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Il Vento Dell'Amore - Saggio
Due esempi: lâepisodio del diluvio universale nella Genesi sâispira a un mito nel ciclo sumerico di Gilgamesh (le cui tavolette erano conservate nella biblioteca del re Assurbanipal) in cui uno degli eroi, Uta Napishtim, sopravvive a un analogo diluvio e, a differenza poi di Noè, riceve lâimmortalità dagli dèi; la torre di Babele è immaginata in analogia agli zziggurrat, alti edifici torreggianti con cui gli antichi abitanti della Mesopotamia, supposti antenati del caldeo Abramo di Ur, bramavano di toccare, almeno simbolicamente, il cielo degli dèi.
Sono insomma racconti che entrano nellâimmaginario ebraico a integrare quelli autoctoni giudaico-cananei che trattano della preistoria, fin dalla creazione dellâuomo, e della più antica storia; e quanto a questi, si tratta di epopee come quella sullâempio re Saul nel primo libro di Samuele, che verrà a simboleggiare diversi cattivi sovrani di molto successivi eredi dei giusti, o meglio dei giustificati da Dio, Davide e Salomone; e si tratta di romanzi come quello su Giuseppe venduto dai fratelli che finirà nel libro della Genesi, mentre altri racconti hanno un certo qual fondo storico e contengono frammenti di codici giuridici comuni a tutto lâantico medio Oriente.
Verso il 1000 a.C. non solo in Canaan-Palestina ma pure in altre zone del medio Oriente, in Grecia e lungo le coste dellâAsia minore, ogni gruppo dâinvasori e quindi ogni città da essi fondata, tante volte non più grande dâun paio di campi da calcio moderni e con poche centinaia dâabitanti, ha leggi proprie. In varie zone conquistatori e autoctoni convivono anche se in certe aree, come nel Peloponneso in Grecia, lâintera popolazione dei vinti (iloti) è schiava dei vincitori (spartani), mentre Canaan conosce invece la schiavitù personale. Accade che una città o un gruppo ancora seminomade conquisti le zone dei vicini ma le perda dopo breve tempo. Una terra, dopo essere stata unificata, è di norma, più presto che tardi, di nuovo smembrata da capi militari ostili al sovrano, come succede al regno di Salomone che, alla morte di questo monarca, viene diviso nei due reami dâIsraele e di Giuda. Un regno è identificato soprattutto dalla capitale, nel caso da Samaria per Israele e da Gerusalemme per Giuda, mentre le zone non urbane restano più o meno tribali e non si considerano soggette al re locale. In Palestina questo vale per le terre lasciate a pascolo e per i primitivi terreni agricoli tenuti a maggese un anno sì e uno no per la metà della loro estensione, zone che vengono occupate periodicamente da tribù di pastori seminomadi che si considerano indipendenti dal re e superiori a chiunque, a parte il loro capo-clan, e le cui greggi danneggiano le confinanti coltivazioni; questi beduini vengono in contrasto con gli stanziali agricoltori, i quali non desiderano danni alle terre da loro coltivate e a quelle a pascolo che si accingono a mettere a coltura: la leggenda, nella Genesi, di Caino agricoltore che uccide il fratello Abele pastore (Gn 4, 1-16) deriva da tale situazione storica, idealizzata molti secoli dopo in senso religioso presentando la vittima come devota a Jahvè e il suo assassino come uomo che non ha vero rispetto per Dio, al quale offre in sacrificio primizie scadenti: gli Ebrei, pur provenendo da entrambe le categorie, si considerano anzitutto discendenti delle antiche tribù di pastori, simboleggiate da quelle patriarcali di Abramo, Isacco e Giacobbe, e la figura di Abele è dunque quella positiva..
Non sarà più così, socialmente, ai tempi di Cristo: i pastori saranno considerati fra i più impuri degli esseri umani, impossibilitati a redimersi a causa della loro stessa professione. Il vangelo di Luca, nella sua difesa dei poveri, e per abbattere tale preconcetto, li presenterà come i primi accorsi, per volontà divina, a rendere omaggio al Bambino Gesù (Lc 2, 8-20); l'episodio potrebbe peraltro essere storico, pur avendo religiosamente e socialmente in quel vangelo anche una valenza simbolica.
