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Salire In Alto
Guido Pagliarino
Salire in Alto – Silloge di Poesie e di Racconti in versi
Libro ed E-book pubblicati da Tektime
Copyright © 2017 Guido Pagliarino - All rights reserved
NOTA DELL’AUTORE INTRODUTTIVA ALLA SILLOGE
Questo libro costituisce un riepilogo di quanto scrissi in versi nel corso di decenni e che, almeno per il momento, non ho cestinato. Comprende opere nate fra il 1960 e il 2017 in parte già pubblicate in volume, in parte inedite o sparse. Si divide in due sezioni. La prima contiene i lavori, dal terzo in poi, che stampai in volume; è divisa in paragrafi, intitolati e corrispondenti ciascuno al rispettivo libro; ogni paragrafo è suddiviso in sotto-sezioni che corrispondono ai paragrafi delle relative precedenti edizioni. Ho escluso le prime due sillogi, “Per amore della società aperta”, anno 1979, Eura Press, e “La speranza possibile, Rebellato, 1981, che raccoglievano poesie che in seguito, in notevole parte, variai o rifiutai. La seconda sezione del libro ospita poesie inedite e versi che pubblicai sparsi.
Indice
Guido Pagliarino
Salire in Alto
Silloge di Poesie e di Racconti in versi
1960 - 2017
PRIMA PARTE
(Versi già editi in libri)
SALIRE IN ALTO
Poesie 1975 – 2005
LIRICHE
IMAGO
QUANDO ANCHE NOI
LI SAI QUEI SOGNI?
VISITA
SALIRE IN ALTO
A FIANCO DEL BIMBO IMMOLATO AL DIO
PARENTESI
SUBITO DOPO UNA STRAGE
LA LUNA SI VOLTA
PERSONA
IN UNA VENTOSA NOTTE DI SAN LORENZO
SOGNO DEL CANTO
L'UTILE E IL DILETTEVOLE SECONDO NATURA
FANGO PER ADAMO
GRADUALISMO?
MOSTRO
IL MALE
SOGNO DELLA PIAZZA
ANCOR SI TORNA
PREGHIERA AL LEOPARDI
QUEI NATALI
GIOCHI
ALTO MARE
ORA CHE NULLA...
SCOMMESSA
IL NAUFRAGO ULISSE
I COLORI DI DIO
SOFFIO
ARBUSTO
SOGNO DELLA PARTITA DI BOCCE
STELLA CENTRALE
ALBA E AURORA DI PASQUA
SCHERZI
'STA CULTURA
SIMPATICA ESERCITAZIONE PER UTOPISTA
RIFORME I
RIFORME II
DIFFAMATORE IN BUONA FEDE
POESIA E CARITÀ
LA DIAVOLERIA DEFINITIVA
PARTENDO IN TRENO
TRE RECENSIONI A “SALIRE IN ALTO”
CENTRO STORICO
(PORTA PALAZZO E DINTORNI 1990)
Racconto corale in versi - Poema epico
(rivisto e un poco variato dall’autore)
PREFAZIONE DELL’AUTORE (Conforme alla prefazione della Seconda Edizione, 2008)
PREFAZIONE DI SERGIO NOTARIO ALL’EDIZIONE 1993
CENTRO STORICO 1990:
Vincenzo il razzista
Abdùl Satelèch
Rosario il condomino
Il vecchio ambulante
Don Rocco il parroco
Giovanni il bancario
Omàr Salazìm
Gaia la liceale
I lattai
Ariano lo storico
Arduino, parrucchiere per signora
Ajanìra Babùtu
Luigi il personalista
Giampaolo il medico
Gianluca l'ambasciatore
Vincenzo, parte seconda
PARERI E RECENSIONI A“CENTRO STORICO”
Appendice - V ERSI DELLA PRIMA EDIZIONE VARIATI O ELIMINATI NEL 2006
QUI E ORA
Haiku
2005 - 2009
Tipi di Haiku (ogni tipo comprende più composizioni nelle pagine seguenti) :
KIGO (STAGIONE)
YUGEN (SPLENDORE NATURALE CHE MERAVIGLIA)
WABI (L’INASPETTATO CHE DESTA INTERESSE)
AWARE (LA TRANSITORIETÀ E LA MALINCONIA)
KIOKÛ o SENRIÛ (HAIKU IRONICO O SCHERZOSO)
DUE BREVI PARERI SUGLI HAIKU PRECEDENTI
L’AMICO
PADRE CHARLES JEGGE MONACO TRAPPISTA EREMITA A “IL PRIETTO MONASTICO DI INDIRITTO (TORINO)” † 31 ott. 1995
Poemetto in memori a, 1995
A ppendice
A L CUNE_ TRA LE LETTER E DI PADRE CHARLES INDIRIZZATE ALL’AUTORE
SECONDA PARTE
(Versi inediti o sparsi, 1960 – 2017)
POESIE 1960-2017
GIOVANISSIMA ESTATE
C’ERA UNA VOLTA
BUSSOLA SMARRITA
UN BEL MATTINO
LA MEMORIA DI DIO
STRALCI DAL POEMETTO TRALASCIATO “CANTI DEL COSMO” (1984-5):
MINIMA INTRODUZIONE DELL’AUTORE
TRE PAROLE MALIGNE
ISOLA SU UN PIANETA LONTANO
LO SGUARDO E IL PESCATORE DI CORALLO .
