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Nel Letto Dell'Alfa
Cassie serrò le mascelle. “Non sta a te la scelta.”
“Col cavolo che non sta a me.” Luke voleva alzarsi e camminare, ma rimase seduto. “Sei sul mio territorio, Cass. Pensi che semplicemente lascerò che una strega ti uccida?”
“Sto morendo comunque!” Avrebbe dovuto essere un urlo, ma le uscì solo una rauca tosse. “Le mute arrivano sempre più velocemente. Non so quanto ancora potrò resistere.”
Il dolore senza speranza nella sua voce trafisse Luke nel profondo. Voleva qualcosa da poter combattere, un modo per farla stare meglio. Invece era bloccato lì, a riporre in una strega che conosceva a malapena le sue speranze di aiutare la sorella e di salvare la sua gente.
Prima che potesse dire altro, fu Mel a parlare. “Le persone che le hanno fatto tutto questo si sono fatte vedere? Se vogliono qualcosa da te, probabilmente in cambio revocheranno la maledizione.”
Luke avrebbe voluto raccontarle tutto, gettare la prudenza alle ortiche e chiederle un parere ancor prima di riportare la questione ai suoi fidati consiglieri nel branco. Ma non poteva. Aveva una responsabilità nei confronti della sua gente, e prima di ogni altra cosa non poteva svelare informazioni riservate a una persona che era stata sua nemica fino a poco tempo prima.
O, se non proprio una nemica, Mel era stata come minimo una sua avversaria.
Quindi praticamente non le rispose. “Se anche fosse, perché dovrei crederci?” Si rivolse a Cassie. “Sei sicura di fidarti di Krista fino a questo punto?”
Cassie annuì gravemente. “Sì.”
Allora avrebbe rispettato la decisione di sua sorella. Fino a un certo punto. Guardò Krista, lasciando che dai suoi occhi trasparisse giusto un po’ del suo leone interiore. Lei gli tenne testa, doveva dargliene atto. “Se muore...” La strega annuì prima che lui potesse finire di pronunciare la sua minaccia.
“Capito.”
3
Capitolo Tre
Mel lasciò la stanza prima che Krista cominciasse a lavorare su Cassie. Sia Maya che Luke rimasero indietro, cosa che la fece sentire un po’ in colpa, avendo di fatto abbandonato la sua socia in mezzo a leoni potenzialmente ostili. Ma in quella stanza sentiva un’energia magica così potente da risultare eccessiva per lei, e allontanandosi ne sentiva alleggerirsi il peso sulle spalle ad ogni passo. Non tutti i mutaforma potevano percepire la magia. In realtà, la maggior parte non ci riusciva. Ma Mel aveva avuto a che fare con le streghe da quando aveva otto anni, e anche se non sarebbe mai stata in grado di praticare la magia lei stessa, aveva appreso la capacità di percepirla.
Arrivò in camera sua e tirò fuori il diamante da sotto la camicetta. Raccolse nella mano la catenina d’argento, resa tiepida dal calore della sua pelle. Rigirò la gemma fra due dita. Sembrava non esserci nulla di magico, non c’erano segni particolari, ma nelle mani di una strega sufficientemente potente quella pietra poteva essere usata per rintracciare Ava. Avrebbe puntato su di lei finché Mel non l’avesse trovata e sconfitta una volta per tutte.
Era quella l’unica ragione per cui era rimasta nei paraggi della tenuta di Luke da quando erano tornati dal Messico.
Non era forse così?
Prese la borsa e infilò la collana in una tasca nascosta. Per quanto riguardava la sicurezza, non era a un livello accettabile già in normali circostanze. Ma non aveva altro posto in cui nascondere il diamante a meno di non indossarlo sempre, e se Krista l’avesse visto si sarebbe chiesta perché Mel non avesse fatto le valigie e non se ne fosse andata nell’istante in cui Luke le aveva fatto penzolare la pietra davanti al naso.
Mel spinse la borsa sotto il letto e saltò sul materasso appena in tempo per vedere Krista entrare zoppicando. La strega era coperta da un velo luccicante di sudore e la sua pelle solitamente ambrata era quasi pallida. Sembrava che non dormisse da tre settimane.
