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Una Linea Sottile
Una Linea Sottile

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Una Linea Sottile

Язык: Итальянский
Год издания: 2019
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Inoltre la difesa eccepisce la violazione dei principi di tassatività e determinatezza della norma penale punente i reati di contrabbando. La norma deve essere chiara e precisa nel suo dettato, altrimenti non assolverebbe alla sua funzione di emenda: se un soggetto non comprendesse appieno ciò che è lecito da ciò che non lo è, non potrebbe capire il disvalore penale delle sue azioni e a nulla, quindi, servirebbe la pena. La tassatività e la determinatezza della norma di cui all’art. 291 bis, per la quale oggi sono presenti dinanzi a Lei i signori Leone e Grosso, va individuata nell’esatta individuazione del tabacco lavorato estero. Bisogna individuare cosa è contrabbando e cosa non lo è!>>.

Bene, ora che l'ho rapito devo subito segnare un punto a favore.

<>, altro trucco quando si vuole dire qualcosa al Giudice senza toccarne la suscettibilità, <<…che con la nascita del mercato comune europeo per il movimento di beni e capitali non è più valida la vecchia definizione del confine di Stato.

La Convenzione Europea ha espressamente previsto uno spazio comune europeo ed oggi è quindi possibile il commercio di beni a livello europeo senza dover pagare più dazi doganali. Tanto è vero ciò, che il reato di contrabbando può sussistere solo nei confronti di merci extracomunitarie gravate da diritti di confine. Se sono presenti accordi bilaterali, in base ai quali i diritti di confine non sono dovuti, non ci sarà reato e i soggetti saranno esenti da pena. Sembra evidente che acquistare sigarette all’interno del compartimento NATO sia equivalente ad acquistarle all’interno della Comunità Europea!”

Occhiataccia del Giudice al Pubblico Ministero… mi stavo galvanizzando!

“Qui si vuole evidenziare la pretestuosità del capo di imputazione. Infatti è palese che ci troviamo dinanzi ad una realtà diversa dal contrabbando classico previsto dalla norma di cui all’art. 291 bis del decreto sul contrabbando, con l’effetto di punire gli imputati per un reato che essi non hanno commesso!

Un’ultima precisazione prima di concludere, Giudice. Non deve impressionare la quantità ingente di tabacco e la somma di denaro trovate indosso agli imputati perché essi si recavano solo saltuariamente a comprare le stecche di sigarette incriminate e, una volta lì, acquistavano anche la razione loro spettante in precedenza.

Inoltre le sigarette che acquistavano erano provenienti dalla Svizzera e tra l’Italia e la Svizzera ci sono precisi accordi di trasporto di merci. Quindi il tabacco non era da considerarsi come lavorato all’estero!>>.

Ora lo sguardo del Giudice passa sugli imputati, le rughe sulla fronte non sono più corrucciate. Mi accingo alla fine della requisitoria…

<

Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle richieste della difesa, si chiede il minimo della pena e l’applicazione dei benefici di legge: la non menzione della condanna nel casellario giudiziale e la sospensione condizionale della pena. Grazie, ho concluso>>.

Ho fatto tutto il possibile. Sono esausto. Nei giorni precedenti l’arringa ho studiato per ore fino a notte fonda per trovare una breccia nelle accuse della Procura. La sera precedente il processo ho avuto una intuizione geniale: il contrabbando riguarda il tabacco lavorato all'estero e se le sigarette fossero state acquistate all’interno della Unione Europea o presso un altro Stato che aveva precisi accordi in merito con l’Italia, il reato sarebbe caduto con buona pace dell’accusa!

Ora bisogna solo aspettare che il Giudice esca dalla camera di consiglio e pronunci il verdetto.

Esco dall’aula penale e mi reco al bar fuggendo dai microfoni dei giornalisti perché ho bisogno di stare un po’ da solo.

