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Non Rianimare
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Non Rianimare

Язык: Итальянский
Год издания: 2020
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Charley Brindley

Non Rianimare

NON RIANIMARE
diCharley Brindley
charleybrindley@yahoo.com
https://www.charleybrindley.com/
Edito da
Karen Bostonhttps://bit.ly/2rJDq3f
Coverdi
Charley Brindley
Traduzione di
Patrizia Barrera
© 2019 by Charley Brindley all rights reserved
Stampato negli Stati Uniti d’ America
Prima Edizione Novembre 2019
Questo libro è dedicato aVern F. Brindley Jr
Alcuni dei libri di Charley Brindleysono stati tradotti in:ItalianoSpagnoloFranceseeRusso

Altri libri diCharley Brindley


1. Oxana’s Pit

2. Raji Book One: Octavia Pompeii

3. Raji Book Two: The Academy

4. Raji Book Three: Dire Kawa

5. Raji Book Four: The House of the West Wind

6. Hannibal’s Elephant Girl Book One: Tin Tin Ban Sunia

7. Hannibal’s Elephant Girl Book Two: Voyage to Iberia

8. Cian

9. Ariion XXIII

10. The Last Seat on the Hindenburg

11. Dragonfly vs Monarch: Book One

12. Dragonfly vs Monarch: Book Two

13. The Sea of Tranquility 2.0 Book One: Exploration

14. The Sea of Tranquility 2.0 Book Two: Invasion

15. The Sea of Tranquility 2.0 Book Three: The Sand Vipers

16. The Sea of Tranquility 2.0 Book Four: The Republic

17. Sea of Sorrows

18. The Last Mission of the Seventh Cavalry

19. Henry IX

20. Qubit’s Incubator

21. Casper’s Game

22. The Rod of God


Coming Soon

23. Dragonfly vs Monarch: Book Three

24. The Journey to Valdacia

25. Still Waters Run Deep

26. Ms Machiavelli

27. Ariion XXIX

28. The Last Mission of the Seventh Cavalry Book 2

29. Hannibal’s Elephant Girl, Book Three

Leggi alla fine del romanzo la sinossi degli altri libri

Capitolo Uno

23 Marz0 2019


Mi passai la mano sul viso, cercando di spazzare via la nebbia che mi avvolgeva la mente. Mentre lo facevo, le mie dita si impigliarono in qualcosa che era bloccato nel mio naso.

Che diamine? Dove sono?

Il tubo sembrava che fosse a metà della mia gola. Provai ad estrarlo, ma era come incollato alla mia faccia. Il mio cervello era in pappa, alla deriva. Provai a fare mente locale.

Ancora niente, solo immagini confuse. Niente a cui potermi aggrappare. I miei occhi sono aperti, ma davanti a me una visione nebulosa di… cosa? Sono come dentro una nuvola. Delle cose bianche e metallo lucido. Tubi. Rumore. Ospedale.

Ospedale. Oh, certo. E quel dottore che sembra avere circa dodici anni. E un’espressione troppo triste per un bambino.

Mi sentivo come se fossi stato schiacciato e ricomposto in un pezzo di merda. Il dolore era poco, ma la mia mente sembrava cemento fresco.

Probabilmente mi hanno drogato con degli antidolorifici.

Ottimo.

Spero che si ricordino, "Non rianimare". Non voglio restare aggrappato a una vita di tubi, respiratori e segnali acustici.

Un suono morbido e frusciante..

Un uomo in divisa blu, un delizioso blu elettrico.

Un altro dottore? Comunque, questo non è un adolescente. Per favore, non darmi nessuna consolazione del cazzo su qualche altro anno di cosiddetta vita. Ho quasi ottant'anni. Ancora qualche anno di sofferenza e sacrifici per Caitlion non è quello che desidero. Strappate questi tubi e lasciatemi andare!

L'uomo in blu accostò una sedia a fianco al mio letto, si sedette e sorrise. Non si mise a controllare i miei riflessi vitali, non dette alcuna occhiata attenta ai monitor, non portava nessuno stetoscopio intorno al collo, non si mise a bucarmi con degli aghi; sorrideva e basta. Era un ragazzo grosso, forse sui 90 kili, barba chiara, capelli castani, occhi blu, blu scuro, come quello della prima ombra della notte.

“Che cavolo ti…Cazzo. Gola secca.Provai a deglutire.“Che cazzo ride?”

“E’ ora.”

