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Danza, Angelo Mio
Danza, Angelo Mio

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Danza, Angelo Mio

Язык: Итальянский
Год издания: 2020
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Virginie T.

Danza, Angelo Mio

Danza, angelo mioI de gli angeli cadutiVirginie T

Caitlyn è la prima ballerina dell`American Ballet Theater di New York da qualche anno. Solitaria e chiusa in se stessa, la sua vita gira intorno alla danza e la sua più grande fan altro non è che sua nonna. Tutto vacilla quando qualcuno inizia a perseguitarla. Chi può essere e a quale scopo? Sua nonna è pronta a tutto per proteggerla, persino a farle incrociare la strada del suo misterioso vicino Baraqiel

Danza, angelo mio
Gli angeli caduti libro 1
Virginie T
Tradotto da Valentina Giglio
© 2020. T. Virginie

Capitolo 1

Caitlyn

Poiché ballo da molto tempo, non dovrei più essere così stressata. Dopotutto, le prove si svolgono sempre allo stesso modo ed ho già ottenuto il ruolo principale, come le cinque volte precedenti. Non a caso mi definiscono la stella nascente dell'American Ballet Theater e sono ben lontana dall'aver rubato il mio posto. Ho lottato ed ho fatto degli enormi sacrifici per arrivare fin qui. La danza è parte integrante della mia vita, del mio essere ed è fuori questione che io permetta alle recenti circostanze di impedirmi di essere me stessa. Chiudo gli occhi, faccio il vuoto intorno a me e mi ricordo delle tappe principali che mi hanno condotta a questo istante.

Sono arrivata a New York quando ero molto giovane, grazie al mio professore di danza del tempo e alla sua costante insistenza davanti ai miei genitori. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza per il futuro che mi ha permesso di avere. Ricordo ancora le vessazioni che ha fatto subire ai miei genitori. Mason Jaz è una persona molto determinata, questo è il minimo che si possa dire e teneva molto al mio successo. Ho iniziato con la danza classica, come molte bambine di quattro anni, spinta da mia madre che sperava di incanalare in quel modo il mio eccesso di energia, permettendomi nello stesso tempo di aprirmi al mondo e alle persone che mi circondavano. Dall'alto del mio metro d'altezza, ero una bambina molto chiusa, alla ricerca di uno sfogo per quel turbine di emozioni che covavano dentro di me e che non riuscivo a comprendere. Tutto era fonte di conflitti interiori, di stress, fino alle crisi di panico. Per questo motivo, avevo scelto ben presto di parlare molto poco e di tenermi lontana da qualsiasi rapporto sociale. Un medico mi aveva diagnosticato una forma di autismo abbastanza leggera, che mi avrebbe permesso di avere una vita quasi normale e delle capacità intellettuali nella media, ma abbastanza sviluppata da rendere le relazioni umane un vero problema per me. All'epoca, ciò non aveva alcun significato per una bambina piccola come me, eccetto che ero diversa dagli altri bambini e non avevo bisogno di quel signore in camice bianco per rendermene conto. Mia mamma si era detta che la danza poteva essere un rimedio ai miei mali, un modo per esprimere quello che tenevo racchiuso nel mio corpo e nel mio cuore. Se all'epoca lei avesse potuto immaginare dove ci avrebbe condotte tutto ciò, forse ci avrebbe pensato su due volte. Mason ha capito molto presto il mio potenziale e, da semplice passatempo, questa attività è diventata la mia passione, divorante ed invadente, che ha cambiato la vita di tutta la famiglia, oltre che la nostra visione dell'avvenire.