Mentre sono al bancone sorseggiando il caffè sento squillare il cellulare: <>, mi avvisa il maresciallo Leone. Se il Giudice è rientrato così presto vuol dire che ha già in mente la sentenza e di solito non è una cosa buona. Corro giù per le scale ed entro nel primo ascensore aperto. Appena aperte le porte dell’ascensore, mi fiondo in aula zigzagando tra il pubblico e i giornalisti, entro giusto in tempo.

<>.

Mi sento tremare dalla felicità, non credo alle mie orecchie. Ricevo immediatamente l’abbraccio di Leone e di Grosso mentre dalla sala si sente il pianto dei parenti degli ex imputati e il forte chiacchiericcio dei giornalisti… Ho vinto! Ora mi aspetta il successo!

Capitolo 3

Il caso

(Tancredi)

Da qualche parte nel mondo, migliaia di anni fa, qualcuno ha teorizzato il capitalismo. Quella teoria economica è stata provata sul campo e ha dato luogo alle prime forme di azienda. Alcune di queste sono cresciute e, sempre in nome della teoria, hanno guadagnato qualche soldino da mettere nel porcellino di terracotta. Una parte ancora più esigua delle altre che si sono sviluppate, ha scoperto un bel giorno che il salvadanaio sulla mensola non bastava più a contenere i propri profitti, che nel frattempo si erano moltiplicati in modo osceno, ed ha pensato bene di comprarsi una banca per custodirli.

Ovviamente non stiamo qui a concentrarci sui modi più o meno legali, ad esempio lo strozzinaggio finanziario, con cui alcune compagnie hanno accumulato così tanto, ma teniamo a mente che quanto più grandi sono le loro fortune tanto più grandi sono i loro interessi.

In questo mare di piragna dove ognuno sopravvive cercando di dare la prima zannata, si collocano la società farmaceutica Dreddson & Co. e il dottor Francisco Alvarado.

Questa, almeno, è l’idea che ha Richard Smithson, di raccontare un antefatto legale.

Circa dieci anni or sono la Dreddson, che si vanta di investire nella ricerca un miliardo di sterline l’anno, aveva annoverato il giovane e promettente scienziato tra le sue file, dandogli una paga che oscillava poco sotto il prodotto interno lordo del Principato di Monaco.

Francisco Alvarado, con la sua laurea alla John Hopkins e due master, uno in oncologia gastroenterica ad Harvard e l’altro in oncologia tiroidea a Cambridge, si era presentato con le credenziali in regola per scoprire la cura contro il cancro e naturalmente la Dreddson aveva coltivato questa sua passione per uno scopo profondamente umanitario: guadagnare una mappata di soldi. Nel giro di una settimana gli avevano dato un laboratorio superattrezzato, una macchina, un cellulare e, soprattutto, una missione. Creare un farmaco antitumorale da poter invadere il mercato.

La joint-venture tra i due era stata duratura e non priva di soddisfazioni. Alvarado progrediva anno dopo anno, anche se la medicina miracolosa non era ancora arrivata. Insomma, tutto procedeva per il meglio, fino a quando, stando a quanto dice il gigante farmaceutico, Alvarado ha raccolto armi e bagagli ed è volato a sud della Manica lasciando come lettera di dimissioni un dito medio alzato.

Naturalmente, il colosso della salute aveva vincolato sotto un contratto di ferro qualsiasi scoperta o prodotto finito che il caro Alvarado avesse tirato fuori dal suo vulcanico cervello, quindi riteneva che la perdita del capo della ricerca fosse un problema in qualche modo arginabile e non si era preoccupato più di tanto delle sue sorti. O almeno questo era successo prima che qualche topo di laboratorio della Dreddson aprisse pagina 47 del British Medical Journal e scoprisse con orrore che la Salus S.p.A., società farmaceutica operante principalmente in Italia, con sede legale a Napoli, stava per presentare al consesso medico – scientifico italiano una cura rivoluzionaria per il cancro metastatico intestinale.

