma non ricordo di aver vissuto una situazione così sgradevole negli ultimi anni. Era come si mi facesse male tutto,ma allo stesso tempo mi sentivo stretto e volevo liberarmi. Avevo caldo e freddo nello stesso tempo,e nonostante aprissi gli occhi di tanto in tanto, vedevo solo ombre.

–Sta bene?― riuscii a sentire dopo un momento.

–Chi?― riuscci a chiedere, senza poter vedere nulla.

–E’ solo una granata stordente, non è niente di che!― rispose una seconda voce in tono sarcastico.

–Una granata, siete pazzi?― dissi in tono sarcastico tentando di alzarmi, quando mi resi conto che qualcosa mi teneva insieme le mani.

–Si calmi e non cerchi di alzarsi, è in arresto ed è legato mani e piedi con fascette di plastica a mo’ di manette.

–Ammanettato? Che ho fatto?― chiesi cercando di sfregarmi gli occhi, per capire se riuscivo a vedere qualcosa.

–Che cosa non ha fatto, vorrà dire― chiese quello che usava il sarcasmo come modo di parlare.

–Lei è d’accordo con le accuse di intralcio alla giustizia e coinvolgimento in un’organizzazione sospettata di riciclaggio di denaro?― disse la voce autoritaria.

–Appartenenza a cosa…?, io lavoro e basta― risposi, senza sapere a cosa si riferissero.

–E questo?, Stava organizzando le sue prossime vacanze?― chiese in tono sarcastico.

–Quale?― chiesi, cercando di pulirmi gli occhi per vederci, ma avevo ancora la vista appannata.

–New York, Parigi, Vienna… che cosa ci va a fare?, In vacanza?― tornò a chiedere con sarcasmo.

–Mi hanno dato un incarico― risposi, senza capire cosa ci fosse di male in questo.

–Molto bene, continui a collaborare e avrà una pena ridotta― affermò quello che parlava in tono autoritario.

–Pena? Quale pena?― chiesi senza sapere neppure con chi stavo parlando.

–Non crederà che arriveremo a un accordo per scagionarla?, per questo c’è bisogno di molto più della sua testimonianza, dovremmo arrivare alla testa dell’organizzazione.

–Quale organizzazione?,quale testa?― chiesi confuso, perchè non riuscivo a capire a cosa era dovuta tutta quella situazione.

–Non lo sa, la testa, il massimo dirigente, quello che chiamano Maestre― disse il sarcastico.

“Maestre?”― mi chiesi tra me e me, cercando di rispolvere i problemi nel poco tempo che ero riuscito a recuperare. ―“Stanno cercando quelli con cui ho appena finito di parlare”.

–Non conosco nessun Mestre― affermai categoricamente per vedere la loro reazione.

–Sí, certo, allora ci siamo sbagliati. Abbiamo passato mesi sulle sue tracce, e anche quando ci ha portati in città, non sa quello che fa?, si è incontrato con lei e ha preso il primo volo di ritorno. Non le sembra sospetto? ―rispose con sarcasmo.

–Forse la verità e forse no, può essere che avessero fretta― risposi con lo stesso tono sarcastico.

–Allora, conferma che lo conosce?― disse la voce autoritaria.

–Non ho detto questo― risposi, confuso per la sua affermazione.

–Ha appena detto che non conosce nessun Maestre e ora dice che aveva fretta, è chiaro che lo sta coprendo, perchè?― chiese la voce autoritaria.

Mi portai una mano sulla testa, e dissi rapidamente:

–Voglio un avvocato, non dirò altro senza un avvocato, conosco i miei diritti.

–Non siamo poliziotti, e neppure del fisco, siamo della Sicurezza Nazionale, e lei ha un grosso problema. Questa gente che difende è sospettata di molti delitti, traffico d’influenza, riciclaggio di denaro, tratta di esseri umani… e la lista continua, in realtà fanno quello che vogliono, quando vogliono e dove vogliono― affermò l’uomo con la giacca che aveva un’arma in mano e che parlava in tono autoritario.

Alla fine riuscii a vederci bene mentre mi si schiarivano le idee. Nella stanza c’erano sei persone oltre me. I due con la giacca che erano quelli che parlavano e altri quattro che avevano giubbotti antiproiettile e caschi, e i mitra, quelli di piccoli dimensioni,come la portano le forze di intervento rapido in caso di sequestro o simili.