“Ha funzionato?” chiese Mel. Non aveva sentito alcun grido, il che sembrava un progresso, ma non si poteva mai dire.
Krista appoggiò la schiena alla porta e si lasciò scivolare lentamente sul pavimento. Atterrò con un piccolo tonfo e avvicinò le gambe al petto posando la testa sulle ginocchia. “Credo di sì. La ragazza ha tenuto duro. Maya farà venire a controllarla uno dei membri anziani del branco. Penso che se non si trasformerà nelle prossime dodici ore avrà ripreso abbastanza il controllo da sopravvivere fino a...” Non terminò la frase. Non ce n’era bisogno.
“Ottimo, sono contenta che stia bene.” Mel non aveva intenzione di preoccuparsi di cosa potesse succedere a quel punto. Avevano fermato la minaccia immediata, il che era tutto ciò che potevano fare in quel momento. “Sei riuscita a capire chi ha lanciato la maledizione?” Mel era abituata a non sapere per chi lavorava, ma non sopportava di non conoscere i suoi nemici.
La voce di Krista le arrivava attutita dalla gamba su cui si era appoggiata e Mel riusciva a malapena a vederla scuotere la testa. “No, ho dovuto interrompere la ricerca dopo che Cassie ha cominciato la serie di mute.”
“Non ne hai neanche una vaga idea?” Le maledizioni erano cose strane. Quasi ogni strega poteva lanciarne una, ma farlo senza lasciare una chiara traccia della connessione fra chi esegue e chi subisce faceva pensare a qualcuno di davvero capace e molto potente. Poche streghe sceglievano di usarle, proprio perché creavano un legame che poteva essere manipolato e ritorcersi contro loro stesse. La maggior parte le vedeva come un rischio troppo grande da correre.
“Un nome mi viene in mente.” Krista si alzò lentamente e si diresse verso la sua branda. La stanza originariamente non era stata pensata per ospitare due persone e Mel aveva reclamato il letto non appena era entrata. Così a Krista era rimasta la branda improvvisata che a suo dire era davvero molto comoda. Mel aveva cercato di offrirle il letto dopo che Krista era stata ferita, ma la strega non ne aveva voluto sapere. “Ma se fosse lei,” continuò, “sarebbe una coincidenza troppo grande.”
“Ava.” Quel nome riempì Mel di rabbia e di determinazione. Se era stata lei a lanciare la maledizione su Cassie, allora a Mel non sarebbe servita la pietra con la catenina da tenere al collo. Ci sarebbe stato un intero branco di leoni a darle la caccia, e non sarebbe passato molto tempo prima che la trovassero. Ma non si trattava solo di Cassie. Ava aveva sterminato la famiglia di Mel, il suo intero branco, quando lei era solo una bambina. Mel aveva fatto della vendetta contro la strega l’obiettivo della sua vita, e non era mai stata così vicina a raggiungerlo.
“O qualcuno a cui lei ha insegnato. Non riesco a immaginare nessuna delle grandi congreghe che l’avrebbe fatto.” Tutto si riduceva alla politica. Ava non controllava ufficialmente nessun territorio e non era affiliata a nessuna congrega. Tutto ciò di cui rivendicava la proprietà veniva ceduto non appena otteneva ciò che voleva. “Ma,” continuò Krista, “anche se fosse lei, vogliamo davvero combatterla qui? Ora?” Indicò con un gesto la sua ferita. “Non sono esattamente in forma smagliante, e non conosciamo questa gente.”
“Stai seriamente suggerendo di scartare potenziali alleati? Non è che ci sia esattamente una folla, là fuori, pronta a darle la caccia.” Nessuno che conoscesse Ava la osteggiava a lungo. La linea d’azione migliore per combatterla era evitarla.
“Queste persone erano i nostri nemici fino a due settimane fa. Non credi che si rivolteranno contro di noi non appena ne avranno l’occasione?” C’era una veemenza inaspettata nelle parole di Krista. “Non c’è niente per noi qui, Mel. Probabilmente dovremmo considerare di fare i bagagli prima che il loro territorio vada a fuoco.”
