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La plebe, parte IV
Siccome colle sue aveva afferrato le mani grosse e ruvide del giovane, lo trasse per queste sino al sofà e ve lo fece sedere.
– Benchè noi non ci conosciamo affatto, riprese egli a dire, sedendogli presso, noi dobbiamo parlare come due amici, due vecchi amici. La mi permetta di usare con Lei d'una famigliarità che la mia età, il mio carattere, ed anche, come vedrà, le circostanze possono permettermi, e m'ascolti con pazienza ed attenzione.
L'idea di questo colloquio con Maurilio in Padre Bonaventura, ecco di che modo era nata.
Abbiamo visto, come Gognino, tornato presso la nonna dopo l'arresto di Maurilio che aveva interrotto la prima di quelle lezioni che il giovane s'era assunto di dare al povero orfanello, avesse narrato alla vecchia che lo interrogava tutto quello che era successo: le parole dettegli, e che nel bambino erano state meravigliosamente impresse, la seguita invasione degli agenti polizieschi, la perquisizione e l'arresto, coll'episodio del bottone uguale a quello che possedeva la vecchia; ed abbiamo visto che la Gattona aveva creduto di dover tosto affrettarsi a riferir tutto ciò a Padre Bonaventura, dal quale quella mattina medesima, nelle prime ore del giorno, erasi già recata a raccontare l'avventura della sera precedente, l'incontro cioè fatto da Gognino d'un cotale che voleva pagar lei perchè lo lasciasse far da maestro al bambino.
Padre Bonaventura era già stato punto da curiosità molta di sapere chi e che cosa fosse quell'originale di cui s'era fatto lasciare la polizza, da lui stesso data alla Gattona, con sopravi scritto il suo nome e l'indirizzo della sua abitazione. Quando la vecchia venne più tardi a narrargli le cose sopravvenute, il gesuita che non aveva ancora avuto tempo ad occuparsi di quello sconosciuto, vide anzi tutto che egli non aveva giudicato male mettendo quell'individuo in ischiera coi fautori ed apostoli delle novità politiche e sociali, dei liberali amatori e credenti del progresso, amici e patrocinatori dei cosidetti diritti dei popoli e va dicendo: i discorsi tenuti a Gognino e il successivo arresto, col sequestro delle carte, di certo per motivi politici, ne lo chiarivano abbastanza, e il buon Padre Bonaventura si riprometteva di raccomandare egli stesso quel dabbene a cui si dovesse, così bene da farlo torre per un po' di tempo alla propaganda attiva de' suoi detestabili principii avversi (è la formola solita) al trono ed all'altare. Ma quello che soggiunse di poi la Gattona lo interessò ben altrimenti, e senza ch'egli concepisse di botto un definitivo progetto da attuare, intravide però senza indugio, che se fondati fossero i sospetti dalla vecchia manifestatigli alcuna cosa poteva da lui combinarsi che riuscir potesse in vantaggio suo proprio dapprima (cosa che non era da obliarsi nè trascurarsi), in vantaggio della buona causa, quella dell'assolutismo e della Compagnia di Gesù.
I sospetti della Gattona si presentavano con una non disprezzabile apparenza di fondamento. Il nome stesso che quel giovane portava, cui la Luponi medesima aveva scritto su quel suo biglietto, perchè chiunque nelle cui mani capitasse il bambino glie lo lasciasse, nome tutt'altro che comune in queste provincie; il cognome di Nulla, che lasciava supporre in chi io portava, e che probabilmente se l'era dato, la condizione di fanciullo senza famiglia, e l'aver egli un oggetto simile ad uno di quei pochi che erano stati posti come segni di riconoscimento al bambino della marchesina Aurora, erano indizi da tenerne conto; e Padre Bonaventura che aveva avuta tanta parte in quegli avvenimenti della famiglia Baldissero, decise di volere il più sollecitamente possibile appurare la cosa.
Congedata la vecchia colla raccomandazione di attendere, di non fare nulla da sè e di venirgli a riferire poi tosto ogni menoma cosa che in proposito capitasse, o cui ella venisse ulteriormente a scoprire, il gesuita, per prima cosa, pensò recarsi da messer Nariccia, il quale in codesto poteva dare gli elementi più sicuri per formarsi un esatto giudizio, come quello che solo sapeva dove e come fosse stato abbandonato il bambino della infelice vedova di Valpetrosa.