Ma in quell’occasione io ero la vittima e loro i sequestratori, almeno così sembrava per la proporzione di sei a uno, e perchè tutti erano armati tranne io.

–Di quale corpo avete detto di essere?― chiesi, ricordando che non mi avevano mai letto i miei diritti.

–Non glielo abbiamo detto― affermò quello che doveva essere il capo, che parlava con voce autoritaria.

–Non so cosa volete, ma sono sicuro che avete sbagliato persona― insistetti sulla mia innocenza.

–E questi biglietti?― chiese il secondo con la giacca che agitava nervosamente la propria arma come se volesse sparare in alto, mentre mi mostrava i biglietti del treno e la documentazione che avevo ricevuto pochi minuti prima.

– E’ un incarico, ve l’ho già detto.

–Deve portare qualcosa?

–No.

–Deve andare a prendere qualcosa?

–No.

–Allora per cosa va?― chiese quello con la giacca, nervoso, sventolandomi i biglietti in faccia.

–A fare un profilo di queste persone.

–Un profilo?, ci prende in giro? Crede che qualcuno ricercato a livello internazionale si disturberebbe per un profilo?, ci ha presi per stupidi?― chiese duramente, abbandonando il suo tono ironico.

–Non so nulla di lui, nè cosa fa o non fa, vi dico solo che mi ha dato questo incarico.

–E quanto le ha offerto?

–Offerto?

–Sí, per il lavoro, quanto?

–A dire il vero non abbiamo parlato di denaro.

–Come? Stia a sentire!, non posso sentire altre sciocchezze, mi faccia prendere informazioni a modo mio― disse l’uomo con la giacca, nervoso, all’altro che doveva essere il capo ―dammi una mezz’ora con la porta chiusa e canterà come un usignolo.

–E’ la verità― dissi, mentre tentavo di alzarmi.

–Non si alzi!, le ho detto― affermò l’uomo autoritario mentre mi puntava la pistola in mezzo agli occhi.

–Va bene!, va bene!, rimango dove sono, ma vi assicuro che è tutto quello che so.

–Perchè vuole questi profili?, Chi sono queste persone?, bersagli?, contatti?,…

–Non so nulla, vi ho detto tutto quello che so― insistetti, guardando l’arma che teneva a pochi centimetri dalla mia fronte.

–Sarà meglio che sia così. Faremo così, vogliamo che continui con il piano e intervisti queste persone, e che porti a termine il lavoro, e quando porterà i profili interverremo noi― disse l’uomo autoritario mentre con un gesto faceva uscire gli altri dalla stanza.

–Quando e dove sarà la consegna?― chiese quello nervoso, mentre gli uomini armati di mitragliette uscivano dalla stanza camminando all’indietro.

–La consegna?, che consegna?― chiesi, vedendo che l’autoritario non aveva ancora abbassato l’arma.

–I profili!, quando e dove deve consegnarli?― chiese l’autoritario, avvicinando ancora di più l’arma.

–Non lo so, non l’hanno detto― risposi, cercando di essere il più convincente possibile.

–Vuole dirci che è venuto qualcuno a darle un incarico, e non sa se la pagherà, nè quando e dove deve consegnare il frutto dell’incarico?― chiese, sarcastico, il secondo uomo con la giacca.

–Sì!― cercai di dire con voce strozzata.

–Non è credibile, ci sta facendo perdere tempo, ma crede che siamo scemi?― chiese di nuovo l’uomo nervoso mentre camminava da un lato all’altro della stanza.

–Vi ho detto tutto quello che so, cos’altro volete da me?

–La verità!, per cominciare― disse l’uomo che mi teneva la pistola puntata con voce autoritaria.

–Ve l’ho già detta. E’ venuto, mi ha dato l’incarico,mi ha dato la busta, e poi se n’è andato. Dentro ho trovato le schede di tre persone e i biglietti.

–Molto astuto, lei è un corriere― affermò quello che aveva la voce autoritaria mentre abbassava l’arma.

–Un cosa?― chiesi, confuso.

–Un corriere, qualcuno che va in qualche posto senza conoscere la sua destinazione, così se la prendono non può dire nulla― spiegò in tono euforico l’uomo nervoso.

–E’ una buona cosa?― chiesi, senza sapere se era l’uscita da quella situazione.

–Non creda che per questo è libero, è colpevole come gli altri, solo che è meno informato― affermò l’uomo autoritario.

–Allora?― chiesi, vedendo che la situazione si stava tranquillizzando.