UN CERTAME NEL COSMO
Poemetto giocoso (1995)
Su
L’ORA NEL VANGELO SECONDO GIOVANNI
Poemetto in due canti (1998)
NOTICINA INTRODUTTIVA DELL’AUTORE
Canto I
Canto II
Guido Pagliarino
Salire in Alto
Silloge di Poesie e di Racconti in versi 1960 - 2017
PRIMA PARTE
(Versi già editi in libri )
SALIRE IN ALTO
Poesie 1975 - 2005
LIRICHE
IMAGO
Nera pantera lucida, dall'uno all'altro mobile,
salta e si ferma con le fauci spalancate, immobile
fissando dal suo rosso il bimbo attonito che appena
volta gli occhi alla cosa palpitante nella casa,
ne la penombra, e sa che quella è il diavolo.
Nessuno attorno, il bimbo non ha voce.
LUCE!
Si desta il bimbo accanto al petto del suo babbo
ed ascolta la favola,
la bellissima favola
di Peter che volava e non voleva
crescere mai;
e la spalla del padre si fa un'isola
e il piccino s'invola
a pugnare su in alto con Uncino e ancora in alto.
Quasi trent'anni son passati e l'uno
prova a essere l'altro.
QUANDO ANCHE NOI
Quando anche noi saremo nel momento
d’aver dietro l'omega e innanzi l'Alfa
vorremo avere nel bagaglio d'aria
quanto ti porti adesso che, contento,
sali mirando il quieto occaso spento.
Più aperta ancòra viene la speranza
nella scoperta che finisce mai,
ora che il primo doloroso e lento
mondo hai lasciato, e non poteva dare
che un seme. Stretti in questo camposanto,
noi, dell'ALBERo TuO, teniamo il pianto
e innalziamo le fronde, per amare
tua eternità: ella il dolore serra
e, palpitando, piano lo sotterra.
LI SAI QUEI SOGNI?
Li sai quei sogni dove sei per casa,
la casa vecchia, e dentro una persona
cara ti vedi che sapevi spenta?
Mi sono desto, pensi, e sei contento
vuoi sentirle la voce, t'improvvisi
a dir piccole cose
e lei, che ti sa tacito, non dice
quasi che nulla, come se sorpresa.
Dopo, il risveglio è come un nuovo lutto
e un po' ti filtra con la luce il dubbio
di Sigismondo.
T'alzi pensando all'altra casa vuota.
Giovani affetti nella nuova trovi
e il caffè.
VISITA
Veleggia lieto, quasi, nella Grazia
il giusto morto; quasi, ché non sazia
è la sua forma, tesa
ai suoi vivi, ai colori
ai sapori di casa.
Chiede un minuto, di riavere i cari
che lo vedano...
L'HA!
Scende rotando in cerchi ventilati
verso la casa, all'ora meridiana.
Seggono al desco i cari, alla finestra,
la buona moglie, i figli e le famiglie,
ragionano di lui. Ha come agli occhi
una stilla di lagrime
una goccia di nuvole. S'apprende
più più nell'aria in forma d'uomo, ai vetri.
Ah! Fuggon tutti.
LIBERO!
Risplende lieto nella piena Grazia
e Cristo ne sorride mitemente.
