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Il Ventottesimo Libro
Il Ventottesimo Libro

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Il Ventottesimo Libro

Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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e non ci abbandonare alla tentazione,

ma liberaci dal male.

Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre celeste perdonerà anche voi; se invece non perdonerete, neppure voi sarete perdonati dal Padre. Affidatevi alla paternità dell’Altissimo: avrete l'aiuto del suo amore e riuscirete a perdonare. Molti uomini non sono buoni padri, ma l’Altissimo è sempre il perfetto padre amoroso. Perdonate ogni cosa a ciascuno, anche se non domanda perdono, e perdonate subito, senza lasciar tramontare il sole, e facendo di tutto per cacciare nel profondo il ricordo delle offese, anche se dimenticare appieno non si può, ché la capacità di scordare per sempre i peccati è solo dell’onnipotente. Non perdonate solo a parole ma coi fatti: fate il bene a chi vi fa il male, restituendogli la vostra fiducia anche se non ha mostrato di meritarla. Voi siete giudici di voi stessi, con la misura d'amore con cui misurate gli altri, sarete misurati". "Maestro", gli ha chiesto Simone di Cana, "posso avere un consiglio?". "Puoi". "Ebbene, da ragazzo ero amico di uno che pensavo amico. Mio padre era ricco, aveva terre, mentre il suo era bracciante. Così lo si invitava sovente alla nostra buona tavola, perché avesse a godere del nostro, e finì ch'egli girasse per la casa come se fosse della famiglia, venendo e andando come voleva, trattato dai miei quasi come un figlio e dai servi quasi come un padrone. Fui anche capo del corteo alle sue nozze. Come poi seppi, in tutti quegli anni, per invidia, egli era andato calunniando, di nascosto da noi, i miei genitori e me. Diceva che si era voluto umiliarlo mettendo in mostra con lui il nostro benessere e affermava, con falsa indignazione, ogni altra sorta di male. Nel frattempo era salito socialmente, riuscendo a comprarsi un pezzo di terra, e insieme era montato in superbia. Un giorno, conosciute finalmente le sue calunnie, lo affrontai pubblicamente all'osteria, ed egli ribadì pomposo innanzi a tutti le sue diffamazioni, con improntitudine assoluta, e mi lanciò in viso altre accuse e molti insulti; anzi, attribuì a me quanto di male aveva fatto lui, dicendosi mia vittima e mostrando grande sdegno. Non ci fu modo di fargli ammettere che mentiva. Recitò così bene che tutti credettero a lui e presero a tenergli le parti e a insultarmi. Profondamente mortificato e adirato, scappai fuori a piangere e mai più tornai all'osteria: l'avrei ucciso; ma riuscii a trattenermi, perché il Santo34 ce lo vieta. Tante altre volte ebbi occasione di vederlo, ché il nostro paese è piccolo, e in ciascuna ricevetti da lui almeno uno sgarbo. Pensando che così volesse il cielo, non reagivo e me ne andavo per non fargli del male, ed egli ogni volta calcava le dosi, certo pensandomi un vigliacco. Cercai dunque d'evitarlo: mi muovevo con circospezione, se lo vedevo di lontano cambiavo strada, se lo incontravo all'improvviso, poche parole, una scusa, e tiravo via. Ebbene: per questo mio fuggirlo, gli tolsi la mia fiducia e peccai contro la carità?". "Pregavi per il suo bene?". "No, Maestro". "In questo certo mancasti. D'ora in poi fallo, ché l’Altissimo lo converta. Sfuggendolo,ci fu in te la prudenza d'evitare che il male aumentasse, non il desiderio di fargli del male. Il peccato è nel non volere il bene del nemico, nel non aiutarlo se ti chiede aiuto o se vieni a sapere che ne abbisogna, e nel non pregare per lui. Per quanto riguarda l'essere considerati vili perché non ci si vendica, questo è il giudizio del mondo, ch’è peccatore, ma quello del Padre è il solo che conta. Prega per quell'uomo e sta' in pace". S'è rivolto a Giacomo e Giovannino: "Quanto a voi, andate da vostro padre e, non appena lo vedete, dategli la vostra benedizione e augurategli la pace". Sono andati. Al ritorno, hanno riferito con gioia a Gesú che Zebedeo invitava a pranzo lui e i suoi: grazie alle preghiere del nostro Rabbì, s'era convertito al rispetto della libertà dei figli.