I Patriarchi sono figure simbolo dâIsraele che si rifanno agli antichi, anonimi ma concreti, capi tribù seminomadi di Canaan che si spostavano stagionalmente con le greggi in terre esterne, fondatori, secondo la tradizione, dei luoghi sacri della Palestina e che gli Ebrei, dopo aver sconfitto i precedenti abitanti, avevano accolto come i propri illustri antenati. Il fenomeno della mitizzazione degli antichi è generale in quei secoli, non riguarda il solo popolo giudeo: ad esempio, Roma identificherà nel mitico fondatore re Romolo i capi di clan di pastori, poi agricoltori, stabilitisi nella zona costruendovi primitive capanne. I patriarchi e le loro famiglie sono pastorali come, molti secoli dopo, i membri delle tribù protagoniste della liberazione dallâEgitto che divengono idealmente, nel libro dellâEsodo, i diretti discendenti di Abramo, Isacco e Giacobbe, questâultimo chiamato a un certo punto da Dio, secondo la Genesi, col nuovo nome Israele, vale a dire fatto simbolo dellâintero popolo giudeo: chiaro è il patriottico fine politico-religioso del redattore che scriverà di queste cose solo nel V secolo a.C., dopo il ritorno dallâesilio babilonese. Il forse leggendario Giacobbe-Israele, stando al capitolo 46 della Genesi che è più o meno contemporaneo dellâEsodo, e stando alla cronologia biblica, era immigrato 470 anni prima della liberazione dallâEgitto nelle terre del faraone con tutta la famiglia, le greggi e le tende per sfuggire a una carestia. à però interessante notare, in funzione della possibile storicità dell'evento, che testi egizi dei primi secoli del II millennio e altri del XIII secolo a.C. affermano che a beduini asiatici provenienti dalla terra di Palestina, che intendevano scampare a carenze di cibo, a titolo di eccezionale favore era stato concesso dâentrare in Egitto con le loro greggi perché potessero mantenersi in vita (cfr. âLâantico vicino Oriente - Egittoâ, in Storia del mondo, Vol. I, Arnoldo Mondatori Editore, 1973).
In Palestina, per oltre due secoli gli Ebrei combattono coi confinanti, che tentano invasioni, e con tribù non ebree stanziate sullo stesso territorio. Non si tratta di vera e propria guerra ma piuttosto dâincursioni occasionali di piccoli gruppi e di guerriglia in difesa, e sono episodi che entreranno nel libro dei Giudici, basato su figure di capi popolo scelti da Dio, di volta in volta, per condurre Israele in battaglia; e un simile caso tornerà nel primo libro di Samuele con al centro la figura del re leggendario Saul e di suo figlio Gionata, comunque i capi tribù del tempo in realtà si chiamassero, sconfitti e morti combattendo i Filistei dopo averli provvisoriamente battuti: prima il favore di Dio e la vittoria sui nemici, poi il peccato e la sconfitta. I Filistei durante le età dei Giudici e di Saul, tra scaramucce dâalterno segno dominano di fondo la Palestina, fino a quando non restano sconfitti definitivamente dalle bande degli âuomini possentiâ del pastore guerrigliero, e poi primo re storico delle terre di Giuda e Israele, Davide.
Suo figlio Salomone riesce a ricavare dal suo popolo, e soprattutto dai piccoli contadini, quanto basta per costruire a Gerusalemme il proprio palazzo e il tempio di Jahvè, riuscendo pure a mantenere una ricca corte e a fortificare città strategiche contro possibili invasioni. Dopo di lui, come sappiamo, il regno si divide: tribù ebraiche della zona settentrionale si ribellano e fondano il separato reame dâIsraele con capitale Samaria. Non molto dopo si rivoltano pure alcune delle popolazioni soggette al superstite regno di Giuda e una parte di questâarea meridionale viene ulteriormente frazionata in piccolissimi stati tribali. La ragione di entrambe le ribellioni potrebbe essere di ordine fiscale, dato che a causa del lusso della corte il popolo, e per primi i piccoli contadini, è tartassato. La storia non insegna e la situazione si ripete coi sovrani successivi. Durante i regni di Ozia di Giudea e di Geroboamo dâIsraele, il profeta Amos proclama che Jahvè sta per distruggere gli oppressori dei poveri e un altro oracolo di Dio, Osea, ripete lâammonimento. Comincia adesso a tracciarsi la figura misericordiosa di Jahvè, che sâaffina negli scritti dei profeti Isaia e Michea: Dio si manifesta agli Ebrei come colui che, in primo luogo, protegge assolutamente i poveri contro i soprusi: siamo verso la fine dellâVIII secolo a.C.