Mel non rispose. Non poteva litigare con Krista, soprattutto dal momento che verosimilmente aveva ragione. Lasciò la strega a se stessa e si diresse fuori, determinata a sfogare un po’ dell’energia che le bruciava dentro.
Lungo il tragitto vide Maya che scendeva le scale con un vassoio pieno di zuppa fumante. La leonessa non disse nulla e lei restituì il favore. Maya non sembrava essere di buon umore e Mel non aveva alcun desiderio di contrariarla. Non ancora.
Le parole di Krista la assillavano. Non era mai stata così pronta a fidarsi, così veloce ad offrire la sua lealtà. Eppure, quando si trattava di Luke Torres, Mel aveva paura di scoprire fino a che punto sarebbe arrivata esattamente. Il tradimento era fuori questione. Il solo pensiero la faceva star male e non poteva nemmeno prendere in considerazione la possibilità che lui le si rivoltasse contro. Semplicemente non sapeva se poteva rimanere e sperare per il meglio. Lui era un alfa, lei una ladra senza branco. I loro mondi non si incontravano.
Mai.
Si ritrovò fuori, nel giardino di Luke. Un breve tratto di prato ben curato terminava bruscamente nella fitta foresta del Colorado. Si incamminò fra gli alberi, e una volta al riparo si spogliò dei vestiti e si chinò per cambiare forma. Le ci volle un po’ di tempo. Le sue mute complete non erano niente di speciale, non erano più dolorose dopo anni di pratica, ma ci voleva più di un minuto per passare da donna a leopardo.
Una volta completata la trasformazione si stiracchiò, lasciando che i lunghi artigli scavassero nella terra morbida. La smaterializzazione della sua forma umana e la ricomposizione in forma animale erano una bella sensazione. Percepiva ogni muscolo del suo corpo felino e la forza racchiusa nelle sue linee flessuose e letali. Non c’era niente di meglio. Nemmeno l’ebbrezza del furto.
Si mise a correre, lasciando che il vento la guidasse attraverso la foresta, schivando gli alberi e arrampicandosi. Continuò senza mai fermarsi così a lungo da perdere la cognizione del tempo. Non che per lei fosse importante, in quella forma. Un leopardo non aveva bisogno di orologi.
Dopo un’eternità, o forse solo un secondo, sentì un odore delizioso, felino come il suo ma diverso, maschile e che sapeva di savana invece che di giungla. Un leone. Il suo leone. Era uscito per giocare, e per il momento avrebbe avuto occhi solo per lui.
4
Capitolo Quattro
A Luke venne quasi da vomitare guardando Krista lavorare su Cassie. Non aveva mai visto la strega all’opera, non ne aveva mai vista lavorare nessuna in realtà e a quel punto sarebbe stato felice se non avesse mai più dovuto osservare gli effetti di un incantesimo su qualcun altro. Cassie si era agitata e contorta, urlando e pregandoli di smettere. Krista tuttavia li aveva avvertiti che la ragazza lo avrebbe fatto e che se non avessero proseguito in fin dei conti l’avrebbero solo danneggiata di più.
Luke aveva desiderato fermarla, ma Cassie voleva che Krista lanciasse l’incantesimo... Così, nonostante il dolore, non l’aveva interrotta e aveva trattenuto Maya dall’intervenire.
Forse Mel aveva avuto l’idea giusta. Era fuggita prima che quell’indefinibile tanfo di magia si diffondesse nella stanza, e non sapeva dove fosse andata. Forse era tornata in camera sua, o forse gli stava svaligiando l’intera casa. Ora che era tornata in possesso della pietra per cui era venuta poteva semplicemente andarsene, avendo raggiunto il suo unico obiettivo nel lavorare con lui. Era stata una mossa stupida, lo sapeva, ma ciò non lo aveva fermato.
Quando l’alfa decideva qualcosa, andava fino in fondo. Era la risolutezza a permettergli di rimanere a capo del branco.
Quindici minuti dopo il suo inizio, la magia si interruppe. Le urla di Cassie si spensero e l’unico suono nella stanza rimase il respiro affannoso di Krista.