La sua voce era sottile, non virile come mi aspettavo. Era più simile alla voce della mamma, di quando ero bambino. Morbida, piacevole, mi faceva sentire come se tutto andasse bene

Un altro rumore. La porta si spalancò. Girai la testa sul cuscino per scrutare l'infermiera.

Lei li guardò, i monitors. Mi chiesi perché invece il dottore non mostrava alcun interesse a farlo.

Batté un'unghia rossa su un display digitale, poi mi sorrise, ignorando il dottore.

Cercai di essere meno ruvido che potevo. Era carina, giovane, e ventenne. La sua carnagione era del colore del grano dorato in estate.

“Si sente meglio oggi, signor Brindley?”

Annuii..

“Tra poco le porteranno una bella spremuta di prugne e susine e poi il dottore verrà a visitarla.”

Quando cercai di alzare la mano destra per indicare il dottore seduto accanto a me, me la ritrovai appesantita da un tubo e due aghi inseriti sul dorso.

Lei se ne andò prima che potessi dire qualcosa.“Forse, le piacerebbe incontrare la sua famiglia.” disse il dottore.

“Va male, vero?”

Lui annuì. “Dobbiamo iniziare.”

“Se conosco mia nipote, è da qualche parte qui fuori..”

“Dorme su una poltroncina, in sala d’aspetto.”

“Può chiamarla?”

“No, può premere lei quel pulsante.”

“Dov’è?”

“A destra della sua mano.”

“Oh, okay.”

Armeggiai un po’ per trovarlo, poi lo premetti. La mia infermiera entrò subito.

“Che posso fare per lei, caro?” Mi appoggiò una morbida mano sulla spalla. Mi piaceva. Era schietta, senza fronzoli.

“C’è Caitlion, fuori?”

Lei annuì. “Credo di sì. E’ la fuori da prima che io montassi.”

Povera creatura. Sta bene? Spero sia pronta. Ho resistito fino a quando non ha compiuto diciotto anni. Non volevo che altra gente prendesse decisioni per lei. Siamo rimasti solo io e lei da quando aveva due anni, da quando sua madre è fuggita con un camionista di Wichita. Tra qualche settimana Caitlion sarà benestante. Sola, ma potrà andare all'università o in Europa … qualunque cosa desideri fare. So che il prossimo mese sarà molto difficile.

“Papà.”

Eccola lì, la mia bella ragazza, che mi prende la mano e si china per darmi un bacio sulla guancia. Il suo nome, Caitlion, il contratto di Kate Lion, viene dalle parole confuse di sua madre quando era piena di fentanil ed eroina. Stava cercando di dire "Tavion", qualunque cosa significasse.

“Hey, piccola.”

Indossava jeans con buchi fatti ad arte e una maglietta rosa su cui era scritto "5 persone su 4 hanno difficoltà con la matematica".

Mi venne da sorridere.

“Stai meglio, oggi!” disse.

Capelli lunghi ramati. I suoi occhi castani erano profondi, e vi aleggiava un pizzico di mistero, come se nascondessero un particolare segreto. Si era tinta le punte dei capelli di un colore biondo miele, credo quello che chiamano babylights. E sempre, un bel sorriso.

Soffiai uno sbuffo d'aria dal tubo nel naso e agitai la mano, scacciando via le sue parole. "Penso … che siamo alla fine, tesoro."

“No, papa! Non è così!” Mi prese una mano, facendo attenzione alla flebo.

Capitolo Due

10 Agosto 1945


Entrai dalla porta sul retro dell'aula e mi sedetti nell'unico posto libero.

“Tu chi sei?’”

Era il mio primo giorno alla Fordland High School. L'omino tozzo di fronte alla classe mi fissava con aria inquieta. Era vestito con un abito grigio tortora, un gilet nero e un'ampia cravatta a fiori. Non avevo mai visto un insegnante maschio, prima di allora.

“Ch-Charley Brindley.”

Meraviglioso. Il quinto col cognome Brindley. Ce ne sono altri?

Non capivo cosa intendesse. Se avevo altri fratelli o se c’erano altri Brindley? Scossi la testa.

Perché mi guardano tutti?

Sentii una ragazza ridere. Mi accasciai, fissando l'enorme libro di testo d’ inglese sulla mia scrivania.

Perché non posso semplicemente strisciare lì sotto e morire?

"Tutto ok." L'insegnante si diresse alla lavagna. "Cercheremo di andare avanti anche senza di te." Prese un pezzo di gesso. "Sig. Winter Coldstream " disse, mentre scriveva il suo nome alla lavagna. "Eh sì, mia madre aveva un grande senso dell'umorismo."