Quanto a Isaia, almeno tre sono gli autori che scrivono sotto questo nome. Il primo è l'Isaia persona fisica, detto Proto Isaia; egli è nato probabilmente a Gerusalemme e la sua vocazione profetica si manifesta attorno al 740 a.C., anno di morte del re Ozia. Gli altri scrivono in tempi successivi e la tradizione ha poi attribuito i loro scritti a Isaia. Nel complesso, il libro intestato a Isaia è scritto tra il 740 e il 445 a.C.
Scrive il Proto Isaia (Is 1, 13-17), proponendo quel primato della carità sul culto che già lascia intravedere il Dio di Gesù che è totalmente al servizio degli esseri umani:
âSmettete di presentare offerte inutili,
lâincenso è un abominio per me;
noviluni, sabati, assemblee sacre,
non posso sopportare delitto e solennità .
I vostri noviluni e le vostre feste
io li detesto,
sono per me un peso;
sono stanco di sopportarli.
Quando stendete le mani,
io allontano gli occhi da voi.
Anche se moltiplicate le preghiere,
io non ascolto.
Le vostre mani grondano sangue.
Lavatevi, purificatevi,
togliete il male delle vostre azioni
dalla mia vista.
Cessate di fare il male,
imparate a fare il bene,
ricercate la giustizia,
soccorrete lâoppresso,
rendete giustizia allâorfano,
difendete la causa della vedovaâ.
Scrive il profeta Amos(Am 5, 21-24):
âIo detesto, respingo le vostre feste,
e non gradisco le vostre riunioni;
anche se voi mi offrite olocausti,
io non gradisco i vostri doni.
E le vittime grasse come pacificazione
Io non le guardo.
Lontano da me il frastuono dei tuoi canti,
il suono delle tue arpe non posso sentirlo!
Piuttosto scorra come acqua il diritto
e la giustizia come un torrente perenneâ.
Quanto al profeta Michea, egli dalla Giudea assiste a grandi eventi, anzitutto alla guerra tra i regni ebraici di Giuda e Israele e all'invasione della Galilea da parte dell'esercito assiro con la presa di Samaria e la sconfitta del regno dâIsraele. Condanna aspramente sacerdoti e falsi profeti e attacca con veemenza i ricchi proprietari di latifondi, i quali opprimono e sfruttano senza compassione i poveri, tra cui anzitutto i braccianti agricoli e i piccoli proprietari. Denuncia la corruzione delle città , in primo luogo di Gerusalemme che rende simbolo della corruzione dei vertici religiosi e politici e dei funzionari governativi. Come contemporaneamente Amos in Israele, Michea prédica la giustizia di Jahvè e richiede a suo nome un comportamento concretamente onesto e non solo di giustizia formale: Dio richiede che, sul suo stesso esempio, si eserciti la pietà (Mi 6, 8).
à interessante notare che Michea presenta una delle profezie più chiare sul Messia, figura che il Nuovo Testamento identificherà con Gesù Cristo (Mi 5, 1-14): afferma châegli nascerà a Betlemme, non sarà un angelo ma un essere umano, originerà dal passato più lontano, si circonderà dâun gruppo di uomini retti, si prenderà cura dei miseri e fonderà un universale regno di giustizia, pace e benessere (Mi 4,1-5) di cui sarà sovrano Dio stesso e in cui le lance diverranno falci e le spade aratri perché non ci saranno più guerre; questo simbolicamente; in sostanza, un regno ultraterreno di Pace e cioè la Vita eterna in Dio dei beati.