Luke studiò la sorella. Il sudore le incollava i capelli biondi al viso e lei respirava profondamente, col petto che si sollevava teso ad ogni inspirazione. Era viva, incosciente ma viva. Rivolse lo sguardo su Krista. La sua pelle color miele era pallida, ed era coperta di sudore come la sorella. Sembrava che, per quanto impossibile, avesse perso due chili in altrettanti minuti. Appariva prosciugata, esausta, in condizioni terribili.
“È fatta, Alfa,” disse la strega, con uno sguardo duro come l’acciaio negli occhi castani. “È viva.”
Luke non aveva più energie per le minacce. Cassie era viva, era l’unica cosa che contasse. Avrebbero risolto il resto in mattinata. “Grazie,” le disse, e lasciò la stanza. Krista lo seguì e barcollò lungo il corridoio fino all’alloggio che divideva con Mel.
Maya uscì per ultima. “Farò venire Ginny a stare con lei.” Guardò Krista allontanarsi. “Ha rischiato la vita per salvare Cassie.”
Maya gli stava nascondendo qualcosa, ma lui si fidava di lei anche se aveva dei segreti. “L’ho ringraziata. Lei e Mel sono mie ospiti.” Proprio in quel momento Luke prese una decisione che avrebbe potuto essere anche peggio dell’aver restituito alla ladra la sua pietra, se si fosse sbagliato. “Libero Mel da ogni obbligo per i suoi crimini e per quelli dei suoi soci.”
Se ne andò prima che Maya potesse fare domande. Aveva bisogno di correre.
Uscire dalla sua stessa casa senza essere fermato non avrebbe dovuto essere un compito così difficile, ma fra vampiri, streghe e ladri ovunque, lui e i suoi leoni erano in costante e piena allerta. Eppure Luke aveva scelto il momento giusto e arrivò quindi alla foresta senza contrattempi. Si chiese se Mel si sentisse così, quando si introduceva nelle case di estranei nel cuore della notte per rubare le loro cose.
Sperava che provasse un po’ più di un semplice fastidio durante quelle incursioni. Un misto di paura ed eccitazione, la stessa sensazione che si era impossessata di lui durante la loro spedizione in Messico. Se non fosse stato per Inicio Nunca, i suoi ricordi sarebbero stati più piacevoli. Quell’uomo aveva ucciso il padre di Luke più di vent’anni prima. Per una buona riuscita della missione, lui e Mel l’avevano lasciato vivere. Un giorno, Luke gli avrebbe dato la caccia e si sarebbe vendicato. Ma non sarebbe successo quel giorno. Non sarebbe successo nemmeno molto presto.
Si spogliò dei vestiti e si accovacciò per la muta. Ma ancor prima del fremito iniziale della trasformazione, si bloccò. Non era solo in quei boschi. La sua ladra lo stava osservando. Aspettava.
Era un atto intimo trasformarsi davanti ad un’altra persona, ma sapere che Mel lo stava osservando non lo fermò. La muta fu rapida, come sempre. Un attimo prima era un uomo accovacciato a terra nella foresta, e neanche dieci secondi dopo al suo posto c’era un leone gigantesco, fatto più per le vaste distese dell’Africa subsahariana che per le foreste e le montagne nel bel mezzo degli Stati Uniti.
Eppure non c’era nessun altro posto dove avrebbe preferito essere in quel momento. Soprattutto non dopo che un magnifico leopardo era sgusciato fuori da un gruppo di alberi incrociando il suo cammino. Lei si avvicinò, sfiorando con la coda la sua criniera e lanciandosi poi in volata prima che lui potesse fermarla.
Luke non ruggì. Quella non era una sfida per il suo branco, era una cosa personale e lui non era disposto a condividere la sua compagna con nessuno. Né ora, né mai. Prima lei se ne fosse resa conto, meglio sarebbe stato.
La inseguì, spaventando una lepre nella boscaglia. Non era quella il suo obiettivo, non gli interessava, non ancora. La sua preda non era neanche lontanamente così spaurita. Dopo diversi minuti che correva senza vederla si rese conto che forse era lui, non Mel, la preda. Se pensava che lui l’avrebbe tollerato, la ladra si sbagliava di grosso.