Effettivamente, danzare fu una vera medicina miracolosa. Attraverso di essa, esprimevo tutto quello che provavo dentro di me: rabbia, desiderio, amore. Appena compiuti sei anni, ho iniziato con i concorsi, sbalordendo le giurie con la mia maturità e facendo man bassa di premi ogni volta, mentre i miei genitori mi portavano da una città all'altra volenti o nolenti, percorrendo la Florida in lungo, in largo e di traverso. A quell'epoca, i miei genitori hanno fatto di tutto per non ostacolare i miei progressi, mettendo da parte i loro desideri ed i loro bisogni. Non esisteva più niente al di fuori della danza, e ciò era esattamente il contrario di quello che avrebbero voluto i miei, che speravano di aprirmi al mondo. Le mie giornate da scolara diventarono super-occupate, tra i corsi classici a scuola che seguivo per obbligo e le dieci ore di danza alla settimana, ma non mi bastava mai. Già a quell'epoca, vivevo solo per quello. Mio padre faceva un numero incalcolabile di ore di straordinario per pagarmi i corsi ed il budget familiare era molto ristretto, anche se Mason non ci faceva pagare tutto. I miei genitori hanno dovuto rinunciare al loro desiderio di avere un altro figlio per mancanza di tempo e di mezzi. Quando compii otto anni, divenne evidente per tutti che le cose non avrebbero potuto continuare così in eterno. Il problema era che la danza era diventata la mia droga ed ero ormai incapace di farne a meno. Le settimane di vacanza erano una vera tortura per i miei sensi, nonostante i miei allenamenti solitari, ed il ritorno ai corsi era un vero sollievo, una boccata d'ossigeno indispensabile per sopravvivere. Perciò, il mio professore propose ai miei genitori di mandarmi a New York, alla scuola dell'American Ballet, che ai miei occhi era il paradiso in terra. Il loro rifiuto categorico ed immediato fu come una pugnalata per il mio piccolo cuore: mi stavano rifiutando il diritto di essere normale, di essere me stessa. Se ci ripenso adesso, mi rendo conto di tutti i sacrifici che hanno fatto affinché io potessi realizzare il mio sogno, ma in quel momento ero troppo giovane per capirlo, e me la sono presa con loro. Moltissimo.

“Vi prego, mandatemi in quella scuola specializzata. Mason ha detto che sarebbe perfetta per me.”

“Non è possibile, Caitlyn. Abbiamo un lavoro, degli amici, la casa e non ti lasceremo partire da sola, a migliaia di chilometri di distanza.”

“Ma sono sempre e comunque sola, quindi che differenza farebbe?!”

Sotto i loro sguardi, ero scappata a rifugiarmi dalla mia confidente e fan incondizionata numero uno: mia nonna, che abitava appena qualche casa più in là.

“Nonna, si rifiutano di lasciarmi realizzare il mio sogno. Preferiscono che finisca a fare la cameriera, ma io sono nata per la danza. Tu lo sai: riesco ad esprimere tutto con i miei passi, ne ho bisogno per sentirmi bene. Perché non riescono a capirlo?”

“Oh, Catlyn, gattina, calmati. Vieni a dare un abbraccio alla nonna.”

Accoccolata tra le sue braccia, ascoltando il suo respiro lento e regolare, i miei tormenti si calmavano sempre. Ancora oggi, la nonna ha quel profumo di rosa che dà alla testa e quella voce tranquilla che le viene da una lunga esperienza di vita. Lei è sempre stata l'unica con la quale non mi sento diversa dagli altri. Mi capisce anche se non dico una parola e non mi ha mai considerata come qualcuno di strano, ma solo come la sua nipotina adorata, soprannominata affettuosamente Gattina Caitlyn.

“Vedrai che tutto si sistemerà a tempo debito, micetta.”

Non le avevo creduto, ma non avevo detto niente perché lei era, e lo è ancora, la persona che non volevo deludere in alcun modo. Inoltre, mia nonna aveva ragione. Ci sono voluti due anni. Due lunghi anni di battaglie tra i miei testardi genitori ed il mio perseverante professore, due anni di frustrazioni e di va e vieni dalla nonna per calmarmi, ma alla fine abbiamo lasciato la Florida. I miei genitori si sono fatti trasferire a New York per potermi seguire in questa avventura, perché pensavano che fossi troppo giovane per vivere lontana dalla mia famiglia. Quel giorno fu un vero strappo: nella mia fretta di frequentare una scuola specializzata all'altezza delle mie aspettative, non mi ero resa conto che lasciare quella città soleggiata significava anche allontanarmi dalla nonna. Fu un dolore enorme, alleviato soltanto dalla promessa che lei mi aveva fatto: “Verrò a trovarti regolarmente e non mancherò mai alle tue prime. Te lo prometto, Gattina Caitlyn. E tu, fammi la promessa di dare tutta te stessa per arrivare in cima. Realizza il tuo sogno e fai vedere al mondo chi è la vera Caitlyn!”

“Mi mancherai, nonna.”