Per la Festa della Capanne35 Gesú s’è recato coi suoi a Gerusalemme, ospite d’un amico, Giuseppe, che è un membro del sinedrio, originario d’Arimatea. a suo tempo suo compagno di studi presso la scuola di Hillel. È l’unico potente che segua il Maestro, ma segretamente, per non avere noie. Gesú è andato al tempio coi discepoli e ha insegnato in pubblico. I presenti si sono di molto stupiti. Prima, vedendo il suo povero abbigliamento, l’avevano creduto un ignorante; e pensare che anche il grande rabbì Hillel vestiva poveramente e si manteneva come taglialegna; ma, si sa, la gente più semplice guarda solo alle apparenze. Uno di coloro ha affermato: "Come mai uno così conosce tanto bene le Scritture?" e un altro: "Non sarà forse quello là che gira di paese in paese e che i farisei avversano?"; un terzo: "Quello che si proclama falsamente Messia? Eppure sta parlando nel tempio e nessun sacerdote gli dice di smettere. Che l’abbiano riconosciuto come il vero Unto?!" e un quarto: "No, conosco un servo di chi lo ospita e so che quell’uomo è della Galilea; ma nessun profeta può venire da là. Quando il Messia si manifesterà, nessuno saprà da quale luogo provenga"; un quinto: "Sbagli, la profezia dice precisamente che verrà da Betlemme e sarà stirpe di Davide, dunque, non si tratta certo di quel nazareno". Allora Gesú: "Sì, sapete che sono galileo, ma non sapete che non da me sono venuto: chi m’ha inviato l’ha fatto in verità ed egli è l’inconoscibile.36 Solo io lo conosco, perché m’ha mandato". S'è levato un putiferio. Hanno gridato in coro d’arrestarlo per bestemmia e il Maestro è uscito in fretta dall'area del tempio, prima che giungessero le guardie del sinedrio. "Non è ancora l’ora ch’io sia arrestato", ha detto ai suoi, "devo diffondere ancora la parola dell’Altissimo e non posso lasciarmi fermare; ma vedo ch’è troppo presto perché qui a Gerusalemme capiscano; dunque, usciamo in fretta dalla città". Sulla via per la Galilea, più volte, ha pregato ad alta voce il Padre celeste perché lo illuminasse ancora di più.

