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Venuti Dal Cielo, Volume 1
Mentalmente, William rimpianse di avere fatto a sua sorella quella domanda: “Oh, perché ho detto quello?! Adesso, lei comincerà a dire che questa non è una buona cosa e che sarebbe necessario leggere le carte…”
William trovava difficoltà a credere nei “sogni profetici” di sua sorella (sebbene, spesso, fossero un avvertimento). Le sue paure, ahimè, erano pienamente giustificate: l’irrequieta sorella-medium alzò gli occhi in maniera teatrale verso un cielo immaginario (il soffitto) e cominciò a dire, in modo emotivo:
“Sono sicura che non sia una buona cosa! Devo leggere le carte!”
E senza nemmeno finire il suo tè, si precipitò, testa avanti, verso il mazzo dei tarocchi. Poco dopo, Ms. Adamson ricomparve in sala da pranzo con in mano i tarocchi, e riprendendo il suo posto, cominciò abilmente a mescolare le carte.
“Alice, non fare predizioni a colazione! Dove sono finite le buone maniere?” osservò suo fratello con disapprovazione.
La sorella, semplicemente, ignorò quell’osservazione. Dopotutto, William era sempre insoddisfatto di qualcosa. E un minuto dopo il tavolo fu coperto di carte…
“William, le carte dicono chiaramente che nel prossimo futuro avrai una riunione e alcune difficoltà,” disse Alice, pensosamente.
“So già cosa intendi…” sorrise lui tristemente, in risposta. “Oggi ho un incontro con un altro potenziale finanziatore della spedizione archeologica. Probabilmente, otterrò un altro rifiuto… E cominceranno nuove difficoltà…”
“Tuttavia, in merito al finanziamento, posso leggere di nuovo le carte,” disse la medium. E senza aspettare una risposta, lei mescolò il mazzo e dispose di nuovo le carte sul tavolo.
Osservò le carte con uno sguardo pensoso. Nella sala da pranzo regnava il silenzio. Alla fine, William non poté resistere e sarcasticamente domandò, incuriosito:
“E cosa dicono le carte, cara sorella?”
“Dopo la tristezza e la delusione, riceverai aiuto,” rispose la medium-sorella.
Come se fosse stato d’accordo con la sua padrona, Coon, che se ne stava sdraiato sul davanzale della finestra, miagolò eloquentemente. Alice si sollevò di scatto:
“Vedi, anche Coon lo conferma! E lui può comunicare con le forze soprannaturali!”
William sospirò e pensò: “Il gatto ha appena miagolato… O magari ha sbadigliato… E ad Alice com’è venuta l’idea che lui potrebbe entrare in contatto con gli spiriti? Delirio… Povera ragazza…”
Ad alta voce, Mr. Adamson disse:
“Cara sorella, molto più probabilmente dovrò fare affidamento sulle mie capacità per convincere il prossimo finanziatore che l’imminente spedizione sarà un successo.”
Sua sorella sorrise maliziosamente:
“Vediamo cosa dirai quando la predizione si avvererà…”
***
Dopo colazione, William si diresse al college per fare lezione.
Alice, nel frattempo, si era spostata in soggiorno per domandare alle carte se quel giorno doveva aspettarsi visitatori diurni oppure no. Naturalmente, molti dei suoi clienti abituali preferivano mandarle un biglietto in anticipo per informarla della visita imminente. Ma molti, che credevano nella magia e nei poteri soprannaturali, potevano facilmente presentarsi senza avvisare.
Ad Alice piaceva il luminoso e arioso soggiorno. Al tempo, sua madre chiamava il soggiorno “stanza dei disegni”. Quando lei era giovane, quella stanza era un indicatore dello status e del benessere materiale dei suoi proprietari. Lì, l’ordine era mantenuto con la massima cura, casomai qualcuno fosse arrivato all’improvviso per una visita non programmata.