Come avevo pianto sulla macchina che mi portava verso il mio destino, incapace di dire la minima parola di ringraziamento ai miei genitori che avevano lasciato tutto per me: la famiglia, gli amici, la casa. Ancora oggi, il ricordo del momento in cui dissi arrivederci a mia nonna mi fa stringere il cuore e sorridere allo stesso tempo. Perché lei ha mantenuto la sua promessa ed io ho mantenuto la mia.


Per molte persone, entrare alla scuola dell'American Ballet è un mito, qualcosa in cui si spera e che si sogna, ma che non si raggiunge mai, riservata all'élite e a qualche privilegiato dalla vita eccezionale. Per mia fortuna, Mason mi aveva preparata molto bene, quindi per me si trattò solo di una formalità. A soli dieci anni, ho stupito anche i più grandi con la mia performance e con le emozioni che trasmetto con i miei passi. Ho eseguito uno dietro l'altro piquets, arabeschi e salti, senza alcun passo falso, ed ho ottenuto una borsa di studio completa, per integrare i corsi con gli adolescenti a partire dalla settimana successiva. Ancora una differenza rispetto agli altri. La differenza d'età faceva sì che non avessimo tutti la stessa vita e gli stessi scopi, nonostante quella passione in comune, e ciò contribuì a tenermi isolata. Le ragazze di quindici anni fiorivano nei loro corpi che sbocciavano e cercavano gli sguardi dei ragazzi, mentre io passavo le mie giornate davanti allo specchio, con il solo scopo di raggiungere la perfezione con la pratica. Da allora ciò non è cambiato molto, perché la gelosia provocata dai miei progressi ha mantenuto quel fenomeno. La mia fase adolescenziale, quindi, aveva ben poco in comunque con quella delle altre. Certo, ho flirtato un po', più per fare come le altre che per un vero desiderio, e non ho avuto molto successo. Una barriera invisibile si ergeva tra me e quei ragazzi in cerca d'esperienza: la mancanza assoluta di comprensione. Non riuscivo mai a capire quello che si aspettavano da me, e viceversa. Dall'altro lato, non sapevo neppure io cosa aspettarmi da loro. Sicuramente desideravo essere meno solitaria. Quelle esperienze non sono state spiacevoli, tuttavia non provavo alcun affetto particolare per quei ragazzi e, a giudicare dalla facilità con cui mi lasciavano, penso che fosse reciproco. Tutto ciò si è rivelato poco concludente, quindi, e alla fine ho preferito restare sola piuttosto che essere incompresa.

Ed eccomi dodici anni più tardi, pronta a salire in scena per la prova generale della Bella addormentata nel bosco. Interpretare la principessa Aurora era il mio sogno da bambina e domani, alla prima, ci sarà anche la nonna, ai primi posti nei palchi. Abiterà da me per qualche giorno, prima di tornare a casa sua, e questo periodo ci permetterà di riportare i contatori a zero e di cancellare la mancanza reciproca che avevamo sentito durante quei mesi di separazione. Ci saranno anche i miei genitori, ma ci sono troppi rancori inespressi a fare da barriera ai nostri rapporti. Il mio ingresso alla scuola di danza e la mia borsa di studio mi hanno permesso di prendere rapidamente il volo, e nello stesso tempo di diventare indipendente. I rimproveri si sono susseguiti rapidamente ed il mio status di figlia ingrata si è affermato. Ce l'avevano con me perché li avevo costretti ad abbandonare la Florida e non concedevo loro mai del tempo, e neppure la considerazione alla quale avevano diritto in quanto genitori. Quando ero più giovane, replicavo che avevo chiesto di andare a New York, ma non avevo mai preteso che mi seguissero. Come se dei genitori degni di quel nome potessero essere capaci di mandare una bambina di dieci anni a migliaia di chilometri di distanza, da sola! Le cose sono peggiorate rapidamente ed ora è troppo tardi per rimediare, inoltre la gelosia per il mio rapporto meraviglioso con la nonna ha assunto proporzioni catastrofiche. In fondo al cuore, li ringrazio di avermi dato così tanto, ma non sono capace di esprimere la mia riconoscenza e ormai è troppo tardi perché possano comprenderlo. All'improvviso mi sono rivelata una delusione per loro, nonostante il mio incredibile successo, e la rinuncia ad un secondo figlio che avrebbe potuto dar loro più di me, si fa ormai sentire.

