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Il Morbo Di Parkinson: Le Fasi Finali
Per quanto riguarda i pazienti, sono state effettuati test specifici mediante le seguenti scale di valutazione: la Movement Disorder Society e la United Parkinsons Disease Rating Scale per determinare la gravità dei sintomi del morbo di Parkinson; la Geriatric Depression Scale per la presenza di sintomi depressivi; il Parkinsons Disease Questionnaire per la qualità della vita; il Mini-Mental State Examination e il Montreal Cognitive Assessment per le abilità cognitive e visuo-spaziali; la Cognitive Drug Research Battery per i livelli di attenzione e il Cambridge Neuropsychological Test Automated Battery per valutare memoria ed esecutivo centrale.
Si è inoltre effettuato il profilo socio-demografico dei partecipanti: età, sesso, livello di istruzione e sia dei, le ore settimanali dedicate alla cura del paziente nel caso dei caregivers.
I risultati basati sul Cognitive Drug Research Battery rivelano che la qualità della vita dei caregivers che assistono malati di Parkinson è significativamente più bassa rispetto a quella dei caregivers che assistono pazienti della stessa età affetti da un lieve deterioramento cognitivo o senza nessun problema neurologico in particolare. Il deficit di attenzione è un fattore particolarmente indicativo del peggioramento della qualità della vita dei caregivers, rispetto ad altre variabili valutate.
Tra le limitazioni presentate dallo studio effettuato vi sono il basso numero di partecipanti e la mancata esecuzione di un’analisi per determinare eventuali alterazioni in base al genere e alle variabili valutate.
In ogni caso, come affermato dagli autori dello studio, e sulla stessa linea di quanto sottolineato finora, i caregivers dei malati di Parkinson dovrebbero essere tutelati sia mediante corsi di formazione che con terapie specifiche così da aiutarli ad affrontare un incarico non certo facile.
In questo modo, l’assistenza sarà di beneficio per il paziente e non intaccherà la qualità della vita del caregiver.
Le associazioni di sostegno ai caregivers, inoltre, lavorano anche sull’atteggiamento del resto dei familiari del caregiver affinché quest’ultimo non si senta pervaso dal senso di colpa, cosa che andrebbe a generare ulteriori tensioni in famiglia.
Il senso di colpa “autoimposto”, costantemente alimentato dai parenti, può spingere il caregiver a rinunciare al suo tempo libero, e se ad un certo punto ne disporrà, si sentirà male per questo. Per questa ragione, gli studi più recenti stanno dando grande importanza alla qualità piuttosto che alla quantità delle cure date ad un paziente con una malattia neurodegenerativa, il quale subirà il graduale deterioramento delle proprie capacità cognitive e fisiche.
Si consiglia dunque ai caregivers di mantenere un regolare programma di attività fisica che includa camminata ed esercizi all’aperto; in altre parole, non bisogna perdere di vista la salute dei caregivers, bensì permettere loro di avere i propri momenti di relax, di praticare un hobby o di uscire con i loro amici. Tutto ciò non produrrà alcun effetto negativo sul paziente, al contrario, avrà un effetto rigenerante sul caregiver che tornerà al lavoro con maggiore forza d’animo.
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Parkinson avanzato: le conseguenze dei sintomi non motori a livello psicologico ed emotivo
Dr. Angel Moreno Toledo
La progressione della malattia di Parkinson, associata alla gravità dei suoi sintomi motori e non motori, promuove livelli significativi di dipendenza insieme al peggioramento della qualità della vita. Gli effetti della disabilità colpiscono sia la persona affetta da Parkinson avanzato che il suo ambiente circostante, includendo la figura del caregiver familiare principale.
Lo stadio avanzato del Parkinson, classificato come stadio 4-5 della scala Hoehn e Yahr, costituisce un periodo caratterizzato da diversi problemi di salute, una mobilità molto limitata che richiede assistenza per qualsiasi spostamento e marcate problematiche a livello motorio e cognitivo. La tolleranza alla Levodopa (L-Dopa) sviluppata dall’organismo nel corso del tempo, ne diminuisce l’efficacia. I sintomi motori e non motori sono particolarmente evidenti nei soggetti colpiti.
L’incidenza (progressiva) dei disturbi della memoria - deterioramento cognitivo e handicap mentali - insieme ai comuni disturbi neuropsichiatrici - psicosi, depressione, demenza, insonnia - oltre ad altre condizioni mediche, segna in modo significativo lo stadio finale della malattia.
Tra le complicazioni più angoscianti del Parkinson avanzato vi sono i disturbi cognitivi e psichiatrici.
Nel valutare l’origine dei sintomi avversi è fondamentale capire se sono dovuti agli effetti collaterali del trattamento farmacologico o alla logica conseguenza della progressione della malattia.
Le complicazioni non motorie provocano un sovraccarico lavorativo ed emotivo sul caregiver e la diminuzione della qualità della vita del paziente stesso. Ecco perché, dal punto di vista terapeutico, dovrebbe essere data maggiore importanza alle complicazioni non motorie. La loro incidenza è piuttosto elevata (almeno il 50% dei pazienti li manifesta), così come il significativo deterioramento al quale sono esposti e una crescente diminuzione degli effetti farmacologici.