–Allora lei finisce il suo lavoro, ma noi saremo lì, non la perderemo mai di vista. Il problema è che è fuori dalla nostra giurisdizione, e non ho alcuna autorità in qiesti paesi, quindi le assegneremo un compagno.

–Un compagno?― chiesi senza sapere di cosa si trattasse.

–Sarà il suo cane guardiano e ci darà buon conto della sua performance. Se si comporta bene e collabora, potrebbero ridurre la pena.

–Ancora con la pena!― protestai contro quella minaccia.

–Non crederà mica che verrà liberato?― chiese l’uomo nervoso mentre guardava l’arma.

–Domattina avrà visite, e da lì deve fare quello che dico, intesi?

–Sí, certo, ho capito― risposi, mentre vidi che il nervoso raccoglieva i biglietti che aveva ritirato.

–Nel caso ci voglia fregare ci portiamo via i fogli con i biglietti, la sua carta di identità e il passaporto, certo, dov’è?

–Sul comodino― risposi mentre allungavo le mani unite con le fascette di plastica a mo’ di manette.

Dopo avermi sequestrato il passaporto e aver tagliato le fascette, mi dissero:

–E’ come un’operazione sotto copertura, non deve fare sciocchezze, nè far sospettare la nostra presenza, collabori e tutto andrà bene.

Detto questo, uscirono dalla stanza da letto, camminando all’indietro proprio come avevo visto fare a quelli che avevano i mitra.

Dopo aver respirato profondamente diverse volte, uscii dalla stanza da letto e vidi che sulla porta c’era una receptionist con la testa dentro la stanza, ma senza entrare.

–Va tutto bene?― chiese, vedendomi uscire dal dormitorio.

–Sí, credo di sì.

–Che è successo?― chiese ancora.

–Un equivoco― risposi, cercando di defilarmi.

–Mi hanno obbligata ad aprirgli― disse in tono di scuse.

–Va bene così!, non si preoccupi― dissi, mentre osservavo il disordine che avevano fatto entrando con la forza.

Uscii dalla stanza e mi diressi alla sedia dove ero solito stare a leggere i giornali e come se fosse una notte qualsiasi, mi lasciai cadere sopra di essa. Guardandomi attorno, dissi tra me e me “in che guaio mi sono cacciato?”.

E abbassando la testa, mi sono accorto che sopra il comodino c’erano ancora i resti del sigaro del mio primo visitatore.

CAPITOLO 2. LEI

La giornata era iniziata come una qualunque. Ricordavo a malapena i dettagli del giorno precedente, anche se quando misi mano al portafogli vidi che mancavano i documenti e ricordai quello che era successo la notte precedente.

A dir la verità, non riuscivo a ricordare i dettagli su quegli agenti che erano entrati con le armi, ma ricordavo che l’unica cosa che avevano fatto era minacciarmi e dirmi che mi avrebbero messo in prigione. Nessuno dei loro discorsi aveva senso, e i loro modi non mi sembravano molto professionali.

In qualunque paese civile che si rispetti, si ha bisogno di un mandato per entrare in una casa, e perchè avevano così tante armi?

Chiusi il portafoglio e finii di vestirmi quando sono uscito nel piccolo corridoio della mia stanza, dove per terra c’era ancora qualche oggetto , rotto da quegli agenti, dei quali non ricordavo bene a quale organo di governo avevano detto di appartenere.

Presi una valigetta che usavo per trasportare i libri, e guardai l’orologio, “se mi sbrigo riesco ancora a prendere il treno delle 7:00”.

Detto questo, uscii in fretta dalla mia stanza d’albergo, quando all’improvviso vidi, appoggiata a una delle pareti vicine all’ascensore, una donna vestita con una gonna plissettata rossa.

–Buongiorno― le dissi, pensando che fosse un’altra cliente dell’hotel.

–Buongiorno?, è così che tratta i suoi clienti? ― rispose con tono di disprezzo.

–Cliente?, deve esserci un errore. Non ho mai portato nessuno qui. Se ha un appuntamento faccia come gli altri, vada alle mie sedute, infatti, sto andando proprio lì.

–Un appuntamento?, non mi serve un appuntamento― rispose con quel tono di sfida.

–Beh, sarà per un’altra volta, ho dei clienti che mi stanno aspettando. Buongiorno― risposi, dirigendomi verso l’ascensore.

–Dove crede di andare?― chiese la donna, mettendosi accanto a me, con l’ascensore alle spalle.

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