SALIRE IN ALTO
Lungo Po nell'estate in mezzo a un prato
rotto che s'apre più lontano al colle
e il cuore vi disperde,
hai sentito la brama di giacere
nel bell'ampio del verde:
salire in alto alla collina, avere
nulla da dire; il vento che discende
lasciar correre via
che porti qualche atomo con sé
colto dal viso;
posare in un sorriso come cosa
che vede e si riposa, farsi verde
come stelo lanciato a toccar nuvole,
se dal basso lo miri,
e sull'erba che docile scomponi,
fare canzoni.
A FIANCO DEL BIMBO IMMOLATO AL DIO
Carthago ignara d'ombra nella chiara
luce dell'ampio sole,
con le stanche sue forme che riduce
il vento e interra alle deserte rive,
mi si pronuncia che dal molo vivo
vengo al sepolto. Da proteso nodo
di lingue mercatanti mi sviluppo
altalenando un falso antico lume
nell'aria e nel sospeso
tempo mi annodo,
là dove Baal piega sotterra il corpo
al peso d'impetrati dèi latini.
A fianco del fenicio
mite bimbo votivo
m'indoro e cresco
PARENTESI
Sfatta la notte, l'ora
più non ombreggia seta.
L'alba nascente è una presenza, quieta
Essenza docile
pare vi posi
languore trepido
che tesse luce.
Subito cangia e ancora non comprendi
l'impossibile aurora moltiplicata;
e ti respira l'anima, incantata
vacanza della pena del tuo tempo,
tempo perduto nell'infinità.
SUBITO DOPO UNA STRAGE
“Dov'è, mamma, dov'è il mio volto tondo
i miei riccioli belli,
il corpicino che cresceva forte?
Dove i giochi d'estate e il fratellino
che tenevo per mano?
C'è solo fumo, mamma, e le macerie;
e tu, dove sei tu dal viso chiaro
dolcissimo ridente?
Ti sento qui e non vedo la tua grazia”.
“Vieni, cara, Giannino ho già vicino.
Saliamo insieme in sempre più elevate
e ämpie spire
e cerchiamo chi sia
che ci troncò nel nome di contorti
mondi di morte:
s'egli dorme stanotte, nell'amore
gli scoccheremo al cuore il suo rimorso;
poi saliremo al Posto del Vittime
senza guardare al babbo; attenderemo:
non potremmo piegarci a un solo soffio
di pena più di questa.
Torneremo più avanti a rimirarlo,
a rallegrarci che il passare amico
dei giorni l'abbia almeno un po' placato,
e attenderemo nell'eterna estate
che, finito il suo tempo, ci ritorni”.
LA LUNA SI VOLTA
(effetto ottico)
O mossa luna assolta dall'angoscia,
al viavai delle nuvole
pare tu volga al firmamento
il faccione ridente.
Che! Non è un’illusione?
In questa sera rorida di sangue
il tuo sorriso scenderebbe tragico
su noi fragili umani?
Pensi forse non torni
– È chimera? Chimera?! –
il tripudio di vivere?
...e tu provaci ancora:
nel nuovo plenilunio
rivolgici il sorriso,
e noi l’aperto viso
leviamo in alto alla speranza,
ancora;
a Dio piacendo,
e al cuore.
PERSONA
Come fu che la bussola impazzì
e l’ago più non mira
al settentrione dell’uomo?
Se ne vanì il diritto, il tanto amato
per secoli sofferto disperatamente
d’essere uno ch’era scritto a pena
a pena e principiava.
Sorge ancora la notte chiusa d’ombra
vagabonda di sogni in chiaro abbraccio
d’amore per l’aperta società,
più non trabocca e non rinfranca il cuore
la cultura dei savi;
ma quale bene può trovare chi
fa dell’altro una cosa,
quale aiuto agli oppressi per risorgere
se all’uno manca il nome di persona?!
IN UNA VENTOSA NOTTE DI SAN LORENZO
(dopo l'omicidio Moro)
Ora e per poco libero dal mondo
e abbandonato nell'incantamento
d'un cielo nero coi suoi astri intenti
a me pulsànti e luci in movimento,
vorrei sapere, e quasi nel profondo
sento che non è inganno, se il momento
non sia questo dell'uomo, finalmente
che il terrore si volge al fallimento:
per i millenni ragionevolezza
è salita ai patiboli, la gente,
certa nel certo di sue fedi, amava
l'eguale a lei e l'altro assassinava;
ma se l’ideale avesse la mitezza,
serbasse il cuore, guadagnasse mente…
SOGNO DEL CANTO
In modulato suono, un canto – avaro
alla memoria – scende una collina
all'abbrunire e gira come chiaro
vortice lento sopra una marina
oscura e immota: il suo sonare caro
si confonde nell'animo, l'affina.