Sulle mentalità politeista ed enoteista presso gli Ebrei
Prima della schiavitù babilonese gli Ebrei sono attirati dal politeismo: convivendo stirpi e religioni diverse sullo stesso territorio palestinese, non câè affatto da stupirsene. Molti adorano, a lato di Jahvè, dèi della terra e, in generale, della fertilità ; per primi un Padre El che arriva nelle menti di certuni a confondersi con Jahvè, una Madre Asherah, equivalente alla babilonese Ishtar, a sua volta corrispondente alla fenicia Astarte e da taluni ritenuta la moglie di Jahvè stesso, e i loro figli Anath e Baal, nome il secondo dal plurimo significato di Marito, Signore, Padrone; questâultima divinità è la più onorata e blandita, da certuni maggiormente di Jahvè. Gli Ebrei erigono loro statue e stele e offrono sacrifici, addirittura nel cortile del tempio costruito da Salomone. Sâinnalzano inoltre pietre di culto, davanti a una porta di Gerusalemme intitolata a Giosuè, persino ai pelosi, divinità inferiori dei campi simili ai boschivi fauni dei Greci. Vari sovrani sono conniventi o peggio; è idolatra Geroboamo, primo re dâIsraele dopo la dissociazione da Giuda delle terre del nord: è scritto in 2 Cronache che âGeroboamo aveva stabilito suoi sacerdoti per le alture, per i demòni e per i vitelli che aveva erettiâ (2 Cr 11, 15); nellâoriginale ebraico era detto precisamente che si trattava di statue di pelosi e di vitelli.
Nel corso del tempo cadono mali sul popolo ebraico, ed ecco sorgere nellâambiente profetico lâidea, che si rifletterà sulla Bibbia, che Jahvè punisca queglâidolatri dei suoi sudditi: sudditi perché il solo re dâIsraele è Dio mentre Davide e i successivi sovrani sono suoi delegati, vice re. Il profeta di turno leva quindi la voce perché si cessi dâadorare divinità estranee, ma sempre invano, e i castighi divini arrivano di nuovo puntuali, tante volte nella forma dâuna sconfitta in guerra. Adorare gli dèi di altri popoli è una prassi talmente viva in Israele che ci vorrà infine la punizione enorme, come verrà intesa, della deportazione in terra babilonese perché lâintero Israele giunga allâidea di Dio unico e solo.
Si forma nel IX secolo a.C. un movimento, diretto dai profeti Elia ed Eliseo, particolarmente duro contro il politeismo e che giunge allâomicidio di sacerdoti e di profeti delle divinità straniere. Questo partito ispira, a fini religiosi, una rivoluzione nel regno dâIsraele verso lâ840 a.C., tuttavia il movimento non riesce ad affermarsi, restando assai minoritario. Da parte sua già il re Asa (circa 913-873 a.C.), nipote di Salomone, aveva combattuto, vanamente, la mentalità politeista. Poi interviene un fatto nuovo e critico, la dominazione assira.
NellâVIII secolo prima di Cristo lâAssiria, sotto Tiglatpileser III re dal 744, da regno sâè fatta impero conquistando molti stati e instaurandovi suoi governatori e la pratica di deportare parte delle popolazioni vinte sostituendole con altre: gli Assiri si sono rivolti a nord verso Urartu, a sud hanno conquistato Babilonia, che già era stata loro in passato, ad est hanno vinto la Media, a nord si sono espansi verso le zone mediterranee; finalmente sconfiggono il regno dâIsraele e, subito dopo, lâEgitto.
Nel 721 a.C. il re assiro Sargon II ha conquistato la capitale dâIsraele Samaria. Deporta dunque âgli Israeliti in Assiria destinandoli a Chelach, alla zona intorno a Cabor, fiume del Gozan, e alle città della Mediaâ (2 Re 17, 5 s). Sulle terre di Samaria trasferisce altri popoli da regioni distanti dellâimpero, che unendosi col residuo non deportato della nazione israelita costituisce la popolazione che sarà detta samaritana, malvista dagli Ebrei ancora al tempo di Gesù perché considerata bastarda:: con tale termine gli Ebrei definivano i supposti discendenti di padri ebrei e madri non ebree; la cittadinanza giudaica e lo stato di ebreo si acquisiva da parte di madre, e ancor oggi nello Stato d'Israele è ebreo chi ha madre ebrea. Le dieci tribù del nord sono dunque assorbite da altri popoli mentre alcuni dei componenti scendono nel sud e sâaggregano a Giuda.
La dodicesima tribù, discendente dal figlio di Giacobbe di nome Levi, era quella sacerdotale (cui erano appartenuti Aronne e Mosè) e, a differenza delle altre undici, non aveva avuto in assegnazione un particolare territorio dopo la conquista della Terra Promessa.