A casa Adamson, nel soggiorno c’erano un morbido sofà, sedie con lo schienale alto e un piccolo tavolo rotondo. E, naturalmente, poltrone acquistate da sua madre, Mrs. Genevieve. Le sedie variavano in forma e dimensione: c’erano quelle per le donne e quelle per gli uomini. Le poltrone per gli uomini erano più profonde e avevano braccioli larghi. Le poltrone per le donne non avevano proprio i braccioli. La ragione di questo era banale: le donne dell’epoca in cui Genevieve era giovane indossavano gonne alla moda con la crinolina. Con un indumento simile, non era possibile sedersi comodamente su un sedile profondo dotato di braccioli alti. A dire il vero, i sellini11 recentemente stavano attivamente soppiantando le sorpassate crinoline, ma le sedie in casa Adamson erano rimaste le stesse.
L’interno del soggiorno era corredato di un caminetto, decorato da piastrelle colorate con motivi in stile spagnolo. Sopra di esso era appeso un grosso specchio rotondo, e il caminetto stesso era decorato con candelieri d’argento e piccole sculture in stile rustico.
Genevieve aveva progettato il soggiorno con un amore speciale, decorando le pareti con dipinti ad acquerello di tendenza (di qui il nome del soggiorno – stanza dei disegni). Lungo una delle pareti c’erano due librerie intagliate, su cui venivano conservate varie piccole cose e graziosi ninnoli fatti a mano dalla madre. Sul soffitto del soggiorno c’era un grande lampadario con delle cupole, dipinte a mano, in ceramica di Faenza. Nonostante l’arrivo dell’elettricità nelle case dei ricchi in Inghilterra, il soggiorno degli Adamson era illuminato alla vecchia maniera, con candele di cera. Alice aveva paura delle lampade a gas e dell’illuminazione a gas in genere. Lei l’accettava soltanto per le strade di Londra. E non importava quanto William cercasse di convincerla della sua sicurezza, tutti i tentativi erano inutili. Alice aveva molte riserve sull’uso interno dell’illuminazione a gas. In particolare, aveva letto sul giornale di una serie di esplosioni avvenute nelle case, a causa del gas. Proprio per questo motivo, invece di un fornello a gas, la famiglia Adamson aveva ancora un fornello alimentato a carbone, in cucina.
Genevieve ci teneva molto all’arredamento, perché alcuni mobili erano appartenuti al nonno paterno di William e di Alice. Non era un caso che uno dei criteri per la scelta dei mobili fosse la loro buona qualità, cosicché durassero per parecchie generazioni. Ecco perché le poltrone del nonno erano ancora nel soggiorno. Genevieve si era limitata semplicemente a cambiare le fodere che le ricoprivano.
Recentemente, con grande dispiacere di Alice, un vecchio armadio con inserti in marmo ridotti in pessimo stato. Genevieve diceva orgogliosamente che era appartenuto alla Regina Elisabetta Tudor. Non era possibile verificare questo fatto, e quindi tutti i familiari e gli amici di famiglia prendevano per buono il passato reale dell’armadio. Tuttavia, lei, mostrando una discreta dose di pragmatismo, chiese a William di rimuovere gli inserti in marmo da esso. Ma ad un esame più attento, essi sembrarono deprimenti.
Alice ricordava quell’armadio dall’infanzia; decise di disegnare uno schizzo e ordinarne uno uguale presso una delle botteghe che realizzavano mobili e che praticamente riempivano il mercato londinese di eleganti imitazioni di oggetti d’antiquariato.
Come risultato, nel soggiorno apparve un armadio di compensato che l’artigiano aveva dipinto per farlo sembrare di mogano. E gli inserti in marmo erano imitati da carta tinta con venature. William fece una smorfia alla vista di quel nuovo pezzo di arredamento. L’armadio somigliava davvero a quello vecchio. Ma con una invidiabile differenza: era plebeo di nascita.
Naturalmente, come in tutte le case londinesi rispettabili, nel soggiorno c’era un pianoforte. Alice aveva provato, senza successo, a padroneggiare quello strumento. Genevieve stessa aveva provato a insegnarlo a sua figlia, obbligandola a sedersi al pianoforte dritta come un bastone. Alice si stufava in fretta e studiava controvoglia. Sua madre era costantemente arrabbiata e, alla fine, disperò di insegnare a sua figlia qualsivoglia abilità musicale. Sebbene Genevieve stessa suonasse bene.