Giorni dopo il suo ritorno a Cafarnao, mentre stava avviandosi coi discepoli alla collinetta detta monte per raccogliersi in preghiera essendo accompagnato da una folla, il Maestro ha visto passare un ricco superbo assieme al seguito, e sul viso gli è comparso un sorriso triste. Ha detto ai discepoli: "Quell'uomo, che ha grandi ricchezze, vuole ancora aumentarle e in questo momento sta pensando: Userò i miei averi per seminare e mietere e piantare alberi e molto di più riempirò i miei granai di raccolto così che non mancherò di nulla. Così ragiona nel suo cuore; ma questa stessa notte, morirà. Chi ha orecchi per intendere, intenda". "Abbiamo capito, Maestro", ha detto Giovannino per tutti. Allora Gesú ha esortato: "Sì, non accumulate tesori sulla terra dove tignola e ruggine li consumano e ladri vengono per rubarli, ma accumulateli nel vostro cuore davanti all’Altissimo che li conserva incorruttibili in eterno e senza che possano essere rubati. Come l'occhio è la lucerna del corpo e se è accecato la luce non entra, così la luce che è in te non sia ottenebrata dal male che acceca. È impossibile nello stesso tempo per un solo uomo cavalcare due cavalli o tendere due archi. Non si possono servire due padroni, non il bene e il male, non la ricchezza spirituale dell’Altissimo e la ricchezza materiale: se uno serve due padroni tra loro avversi, ne ama uno e odia e disprezza l'altro. Servite l’Altissimo e non mammona". Io mi chiedo: i potenti del regno dell'Unto saranno poveri? Ho lasciato la mia professione e i miei beni sperando d'averne non solo il potere ma anche maggiore ricchezza, e dovremo invece donare tutto agli altri? Se fosse così, unica consolazione resterebbe che, se non altro, saremmo potenti. Mi hanno riferito che il Maestro, immediatamente dopo, ha aggiunto: "Non preoccupatevi per il cibo e per le bevande e neppure per i vestiti, perché la vostra vita vale più degli alimenti e delle vesti e il Padre la conserva finché non sia giunto il momento di perderla. Gli uccelli non seminano e non raccolgono né accumulano nei granai, ma il Santo li nutre. Voi contate certo più di loro; e la lunghezza della vostra vita dipende solo dall’Altissimo. Neppure per il vestito affannatevi, guardate come la veste dei gigli, che il Padre ha loro donato, è più sontuosa di quella di Salomone. Eppure, qualunque erba diviene infine secca e viene bruciata; dunque il cielo non farà forse molto di più per voi, che siete ben maggiori?! Lasciate che i pagani si preoccupino del mangiare, bere e vestire. Cercate l’Altissimo e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato in più. Non affannatevi per il domani: basta a ciascun giorno la sua pena": magra soddisfazione davvero sarebbe il solo fatto di non morir di fame e non girare ignudi! Spero proprio che avremo anche ricchezza! Poco dopo Gesú è giunto in cima all’altura e, dopo aver pregato a lungo il Padre perché gli desse luce, ha annunciato alla folla quant’altro gli era nato nel cuore, che riporto come mi è stato riferito:

"La coscienza di ognuno non appartiene a nessun altro e solo il Santo può giudicare. Non giudicate o sarete giudicati, e avrete lo stesso giudizio con cui avete giudicato, con la stessa misura con cui avete misurato. Perché mai tu osservi la pagliuzza nell'occhio del prossimo e non t'accorgi della trave ch'è nel tuo? Come potrai dirgli: Lascia che ti tolga la pagliuzza se prima non hai tolto dal tuo occhio la trave? Non essere ipocrita. Togli la trave dal tuo occhio per vedere bene, e così potrai togliere la pagliuzza dall'occhio del prossimo: tante volte la tua colpa è più grave della sua!".

"Non bisogna scherzare con ciò ch’è sacro e chi lo farà avrà a soffrire a causa della sua stessa azione; né bisogna rispondere a chi vi domanda per celia di parlargli del bene: non date ai cani cose sante e non gettate perle ai porci perché non le calpestino e poi non si voltino per sbranarvi!".

"Sappiatelo: pregare l’Altissimo è rivolgersi all'assoluto amore e nessuno che lo chiami sarà rifiutato, fosse pure il peggiore dei peccatori. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Siate certi che se chiederete al Padre ch’è nei cieli riceverete, così come io ricevo. Se cercherete, troverete e se busserete alla porta del regno dell’Altissimo, vi si aprirà. Chi infatti al figlio che chiede pane dà una pietra, o una serpe se gli domanda pesce?! Se dunque gli esseri umani, che sono cattivi, sanno dare cose buone ai figli, quanto più il Padre darà cose buone a coloro che gliele chiedono!".

"Non limitatevi a non fare il male: non basta! Tutto quanto di bene volete che gli altri facciano a voi, fatelo a loro: è questa infatti l'essenza dei testi della Legge e di quelli dei profeti, quanto cioè dei Libri dovete prendere in considerazione nei vostri rapporti cogli altri essere umani".

