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Una Moglie Per Collin
Il coro di sospiri che seguì la sua dichiarazione fu un chiaro segnale che aveva sbagliato di nuovo. Ogni Bennett presente lo guardava accigliato: Elizabeth teneva le mani serrate a pugno, Jane scuoteva lentamente la testa per esprimere la totale disapprovazione e Lydia aveva arricciato il naso come se avesse sentito un cattivo odore.
Per una volta, anche l'espressione di Charlotte era impenetrabile persino per lui.
"Basta così, figliolo" disse mr. Bennett in tono pacato ma inequivocabile "Penso sia il momento che tu te ne vada".
Collin si alzò in piedi, infilò la scatoletta in tasca e riprese il dispositivo dal tavolo. Nonostante non avesse idea di quale errore avesse commesso, fece come gli era stato detto e si diresse verso la porta.
La zia non sarebbe stata affatto contenta del suo fallimento.
CAPITOLO TRE
"Riesci a credere a quel che è appena successo?"
Una volta, qualcuno aveva detto a Charlotte che, quando si è in cerca di consigli, si va sempre dall'amico che sappiamo ci dirà quel che vogliamo sentire.
E lei sapeva benissimo cosa Eliza voleva sentirsi dire.
"Si, lo so" rispose.
"Voglio dire...Collin Hunsford non potrebbe mai rendermi felice. E sono sicura di essere l'ultima donna al mondo capace di rendere felice lui" continuò Eliza, camminando avanti e indietro per la camera da letto, dalla finestra alla porta e viceversa. E ad ogni giro, la folta chioma le ondeggiava sulle spalle, proprio come la coda di una cavalla che allontana le avances di uno stallone troppo insistente.
"Sì, lo so" commentò Charlotte, seduta sulla coperta rosa del letto. Gran parte della camera di Eliza era nei toni del rosa, un colore che mal si adattava a quella giovane donna del tutto priva di fronzoli. Quando Eliza aveva sentito dire che non era consigliabile che le donne dai capelli rossi si circondassero di rosa, aveva fatto l’esatto contrario. Era la sua natura.
"Ha creduto che gli stessi lanciando dei segnali? Figuriamoci...al secondo appuntamento, mi sono a malapena ricordata di mettere il lucidalabbra".
"Mmm...lo so" disse Charlotte, osservando Lefroy dalla finestra. Non le piaceva affatto il modo in cui l'animale spostava il peso da una zampa all’altra. La successiva coppia di passi fu normale, e la sua andatura sembrò stabilizzarsi. Si stava forse immaginando tutto? L’unico modo era portarlo da un veterinario. Peccato che il migliore della città fosse appena stato cacciato fuori, prima ancora di assaggiare l'arrosto.
"E' una situazione completamente irreale. Così irreale che potrebbe benissimo trattarsi di una scommessa organizzata da Darcy".
"Lo so".
"Davvero?"
I passi di Eliza si fermarono di botto. Incuriosita dal silenzio improvviso, Charlotte smise di guardare fuori dalla finestra e si voltò.
"Cosa?"
"Sai che Darcy ha scommesso con Collin riguardo al matrimonio?" le chiese l'amica, crollando sul letto al suo fianco.
Ecco, questo era l'argomento che Eliza preferiva in assoluto: gettare la colpa su Fitz Darcy. Tra i due era in corso una sorta di guerra fredda che durava da così tanto tempo che Charlotte non ricordava più come fosse iniziata.
"Non mi sembra qualcosa tipico di Darcy" disse.
"E come lo sai? Hai parlato con lui?"
"Pensavo stessimo parlando di Collin".
"Giusto". Eliza ricominciò a fare avanti e indietro "Non mi interessa quello che Darcy ha da dire".
"Lo so".
"Perfetto".
Charlotte aveva perso il filo della conversazione. Non aveva idea se stessero parlando di Collin oppure di Darcy. In ogni caso, la risposta fu la stessa.
"Lo so".
"Credeva davvero che avrei risposto sì a quella orrenda proposta".
Oh, stavano parlando di nuovo di Collin. In realtà, la proposta non era stata così orrenda. Quando aveva avuto modo di riflettere sulle sue parole, vi aveva trovato un senso. Certo, non era stata una dichiarazione romantica come Eliza avrebbe voluto, ma, in fondo, non tutte le ragazze vanno in cerca di romanticismo.
Collin aveva offerto ad Eliza ciò che Charlotte desiderava di più al mondo: una casa tutta sua. Meglio ancora, una casa all'interno di un ranch, con tanti cavalli e spazi aperti a vista d'occhio.