Il secondo piano della casa era occupato da tre camere da letto e una camera per gli ospiti. Nessuno vi abitava da tanto tempo. Finché un giorno zia Grace Adrian non giunse a Londra dalla Scozia per affari. La mansarda non era considerata abitabile, ma sotto il tetto c’erano lo studio di William, un ampio ripostiglio e una piccola stanza che non aveva uno scopo specifico.
… Così, Alice lesse le carte tre volte. E per tre volte, esse dissero di aspettare i visitatori della giornata. Alice cercava di non interrogare le carte per tre volte di seguito. Tuttavia, non poté resistere e dispose nuovamente le carte sul tavolo. Alice osservò il risultato e mescolò rapidamente le carte; esse preannunciavano morte e brutte notizie. La medium sapeva con certezza chi fosse la persona che la morte chiamava a sé. Mise i tarocchi in una scatola e uscì dal soggiorno, lasciando il gatto da solo a dormire sull’ampio davanzale.
***
Ms. Adamson ebbe tre visitatori quel giorno. Due rispettabili signore che credevano nella magia: una dietro consiglio, l’altra era già venuta in precedenza. E un signore che aveva letto l’annuncio sul giornale, che Alice pubblicava con regolarità nella sezione apposita. Tutti e tre furono piuttosto contenti dei servizi della medium e la pagarono.
Alice calcolò il guadagno della giornata, trascrivendo con cura i risultati su un taccuino speciale, poi ebbe tempo per cenare, quando un messaggero comparve alla porta e le consegnò due lettere indirizzate a Mr. e Ms. Adamson. Il mittente della prima lettera era l’amministratore di zia Adrian, il secondo era uno studio legale scozzese. Il cuore della ragazza saltò un battito. Il giorno prima aveva fatto un brutto sogno su sua zia. Tuttavia, non aveva detto niente a William, poiché lui era concentrato sull’imminente incontro con il finanziatore. Probabilmente, avrebbe ignorato ogni cosa. Alice rabbrividì; sapeva già che zia Grace Adrian, cugina di suo padre, era morta. In mattinata, anche i tarocchi avevano profetizzato morte.
Mr. Adamson ebbe una giornata davvero brutta. Non era riuscito a convincere un altro potenziale finanziatore dell’opportunità della spedizione. Il finanziatore si rivelò essere una persona pragmatica e fortemente scettica. Esaminò alla perfezione i materiali della spedizione a Uruk e giunse alla conclusione che, per lui, come collezionista, c’era poco che potesse imparare. Né le colonne a mosaico, né l’Edificio Rosso, né le enormi statue delle antiche divinità sumere lo interessavano. E William non aveva fornito prove chiare che a Uruk e nel santuario della dea Inanna qualcuno potesse trovare gioielli, oggetti comuni ben conservati, oggetti preziosi di adorazione. Ossia, l’idea era che simili manufatti venissero acquisiti quasi esclusivamente da collezionisti-finanziatori privati. Perché sarebbe stato più facile portarli dall’Assiria in Inghilterra e venderli in una delle aste riservate a una cerchia ristretta di persone interessate. William era disperato. Comprese che i suoi tentativi infruttuosi non sarebbero mai terminati. E non osava contare sull’appoggio del British Museum. Soltanto un famoso scienziato, certamente non un mediocre insegnante del college, avrebbe potuto ottenere un simile appoggio.
… William trovò sua sorella in soggiorno. Si stava concedendo la lettura di un libro. C’era ancora tempo prima del ricevimento serale, quando sarebbero venuti, come al solito, i clienti abituali.
Fratello e sorella si scambiarono un cortese saluto. L’attenzione di William fu attratta dal titolo del libro: “Alice nel Paese delle Meraviglie”.12 “Alice sta leggendo di Alice,” pensò William, ridacchiando tra sé. Aveva sentito parlare molto di quell’opera insolita, ma per un motivo o per l’altro non c’era stato il tempo per leggerla.