"Entrate per la porta stretta. La porta e la via che conducono alla perdizione sono larghe, spaziose. Molti entrano purtroppo dalla porta larga. Nel regno dei cieli si entra solo dalla porta difficile, ma sono in pochi a trovarla e varcarla: il Padre non vuole che si sia schiavi dei propri pensieri, paure, abitudini, impulsi, ma che si scelga il rigore, secondo la via da lui indicata".

"Ci sono impostori che sfruttano i sentimenti religiosi a vantaggio proprio. Solo il comportamento d’una persona è testimone del suo vero sentire, non le sue parole se non corrispondono al suo agire. Guardatevi dai falsi profeti che vi si presentano travestiti da pecore miti ma sono lupi rapaci. Non si raccoglie uva dalle spine e fichi dai cespugli di rovi; ogni albero buono dà buoni frutti e ogni cattivo ne dà di cattivi, e il contrario non è possibile. L'albero che produce cattivi frutti viene tagliato e bruciato. È dai frutti che potrete riconoscere i veri e i falsi profeti. Non chiunque dice: Signore Signore entra nel regno dei cieli ma solo chi fa la volontà del Padre ch'è nei cieli. Saranno in molti a dirmi, chiedendo d'entrare nel regno: Noi abbiamo profetato e cacciato demòni e compiuto molti miracoli nel tuo nome; io però dirò loro: Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me, operatori di male".

"Io testimonio con la mia vita le mie parole. Dunque ascoltatele. Chi le ascolta e le mette in pratica si può dire simile a un uomo saggio che ha costruito sulla roccia la propria casa. Cade la pioggia, straripano i fiumi, soffiano i venti e si abbattono su quella casa, ma essa non cade perché è fondata su roccia. Chi invece, sentendo le mie parole, non le mette in pratica è simile a chi costruisce la sua casa sulla sabbia, così che quando cade la pioggia e i fiumi straripano e il vento si abbatte sulla dimora, questa cade con grande rovina".

La folla è rimasta ammirata. Tutti lo hanno elogiato, esclamando: "Insegna con autorità, non come gli scribi!".

Non c'è dubbio che sia così, anche se a volte dice cose troppo alte, onde noi non le si comprende appieno. Certo è ch’egli mostra la sua autorità morale con continui segni. Lo fa con assoluta semplicità, senza evocare niente che sappia di magico: sembra che sia per lui la cosa più naturale del mondo fare meraviglie, non qualcosa di straordinario e macchinoso. È chiaro che non vuole far mostra di personale potenza e che sa che è l’Altissimo che agisce in lui perché si comprenda che il tempo è venuto e ch’è lui il Messia; non vuole strabiliare la gente, a differenza di quanto fanno i maghi. Elenco i miracoli che, secondo quanto mi hanno narrato condiscepoli, egli ha compiuto quel giorno per dare più forza alle sue parole e, come al solito, senza esibizionismi. Disceso dal monte, gli s'è avvicinato un lebbroso, bandito dalla comunità come prescrive la Legge. I suoi si sono bloccati per paura del contagio, Gesú invece è andato incontro al poveretto. Non appena sono stati l'uno davanti all'altro, il lebbroso s'è prostrato al Maestro dicendogli: "Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi" e Gesú s’è commosso. Con gesto inusitato l’ha toccato, e gli ha detto: "Lo voglio. Sei sanato". La lebbra è scomparsa. Il Maestro ha raccomandato al guarito di non raccontarlo a nessuno, ma semplicemente di mostrarsi al sacerdote per ottenere la dichiarazione ufficiale di sanità, per essere riammesso fra la gente. Gli ha chiesto di presentare a Mosè l'offerta prescritta per i guariti, così che i sacerdoti avessero testimonianza che grazie al bene era avvenuta la guarigione, non per opera del maligno. Ecco l’inaspettato commento del giovane Giovanni, subito dopo avermi raccontato l'episodio: "Quell'uomo, inginocchiandosi, ha voluto mostrare al Maestro d'adorarlo: in lui ha sicuramente riconosciuto il cielo stesso!". Stava per aggiungere altro ma io, esterrefatto, l'ho zittito prima che qualcuno potesse udirlo e accusarlo di bestemmia. Non abbiamo, dopo secoli e secoli, ritenuto divini neppure Abramo, Mosè ed Elia, i più grandi di noi! I più grandi ma pur sempre semplici uomini! Gesú, è vero, perdona i peccati, e questo è prerogativa dell’Altissimo, ma certo lo fa in nome e col benestare del cielo, essendo suo Messia, non credendosi lui stesso l’Altissimo. Possibile che Giovannino sia così impulsivo da pensare che Gesú sia Colui che cammina sulla sfera di cristallo del firmamento? Egli è l'Unto, ma può forse essere considerato maggiore di Mosè? e se pure lo fosse, quale abisso, comunque, rispetto all'Incommensurabile! Giovannino è ancora un ragazzo, lo capisco, ma dovrebbe studiare a fondo la Torah e avere un po' più di prudenza. M'ero proprio sbagliato nel pensare che avesse una buona cultura religiosa.