Al tempo di Gesù i leviti saranno gli aiutanti dei sacerdoti, costoro ormai della ristretta classe dei sadducei e sedicenti eredi dellâantico sommo sacerdote Sadòq (o Sadùq) di epoca davidica.
Ecco che in tutte le zone sottomesse dagli Assiri, e dunque anche nei territori ebraici, si rinforza il culto per il dio nazionale, mentre in particolare nel sopravvissuto regno di Giuda si fortifica il partito politico-religioso del culto esclusivo a Jahvè, il quale è però ancora considerato il primo tra gli dèi (enoteismo), non il solo e unico Dio. Inoltre, poiché Jahvè è ormai inteso da quel movimento come la Divinità che in modo particolare gradisce e protegge i poveri, sâalza la richiesta dâuna riforma legislativa a loro favore. Un giurista di Gerusalemme, Saban lo scriba, propone un nuovo codice, che comprende tanto la proibizione dâadorare altri dèi quanto miglioramenti a favore del popolo indigente. Lo chiama Legge di Jahvè. Non è certo sâegli lo presenti espressamente come il Documento dellâalleanza mosaica, comunque Saban afferma che il rotolo di questa Legge è stato ritrovato dal gran sacerdote Elcia nel 621 a.C., nei labirinti sotterranei dâun santuario posto nel tempio gerosolomitano, luogo sacro già dedicato a Jahvè ma dovâera stato in seguito eretto un altare pagano; in tal modo il giurista presenta la Legge al re Giosia, sovrano salito al trono in giovanissima età e che regna in un periodo (640-609 a.C.) nel quale il nuovo impero babilonese sta ormai per sostituire quello assiro. à possibile che Saban abbia messo per iscritto una tradizione orale e poi, dâaccordo con Elcia, lâabbia presentata come antico documento ritrovato nel tempio. In ogni caso il sovrano accetta come autentico questo libro, dopo châè stato convalidato da una profetessa: è un materiale che confluirà durante e/o nel dopo esilio nel libro del Deuteronomio, soprattutto nei capitoli da 12 a 26 e nel 28: in detto libro, influenzato dal profetismo pre-esilico, risuonerà la primitiva legislazione di Giuda col basilare appello morale di tutelare i rapporti di fratellanza e uguaglianza tra i membri della società .
Allâopposto estremo, in un altro testo del Pentateuco che è espressione del gruppo elitario sacerdotale, il Levitico, (v. di questo saggio il capitolo II - LE BASILARI TRADIZIONI VETEROTESTAMENTARIE), sarà in primo piano lâesigenza della purezza, identificandosi lâetica con la purità rituale e legale; e sarà il codice levitico più che lâidea di giustizia deuteronomica a rimanere prioritario in Israele, ancora al tempo di Cristo.
In conseguenza del ritrovamento, Giosia tenta una riforma monoteista, o più verosimilmente enoteista, ramazzando via dal suo regno negromanti e indovini e abbattendo idoli. Si tratta dâuna gran riforma religiosa, culturale e politica che però non entra nel cuore dâIsraele: quando il sovrano viene sconfitto e muore in una guerra contro re Neco II di Siria, un fatto considerato di malaugurio, il regno di Giuda torna al politeismo, fatto che i profeti Geremia ed Ezechiele bolleranno come causa della sua rovina, anche se non sarà in loro assente la speranza e annunceranno tempi nuovi e migliori.
Così Geremia, essendo caduta Gerusalemme per opera dellâesercito babilonese, profetizza: âEcco verranno giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l'alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d'Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore. Parola del Signore. Questa sarà l'alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccatoâ (Ger 31, 31-34); ed Ezechiele durante lâesilio a Babilonia scriverà quale voce di Dio: âPoi verserò sopra di voi acqua pura e diventerete puri. Io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri atti di idolatria, e vi darò un cuore nuovo metterò in voi uno spirito nuovo, toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne, metterò in voi il mio Spiritoâ (Ez 36, 25-27).
Mentre questi profeti annunciano la liberazione politica degli Ebrei dalla servitù in Babilonia, il Cristianesimo, andando oltre le loro umane intenzioni, vedrà nei loro testi ispirati gli annunci di Cristo Salvatore, portatore della nuova e definitiva alleanza; nel vangelo Gesù si riferisce a Geremia dopo aver benedetto il pane eucaristico: â[...] allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue che è sparso per voiâ (Lc 22, 20).