Nell'aria, in verso raro
si levan alti lievi, e in cristallina
rima, la gloria della piena pace,
la tolleranza aperta sul mistero,
la sapienza che dubita, l'ardita
mitissima ragione che si tace
agli umorosi semplici, il severo
delizioso cercare di una vita;
oh, sogno caro,
dolcissimo risveglio, amara luce!
L'UTILE E IL DILETTEVOLE SECONDO NATURA
L'infante pesta le formiche in campo
o le sorprende in fila a üna a üna
sortenti al passo da un intercolonno
del rastrello piccino,
le schizza col piedino,
le preme fra le dita, mitemente.
Io pure amavo tanto gioco un tempo,
e l'amavo talmente
che m'intristivo a strage ormai conclusa.
Ora son uso
schivare il piede,
aprire all'imenottero la via
SE non gira per casa; e pur mi spiace
quel dovere rapace,
ci medito un istante
avanti d'immolare l'ambulante:
confusamente avverto nella causa
un'oscura minaccia?
Sotto una rosa gialla,
altre formiche, in grappolo ferino,
stanno partendo un grillo agonizzante.
FANGO PER ADAMO
Altre età, altre voci, altre corde
i tempi dionisiaci
della solarità;
altre età in braccio a Crono e avanti Adamo:
lappanti il sole dentro l'acque chiare
verdissime un milione d'anni fa,
omofagi dementi
dai bianchissimi denti.
GRADUALISMO?
Benedetta sii tu, potente Materia,
Evoluzione irresistibile,
Realtà sempre nascente,
Tu…
[Pierre Teilhard De Chardin]
Forse più avanti, fra un milione d'anni,
ci sarà l'uomo mite che non sogna
perché il sogno s’è aperto nella vita
come una mèta della vera storia,
la storia lunga che ha le nostre età
quali parti minuscole di un'era.
Adesso l'homo sapiens con le appena
trecento dalla belva dipanate
generazioni armate,
di questo mondo,
per sola grazia,
non è signore
né viceré.
Quando ti prende avanti al sonno a notte
enorme un groppo d'infinito,
qualche poco tu spera e con la forza
del molto dei tuoi sogni poi lo tenta;
or di più non contenta
la grazia di quei sogni con due lune
e d'un colore che non c'è.
MOSTRO
Chi sa di che lievi esperienze del cuore,
di quali amplessi in serene regioni
è frutto e miglior seme l'uomo mite,
nei millenni oscuro mostro indefinibile.
IL MALE
La nube nera che ci copre il sole
non è più grande dell'immane foco
e si sfarà nella sua pioggia e grandine;
ma oggi pare più forte che il dio.
SOGNO DELLA PIAZZA
A un sole vasto che ha la luce della tundra
saltelli a piedi uniti d'una all'altra lastra
entro una piazza che facesti a Urbino, a lato
d'un monumento in una tela del De Chirico
e poi caprïoleggi sul selciato
mentre dintorno un ampio vario numero
di magnanimi spiriti non giudica;
e sai che una qualsiasi tua idea
non uno sdegnerebbe.
Fu un giorno cheto ieri
e quel sogno si crebbe.
ANCOR SI TORNA
Ancor si torna al pelago rivolti
a rimirare il sole e la sua traccia,
la speranza lanciata sulla diaccia
distesa d'acque in tremolanti e folti
punti chiari; ma, gli occhi distolti
da la stella nascente nella caccia
delle prossime onde... carta straccia,
olio di pietra. Ah, gli sguardi stolti,
l'insieme avverso alle sue parti! S'ode
venire un canto giù lungo le prode
d'ignoto autore e volgersi all'abbraccio
della luce di fondo, ormai diffusa
all'orizzonte. Un multiforme straccio
l'acqua sciaborda come una medusa.
PREGHIERA AL LEOPARDI
Caro amico Leopardi, quanto avanti
vedevi tu ne La ginestra i secoli
e nei tuoi versi di Palinodia!
Vollero aprire repentinamente
i quattro canti e non fu più figura.
I quattro lati, liberi, disparvero
e non ne fu quadrato, né fu linea
da tendere in novella ardita forma:
non quadrato e non cerchio;
il vuoto e l'ansia; nulla.