Entrando in Cafarnao, Gesú s'è visto venire incontro il centurione che comanda la caserma locale, un uomo che io conosco bene perché a lui consegnavo le imposte riscosse. Ormai quasi anziano, di origine plebea, ha fatto tutta la carriera nella nostra terra, iniziando dai ranghi. È vedovo e ha perso in battaglia l’unico figlio. È noto come uomo comprensivo, sebbene non si sottragga al dovere di castigare i suoi uomini che sbagliano e di combattere gli zeloti che attentano alla sicurezza della sua centuria. Non s’è convertito alla nostra religione ma è affascinato dall’idea d’un unico Creatore e Signore. Un paio di volte ne aveva discorso con me in piazza sapendo che conosco la Torah. La fama del Maestro doveva essergli giunta. Lo ha dunque implorato: "Signore, un servo che m’è caro giace in casa paralizzato, soffrendo terribilmente! L’avevo accolto tanti anni fa, piccino, in casa mia, essendo divenuto orfano di entrambi i genitori. Aveva fatto amicizia col mio unico bambino, giocavano assieme. Mio figlio mi è morto cinque anni fa combattendo al comando d’una decuria e quel servitore suo amico è divenuto per me interamente come un altro figlio. Sciaguratamente, da giorni non può più camminare, è debolissimo e temo sia rivolto egli pure alla morte. Mia moglie non c’è più, non lasciare ch’io resti del tutto solo". Il Maestro s'è detto subito disposto a recarsi a casa sua, ma il centurione ha risposto di no, perché non si sentiva degno di lasciar entrare Gesú sotto il proprio tetto; però sarebbe di certo bastata una sua parola, ha aggiunto, e il suo servo sarebbe guarito, così come lui centurione, pur essendo solo un ufficiale inferiore, se dava ordini veniva obbedito, e se diceva a uno dei suoi va', questi andava, o se gli ordinava vieni, l'altro veniva, oppure se gli diceva fa', faceva. Gesú è rimasto ammirato e ha esclamato: "Vi dico in verità che non ho mai trovato in Israele una fede così grande! Vi dico che molti gentili verranno dall'oriente e dall'occidente convertendosi, e saranno a mensa nel regno dei cieli con Abramo, Isacco e Giacobbe; ma aggiungo addolorato che parte dei figli d'Israele sarà nelle tenebre con sofferenza, in pianto". Quindi, al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". S'è poi saputo che, proprio nello stesso tempo, il servo era guarito. Ho chiesto ai condiscepoli: "Cosa voleva dire Gesú affermando che non tutti i figli d'Israele saranno nella luce? ". Il solito Giovannino ‘sotutto’ m’ha risposto: "Voleva dire che non tutti gli ebrei accetteranno Gesú come Messia".