Sapeva che Collin intendeva trasformare Rosings Ranch in un paradiso per cavalli da corsa in pensione, ma era ovvio che, essendo lui un veterinario, avrebbe accolto qualsiasi animale avesse avuto bisogno di cure.
Per Charlotte, vivere a Rosings sarebbe stato il paradiso. Ma lui non si sarebbe mai sognato di chiedere la sua mano. Né lei si aspettava che un uomo le chiedesse di sposarlo in ginocchio. Il che non era un problema, perchè in quel momento il suo obiettivo era trovare un lavoro e assicurarsi un futuro.
"E' così sbagliato desiderare una relazione basata sulla passione?" chiese Eliza.
"Certo che no, se è questo che vuoi".
"E' quello che entrambe meritiamo. Siamo donne attraenti, intelligenti e sveglie. Abbiamo bisogno di uomini adatti a noi".
Charlotte sapeva quale risposta si aspettava l’amica. Ma, questa volta, lo so non ne volle sapere di uscire dalla sua bocca. Non un solo uomo, o ragazzo, di quella città si era mai degnato di rivolgerle una seconda occhiata.
"E’ stato tutto così bizzarro” continuò Eliza “Sono ancora convinta che Collin non facesse sul serio e che sia stato tutto frutto di una scommessa. Probabilmente, in questo momento, lui e Darcy stanno ridendo come matti".
Charlotte non pensava che Collin stesse ridendo. Aveva notato la confusione e l'imbarazzo sul suo volto per essere stato rifiutato. Quel poverino faceva sul serio. Anche se Charlotte non riusciva proprio a capire perchè avesse scelto Eliza.
Bugia.
Charlotte sapeva esattamente perchè qualsiasi uomo avrebbe scelto l'amica. Lei possedeva tutte le qualità che aveva elencato poco prima, e inoltre era la ragazza più bella della città, eclissata solo dal fascino etereo della sorella maggiore Jane. Ma Eliza era più intelligente e spiritosa.
Charlotte la adorava per tutte quelle ragioni, sebbene non avesse mai capito perchè Eliza avesse scelto proprio lei come confidente. Forse perchè era esattamente l'opposto? Non glielo aveva mai chiesto e nemmeno voleva saperlo. Era semplicemente felice di avere un'amica del genere.
"Vedremo Darcy domani, quando gli porteremo Lefroy per gli esami pre-gara" disse Charlotte.
Eliza sollevò gli occhi al cielo, spingendosi i capelli dietro la spalla. Un gesto che Charlotte aveva visto fare alle giumente quando volevano attirare l'attenzione di un particolare stallone. Mmm....
Forse, Collin aveva interpretato bene quel segnale. Solo che non era destinato a lui.
"A proposito delle gare di Pemberley..." continuò Charlotte "...volevo parlare con tuo padre del posto di addestratore".
"Oh, aspetta di incontrare Charlie".
"Charlie?"
"La nuova addestratrice. Papà ha finalmente capito che siamo nel ventunesimo secolo e ha assunto una donna, pensa un po'. Arriverà la prossima settimana, in tempo per le gare. Sono sicura che ti piacerà".
Charlotte si schiarì la gola, lottando per nascondere la delusione. Aveva perso il posto senza essersi nemmeno proposta. Guardò fuori dalla finestra, verso il cottage illuminato dai raggi del sole morente. Per la prima volta, notò che al tetto mancavano alcune tegole, la vernice era scrostata in qualche punto e tra l'erba c'era della sporcizia. Tuttavia, le sembrava mille volte migliore del freddo appartamento che negli ultimi due decenni era stata la sua casa.
"Vado a prendere una vaschetta di gelato" dichiarò Eliza "Dio sa quanto ne abbia bisogno, dopo quella terribile proposta. Resterai qui, stanotte?"
Ancora incapace di parlare per la delusione, Charlotte annuì.
Avrebbe passato la notte al ranch, ma al mattino dopo, come sempre, qualcuno l'avrebbe riportata dalla zia, in quella casa fredda, silenziosa e angusta dove nessuno l'aveva mai voluta.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra, questa volta non verso il cottage, ma verso il box che ospitava Lefroy, il cavallo sul quale aveva imparato a cavalcare.
"Porterò Lefroy a fare un giro veloce, prima di andare a dormire".
CAPITOLO QUATTRO
Collin strinse le mani intorno alle redini. Una mossa che segnalò allo stallone che stava per succedere qualcosa, qualcosa di cui sia l'uomo sia la bestia avevano bisogno: una galoppata sfrenata che li portasse il più lontano possibile.