L'usuraio fu assai cauto nelle sue risposte, nè, quantunque molto rimanesse meravigliato alle parole del frate, e fosse colto proprio alla sprovveduta, ci fu verso che si lasciasse sfuggire parola alcuna da cui l'accorto suo interlocutore potesse argomentare o indovinare alcun che di quanto era succeduto dopo che Nariccia col bimbo erasi partito dalla casa in cui la puerpera dolorava in lotta colla morte. Nariccia, senza però dirne ragione veruna, si rimase a dire che egli non credeva punto punto che il giovane di cui si trattava fosse il figliuolo di Valpetrosa, che tuttavia la cosa meritava attenzione, e prima di pigliare un partito e di agire in qualunque senso si fosse, conveniva ben bene appurarla. Il frate, incerto come prima, anzi più di prima, perocchè si fosse ora persuaso che quel tristo di Nariccia aveva in suo potere una parte di segreto che a lui era affatto sconosciuta, uscì di là e risolvette informarsi tosto di quanto riguardava quell'individuo misterioso che si faceva chiamare Maurilio Nulla. A lui siffatta cosa era facilissima per le relazioni che aveva nelle alte sfere governative e per l'ascendente cui su tutti i più cospicui e potenti pubblici funzionari avevano la Compagnia a cui il frate apparteneva e personalmente egli medesimo uno dei maggiorenti di quella temuta e intromettentesi società. Non istette perciò guari ad apprendere gran parte dei fatti, dell'indole e delle tendenze di chi lo interessava. Seppe che Maurilio era appunto un trovatello, come egli aveva supposto, che era stato arrestato come nemico del Governo, che presso di lui s'era sequestrato uno scritto incendiario pieno delle massime più sovversive, ma che rivelavano un gran talento, così che dal Commissario di Polizia al generale dei Carabinieri, da questo al Governatore, dal Governatore al marchese di Baldissero, e dalle mani del marchese era pervenuto niente meno che in quelle stesse del Re.
I Gesuiti furono sempre abbastanza accorti per riconoscere la potenza dell'ingegno, e prima di perseguitarlo nemico a loro ed alla loro causa, hanno sempre cercato di acquistarselo, di arruolarlo nelle proprie schiere, a difesa del loro principii, mercè blandizie, in cui sono maestri, e vantaggi personali con cui sanno comprare, o quanto meno avvolgere le coscienze meno salde ed inconcusse. Di questa guisa essi ottengono due guadagni: tolgono ai nemici una forza e ne accrescono la propria parte. Padre Bonaventura era dei più accorti in codesta caccia al paretaio delle giovani coscienze, e maestro insuperabile di blandizie e di sofismi rincalzati dalle promesse; più intelligenze, nella sua lunga carriera di intrigante politico e domestico, era già riuscito ad inretire. Ei non credeva a profondità di convinzioni che le renda incrollabili. Nei giovani considerava che agisse più la fantasia che il ragionamento, e che le idee liberali seducessero le ardenti intelligenze parte per quello sbarbaglio di generosità onde lucicchiano, parte per sentimento fors'anco inconscio d'ambizione in chi non è nulla e vuol pervenire, d'invidia in chi non ha mezzi di potenza verso chi li ha, il qual sentimento trova uno sfogo nei patrocinio delle idee democratiche e spera un appagamento nel trionfo delle medesime. Credeva che per tutti la corazza della coscienza avesse un giunto per cui penetrare nel lato debole e vincerla; la difficoltà era nello scoprire quel giunto, ed egli, senza troppa superbia, che i fatti glie l'avevano provato più e più volte, poteva dirsi abilissimo a codesto.
Non era forse il caso ora di usare di questa abilità verso quel cotal personaggio che andava in cerca per le vie de' figliuoli del popolo, affine di insinuar loro il catechismo sovversivo delle idee liberali? Se si fosse potuto farne un affigliato, un diffonditore de' buoni principii, che trionfo! E se mai stato egli fosse in vero figliuolo della sorella del marchese, val quanto dire appartenente ad una delle prime, più ricche e più potenti famiglie dello Stato, qual vantaggio maggiore! Però, siccome fra le cose apprese del passato di Maurilio aveva saputo eziandio che egli era rimasto alcun tempo presso il libraio Defasi, col quale egli era in relazione, e cui conosceva il primo onest'uomo del mondo, fra' Bonaventura decise di andare a chiederne a costui, per farsi di quel giovane e del suo valore un più esatto concetto.