Ecco, io ricordavo che solo a quel punto il Maestro, giunto a casa, avesse guarito la suocera di Simone. Infatti, proprio lo stesso giorno avevo saputo, dalla gente del mercato, del servo appena sanato e della guarigione della donna. Però, e l’avevo già annotato, è assai probabile che Simone si ricordi meglio di me, visto ch’era presente. Forse m'avevano parlato, insieme, d'un fatto appena accaduto e d’uno precedente.

Due settimane dopo Gesú ha chiesto ai discepoli di passare con lui all'altra riva del Giordano per andare laddove non era ancora conosciuto, nella regione dei Gadareni; ma solo nel caso che si fossero sentiti pronti a sacrificarsi. Uno scriba ch’era divenuto suo seguace gli s'è avvicinato promettendogli che avrebbe continuato a seguirlo ovunque. Il Maestro ha voluto però metterlo in guardia da facili illusioni, fargli capire che seguirlo avrebbe voluto dire fornire un impegno totale: "Persino le volpi37 ", gli ha detto, "hanno le loro tane e gli uccelli i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Lo scriba ha desistito: "Continuerò a servire l’Altissimo in sinagoga". Gesú ha approvato. Al contrario, un altro discepolo gli ha chiesto di non seguirlo fin a quando fosse stato vivo il proprio padre, dicendogli nel nostro colorito linguaggio: "Permettimi prima di seppellire mio padre". In questo caso, evidentemente conoscendo la sua vigorosa fibra, Gesú lo ha esortato a lasciare il genitore e a seguirlo, rispondendogli con altrettanto colore: "Seguimi e lascia i morti seppellire i morti".