Si immobilizzò, ascoltando il silenzio della foresta. Già un’altra volta l’aveva inseguita, ma sembrava passata una vita intera. In quel momento non c’era rabbia in lui, non nei suoi confronti. Sentì un ramo spezzarsi davanti a sé e fu sul punto di lanciarsi nuovamente, ma all’ultimo momento si fermò. La sua ladra era furba. Non si sarebbe fatta catturare in un modo così banale.
Avanzò lentamente, appiattendosi sul terreno. L’odore di Mel era dappertutto e permeava i boschi intorno a lui. Riuscì a identificare una traccia, ma scoprì che girava in tondo per poi allontanarsi in ogni direzione. Non era la prima volta che lei correva in quella foresta. Trovò una traccia più fresca e la seguì, con tutti i sensi all’erta.
In qualche modo Mel si era nascosta. Gli sembrò di percorrere chilometri, e ancora non la vedeva.
Era su un albero. Se ne accorse un attimo troppo tardi, quando lei gli piombò addosso dall’alto, colpendolo giocosamente su un fianco prima di ripartire in corsa. Questa volta Luke era in vantaggio. Era più grosso, più veloce e conosceva ogni angolo di quella foresta.
Coprì la distanza che li separava in lunghe falcate, le sue zampe macinavano terreno sotto di lui come se niente fosse. Alla fine fece un balzo, atterrando sulla schiena di Mel e immobilizzandola a terra. Lei lottò per un po’ e poi si arrese. La morse alla base del collo, non per ferirla, ma solo per dimostrarle che l’aveva catturata.
Poi corsero insieme, inseguendo altri animali nella foresta e gareggiando fra loro. Continuarono a lungo e Luke si sentì felice come non lo era mai stato da prima del loro primo incontro. Il pensiero delle sue responsabilità si ritirò in un recesso della sua mente e lui si concentrò solo sul concedersi quel tempo insieme a Mel.
Le mostrò un angolino erboso dove poterono sdraiarsi insieme; i loro corpi avevano bisogno di riposo. Posò una zampa sulla sagoma felina di Mel e sentì il suo respiro appianarsi e rilassarsi. Per una volta tutto sembrò perfetto, e si permise di dormire.
Mel si risvegliò in forma umana e rimase un po’ sconcertata dalla gigantesca zampa del leone appoggiata sul suo ventre nudo. Sentiva sulle costole il peso di quell’arto enorme ma fu cauta nel liberarsene. Lui non le avrebbe fatto del male di proposito, ma era addormentato e avrebbe potuto agire d’istinto, sventrandola prima di capire cosa stesse facendo.
Si mosse lentamente, sollevando la zampa di qualche centimetro finché non ebbe abbastanza spazio per girarsi e allontanarsi dalla portata dei suoi artigli. O almeno avrebbe avuto abbastanza spazio se lui non avesse cambiato posizione un secondo prima che lei si muovesse, schiacciandola di nuovo sotto il suo peso. Mel si lasciò sfuggire una risatina.
Il lato positivo era che la zampa di lui non era più sul suo stomaco e poteva quindi provare a svegliarlo senza rischiare ferite troppo gravi. Strofinò la testa sulla sua criniera, affondando nel calore della sua pelliccia. Si sentiva bene nonostante il freddo della sera; era meglio di una coperta gigante.
Luke ebbe un fremito accanto a lei, il pelo cominciò a ritrarsi e la sua sagoma si ridusse fino a quella di un uomo di normali dimensioni. Un uomo normale, nudo. Lui la tirò vicino a sé con braccia ormai umane e Mel si ritrovò alle prese con un problema di tipo completamente diverso.
Luke le tracciò un percorso di baci sul collo e sul profilo della mascella. “Ciao,” disse. “Dormito bene?”