Sollevandosi leggermente sulle staffe, Collin premette i polpacci contro i fianchi del cavallo, che recepì immediatamente il segnale e partì al galoppo. Il vento che gli sferzava i capelli e l'aria fresca sul viso lo aiutarono a schiarirsi la mente. Solo un pensiero si intromise, un pensiero benvenuto: Collin desiderò che tutte le creature potessero comunicare con la stessa chiarezza di un uomo e il suo cavallo.
Collin avrebbe voluto galoppare così per sempre, ma i cavalli non erano macchine ed erano in grado di mantenere quel ritmo solo per poche miglia. Così, segnalò a Equus di rallentare. Purtroppo, quando la corsa del cavallo divenne un piccolo trotto, i pensieri tornarono ad affollare la sua testa.
Era andato così vicino ad accontentare le richieste di zia Catherine, e invece, poiché Eliza aveva rifiutato la sua più che logica proposta, era punto e accapo. Collin odiava giocare. Odiava in particolar modo i giochi di probabilità e soprattutto quando si trattava di mettere in campo la propria vita e quella degli animali
. Sfortunatamente, l'unico modo per riequilibrare le finanze e realizzare quello che aveva in mente per il ranch era mettere le mani sull'eredità. La stessa eredità che avrebbe ottenuto a condizione che si sposasse prima che il laccio che la madre aveva legato intorno alla borsa si stringesse. Persino dalla tomba, sua madre stava continuando a tentare di inserire in società quel figlio scontroso. Da bambino, e anche adesso che era un uomo, le uniche creature con le quali Collin si relazionava avevano tutte quattro zampe e una scarsa conoscenza della lingua inglese.
All'improvviso, Equus, uno dei cavalli meglio addestrati che Collin aveva nelle scuderie, si impennò, apparentemente senza motivo. Poi, proprio dietro una curva, vide Lefroy fare la stessa cosa.
Collin si destreggiò per restare in sella. Chiunque dei Bennetts stesse cavalcando Lefroy, non doveva essersela cavata altrettanto bene.
Grande. Questo, probabilmente, si sarebbe aggiunto alla lista di gelide bocciature che i Bennett avevano cominciato ad enumerare quella sera. Almeno, Collin sapeva che le regole sociali prevedevano che si occupasse prima della persona a terra e poi del cavallo. Quando smontò e si avvicinò al malcapitato, notò delle curve femminili. Non vide capelli rossi, ma del colore del terreno fertile che si ammucchiava intorno ai fili d'erba.
"Charlotte?"
Una smorfia di dolore sul viso, Charlotte Lee si mise faticosamente seduta. Collin le si inginocchiò accanto: durante l’addestramento, gli avevano insegnato che la prima cosa da fare in questi casi era controllare il sistema cardiocircolatorio, così posò l'orecchio sul petto della ragazza.
"Ehi!" esclamò lei, schiaffeggiandolo su un lato della testa "Cosa pensi di fare?"
"Controllo il tuo cuore".
Charlotte si irrigidì, il corpo completamente immobile. Il tonfo del suo petto contro il viso di lui sembrò raggiungere la stessa velocità alla quale aveva corso Equus pochi istanti prima. Era sana e salva, ma c'erano ancora da controllare le ossa. Cominciò a tastarle la caviglia destra. Usando una leggera pressione, si mise alla ricerca di un segnale qualsiasi di sofferenza. Quando arrivò al ginocchio, lei lo calciò via, colpendolo quasi sotto la fibbia della cintura.
"Basta così!" esclamò "Hai appena chiesto la mano della mia migliore amica".
Il cuore era a posto. E non sembrava avere qualche osso rotto. Ma Collin non era altrettanto sicuro delle facoltà mentali di Charlotte: cosa c'entrava la proposta con il suo esame?
"Non credevo ti piacessero due alla volta, Collin Hunsford".
Due alla volta? Due cosa?
Collin considerò la situazione. Era chino su Charlotte e, se fosse passato qualcuno, li avrebbe creduti due amanti che litigavano.
"Oh" fece, quando tutto gli fu improvvisamente chiaro "No, certo che no. Non farei mai un'avance sessuale nei tuoi confronti".
Le narici frementi, Charlotte sollevò il mento e serrò le labbra. Era arrabbiata, su questo non c'era dubbio.
"Voglio dire...sei una donna attraente, molto ben proporzionata" si affrettò a precisare Collin, inclinando la testa per esaminarle il busto, poi la vita e infine i fianchi. Sua madre avrebbe detto che aveva fianchi perfetti per generare un figlio. Un altro complimento che le donne non apprezzavano granchè.
"Guarda su" disse Charlotte, schioccando le dita.