“Com’è andato l’incontro con il finanziatore?” domandò Alice con un tono leggermente asciutto nella voce.
“Me lo hanno rifiutato,” fu la breve risposta. Senza volerlo, l’uomo notò che sua sorella sembrava sconvolta e i suoi occhi erano arrossati, come se avesse pianto.
“Sarà per la prossima volta. Le carte mi hanno detto che dopo la tristezza e la delusione riceverai aiuto…”
“Alice, quello che dicono le carte e quella che è la realtà dei fatti sono due cose diverse. E non sempre coincidono,” osservò William fiaccamente.
Lui non negava che, spesso, le predizioni di sua sorella si avveravano, ma considerava il tutto come comuni coincidenze.
“A proposito, oggi sono arrivate due lettere…”
“Quali?”
“Dalla Scozia… Come sai, ultimamente nostra zia Grace non stava bene, per cui ha lasciato in eredità a noi il suo notevole patrimonio, metà ciascuno. Recentemente, lei ha lasciato questo mondo… Una lettera con questa triste notizia è stata scritta dal suo amministratore… E il secondo messaggio viene da uno studio legale: dobbiamo andare alla tenuta della zia e subentrare come eredi.”
“Cosa? Zia Grace non è più tra noi?” William fu sorpreso, si era perso il momento riguardante l’eredità, come se fosse stato sordo. “Come è successo?”
“Secondo l’amministratore, è morta tranquillamente nel sonno… Recentemente, ho fatto un brutto sogno su di lei…” sospirò Ms. Adamson.
William aveva conosciuto sua zia molto tempo prima, quando sua sorella era fuggita con l’acrobata. Da allora, la zia aveva intrattenuto una regolare corrispondenza con Genevieve; William riceveva di rado lettere da lei. Mrs. Adrian aveva privato Alice della sua considerazione. Né William né Alice le erano mai più stati vicini. Grace era semplicemente la cugina del loro padre, che ogni tanto andavano a trovare con la famiglia. L’ultima volta risaliva a quasi dieci anni prima, dopo che lei era rimasta vedova. La zia non era nemmeno venuta al funerale del loro padre, scrivendo in una lettera che non stava tanto bene ed esprimendo le sue sentite condoglianze ai parenti. Ciononostante, non si era dimenticata dei nipoti, poiché lei e suo marito non avevano avuto figli.
“William, hai fame? Vuoi cenare?” domandò Alice, mettendo da parte il libro.
William era in confusione e non riusciva a capire; aveva fame? Sua sorella stabilì che la confusione del fratello fosse causata dai difficili eventi del giorno e ordinò di apparecchiare la tavola. William mangiò senza appetito. Mentre stava tagliando con un coltello una spessa bistecca, gli tornarono in mente le parole di sua sorella: “dopo la tristezza e la delusione riceverai aiuto…” E adesso lo aveva davvero ricevuto.
“Zia Grace era ricca. Metà dell’eredità sarebbe sufficiente per organizzare una spedizione. Forse Alice è davvero una medium? E magari non era scappata davvero con l’acrobata? E le era successo qualcosa di inspiegabile? E le fate sono semplicemente una versione degli eventi di una ragazza spaventata… Cosa successe veramente?” ragionò mentalmente William mangiando la bistecca.
Anche Genevieve aveva ricevuto un messaggio dalla Scozia. L’amministratore la informò che la sua parente, sua cognata, Grace Adrian, era morta. E che, lui ne era certo, l’eredità era stata divisa tra William e Alice.
Genevieve prese nota della triste notizia. Purtroppo, nessuno vive in eterno. Nemmeno lei stava ringiovanendo. Nonostante la corrispondenza con Grace, Genevieve scelse di non partecipare al funerale. Non voleva vedere la proprietà né sua figlia, che insieme avrebbero risvegliato in lei intensi ricordi. Scrisse una lettera ai figli. Genevieve non se la sentiva di andare a fare visita alla sua prole.
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