Quello che sorprese di più la Dreddson, non fu tanto la notizia in sé, quanto il nome del dottore cui la Salus aveva affidato la ricerca. A quanto pareva Alvarado aveva cambiato nazione ma non la professione.

<>, dice Richard prima di scolarsi l’ultimo sorso del suo schifoso caffè. Accavallo lentamente le gambe e prendo un bel respiro.

<>.

<>

<<...sono in automatico coperti dal segreto industriale>>, termino io. Smithson annuisce.

<>. Mi gratto la guancia distrattamente beneficiandolo di una smorfia repressa.

<>.

<>, scimmiotta.

<>.

Richard posa il bicchiere ormai vuoto e congiunge la mani.

<>

<>. Smithson sorride.

<>, risponde.

<>

<>, dice dondolandosi sulla sedia.

<>.

<>, mi anticipa lui.

Guardo il bordo della sua scrivania in noce mentre considero tutti i punti di vista.

<>.

<>, mi sprona accompagnando la frase con le mani.

<>.

<>, dice canzonatorio. <>

<>.

Richard ora ha un sorriso a trentadue denti.

<>, attacca con tranquillità. Si schiarisce la gola e prende la parola.

<>, chiede candido.

<>.

<>, domanda porgendosi in avanti.

<>. Richard chiude gli occhi e scuote il capo lentamente.

<>

<>

<>

<>

<>, d’un tratto la nebbia si dissipa e capisco dove vuole arrivare.

<>. Richard congiunge le mani in segno di approvazione.

<>, chioso. Mi rilasso un istante sulla poltrona e annuisco.

<>

<>

<>, replico.

<>, ribatte Richard sorridendo. <>.

Un frangente della mia vita che ho lasciato alle spalle.

<>.

<>.

Richard allunga una mano verso il cassetto dello scrittoio e ci tira fuori una busta bianca sigillata e me la allunga.

<>, replica.

Apro il plico tirando fuori il biglietto per Napoli e la ricevuta di prenotazione dell’hotel.

<>, domando senza neanche leggere le date.

<>. Per un attimo spero di aver capito male.

<>, gli grido.

Richard annuisce inarcando un sopracciglio.

<>, si protende vistosamente verso di me.

<>

<<…e una marea di altre stronzate per le quali posso farti sostituire da qualcuno. La Dreddson è un cliente grosso e non voglio perderlo quindi dobbiamo agire in fretta e con decisione prima che si rivolgano a qualcun altro. Altre domande?>>.

Abbasso la testa afflitto. Quando sono partito dall’Italia anni fa ho sempre pensato che ci sarei tornato solo da turista un paio di volte l’anno. Di certo non mi aspettavo che il mio rientro in grande stile avvenisse questa sera.

<>

Richard ghigna malefico: <>.

Scuoto ancora un po’ la testa visibilmente seccato da quest’irruzione nella mia routine quotidiana.

<>

<>.

Di nuovo diniego il capo.

<>

Smithson arriccia le labbra.

<>.

Capitolo 4

Un nuovo cliente

(Ferrari)

Il giorno dopo l'arringa mi godo gli effetti del successo. Quella sensazione di sicurezza e forza che ti dà la vittoria.

Ricordo ancora la mia prima richiesta di assoluzione. Ero un praticante avvocato e il processo riguardava un caso di lesioni personali. Passai tutta la notte a studiare e ottenni una brillante assoluzione per legittima difesa.

Da quel giorno ho indossato la toga molte altre volte.

Al mattino, dato che non ho cause, mi dedico ad una seduta di un'ora di corsa col mio Bretoncino, Lucky.

Il pomeriggio, invece, come di consueto, mi reco presso il mio studio con tutta la calma possibile, in assenza di appuntamenti previsti. Decido comunque di anticiparmi, a causa del caotico ed imprevedibile traffico napoletano.