Un Cromagnon moderno che brandeggia
per clava un cellulare
telefono stradale e ignora Dio
ora vive nel nulla,
ora muore nel male.
Santifica i denari,
sacrifica sul dispari e sul pari,
deifica il successo
e lo chiama progresso.
È già chiuso nel nulla
e si pensa divino,
ma si sbianca alla morte,
vi rimane basito.
Caro Leopardi che, indicando il nudo
tuo vero,
mite soffrivi la vacanza della
pietosa fratellanza fra gli umani,
prega per noi col tuo virile canto,
tu che ora vivi immerso nella luce.
QUEI NATALI
Salgono su all'altana
passi, risate e voci senza senso,
ed ecco chiari il tuo nome e gli auguri
che, in un'altra stagione,
altri mossero amando ai nostri puri
volti nel giorno semplice ed intenso
del Natale; diverso
era allora, tra l'albero e il presepe,
il nostro gioco, apriva all'universo.
GIOCHI
Sovente un gioco inutile e ridicolo
giova alla mente affaticata e labile;
conviene dare al cuore ch’è in pericolo
qualche parvenza d’incommensurabile.
ALTO MARE
Dove il mare s'affonda in abissali
neri, sull'alto e docile turchino...
inebriarsi in pensieri sull'ignoto
profondo, sugli sterminati cieli,
punto centrale al cerchio d'orizzonte
nel mezzo esatto dell'infinità.
ORA CHE NULLA...
Ora che nulla incanta i miei pensieri
in questa molle sera settembrina
se non la quiete e l’animo di ieri
si confonde e il presente non inclina
a rincorse fallaci di levrieri
dietro lepri di pezza né abbacina
la vanità i miei occhi, volentieri,
rapita dalla pace vespertina,
la mente scende giù sino alla fonte,
sepolta nella carsica bellezza,
da cui zampilla l’umile sapienza
del cuore, in lei risale fino al monte
e sfocia con lucente limpidezza
nel corso puro della trascendenza.
SCOMMESSA
Così anche tu la mente
pascalïanamente a un punto lanci:
giacere o non giacere, mitemente
scommetti sulla vita: senza slanci.
IL NAUFRAGO ULISSE
Pare a Ulisse canuto mentre un latte
di cocco sorbe, ardire nuove rotte
fluttuanti sulla nave dalle matte
vernici, teso in gonfie strenue lotte
colle correnti e coi cicloni australi
sulla prora estenuata; ma le cotte
bocche del personale, degli eguali
diversi, non respirano più fiato
dall’ampio teso giro dei fondali
eurafricani: il re solo è approdato
sulla calida riva e non li tiene
piú ai remi e non li spinge trafelato.
Adesso è lui che canta alle sirene,
e la sua voce stenta, senescente,
rammemorando le avventure piene
del suo sapere che non volle niente
ma lasciò Ulisse solo avvinto all’asta
e, negli orecchi, cera alla sua gente.
Cercare senz’amare mai non basta.
I COLORI DI DIO
Oh, questo Dio invisibile,
l'Iddio ultravioletto!
e noi confusi nell'arcobaleno
di miraggi, sul limine,
rosso, arancione, giallo, verde... IRIDE!
Dio qui, Dio padre, Dio caro fratello,
Dio unico possibile , Dio e uomo,
Cristo fratello Amore, Arcobaleno,
Idëa d'ogni cosa;
e sì, quel sì
che la mente non osa
SOFFIO
(Ruàch)
Vivida sei
bell'anima di Dio
sotto la cenere.
ARBUSTO
Rorido d’acque in solitaria attesa,
liricamente il prato accoglie vita
in questa foglia limpida verdina
arresa all’aria di lontane tepide
fragranze e porta il dono
d’incognita sapienza.
I rami dell’arbusto, per il resto
ancora spogli,
scheggiano il cielo come un quadro astratto,
sono rune, messaggio
d’un primo bene che non si distrae
nella spirale del D.N.A.,
perenne amore.
SOGNO DELLA PARTITA DI BOCCE
(Kénosis)
Chi sa dove, su un campo di bocce.
Non un murmure, l'aria ferma; solo.
Alberi secchi torno a quel rettangolo
e le bocce sul campo.
Poi si leva una brezza dolcissima
e gli alberi han le foglie, chi sa come.
Mi volto e vedo Cristo.
Dice: “Giochiamo?”.
Io, che non so il gioco,