Lasciò cadere il gesso nel vassoio e si pulì le mani. "Chi mi dice quali sono le otto parti del discorso?"

Sei mani si alzarono. Tutte ragazze.

Il signor Coldstream guardò in direzione delle ragazze sorridenti. Poi i suoi occhi si posarono su di me. “Brindley?”

Nessuno mi aveva mai chiamato con il mio cognome. Abbassai lo sguardo e deglutii.

"Puoi dirceli tu?"

Non sapevo nemmeno che il discorso avesse delle parti. "Um …" Presi il mio libro di testo e lo aprii.

"Avresti dovuto imparare queste cose in quarta elementare." Si guardò attorno. "Tu, come ti chiami?"

"Ember Coldstream."

“Credevo fossi una mia parente. Dimmeli tu."

Gli altri abbassarono le mani.

Ember sorrise ed elencò le parti del discorso.

Era così carina, e anche intelligente!

"Molto bene, Ember." Si guardò attorno. "Che cos'è un aggettivo?"

Le solite sei ragazze alzarono la mano.

“Brindley?”

Oh mio Dio. Perché continua a chiedermi queste cose?

Fissai il mio libro aperto, restando in silenzio e non osando muovermi, desiderando di scomparire dalla faccia della Terra. Sentii la mia faccia arrossire di brutto e sapevo che tutti mi stavano guardando, probabilmente ridendo per la mia stupidità.

"Beh, immagino che Brindley sia così concentrato sulle sue cose, che le sue orecchie si sono chiuse a qualsiasi altro suono."

Parecchi bambini risero, un ragazzo più forte degli altri. Sapevo chi era.

Henry Witt. Probabilmente non sapeva nemmeno cosa fossero gli stimoli. No, certo che no.

"Come ti chiami?" chiese il prof a un altro studente.

"William Dermott."

“Bene, William. Che cos'è un aggettivo? "

Perché a me mi chiama con il mio cognome e tutti gli altri con il loro nome?

"Um …" William si guardò le mani, il pavimento, la finestra. "Um … una persona, un posto o una cosa?"

"Sbagliato. Qualcuno sa come si chiama quella parte del discorso che indica una persona, un luogo o una cosa? "

Le stesse sei ragazze di prima.

Il signor Coldstream attraversò la stanza e si fermò davanti a una ragazza con la mano in aria. "Tu chi sei?"

"Juliet Dermott." rispose, abbassando la mano.

"Davvero? Sei parente del signor William Dermott laggiù?

"Purtroppo sì." guardò William.

"Sai rispondere alla domanda, Juliet?"

“Il sostantivo”.

È carina e intelligente, come Ember.

"Giusto. Come si chiamano quelle parole che terminano con "ente? "

Per favore, non chiederlo a me. Non conosco nessuna di queste cose.

"Avverbi.” disse Juliet.

"Bene."

Non mi ero mai accorto che il tempo potesse scorrere così lentamente. Ehi, ho fatto un avverbio!

"Parliamo del diagramma di una frase, ok?" Il signor Coldstream scrisse alla lavagna: "La rapida volpe marrone salta sul cane pigro".

Diagrammi? Su una volpe e un cane.

I cinquantacinque minuti della lezione di inglese della nona classe del signor Coldtream mi parvero cinquantacinque ore. Il suono della campanella arrivò come musica alle mie orecchie. Presi il mio libro e corsi in fretta nel corridoio.

"Ehi, tontolone."

Mi girai e vidi un ragazzo alto appoggiato al muro. Aveva i capelli rossi e almeno mille lentiggini.

"Che ci fai qui?"

Un altro ragazzo e due ragazze erano con lui. Mi fissarono, aspettando che rispondessi qualcosa.

"Sto andando alla lezione di storia."

"No, intendo, che ci fai al liceo?"

Non capivo cosa volesse dire. Scrollai le spalle.

"Dovresti rifare le medie."

La scuola da dove venivo era parificata, ma non erano certo le medie. "Oh."

"Che idiota!” esclamò l'altro ragazzo. Era Henry Witt.

"Non sa nemmeno cosa sia il liceo.” aggiunse Ember.

Tutti risero di me.

"Adoro la tua tutina!" disse Ember, ridacchiando.

Mi voltai, con l’impulso di scappare dall'edificio e tornarmene a casa, ma mi imposi di allontanarmi con calma.

Devo trovare la mia aula di storia.