Le deportazioni a Babilonia
Il regno di Giuda cade sotto lâinflusso di Babilonia e, in conseguenza del rifiuto nel 598 a.C. del re Jojaqim, figlio di Giosia, di rimanere sotto questâinfluenza, lâanno successivo la capitale Gerusalemme è assediata dal re Nabucodonosor. Dopo pochi mesi, essendo morto Jojaqim, forse assassinato da alcuni dei suoi nella vana speranza che il sovrano invasore togliesse lâassedio, suo figlio Jojaqin (o Jeconia) sâarrende (2 Re 24,12) e, come riferisce il libro del profeta Ezechiele (Ez 17), viene deportato a Babilonia nel 597 (o 596) a.C. con la famiglia, i maggiori membri dellâaristocrazia, i guerrieri, gli eunuchi di corte nonché i fabbri e gli altri operai specializzati; il secondo libro dei Re (2 Re 24, 14-16) precisa che gli esiliati sono collocati in varie località , soprattutto a Tel Arsa, Tel Abib, Addam, Kerub, Kasifya e Immer, lungo le sponde del fiume Kebar, nei pressi dellâantica città , ormai in semi rovina, di Nippur..
Nippur era stata eretta dai Sumeri nel sud della Mesopotamia e aveva avuto la massima espansione nel III millennio prima di Cristo grazie all'importanza del tempio in onore del dio Enlil. Era stata semiabbandonata verso lâanno 1000 e avrebbe avuto nuova fortuna solo secoli dopo lâesilio ebraico, nel III secolo a.C., sotto i Parti.
Si tratta di quei luoghi della Mesopotamia meridionale su cui sorgeva la città di Ur dei Caldei dalla quale, secondo la tradizione e come sarebbe stato riportato per iscritto, nel V secolo, nel libro della Genesi, aveva preso le mosse il capostipite degli Ebrei Abramo, in conseguenza della chiamata di Dio (Gen 17, 1-14).
Ezechiele (circa 628 â 570 a.C.), figlio di sacerdote e destinato a divenire tale, viene deportato nel corso di questâondata assieme al re Jojaqin. Poiché la carica sacerdotale si può esercitare solo dai trentâanni ed egli compirà questâetà essendo già in esilio, a differenza del padre non sarà mai sacerdote; diviene però profeta. Cerca dâinfondere nei compagni la fede nella redenzione dâIsraele, che storicamente sarebbe avvenuta una sessantina dâanni dopo, per decisione del re Ciro II di Persia. Il lungo libro dâEzechiele è in tre parti. Nella prima sono denunciati i peccati dâIsraele che portano al castigo di Dio con la caduta di Gerusalemme (capitoli 1-24). La seconda comprende l'annuncio della disgrazia in cui incorrono le nazioni idolatre (25-32). Infine, nellâultima parte (33-48), Dio incarica Ezechiele di esortare gli Ebrei alla conversione dai peccati e di annunciare una nuova Gerusalemme. Intanto il regno di Giuda è lasciato formalmente in vita sotto il re fantoccio Mattania, zio di Jojaqin, cui Nabucodonosor cambia il nome in Sedecia come segno di sottomissione (2 Re 24,17). Il sovrano babilonese mantiene parte del suo esercito a presidiare Giuda. Il debole re, influenzato da una corte antibabilonese e avendo difficoltà a pagare il pesante tributo a Babilonia, si ribella approfittando del fatto che il faraone egiziano Hofra ha inviato una spedizione contro Nabucodonosor per conquistare terre confinanti e questi ha di necessità allontanato truppe. LâEgitto è sconfitto , Nabucodonosor muove contro Gerusalemme e la città viene vinta, saccheggiata e data alle fiamme; le mura e il tempio vengono distrutti (2 Re 24-25; Ger 39; 2 Cr 36). Una notevole parte della popolazione, come riferisce la Bibbia in 2 Re e in Geremia (2 Re 25, 8-21 e Ger 52) è portata con la forza in Babilonia in unâulteriore deportazione che riguarda la nuova classe aristocratica e chiunque si sia schierato col re Sedecia; questi è accecato, deportato a sua volta e imprigionato, dopo aver visto uccidere tutti i suoi figli, ammazzati perché non abbia più discendenza.