La mia felicità sarebbe completa se la mia celebrità (seppur relativa, lo ammetto, il mondo della danza non è certamente Hollywood con le star del cinema) non fosse stata accompagnata da alcuni inconvenienti fin da subito. La mia foto appare dappertutto a New York già da alcune settimane, per fare pubblicità allo spettacolo che si terrà al famoso Lincoln Center, quindi non posso mettere piede fuori di casa senza essere riconosciuta, senza firmare autografi e, ciò che mi spaventa di più, senza ricevere lettere un po' inquietanti. Cerco di non farci caso, ma la frequenza di queste lettere inizia a minare il mio morale. Tuttavia, non ho il tempo di soffermarmi a pensare a lungo.

“Caitlyn, tocca a te. La tua scena da sola nella foresta.”

Pronta. Gran jeté per ritrovarmi al centro della scena, entrechat, passo di bourré, manège, poi piroetta fouetté. Nella danza classica, è tutta una questione di ritmo, precisione, finezza e muscoli. Il mio corpo è veloce senza il minimo sforzo: ciò scatena la gelosie di molte ballerine sempre a dieta stretta, ma mi permette di essere in assoluta armonia con la musica che mi trasporta in un altro mondo, un mondo limpido nel quale posso danzare senza ostacoli. E' inutile che io cerchi di chiudere la mia anima ai pensieri parassiti che mi assalgono, impossibile erigere muri tra i miei sentimenti e la mia espressione artistica, perché sono sempre stati strettamente legati. Ancora prima di compiere l'ultimo salto, so di non essere stata all'altezza. Lo sento nel più profondo di me stessa ed i volti delle altre ballerine della troupe me lo confermano: sembrano talmente soddisfatte di vedermi fallire! Il mondo della danza è pieno di squali, tanto quanto Wall Street. Aspettano tutte la prima occasione che permetta loro di prendere il mio posto e di  guadagnarsi la notorietà. Agatha è la più crudele di tutte, è la mia concorrente più feroce, senza pietà. Ogni pretesto è buono per mettermi in cattiva luce. Ce l'ha con me da quando sono entrata nell'American Ballet. Prima del mio arrivo, era lei la più grande speranza della compagnia, poi sono arrivata io, con la mia aria innocente e la mia ignoranza della competizione, e lei è passata in secondo piano, la mia sostituta in caso di incidente, ma purtroppo per lei non ci sono mai incidenti. Agatha ha otto anni più di me. Questi sono i suoi ultimi anni sulla scena ed è diventata sempre più acida, col passare del tempo. Suppongo che volesse finire la sua carriera in modo trionfale e che si renda conto che sono io la causa del suo insuccesso. Sono nei fiore dei miei anni, mentre a lei restano al massimo dieci anni di danza. Qualsiasi cosa lei faccia, io sarò sempre lì e le ruberò il posto che lei pensa le appartenga di diritto, e tutti i suoi soldi non le serviranno a niente. Agatha è la discendente di una grande famiglia di aristocratici che possiede numerose proprietà nelle zone più chic di Manhattan. Ha creduto per molto tempo che il suo nome le avrebbe aperto tutte le porte, che sarebbe bastato posare qualche banconota sul tavolo per fare aprire anche le serrature più recalcitranti. Il mio arrivo ha messo fine alle sue illusioni, e lei non vuole accettarlo. E' arrivata fino al punto di propormi una somma notevole perché io mi ritiri dalla scena. Evidentemente, ha preso molto male il mio rifiuto. Io non ho alcun interesse per il denaro: a cosa serve essere ricchi, se si è infelici? Senza la danza, mi sembra di essere rinchiusa nel mio stesso corpo. Non posso proprio farne a meno, ma la mia rivale non l'ha capito e non lo capirà mai. Per lei l'unica cosa che conta è la gloria. La gloria e la celebrità. Come se quello della danza fosse un mondo dorato pieno di pailettes! Invece è soprattutto un mondo fatto di sudore e di dura fatica.

“Caitlyn, si direbbe che tu non sia al meglio della forma, vero? Posso sostituirti, se hai la testa da un'altra parte. Il pubblico non perderà niente per questo scambio, posso assicurartelo, e dobbiamo pensare ai nostri fans innanzitutto.”

Come se io potessi accettare! Piuttosto preferisco passarle davanti, senza neanche degnarla di uno sguardo. Ciò che la mette ancora più in collera di uno scontro verbale, è che la si ignori, ed io l'ho capito molto presto.

“Sei solo una ragazzina. Il primo ruolo mi spetta di diritto e lo avrò.”