Collin sollevò lo sguardo sul suo volto. Il centro delle sue pupille era color nocciola. Proprio come quello dei cavalli, sebbene le profondità marroni di Charlotte non fossero altrettanto insondabili. I suoi occhi brillavano come se un fiammifero fosse stato acceso dall'interno. Quello scintillio lo intrigò, tuttavia, poichè gli avevano insegnato che fissare non era educato, distolse lo sguardo.
"Sei una donna molto piacevole da guardare, ma non ho intenzione di provarci con te. Voglio solo assicurarmi che tu non abbia qualche osso rotto o che non ti sia slogata qualche giuntura nella caduta. Quindi...posso toccare il tuo corpo non per piacere ma perchè sono un dottore?"
Lei si accigliò ulteriormente, ma annuì. Collin avrebbe voluto chiederle quale parte del suo discorso l'avesse offesa, poi pensò che probabilmente non aveva niente a che fare con lui ma era l'effetto della caduta.
Tastò il polpaccio sinistro, senza riscontrare nessun problema. Quando invece premette il palmo alla base della colonna vertebrale, la sentì sussultare.
"Ti fa male?"
"No, sto bene. Posso camminare" rispose Charlotte, serrando le labbra ed evitando di incontrare il suo sguardo. Quando ignorò la mano che lui le stava porgendo per aiutarla a rialzarsi, Collin si limitò ad assicurarsi che riuscisse a rimettersi in piedi da sola. Dopodiché, rivolse la propria attenzione al cavallo.
Lefroy era un po' più in là, che pascolava con Equus, e spostava continuamente il peso da una zampa all'altra.
"Ha qualcosa che non va. Mi piacerebbe dargli un'occhiata".
"Sì...bè...non spetta a me darti il permesso" disse Charlotte "Non sono la sua addestratrice".
Collin percepì qualcosa nella sua voce, ma non capì cosa. Lei stava cercando di nascondere le sue emozioni, sebbene fosse quasi certo di riconoscere la tristezza. Era normale, pensò, perché anche Charlotte, come lui, amava i cavalli e probabilmente era preoccupata per la salute di Lefroy. Doveva anche dolerle la gamba destra, a giudicare dall'andatura zoppicante.
"Non puoi sforzare quella gamba e Lefroy non è in grado di sopportare il tuo peso. Ti riporterò io a casa".
"Dai Bennett? No, non puoi".
"E perchè? Sono stato bandito?"
"Certo che no" rispose lei, ma non sembrava convinta.
Neanche lui lo era. L'unica cosa certa era che Eliza non aveva alcun interesse a rivederlo, a giudicare dalla sua espressione corrucciata e dal tono di voce con cui aveva parlato. Eppure, Collin non aveva ancora capito dove avesse sbagliato.
Poi, c’era mr. Bennett che, pur avendo parlato in tono basso e tranquillo, lo aveva cacciato di casa. A volte, comunicare confondeva terribilmente Collin. Adesso persino Charlotte, le cui espressioni erano sempre state un libro aperto, stava tentando di mascherare le proprie emozioni.
Poi, quegli occhi scuri incontrarono quelli di Collin, andando oltre lo strato protettivo, come se volessero scrutarlo in profondità.
"Non sei imbarazzato?" gli chiese.
Imbarazzato dal rifiuto di Eliza? No, dal momento che nessuno aveva riso di lui. Piuttosto si sentiva irritato perchè gli toccava mettersi alla ricerca di un'altra donna. Dubitava che un’altra delle altre sorelle Bennett potesse accettare la sua proposta.
Aveva pensato di cercare online una donna compatibile. Molti siti di incontri ricorrevano agli algoritmi per verificare l’idoneità tra due persone. Tuttavia, avrebbe dovuto vagliare le potenziali candidate e poi fissare almeno due appuntamenti. Collin aveva sperato di poter sistemare il suo ranch prima dell’inizio delle gare di Pemberley, in modo da poter pubblicizzare i suoi servizi ai concorrenti e ai proprietari dei cavalli. Mancava solo una settimana.
A quel punto, la sua sembrava un'impresa impossibile, il che significava dover aspettare un altro anno perchè la sua attività decollasse. E, nel frattempo, aveva altri animali da curare e pochi fondi a disposizione. Collin non aveva mai abbandonato animali che avevano bisogno di cure. In quei giorni, in pratica, era lui a pagare i proprietari per occuparsi delle loro bestie. Non riusciva proprio a dire di no quando si trattava di creature che avevano problemi a comunicare le proprie sofferenze.
Così come non voleva abbandonare al loro destino le due creature che aveva davanti, Charlotte e Lefroy, che sembravano non curarsi delle ferite che probabilmente avevano riportato. Si mise subito al lavoro.
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