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Dialoghi Senza Fine / Бесконечные диалоги
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Dialoghi Senza Fine / Бесконечные диалоги

Язык: Итальянский
Год издания: 2024
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Proseguendo lungo questa linea, è spontaneo domandarsi se nell'Eden, cioè nel giardino nel quale, secondo il libro della Genesi, viveva l'uomo prima del peccato, ove non c'era il dolore del parto né la vecchiaia e la morte, ci fosse l'amore. Era cioè possibile l'amore senza quella sensazione di nudità umana da coprire con pudore, senza la necessità quindi, come raccontato nella Bibbia, che un Dio facesse degli abiti di pelli perché gli uomini, accortisi che erano nudi e in una terra diventata fredda e ostile, si coprissero e si scaldassero?

La ragazza che cammina lungo la via si chiama Alessia, e accende una sigaretta. Perché decide di fumare? Un passante vorrebbe fermarla e, con ardire, dirle: "signorina, abbiate cura di voi, fumare è dannoso ed è una dipendenza, meglio evitare…" Il passante sente empatia verso quella persona, sente compassione per quella ragazza e vorrebbe salvarla da quel, pur piccolo, male della dipendenza dal tabacco… "Ma è poi un male piccolo?", si chiede tra sé il passante. Spesso i passanti passano oltre e non oltrepassano, per timore di invadere lo spazio altrui, quel confine che, dopo la Caduta, ha diviso gli uomini. Gli uomini ora non sono più, come erano allora, nell'"Età dell'oro", fratelli, ma sono individui, che solamente sperano di poter vivere come fratelli, riuscendoci però molto raramente e, di solito, male…

Ecco, nella bellezza di quella giovane donna, che incede altera e splendente come una regina, si insinua un piccolo male: i dubbi sul futuro, l'angoscia delle scelte, il senso di inadeguatezza, vengono affrontati con quella piccola droga. E fumare è male non tanto perché è dannoso per la salute, ma perché è un male scelto, originato da una qualche sfiducia nella bontà della vita, come accade in ogni dipendenza: in quell'abitudine lievemente autodistruttiva è in gioco la volontà umana. Gli esseri umani sanno, infatti, ciò che è bene e ciò che è male; ogni uomo lo sa dall'infanzia. E il male che subiamo è certamente molto diverso da quello che ci infliggiamo volontariamente da noi stessi. Quest'ultimo, tra l'altro, è sempre permesso dalle leggi della società contemporanea, cosiddetta Occidentale, che si autodefinisce laica. In questa società, sembra che i comportamenti autodistruttivi siano non solo leciti, ma spesso sollecitati dalla pubblicità. Non è forse proprio un piccolo male accendere una sigaretta: c'è in questione, infatti, la nostra volontà e il nostro profondo approccio alla vita…

"Questa giovane mi ricorda una giovenca impaurita vista molti anni fa, la quale, sentendosi sperduta sugli ampi verdi prati profumati, cercava di entrare dapprima nel recinto e, poi, nella stalla, entrambi angusti e sudici. Tu forse, questa, la chiami trasgressione… E' un altro vecchio peso sul giogo, inchiodato sull'ampia tua schiena di femmina. Altre tu ne segui, lenta, sul cammino verso la stalla; tutte con le teste chine. Forse questa è per te una novità, la chiami libertà il seguirle, tutte in fila. Un guadagno è, in realtà, solo per chi ti odia e ti aiuta a non sentire più e a non vedere chi siamo. Presto si attenuerà la luce del giorno, e tu nel recinto girerai inquieta, senza gioia, sino a sera, poi giacerai. Non brucherai più l'erba sui prati; in un scatola ti porteranno il mangime. Solevi un tempo uscire nell'aperta campagna, di te dimentica, nobile e graziosa, buffamente pietosa, allegra, leggera, con la tenera carne rosa striata di fango secco. Ora degli ampi spazi tu hai timore e cerchi un pertugio per entrare nella stalla, passando lo steccato; nel farlo ti ferisci, furiosa gridi, poi, sanguinante, entri e ti quieti infine. Non serve che qualcuno più ti leghi о ti sorvegli, spontaneamente entri nella stalla, con le altre giovenche. Così ti prepari per la festa, cui ti attende il macellaio ed io so che sospetti un triste evento, che conosci quel doloroso giorno, eppure sempre rientri e, nel recinto о nella buia stalla, aspetti. Gli ampi spazi ormai più non ti appartengono, ti sgomentano, ma una la crima di nostalgia per le libere distese ancora ti inumidisce gli occhi."