Sicuramente, nei suoi sogni! In verità, il posto è mio e non sono affatto disposta a cederlo. E' giunto il momento che se ne faccia una ragione.

Capitolo 2

Caitlyn

Il giorno della prima è finalmente arrivato. Malgrado l'aumento di lettere molto spiacevoli nei miei confronti, sono riuscita a riprendermi cercando di fare il maggior vuoto possibile nella mia mente e facendo uscire attraverso la danza tutte le emozioni che tenevo nascoste. Ciò non è stato del tutto privo di difficoltà, perché le lettere sono diventate sempre più minacciose, man mano che si avvicina lo spettacolo e l'ultima, con la data di oggi, non è arrivata in teatro come le altre, ma direttamente a casa mia, nel mio santuario, nel mio rifugio, che quindi mi è apparso meno sicuro e confortevole. Di conseguenza, il coreografo ha trovato le mie espressioni un po' troppo aggressive, durante l'ultima prova, e mi ha chiesto di rendere i tratti del mio viso più dolci possibile grazie al trucco per questa sera, ma nell'insieme è soddisfatto della mia performance.

Mia nonna è qui, lo so, sento il suo sguardo su di me. Non ha avuto il tempo di passare a trovarmi nel camerino prima dell'inizio della rappresentazione, ma io so sempre quando lei è qui. Mi sento subito molto calma, ed è ciò di cui ho un gran bisogno. Come tutto il resto, il rumore e la folla sono dei fattori difficili da sopportare. Per fortuna la sala è immersa nell'oscurità e il pubblico è silenzioso, concentrato sulla musica e sui ballerini che si muovono con fluidità sulla scena, raccontando una delle più belle fiabe per bambini. Faccio il mio ingresso con  qualche piroetta sulle punte, poi chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla musica. Sento la vibrazione dei suoni, dalla punta delle dita dei piedi fino a quella dei miei capelli, mentre ondeggio al ritmo e occupo tutto lo spazio disponibile sulla scena. Il mio cuore batte al suono delle note dei violini e la mia respirazione accelera man mano che i miei passi si susseguono. Sento tutto fin nel profondo del mio essere: l'esilio di Aurora, il suo isolamento in mezzo alla foresta, la gioia di ritrovare la sua famiglia, il dolore di perderla appena tornata e la speranza di essere finalmente amata. Questo balletto è fatto per me. In qualche modo ripercorre la mia vita, dal momento in cui ho lasciato la Florida fino a quando ho trovato il mio posto sulla scena. Nessun principe azzurro per me, ma comunque un grande amore: quello per la danza. Questa passione che mi riempie il cuore di felicità. Il tempo passa talmente veloce sul palco, ad un ritmo sfrenato del quale non riesco a rendermi conto. Ben presto, troppo presto, il balletto è finito. Il sipario si chiude sotto gli applausi assordanti del pubblico. Tutto quel rumore mi fa piegare le spalle: vorrei poter scappare, correre lontana dalla folla, ma è impossibile. Sono la prima ballerina dello spettacolo ed il pubblico è venuto qui in gran parte per vedermi. Sono riuscita ad ottenere che i saluti non durino un'eternità, ma è il solo compromesso che mi hanno accordato. Quindi, stringo i denti mentre tutta la troupe mi raggiunge sul palco e salutiamo gli spettatori tutti insieme, appena il sipario di velluto rosso si alza di nuovo. Adesso la sala è illuminata, facendomi rendere conto di quanta gente è venuta fin lì, ma preferisco non attardarmi su questa visione che mi getta nel panico. Cerco con lo sguardo mia nonna. E' al suo solito posto, sul palco a sinistra della scena, quindi posso concentrarmi sul suo viso. I suoi tratti non  sono cambiati da quando è venuta a trovarmi l'ultima volta, dieci mesi fa, come se il tempo non avesse presa su di lei. I suoi capelli argentati sono raccolti in uno chignon sofisticato ed il suo abbigliamento mette in risalto il suo fisico asciutto. Anche se sono lontana, posso indovinare l'orgoglio nel suo sguardo e il suo sorriso abbozzato. Con la coda dell'occhio, scorgo anche i miei genitori accanto a lei, ma come ogni volta loro non mi guardano e i loro visi non esprimono niente. Né gioia, né dolore. Si direbbe che le mie prestazioni ed il mio successo li lascino indifferenti. Mi chiedo come mai continuino a venire ad assistere alle mie prime, visto che non sembrano mai apprezzare i balletti. Per fortuna, il sipario si abbassa finalmente, così posso cancellare quel sorriso di facciata che mi dà i crampi agli zigomi. Tutta la troupe salta di gioia e tutti si abbracciano, stando attenti ad evitarmi: hanno capito che non mi piacciono le effusioni. Solo alcuni ballerini mi rivolgono l'attenzione e mi fanno un cenno di congratulazioni con la testa.