Il signor Defasi, se vi ricorda, nel giovane derelitto, cui la Provvidenza gli aveva un giorno menato innanzi privo d'ogni mezzo di sussistenza, aveva posto dapprima la maggiore delle affezioni, e, conosciutone lo straordinario ingegno, una speciale stima eziandio, che di tanto aveva rafforzata la sua benevolenza per lui, da fargli concepire il disegno di dare a quell'orfano senza nome la mano di sua figlia; e Maurilio fino ad un certo tempo aveva corrisposto alla generosità ed all'affetto del suo benefattore con tutto lo zelo e la riconoscenza ond'era capace. Ma di poi, per sua disavventura, era piombato addosso al povero giovane quel suo matto amore per la nobile fanciulla Virginia di Castelletto, e il dominio di questa infelice passione lo aveva mandato ad una stranezza di condotta che il suo buon principale aveva cominciato per compiangere soltanto e per tentare di voler guarire, credendola effetto d'infermità. La sorte che perseguitava il povero trovatello aveva voluto che Nariccia, sapendo Maurilio allogato presso del libraio, si credesse in obbligo di avvertire costui come quel giovane fosse stato per mesi e mesi in carcere sotto l'accusa di un orrendo misfatto, come egli stesso, che aveva avuta la dabbenaggine di prenderlo poi al suo servizio, l'avesse dovuto scacciare di casa sua, perchè aveva avute le prove che quello sciagurato sfacciatamente lo derubava.
Il signor Defasi provò a queste rivelazioni tutta la amarezza d'un disinganno, e non potè fare che il sospetto e la diffidenza non entrassero in lui verso quel giovane che gli era stato ed ancora gli era sì caro, e del quale gli strani contegni da qualche tempo assunti davano ampia ragione ad una poco benevola interpretazione e ad una prudente sorveglianza de' fatti suoi. Avvenne, come udimmo narrato da Maurilio medesimo, che un giorno il libraio trovasse sparito un rotolo di monete d'oro del valore di cinquecento lire ch'egli aveva riposto nel cassetto del suo banco. Interrogatine tutti della famiglia, e niuno sapendone dar ragguaglio di sorta, era inevitabile lo accusare di questa scomparsa colui che tanto era venuto in sospetto, e il quale, per una strana coincidenza, di tutto il giorno, obliando il dover suo, non s'era lasciato vedere a bottega. Maurilio quindi era stato scacciato da quella casa e da quell'impiego, come udimmo narrare da lui medesimo a Giovanni Selva. Ma qual fu la sorpresa, la pena e il rimorso del buon Defasi, quando parecchi mesi di poi, avendo non so per qual guasto da far aggiustare il suo banco, il rotolino delle monete d'oro si trovò in uno stretto spazio fra la rivestitura esteriore e il cassettino che non correva sino al fondo, sdrucciolato colà chi sa per che caso! L'onesto libraio avrebbe dato qualunque cosa per riparare l'avvenuto errore, più ancora per non averlo fatto. Cercò istantemente del giovane; ma egli ne aveva perdute affatto le traccie, e Maurilio, pieno di vergogna, si guardava bene dal farsi vivo per quella famiglia e studiosamente evitava perfino di passare per la strada in cui erano l'abitazione e il fondaco dei Defasi. Il suo antico principale dovette rimanersi ad un inutile rimorso, ma nell'anima di lui generosa, avvenne una tal riazione in favore dell'innocente calunniato ch'egli cessò di prestar fede a tutto quanto riguardo a lui avevagli detto di male messer Nariccia (l'accusa ch'egli stesso gli aveva mossa era effetto d'un deplorabile errore; perchè non sarebbe stato la stessa cosa delle accuse precedenti?); e rinacquero più forti e più vivi l'affetto per quell'infelice, la stima e l'ammirazione per quell'intelligenza superiore di molto a quante intorno a sè Defasi avesse mai conosciute.