“Mmm.” Lei non aveva voglia di parlare, non quando la bocca di lui poteva essere usata in modi di gran lunga migliori. Piegò la testa e catturò le labbra di Luke con le proprie, facendo guizzare la lingua nella sua bocca. Sì, così andava meglio, molto meglio. Perché si era trattenuta dal toccarlo? Sentiva che era troppo giusto, per non farlo.
Rimasero per un po’ a baciarsi, avvinghiati, prima che Mel cominciasse ad esplorare con le mani i pettorali tesi sul torace di Luke. Quell’uomo era fatto di muscoli possenti e definiti al punto che avrebbe potuto sollevare una macchina sopra la testa. Beh, avrebbe potuto farlo se si prendeva in considerazione anche la forza di un mutaforma.
Le mani di lei scesero sempre più in basso, sfiorando la prova dell’eccitazione di Luke.
Lui si rigirò e la immobilizzò sotto di sé sul terreno. In un’altra occasione lei avrebbe potuto protestare, ma in quel momento sembrava giusto così. Non si trattava di dominio, ma di contatto, di piacere. Lui interruppe il bacio, sorridendole.
“Sei bellissima,” le disse, con gli occhi accesi e il sorriso sulle labbra. “Non ho mai desiderato nessuna più di quanto desideri te.”
Una parte di Mel provò l’istinto di difendersi da quello sguardo. Se ne sentiva invasa, come se le stesse cambiando qualcosa nel profondo. Era una follia. Doveva essere un momento piacevole, niente di più. Due adulti che si scaricano un po’. Così gli restituì il sorriso e si disse che non era niente di serio. “Allora dimostramelo,” gli disse.
Sopra di lei, Luke si abbassò e le prese in bocca un capezzolo, passandoci intorno la lingua. Continuò a stuzzicarlo, fino a lasciare il segno. Mel gemette e affondò le dita fra i suoi capelli. Era una bella sensazione. Davvero bella. Di certo lui sapeva come usare la lingua. Gli passò una gamba attorno al fianco, aprendosi per lui.
Lo voleva dentro di sé, con forza e in profondità.
Lui non raccolse l’invito, continuando invece con soddisfazione a giocare con i suoi seni. Non che lei se ne lamentasse. Faceva quasi le fusa per il piacere. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che si era concessa momenti come quello.
Se doveva essere onesta, non si era mai sentita così.
Ma Mel raramente era onesta.
Luke si allontanò dai suoi seni, scendendo a baciarle il ventre e poi giù per una gamba, soffermandosi fra le cosce. Mel si spostò un po’ e sentì l’erba sotto di sé. Un altro piccolo movimento e si sentì pungere da qualcosa.
Scattò in piedi, urtando Luke mentre si alzava.
Lui cadde all’indietro e la guardò mentre lei si dava qualche manata sul sedere per togliere terra ed erba, lanciando poi fra gli alberi un grosso pezzo di corteccia. “Che roba è?” chiese lui, con la preoccupazione in volto.
Mel guardò la terra che le era rimasta fra le dita e poi si rivolse nuovamente a Luke. L’eccitazione scorreva ancora calda dentro di lei, ma l’ambientazione l’aveva un po’ soffocata. “Quando faremo sesso sarà in un letto,” disse. “O sul pavimento, o su un tavolo, non mi interessa granché, basta che non abbia della corteccia conficcata nelle chiappe.” Gli spazi aperti esercitavano un certo fascino su alcune persone e Mel amava correre quando si trasformava in leopardo. Ma quando tornava alla sua forma umana, era il tipo di donna che preferiva cose più raffinate. Come le coperte e i pavimenti. E niente corteccia.
Luke si guardò intorno e sembrò realizzare solo allora dove si trovavano. Esplose in una fragorosa risata. “Ce l’ho, un letto,” disse. Suonò come una promessa.
Si alzò e le tese una mano. Mel la prese e gli diede un rapido bacio sulle labbra. Non si vergognava della sua nudità. Era un fatto naturale nella vita e a lei piaceva il suo corpo. Mentre si incamminava per tornare al luogo dove aveva lasciato i vestiti, con Luke che la seguiva, sentiva lo sguardo di lui fisso sul suo sedere ondeggiante.
Era contenta che anche a lui piacesse il suo corpo.
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