“Sei patetica. Ti senti talmente superiore a tutti quanti, che non riesci nemmeno a fare festa con noi.”

Si direbbe che Agatha non abbia dato fondo a tutta la sua energia sulla scena: è piena di fiele verso di me. Preferisco ignorarla e le volto la schiena per raggiungere il mio palco privato, ma la mia avversaria ha deciso diversamente. Si pianta davanti a me, bloccandomi il passaggio, ed alza il tono perché tutti volgano lo sguardo nella nostra direzione.

“Stai attenta, non hai niente di cui vantarti. La tua prestazione non era niente di eccezionale, al limite della mediocrità. Forse sei preoccupata per qualcosa? Dovresti rinunciare allo spettacolo, prima di rovinarlo del tutto.

“Lasciala in pace, Agatha. Caitlyn ha danzato molto bene stasera. E' stata favolosa, come ogni volta.”

Alex… Il mio angelo custode, contro tutti gli altri. La nostra storia è stata breve e senza grande interesse, ma lui si è rivelato molto meglio come amico che come amante. E' l'unico che è riuscito ad adattarsi al mio carattere versatile e alle mie evidenti difficoltà di comunicazione. Ha capito molto rapidamente che non volevo essere meschina, ma che quello era il mio modo di essere. Lui è il difensore degli oppressi e delle giuste cause. Credo di rappresentare da sola la maggior parte del suo lavoro di cavaliere servente, anche se non sono la sola a beneficiare del suo sostegno incondizionato. Senza dubbio, io ho un carattere chiuso, ma ad Agatha non piace nessuno e lo fa sentire a qualcuna di noi. Approfitto dell'intervento di Alex per svignarmela furtivamente nel corridoio, mentre Agatha grida la sua rabbia a chi la vuole ascoltare.

Le mie colleghe sono convinte che io non abbia carattere. Se avessero fatto almeno lo sforzo di conoscermi, avrebbero potuto indovinare la rabbia che ribolle nelle mie vene e che trapela dal mio sguardo. Quando ero più giovane, la minima contrarietà mi provocava una violenta crisi di rabbia, durante la quale colpivo e rompevo tutto quello che si trovava a portata di mano. Poi ho cominciato con la danza e le mie crisi sono diventate più rade, fino a scomparire. La danza è stato il mio sfogo e non vorrei mai tornare indietro. Preferisco apparire noiosa e insipida, piuttosto che pazza. Da piccola, il primo medico che i miei genitori hanno consultato li ha accusati di maltrattamenti. Dei quarantadue segni di maltrattamento infantile, ne presentavo più della metà, che andavano dalle ferire fisiche ai disturbi emotivi e comportamentali. Per fortuna, l'assistente sociale che è stata assegnata alla mia famiglia per le indagini era un'esperta di disturbi autistici, quindi mi ha evitato di essere affidata ad un'altra famiglia, cosa che non avrebbe fatto altro che deteriorare il mio stato psicologico. E' lei che mi ha dato l'idea di esprimere le mie emozioni tramite una vita attiva: è stata una benedizione. Sono diventata meno violenta e di conseguenza i lividi e le ferite sul mio corpo si sono ridotti; inoltre, è diventato più facile concentrarmi a scuola, visto che nel tardo pomeriggio potevo sfogarmi. Soltanto le fughe sono continuate, ma non andavo molto lontano: mi rifugiavo dalla nonna, aspettando che la tempesta passasse. Mi è bastato ripensare a lei per vederla apparire nel mio specchio. Lei è l'unica persona che ha il permesso di entrare nel mio camerino.

“Buonasera, gattina Caitlyn.”

Mi farà sempre sorridere. Anche se gli anni passano, continua a chiamarmi come quando ero piccola. Poso il cotone ed il latte detergente per stringerla tra le braccia. Ecco: sono di nuovo a casa. Basta che lei sia lì, il luogo non è importante, per sentirmi tranquilla.

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