Da ciò avvenne che quando Padre Bonaventura fu da lui a chiedere di Maurilio, il libraio ne intessè tale un elogio della mente, del cuore, della volontà, della dottrina, che il gesuita si confermò ancora di meglio nel suo proposito di guadagnare alla buona causa quella valente individualità. Non fosse anche quegli che si sospettava, sarebbe sempre stato per la Compagnia un buon acquisto. La riuscita del tentativo di seduzione il gesuita la vedeva facile, tanto più trattandosi d'un povero abbandonato, senza famiglia, senza sostanze, senza punto avvenire. Chi sa che non lo si potesse indurre a vestire l'abito nero della Compagnia! Egli, conosciuto quel giovane e tastatolo, avrebbe giudicate se conveniva spingere innanzi le indagini intorno alla sua origine, o pur lasciarle nel buio, e si riserbava d'agire a seconda, anche riguardo alle possibilità del contegno che avrebbe assunto il marchese; ma gli avvenimenti camminavano più rapidi e decisi che al gesuita non piacesse, e la Gallona veniva ad informarlo di quanto era occorso fra lei e Don Venanzio e Giovanni Selva, e del meraviglioso fatto che quel giovane già trovavasi in qualità di segretario, introdotto ed albergato nel palazzo medesimo dei Baldissero.
Conveniva prendere sollecita risoluzione. L'intromettersi del virtuoso parroco vivamente rincresceva al frate intrigante. Quegli avrebbe spinto la sua azione sino al compiuto conseguimento della verità; era utile affrettarsi a farsene egli stesso merito ed entrando innanzi a quegli altri agire presso il marchese per cercare di volgere le cose secondo il proprio interesse. Incaricava quindi la Gattona di menargli ad ogni costo innanzi quella sera stessa il giovane, ed egli domandava pel domani udienza al marchese il quale di quel giorno aveva chiusa a tutti la porta del suo studio. Secondo il risultamento del suo colloquio con Maurilio, fra' Bonaventura avrebbe determinato il modo di regolarsi col marchese, i consigli da dargli e la direzione per cui avviare i propositi del medesimo.
Maurilio e il gesuita si trovavano dunque seduti l'uno accosto dell'altro, sul piano impagliato del sofà, nella modesta cella del frate, al dubbio chiarore d'una lampada, i cui raggi erano impediti di espandersi all'intorno da un coprilume. Si osservavano attentamente, quasi cercando cogliersi l'un dell'altro nel volto il segreto pensiero e le intenzioni: di fra' Bonaventura la conoscenza del mondo e degli uomini, l'abilità accresciuta dall'uso continuo, facevano un osservatore acutissimo, il cui sguardo penetrava molto agevolmente entro l'anima di chi gli stava innanzi; Maurilio, dalla diffidenza cui la specialità delle sue condizioni aveva fatta in lui naturale, dal sospetto che gli nasceva spontaneo per la nota volpina falsità del gesuita, dall'altezza medesima del suo ingegno, il quale, quando veramente esista, prova in ogni cosa a cui si applichi, aveva tutti i mezzi onde passare fuor fuori i raggiri e gli inganni del suo interlocutore. Era dunque una lotta fra due capaci e degni campioni; ma sul principio il vantaggio stette da parte del monaco, perchè il pensiero che in quel colloquio egli avrebbe appreso alcuna cosa del suo destino diede al giovane un'emozione, che congiunta a quella cui soleva sempre da principio destargli la sua timidezza in ogni nuovo contatto con altre personalità, arrivò quasi alle proporzioni d'un turbamento.
A Padre Bonaventura la vista di Maurilio fece la medesima impressione che aveva fatta alla vecchia Modestina Luponi.
– Che? disse fra sè. Questi sarebbe il figliuolo della bella marchesina Aurora? Fidatevi ai contrassegni della schiatta! Ecco il discendente di due leggiadre creature dalle più fini forme aristocratiche, al quale una misera vita in mezzo all'ambiente plebeo ha dato tutte le sembianze d'un figliuolo della plebe.
La sua attenzione fu però chiamata dall'intelligente ampiezza della fronte e dalla misteriosa potenza di quegli occhi color del mare e come il mare profondi.
– Oh oh! costà in quel cranio non c'è davvero un cervello di pan bollito e in codesta non bella scatola ossea sta un'anima che non è volgare… Ed a Volontà come stiamo?
Osservò le protuberanze ben disegnate e spiccanti dell'alto della fronte, la quale si drizzava sul viso perpendicolare come il frontone d'un tempio.
– Uhm! soggiunse, non sarà facile fargli cambiar di convinzioni… Ma avrà egli vere convinzioni?.. Speriamo di no.