Camminai lungo il corridoio, poi tornai indietro.

Non la trovo.

Sentii delle ragazze cantare. "Pee Wadley Pasty, brutta ciccia-bomba."

Svoltando un angolo nel corridoio, vidi un gruppo di quattro ragazze di fronte a una ragazza in sovrappeso.

"Pee Wadley Pasty, brutta ciccia-bomba!" cantavano, poi ridevano della grassa ragazza mentre lei piangeva a singulti.

La povera ragazza era schiacciata contro il suo armadietto, senza altro posto dove andare. I suoi occhi azzurro cielo erano pieni di lacrime. Si asciugò il viso con la manica e si girò per appoggiare la testa contro l'armadietto. I suoi lunghi capelli biondi le si allargarono sulle spalle. Era grassa, probabilmente oltre i 100 kili, ma perché deriderla?

Passarono altri studenti, alcuni ridevano o facevano commenti cattivi su di lei. Mi sentivo come se dovessi dire o fare qualcosa, ma una di quelle ragazze era Ember Coldstream. Non volevo che ricordasse a tutti la mia umiliazione durante la lezione di inglese.

Ormai stanche di torturare Patsy le quattro ragazze se ne andarono per la loro strada, continuando a cantare la loro stupida canzone. Dopo che furono scomparse, Patsy aprì l'armadietto e prese un fazzoletto.

Cosa posso dire a questa ragazza? Mi dispiace per lei, ma sono un tale flop. Probabilmente sarei capace di dire solo qualcosa di stupido.

Patsy osservò le quattro ragazze entrare in un'aula, poi prese alcuni libri dal suo armadietto. Esitai, ma quando lei si girò verso di me e mi vide lì in piedi mi affrettai a cercare l'aula di storia.

* * * * *

L'ora di pranzo fu un'esperienza ancora peggiore.

"Cos'è quest'odore?" disse un ragazzo al tavolo accanto al mio.

"Merda di mucca.” rispose un altro.

"Da dove viene?"

"Oh, guarda, forse dal buzzurro qui."

"Cosa ci fai qui, tontolone?"

Abbassai lo sguardo sul panino con le uova che mamma mi aveva preparato.

"Penso che stia mangiando un panino di merda di mucca."

Gli altri ragazzi risero, attirando l'attenzione dal tavolo accanto.

"Pensavo che i cafoni dovessero mangiare fuori."

"Sì, questa è la regola."

"Probabilmente quando imparerà le parti del discorso – disse una ragazza – sarà in grado di leggere il libro delle regole.”

Sapevo chi aveva parlato senza nemmeno guardare … Ember.

"Non hanno ancora fatto un libro delle regole con le figure – esclamò- in modo che anche i contadini possano impararle?"

Tutti scoppiarono a ridere.

"Sì" – disse un tizio – tipo, un libro da colorare".

Infilai ciò che rimaneva del mio sandwich nel sacchetto di carta e afferrai il mio thermos di latte.

“Oh no. Sta per piangere ".

Mi fischiarono contro e mi gridarono altre stupide cattiverie mentre mi allontanavo dalla sala mensa.

Ma non riuscii a scappare abbastanza in fretta, e ormai non avevo più fame.

È l'ultima volta che ci andrò a mangiare. Davvero potei non pranzare in mensa? Probabilmente, se decido di mangiare fuori, mi dovrò portare il pranzo. E’ un’idea. Domani andrò fuori all'ora di spacco per vedere se qualcun altro si porta il pranzo da casa.

* * * * *

"Mamma, non voglio andare a scuola."

Era la mattina dopo il mio primo giorno di liceo.

"Perché?" Stava preparando il mio panino per il pranzo.

"Tutti mi odiano."

"Non ci credo che ti odiano."

"Mi hanno preso in giro per tutto il giorno, anche a pranzo."

"Hai detto loro di lasciarti in pace?"

Scossi la testa e feci un boccone di Post Toasties e latte, poi aggiunsi un altro cucchiaino di zucchero.

"Quando dicono qualcosa di cattivo su di te, ribatti."

"Ma non riesco mai a pensare a niente fino a quando è tutto finito. Dopo che hanno riso di me e se ne sono andati, allora mi viene in mente cosa avrei potuto dire. "

"Beh, devi pensare più velocemente."

Sì, buona idea, mamma. Ma a quanto pareil mio cervello è troppo lento.

“Che ne dici se gli do solo un pugno in faccia? A parte le ragazze chiaramente. "

"Anche le ragazze sono cattive con te?"