Usciti dall'Eden a causa della Caduta, cioè dopo il primo peccato, gli uomini, come detto, si sono certamente amati tra loro: lo dimostra la successiva storia dell'uomo sino ad oggi, benché sia un amore, il nostro, che appare con evidenza imperfetto, segnato cioè dall'egoismo e dalla sfiducia. Ritorna allora, un'ultima volta, una domanda: nell'Eden gli uomini si amavano? E, allo stesso modo, nel Paradiso essi si ameranno? Cioè, sarà possibile amarsi in una condizione priva di finitudine e di debolezza, la quale evidentemente spinge gli uomini a riconoscersi accomunati dalla fragilità e, dunque, fratelli? Di questo disvelarsi della fratellanza attraverso la compassione, nell'esperienza della fragilità, è un esempio letterario la celebre poesia "Fratelli" di Giuseppe Ungaretti; in essa si pone in evidenza come sia proprio nella precarietà e nella sofferenza della vita di trincea, la quale è appesa ad un filo, che sorge, nel cuore dei soldati sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale, il sentimento della fratellanza, cioè dell'amore compassionevole.

La risposta al quesito posto è "sì": gli uomini sicuramente si amavano nell'Eden, così come ci sarà l'amore in Paradiso. La compassione, nella dimensione terrena segnata dal peccato, è legata alla fragilità ed alla sofferenza, e consiste pertanto principalmente nel prendersi cura dell'altro e nello svelamento all'altro della bellezza sua, degli altri uomini e del Creato. L'amore compassionevole, il quale è, nella nostra umana condizione caratterizzata dalla caducità ed oscurata dall'egoismo, indissolubilmente legato alla sofferenza, è in realtà costitutivo di Dio stesso ed era già inscritto negli esseri umani anche prima del peccato e della morte che da esso deriva, ma si declinava in modo parzialmente diverso. La compassione tra gli esseri umani, prima del peccato originale e di quelli successivi, consisteva nella loro non autosufficienza, nella loro dipendenza amorosa, che è costitutiva degli esseri creati e persino di Dio stesso. Prima del Peccato originale, Dio dona ad Adamo "un aiuto che gli fosse simile" (Gn. 2,20), in quanto nessuno degli animali poteva soddisfare il desiderio di relazione del primo uomo. Adamo comprende bene che non è autosufficiente sul piano relazionale: benché abbia cibo e salute sa che non basta a se stesso, ma che è fatto per amare un altro. Benché egli sia immortale, non conosca la malattia e non necessiti di lavorare per vivere, dominando il Creato, come evidenzia il fatto che attribuisce alle creature un nome, sa che la pienezza della sua vita dipende dall'esistenza della donna accanto a lui e di Dio che gliela dona. L'uomo dipende da Dio: in questa dipendenza è presente il limite umano, creaturale, che può essere valicato solo dal dono dell'amore di Dio stesso, perchè da Lui l'essere umano dipende ed Egli gli è Padre. Adamo, pur nel suo essere immortale e nella sua condizione armonica con la natura, che provvede spontaneamente ai suoi bisogni, manca di relazione con qualcuno che lo renda pienamente uomo nel rapporto con Dio; da questa creatura dipende ed a lei è legato completamente, anche dopo il dramma del peccato.

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