E mentre lo conduceva, come ho detto, a sedersi presso di lui sul sofà, con aspetto, alti e voce benevolissimi e carezzevoli, il gesuita veniva pensando:
– Egli ha sofferto di molto; se ne vedono le traccie sul volto travagliato e nel corpo che ci ha patito. Deve avere una rabbia maledetta contro il destino che gli è toccato, e una più maledetta smania di ricattarsi coi godimenti… Se noi gli apriamo il passo alle gioie ed alle soddisfazioni mondane, e gli diciamo: son tue se ci vieni con noi; egli ci si precipiterà senza punto curarsi più qual sia la bandiera che gli faremo sventolare sul capo… Se non ne faremo un gesuita, potremo farne un gesuitante… Forse!
Maurilio aveva il respiro impacciato, come preso da un lieve affanno, e più impacciato il labbro che non sapeva trovare parola; il gesuita gli prese di nuovo una mano fra le sue e dissegli più amorevolmente che mai:
– Mio caro amico, caro figliuolo… La mi permette ch'io la chiami così?.. S'immagina Ella qualche poco il motivo che mi ha fatto mandarla a pregare di venire qui?
Maurilio esitò un momento a rispondere: trasse un grosso respiro, come chiamando in suo soccorso il fiato che l'emozione gli impediva di venir liberamente alla gola, tolse dalle mani del gesuita la sua destra fredda come un pezzo di ghiaccio e incrociando le dita delle mani che premeva forte sulle sue ginocchia, rispose poscia con quella sua voce ordinariamente sorda e contenuta, che non aveva vibrazione ed armonia se non quando la potenza di un'idea o di un affetto scuoteva l'intimo esser suo:
– Le parole della nonna di Luchino me ne diedero un sospetto… Ella vuole parlarmi della famiglia che fu mia e che mi ha rigettato.
– Adagio, disse il gesuita con quel suo accento dolcereccio che gli era abituale, accompagnato da un pari sorriso. Secondo il benedetto uso di tutta la gioventù, Ella galoppa colla fantasia, e le sue supposizioni vanno al di là del vero.
Maurilio diede in un leggero trasalto e volse al frate la sua faccia più turbata e più impallidita di prima.
– Che? interrogò egli: non ha da esser questo l'argomento del nostro colloquio? Non sono io dunque ancora al punto fatale in cui metterò finalmente la mano sul motto dell'enimma che è la mia vita?
– La mi fa due interrogazioni a cui non posso fare la medesima risposta. Alla prima posso dare un'affermativa: sì, noi siamo qui appunto per discorrere amichevolmente di alcune cose, di qualche circostanza che possono influire sulle ulteriori determinazioni da prendersi per parte di certuni cui tale argomento interessa massimamente. Quanto alla seconda interrogazione, se cioè ora Ella possa scoprir tutto ciò che la riguarda, debbo, con mio gran rincrescimento, rispondere che io non ho nè qualità, nè mandato per rivelarle dei segreti che posso conoscere, ma che non m'appartengono…
Maurilio s'alzò di scatto da sedere e girò tutt'intorno alla stanza uno sguardo fra sospettoso e investigatore.
– Che cosa sono dunque venuto a fare qui? Che cose, che circostanze son quelle intorno a cui mi si vuole discorrere, e forse scrutare? Se Ella non può aprirmi il vero, perchè sciupare tuttedue il tempo in inutili parole, che nulla hanno da conchiudere?
Padre Bonaventura tornò a prendere per la mano il giovane, sorridendo più benignamente che mai, lo trasse con dolce violenza a sedere di nuovo presso di lui, e con accento di amorevolezza paterna passando dal Lei a dargli del più domestico Voi, gli disse:
– Oh impazienza giovenile! Le nostre parole hanno tutt'altro che da essere inutili e non conchiudere nulla. E se da loro al contrario avesse da dipendere più questa, o più quella vicenda della vostra sorte?
Maurilio fissò il suo occhio, che in questo momento era oscuro come un cielo abbuiato, e in cui dal fondo delle occhiaie balenavano lampi annunziatori di un'interna tempesta.
Il frate gesuita riprese:
– Voi sapete di già, per le parole sfuggite alla Gattona, che la famiglia a cui forse voi potreste avere alcun diritto di appartenere è una illustre e nobile famiglia.