Partito dunque coi discepoli più robusti e passato il fiume, Gesú ha percorso la strada che, per un certo tratto, costeggia il lago sull'altra sponda. Faceva assai caldo e si sono fermati presso un pescatore amico di Giacomo e Giovanni, per dissetarsi con la fresca acqua del suo pozzo. Visto che l’uomo aveva una barca con l’albero per la vela rotto, il Maestro gli ha chiesto se gliel’avrebbe imprestata, insieme a una piccola rete, nel caso lui gliel’avesse messa a posto. La strada a quel punto finisce e il terreno è accidentato, per cui sul lago si procede più speditamente. Sapendolo carpentiere provetto, il padrone ha subito accettato. Simone ha voluto aiutare Gesú, ma non essendo uno del mestiere, più che altro è stato d’ostacolo. Finalmente hanno salpato. In un buon punto, Andrea ha lanciato la rete e, dopo non molto, il Maestro ha detto: "C’è quanto basta" e l’ha recuperata egli stesso. In effetti, ce n'era una quantità grande, e dopo che hanno buttato in acqua il pesce impuro perché non squamato, è rimasto cibo puro più che bastante per tutti, che avrebbero consumato una volta approdati. Dopo un poco Gesú s'è addormentato; ed ecco che il cielo s’è fatto improvvisamente scuro di nuvoli, come tante volte succede sul nostro lago, ed è scoppiata una tempesta terribile; ma lui ha continuato a dormire. Così i discepoli, certo ispirati dall’Alto, l'hanno scosso implorandolo: "Salvaci tu, o siamo perduti!". S'è guardato per un attimo intorno, poi ha detto: "Perché avete paura, uomini di poca fede?". S'è alzato in piedi e, sgridando i venti e il lago ha ottenuto bonaccia. Tutti si sono meravigliati: "Chi è mai costui a cui addirittura i venti e il lago obbediscono?". È evidente che, pur avendo spontaneamente chiesto aiuto a Gesú, di fede non dovevano averne avuta molta. Finalmente sono sbarcati nel paese pagano dei Gadareni. Hanno cotto e mangiato il pesce, poi si sono avviati. Dopo poche centinaia di cubiti, da un sepolcreto dov'erano nascosti sono sbucati inaspettatamente due indemoniati completamente ignudi che, dopo essersi messi a saltellare sul posto, movendo su e giù le braccia come ali d’uccellaccio e con gli attributi virili che ballonzolavano in ogni direzione, sono scattati di corsa verso la compagnia urlando con voci stridule: "Merda! Culo! Che cosa abbiamo in comune con te, figlio dell’Altissimo? Sei venuto a tormentarci prima del tempo? Merda! Merda! Culo! Culo!". Immediatamente il Maestro ha fatto per scacciare la legione di diavoli della pazzia chiusa in quei poveretti, ma gli spiriti immondi, per bocca d’uno degli ossessi, l'hanno implorato: "Se vuoi scacciarci, mandaci almeno in quella mandria di porci ch’è là sull’altura, dove potremo rimanere comodi". Gesú ha acconsentito. I demòni, usciti dai corpi degl'insani son dunque entrati nei maiali, che immediatamente hanno preso a mordersi fra di loro; dopo un poco, hanno iniziato a saltare tutti assieme, in sincrono, su e giù, a ogni salto divaricando le zampe per quant’è possibile a quelle bestiacce, così come prima quei due uomini avevano fatto con le braccia; intanto grugnivano senza interruzione le parole umane: "Merda! Culo! Merda! Culo!". Ovviamente il guardiano dei porci s’è disperato; ma non era finita: improvvisamente tutta la mandria s'è precipitata giù verso il lago e le bestiacce, nessuna esclusa, son cadute nei flutti e sono morte. M'ha riferito Giuda Iscariota, ridendo forte, che a quel punto il guardiano, strabuzzando gli occhi, s'è strappato ciuffi della barba e poi s'è preso a schiaffi. Quanto agli ex indemoniati, forse temendo d’essere chiamati a rispondere del danno, se la sono data a gambe. "Devo dire", ha sottolineato il mio condiscepolo, "che Gesú ha un notevole senso dell'umorismo". Mah! Forse, ma io penso che il Maestro abbia voluto testimoniare una cosa seria ed essenziale: poiché quella di maiale è carne immonda, credo che abbia voluto non solo punire i diavoli con lo scherno, ma pure dare una lezione ai pagani di quei luoghi, guardiano ed ex indemoniati compresi, invitandoli alla purezza. L’ho detto agli altri discepoli. "Essenzialmente alla purezza dello spirito", ha voluto puntualizzare Giovannino, e ha aggiunto: "Uno dei guariti, dopo l’impulsiva fuga deve averci riflettuto, fatto è che è tornato da noi e ha chiesto di seguirci; ma il Maestro gli ha ordinato di testimoniare l’accaduto nella propria zona dove, ha detto, sarebbe stato più utile. Del secondo guarito, invece, non abbiamo più saputo niente". Dispiace dire che, quella volta, Gesú non ha quasi raggiunto lo scopo. Fatto è che il porcaro, precedendo lui e i suoi, s’è precipitato in paese a raccontare l'accaduto e subito l'intera popolazione è venuta incontro al gruppo brandendo randelli. Il Maestro, vedendoli giungere, ha pregato l’Altissimo e ha ottenuto da lui che i Gadareni, non appena hanno incontrato il suo sguardo, si sono calmati, anzi, hanno assunto un atteggiamento intimidito. Hanno solo osato chiedergli d’andarsene da un'altra parte. Gesú non s'è opposto. Tornati alla barca, egli e i discepoli hanno salpato. Una volta restituita l’imbarcazione al proprietario, hanno passato a guado il Giordano e sono tornati a Cafarnao. Dice Giuda l’Iscariota: "Meglio così, i nemici si combattono, non si convertono". Secondo il giovane Giovanni, ch’è sempre il solito eccentrico e si rivela sempre più incosciente, Gesú aveva invece previsto ogni cosa per mostrare ai discepoli, con quell'avventura, ch'egli è l’Altissimo, sedando la tempesta, e che rispetta la libertà d'ognuno di sceglierlo o di rifiutarlo: "Perciò non ha tentato di convertire i Gadareni". Sarà, ma noi altri la vediamo diversamente e Giovannino dovrebbe fare un po' più d’attenzione: chi adora un uomo confondendolo con l’Altissimo viene lapidato.

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