Parcheggio lo scooter nell'androne del palazzo e il portiere, una persona attempata e simpaticissima con la quale mi trattengo sempre a discutere di politica, sport e della vita in generale, mi dice che la mattina sono passati due soggetti che volevano parlare con me.

Ora, se avessi perso la causa avrei potuto pensare che ero in guai seri. Ma dopo la splendida vittoria quello che dissi fu solo: <>.

<>, ribatte prontamente.

<>, rilancio io, <>.

<>

<>, dico sorridendo mentre salivo il primo gradino per andare al mio studio al secondo piano.

Giro la chiave ed entro nel lungo corridoio che separa la sala riunioni, a destra, dalla sala d'attesa, a sinistra.

Proseguo oltrepassando la stanza di un commercialista, a cui l'ho subaffittata, passo per lo studio riservato ai praticanti arrivando al mio studio. Poggio la borsa professionale sulla mia scrivania in legno intarsiato e proseguo nella stanza fotocopiatrice e fax per vedere se mi è stato recapitato qualcosa.

Quando ero giovane, questo era uno dei compiti di un praticante. Io, però, ho deciso di invertire la rotta e dare ai praticanti avvocato il rispetto che meritano. Purtroppo ora non ho praticanti poiché a Napoli non tutti i clienti pagano con regolarità e, quelli che lo fanno, pensano di stare in un negozio di abbigliamento in saldo!

Al fax vedo solo fogli pubblicitari di offerte telefoniche o di fotocopiatrici per studi privati. Li prendo e li getto nel cestino della carta.

DRIIN DRIIN DRIIN

Corro verso il telefono nell'altra stanza, devo decidermi a trovare una segretaria.

<>

<>

<>

<>.

L'indomani mattina arrivo alle 9:00 in ufficio e mi siedo alla mia scrivania carico e pronto a qualsiasi sfida mi si possa presentare.

Alle 9:30 bussano alla porta dello studio. È lui.

<>.

<>.

<>, gli rispondo, mentre gli faccio strada verso il mio studio. A prima vista il sig. Saveri è un tipo particolare, indossa una bombetta in testa, un vestito classico con doppiopetto e un papillon al posto della cravatta, scarpe classiche italiane di quelle che si potrebbe sfamare una intera famiglia per un mese. Ha tutta l'aria di essere un tipo sveglio.

Ci accomodiamo.

<>

<>

<>, mi apostrofa il Charlie Chaplin del ventunesimo secolo urtando la mia suscettibilità.

<>.

<>, lo bacchetto facendogli capire che a casa mia comando io e dirigo io la discussione.

<>.

Intanto prendo il telefono e ordino due caffè...iniziamo proprio bene la giornata!

<>.

Ora il discorso stava prendendo una piega interessante.

<>.

Bussano alla porta. Faccio entrare il ragazzo del bar e offro al mio dirimpettaio la sua tazza di caffè zuccherato. Sorseggiare un buon caffè (che io prendo amaro per gustarne appieno le sue qualità) è un rito tutto napoletano. Può crollare il mondo ma “ ‘a tazzulella ‘e cafè ’’ non deve mai mancare.

<>, lo invito ad andare avanti ora che la caffeina ha reso la discussione ancora più interessante.

<

Non credevo alle mie orecchie, dopo tanti anni di ricerche la fama mi stava sfuggendo da sotto al naso... non potevo permettere che una società concorrente mi battesse sul mercato, non sarebbe accaduto, perlomeno non a me!>>, asserisce battendo i pugni sulla scrivania mentre la sua figura si irrigidisce di un colpo.

<>, prosegue Saveri, <>, continua energicamente, <>.

<>.

Lo tengo sulle spine, anche se ho già deciso di accettare il lavoro perché, più dure sono le sfide e più mi piacciono, ma così facendo posso tirare sull'onorario.

<>.

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