"Sì."

Non sarò mai in grado di rispondere per le rime a una ragazza. O di prendere a pugni uno di loro, anche se vorrei riuscire farlo piuttosto che farmi insultare.

"Dov’è che ti prendono in giro?"

"Nel corridoio e all'ora di pranzo in sala mensa."

“Ok, allora quando una lezione finisce, rimani in classe fino a un minuto prima della lezione successiva, quindi affrettati a quella successiva prima che quelli abbiano il tempo di dirti qualcosa. E trovati un posto tranquillo dove pranzare. Non andare più in sala mensa. "

"Buona idea, mamma."

Presi il sacchetto del pranzo e corsi a prendere lo scuolabus.

* * * * *

All'ora di pranzo, presi il mio panino dall'armadietto e mi precipitai fuori, dove vagai fino a quando non arrivai al campo di calcio. Salii i gradini e mi sedetti in mezzo alle gradinate vuote.

Mentre prendevo il panino con l'uovo dalla carta oleata, notai che c’era qualcuno dall'altra parte del campo, proprio in mezzo all'altra serie di gradinate. Dalle sue dimensioni, capii che era Patsy. Mi venne l’idea di andarle a chiedere se potevamo fare colazione insieme, ma qualcuno si era appena seduto accanto a lei. Era una ragazza con dei tutori ortopedici su entrambe le gambe.

Vidi che parlavano mentre facevano colazione, quindi decisi di non intromettermi. Tanto, non avrei neanche saputo cosa dire.

Dopo avere ingollato il mio pranzo, mi recai nella mia classe di scienze con mezz'ora di anticipo e mi sedetti nell’aula vuota, dove tutto era silenzio. Venticinque minuti dopo, quando i ragazzi iniziarono ad entrare, stavo fingendo di leggere il mio libro di testo.

"Wow! – esclamò uno dei ragazzi – sa perfino leggere!"

"Naa, ha un fumetto nascosto nel suo libro di scienze."

Risero.

Dovrei ribattere qualcosa? Tipo "Sì, ho Superman qui." No, è una cazzata. "Magari “Ne vuoi uno anche tu?" No, questo richiede una risposta, e quello potrebbe battermi con un a battuta spiritosa e allora dovrei ribattere di nuovo. Mio Dio, perché stare con gli altri è così difficile! Me ne starò zitto finché non si stancheranno di darmi fastidio. Quanto ci vorrà? Probabilmente l'intero semestre. Merda, tre mesi di prese in giro, umiliazioni e offese. Non ce la farò mai. Come fa Patsy a resistere?

Vado lì e mi siedo? O prima gli chiedo se posso sedermi accanto a loro? E se rispondessero "No?" Cosa farei? Sarebbe imbarazzante. Meglio lasciar perdere.

Alla lezione di storia della signora Adams c’erano alcuni studenti del mio corso di inglese.

Mi sedetti in fondo, sperando che nessuno mi notasse..

L’'insegnante scrisse alla lavagna 330 a.C. e chiese: "Dove nacque Alessandro Magno?"

Diversi studenti alzarono la mano.

La prof si mise di fronte a una ragazza. "Come ti chiami?"

"Ember Coldstream."

"Sai rispondere alla domanda?"

“Penso che Brindley lo sappia. È un esperto di storia antica. " Si voltò sorridendo verso di me.

Cosa? Perché mi sta facendo questo?

"Brindley – disse la signora Adams – dove nacque Alessandro Magno?"

“Uhm … Inghilterra?”

"Sbagliato. Chi lo sa?”

Juliet alzò la mano. La signora Adams annuì.

“In Macedonia”.

"Brava. E quale impero fu il primo ad essere conquistato da lui? "

"La Grecia."

“Bravissima. Ottimo lavoro. Sono contenta che almeno qualcuno abbia studiato durante le vacanze estive. Ora parliamo dell'Impero romano ".

Sul finire della lezione ci assegnò i primi tre capitoli da leggere per il giorno dopo.

* * * * *

La lezione di algebra fu difficile quanto quella d'inglese e di storia.

Perché la signora Caldwell non ci ha insegnato almeno una di queste cose?

"Buenas tardes estudiantes" (Buon pomeriggio, studenti), disse la signora Sandoval all'inizio della lezione di spagnolo.

Alcuni ragazzi risposero: "Buenas tardes, Señora Sandoval".

Es un hermoso día", (è una bella giornata) disse Ember.