Il giovane non potè frenare una mossa di soddisfazione, di superbia.
– Ah ah! egli è ambizioso: disse a se stesso Padre Bonaventura, che non cessava di tener il suo sguardo felino fisso sul lineamenti del suo interlocutore. Buono! è questa una presa da poterlo afferrare.
– Or bene, continuava il frate, questa famiglia, troverete ragionevole anche voi, che voglia conoscere qual sia e che cosa pensi quell'individuo il quale si presenta ora fatto e cresciuto per appartenerle.
Maurilio, che era oramai tornato in tutta la calma del suo spirito, chiese con una velata ironia:
– È questo dunque un esame che mi si è chiamato a subire?
– È una conversazione amichevole, come vi ho già detto, in cui, spero che andremo d'accordo.
– E di ciò ha Ella ricevuto incarico da codesta mia famiglia?
– Non vi dico che sia così: rispose gesuiticamente fra' Bonaventura; ma fate come se così fosse.
Il giovane incrociò le braccia al petto in una mossa di superba aspettazione.
– Parli dunque Lei primo, Padre reverendo. Esponga il credo che io dovrei avere, perchè i miei congiunti si risolvessero a fare il loro dovere: quello di riparare ad un infame delitto onde mi fecero vittima. Io le dirò di poi se potrò giurare in quelle verba magistri.
– Ahi! pensò il gesuita: egli è orgoglioso al par di Satana.
Assunse il contegno più umile e più benigno che e' potesse, congiunse le mani, levò gli occhi al soffitto, come per cercare ispirazione dal Cielo e cominciò:
– Quantunque sia la prima volta che noi ci troviamo fronte a fronte, io è già da qualche tempo che ho imparato a conoscervi ed apprezzarvi.
Era una piccola bugia; ma secondo la morale gesuitica l'onestà del fine giustificava agli occhi del frate la lieve colpa del mezzo.
– Che! esclamò Maurilio stupito. Ella mi conosceva?
Padre Bonaventura confermò con un cenno e con un sorriso il suo detto, e continuò:
– Vi conosco, e noi, che c'interessiamo per tutti quelli che hanno un vero valore, che li amiamo più degli altri fratelli nostri in Gesù Cristo, vi seguitiamo con isguardo pieno di cura e di sollecitudine, deplorando le vostre tendenze e pregando Iddio perchè vi guidi sopra sentiero migliore. Voi siete generoso e volete il bene, lo so; ma alla vostra età, colla vita che avete vissuto, non si può scerner ancora con fondamento, quale sia il bene reale del genere umano; non si conoscono tuttavia gli uomini, non si è abbracciato con vista complessiva tutto l'organismo degli ordini sociali, per giudicare che cosa al governo di questi uomini convenga; si va più facilmente dietro a smaglianti chimere che alla meno splendida, ma soda realtà, solo efficace. Anzi per provvidenziale decreto di Dio che vuole l'intelligenza umana riconosca la sua debolezza, quando abbandonata a sè, l'audacia, la temerità giovanile fa scorgere il bene ed il vero nelle strade che nuove sembrano aprirsi allo spirito umano. Si crede un generoso impulso il disconoscere ciò che è insegnato dall'esperienza del passato, dall'autorità della tradizione, ciò che posa sulla base inconcussa della divina rivelazione. Ma voi, da quanto io ho potuto apprendere, avete troppo talento per ostinarvi a chiudere gli occhi alla luce, quando questa vi sia fatta splendere dinanzi…
Maurilio schiuse la bocca ad un suo sorriso pieno di sì fina ironia, che il frate s'interruppe, e mettendo con mossa affettuosa una mano sulle ginocchia del giovane, soggiunse con paterna bonarietà:
– Vedo sulle vostre labbra la punta d'un'obbiezione. Parlate, parlate pure liberamente, chè qui siamo per leggerci a vicenda l'uno dell'altro nell'anima.
– Vuole sapere la ragione del mio sorriso? Eccola. Ella vuole farmi brillare dinanzi la luce: ma che luce è dessa quella che il suo partito e la sua scuola sono disposti a concedere ai miseri mortali? Poichè Ella stessa m'invita alla franchezza, dirò che credo loro intendimento e loro compito la luce del vero misurarla con tanta parsimonia all'uomo che egli trovisi nelle tenebre, costretto a seguire ciecamente per guida i loro consigli e voleri…