Compaiono episodi notevoli di psicosi e rischio di cadute. Tendono ad apparire in ritardo nelle persone colpite, spesso a causa di un processo di demenza sottostante o a causa del consumo di farmaci prescritti per il Parkinson. L’incidenza di psicosi e demenza accresce notevolmente la necessità di un ricovero in istituto così come il rischio di mortalità.
Il peggioramento globale causato dall’avanzamento dei principali sintomi motori e dalla presenza di depressione endogena (quella causata da un’alterazione o da un cambiamento strutturale delle aree cerebrali responsabili del controllo dell’umore e dei movimenti), aggrava la malattia nelle sue ultime fasi di coinvolgimento.
I sintomi depressivi riferiti dai pazienti durante tutto il processo cronico della malattia, ai quali solitamente viene attribuita minore rilevanza rispetto all’intera sintomatologia motoria paradigmatica, provocano anche invalidità, perdita degli abituali meccanismi di gestione delle attività quotidiane e sfociano nell’inevitabile peggioramento della qualità della vita.
La perdita di abilità, gli eventi stressanti della vita, la particolare situazione familiare, le comorbidità psichiatriche, l’avvento dello stadio avanzato della malattia, nonché la gravità sintomatica, sono alla base di un meccanismo complesso che genera disturbi dell’umore comuni nel morbo di Parkinson, documentati e segnalati nella stragrande maggioranza dei casi (35-90%). Per questo motivo l’ansia e la depressione vengono spesso trattate mediante prescrizione di antidepressivi. C’è ancora molta strada da fare a livello terapeutico per trovare un maggior numero di trattamenti qualitativamente validi per trattare i disturbi emotivi.
Questa depressione di origine chimica è più resistente e accompagna il paziente durante l’intero percorso della malattia. I disturbi dell’umore influiscono in modo eterogeneo su ciascun individuo e hanno un impatto non indifferente sulla vita quotidiana, tant’è che ormai si considerano una condizione tipica del Parkinson. Si tratta di una depressione di lunga durata che causa un marcato pessimismo verso il futuro, apatia, poca motivazione e perdita della gioia. Questa condizione può provocare inoltre alterazioni dell’appetito, perdita o aumento di peso e sentimenti di inutilità, disperazione e solitudine.
Insieme alla depressione si presenta l’apatia che essendo anch’essa un meccanismo chimico legato alla diminuzione dei livelli di dopamina nel cervello, provoca nel paziente affaticamento e disinteresse o indifferenza verso qualsiasi attività.
Questo deficit di dopamina presente in entrambi i fenomeni mentali, si unisce progressivamente all’impatto causato dalle conseguenze fisiche della malattia.
Oltre alla sfera emotiva, ci sono altri sintomi non motori, ma altrettanto preoccupanti, che continuano a degenerare durante le fasi avanzate della malattia. Disturbi del sonno, disfunzioni autonomiche e il dolore causato dalle disfunzioni cognitive conferiscono un progressivo deterioramento che intacca la qualità della vita e aumenta notevolmente il livello di dipendenza e disabilità.
Questi sintomi sono fondamentali per determinare la gravità della situazione. Allo stesso modo, a livello psicologico ed emotivo, appaiono come i fattori responsabili di sensi di colpa e conseguenti pensieri suicidi. È fondamentale curare i sintomi depressivi sin dagli esordi della malattia avvalendosi di psicoterapia e trattamenti farmacologici, in modo che il paziente possa ottenere un miglioramento della qualità della vita ed una migliore assistenza durante il decorso della malattia.
Un altro sintomo non motorio incidente nelle fasi più severe della malattia è il dolore cronico. Tuttavia, è un sintomo alquanto difficile da chiarire, individuare ed affrontare. È disabilitante e interferisce in modo significativo con la gestione delle emozioni oltre ad influire in modo decisivo sul benessere psicologico. Tende a svilupparsi e peggiorare nel tempo, esasperato da complicazioni motorie, sintomi di disturbi emotivi ed altre patologie concomitanti.
I disturbi muscoloscheletrici sono generalmente frequenti tra le patologie manifestate dai malati di Parkinson. Purtroppo è un problema molto comune (40-75% dei casi) ed è, nella maggior parte dei casi, consequenziale alla malattia.
Le ripercussioni causate da questo tipo di problemi fisici sono sempre più determinanti quanto più avanza la malattia (provocando disfunzioni e disturbi muscolari vari). Nelle fasi finali del Parkinson, il dolore (di diverso tipo e natura) si presenta come un sintomo comune ed eterogeneo, che oltre ad essere grave è anche resistente al trattamento. Stando così le cose, costituisce un fattore che facilita lo sviluppo di patologie quali depressione e ansia, provocate dal disagio e dai disturbi impliciti del dolore cronico. È logico concludere che la gravità dei sintomi avrà ripercussioni su altri sintomi motori osservati, tra i quali insonnia, affaticamento, depressione e sonnolenza diurna.
La presenza di dolore può costituire la causa principale o secondaria dello sviluppo di ansia e sintomi depressivi nel paziente che ne soffre.
I disturbi del sonno sono patologie generalizzate che colpiscono tutti i pazienti che si trovano negli stadi avanzati della malattia. I più comuni sono: sonnambulismo, incubi accompagnati da colpi e grida, sonno frammentato, disturbo comportamentale in sonno REM, disturbi del ritmo sonno-veglia e sonnolenza diurna costante.
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