Mi ero seduto proprio in fondo all’aula e cercavo di non farmi notare. Non avevo idea di cosa avesse detto Ember, ma mi venne da sorridere proprio in direzione della prof. Lei guardò verso di me ed io sprofondai, presagendo quello che stava per accadere.

"Como te llama, joven?" (Come ti chiami, giovanotto?)

Riuscii solo a capire dal suo tono che mi aveva fatto una domanda. Scossi la testa.

"Ho chiesto come ti chiami."

"Oh, Charley Brindley."

"El tiene un ligero problema mentale", (ha un leggero ritardo mentale), disse Ember.

Alcuni studenti ridacchiarono.

Capii che alludeva ad un problema mentale. Non ci misi molto a intuire cosa aveva detto.

"Oh, siento mucho escuchar eso.” (Oh, mi dispiace tanto) ) disse la signora Sandoval. "Staremo più tempo sugli argomenti, così sarai in grado di seguirci."

Il sorriso di Ember assomigliava molto a un ghigno.

Perché mi odia?

Aprii il mio libro di testo e lo tenni premuto davanti alla faccia.

* * * * *

Finite le lezioni mi misi sul marciapiede, in attesa dell'autobus della scuola.

"In fondo alla fila, tontolone."

"Cosa?" Era Crammer quello con la faccia piena di lentiggini.

"Stai occupando il mio posto. Il tuo è quello là in fondo. "

"Non c'è nessuna fila."

"Ci sarà, e tu stai occupando il mio posto."

Mi spinse all'indietro, facendo cadere i miei libri a terra.

Dei ragazzi corsero a guardare..

Mi lanciai verso di lui, afferrandolo per la vita.

Crammer sollevò il ginocchio e mi colpì allo stomaco.

Quando mi girai verso di lui mi colpì al petto, e mi fece cadere per terra. Gli altri risero. "Prenditelo nel culo, Brindley."

Mi alzai e agitai il pugno destro.

Lui si girò di traverso verso di me.

Il mio pugno colpì i suoi solidi muscoli.

Mi diede un pugno in faccia ed io crollai. Mi inginocchiai per terra, stropicciandomi gli occhi.

L'autobus si fermò e tutti mi passarono davanti, ridendo di me e guardandomi. Fui l'ultimo a salire a bordo. Mi sedetti accanto al conducente.

* * * * *

Dopo un mese di scuola non avevo imparato nulla, tranne i posti migliori in cui nascondermi all'ora di pranzo e come starmene per i fatti miei in classe. Alla fine gli insegnanti smisero di farmi domande, visto che non rispondevo correttamente a niente.

Fu la stessa cosa per tutte e sei le materie. Mi sedevo in fondo all’aula e cercavo solo di non farmi notare troppo. Prendevo appunti e mi esercitavo nella lettura, ma ero troppo lento ad apprendere.. La maggior parte dei miei compagni partecipava attivamente alle lezioni e cercavano di dare sfoggio di sé, specialmente le ragazze – e Ember in particolare. Immagino perché suo padre fosse un insegnante

* * * * *

Finita la lezione d’inglese mi avviai verso quella di storia.

"Ehi, buzzurro.”

Mi girai e vidi Crammer venire verso di me, seguito dai suoi tre scagnozzi.

Oh no! Non di nuovo.

"Che vuoi?"

"Indossi quella stessa tuta tutti i giorni?"

Diedi un’occhiata alla mia tuta. In realtà ne avevo quattro. La mamma ne lavava tre a settimana.

Avevamo una lavatrice asciugatrice sulla veranda posteriore. Papà e mio zio Leo le avevano sistemato un vecchio motore elettrico che avevano recuperato dallo scasso e così faceva anche la centrifuga. Comunque, le mie tute sembravano tutte uguali.

"Te l’hanno fatta con un sacco per la farina?" chiese.

"Può darsi."

“Dì 'alla tua vecchia di usare un sacco della spazzatura, la prossima volta. Si avvicina di più al tuo stile !”

Si girò con un ghigno versoi suoi amici. Tutti risero. Si voltò di nuovo verso di me, credo in attesa di una risposta.

Ma io non ne avevo una pronta.

Capitolo Tre

23 Marzo 2019


“Caitlion, cara, ascoltami. Abbiamo passato diciotto meravigliosi anni insieme. E’ ora che tu prenda in mano la tua vita. Vai all’università, gestisci la Compagnia, viaggia…ma promettimi che ne farai buon uso. Vivila intensamente, anche per me.

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