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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5
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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5

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Fu da questa sentenza di morte sol eccettuato D. Errico di Castiglia, che fu condennato a perpetuo carcere in Provenza, per osservarsi la fede data all'Abate, che lo consignò al Papa sotto parola, che di lui non si spargesse sangue.

Fu a' 26 ottobre di quest'anno 1269 in mezzo del Mercato di Napoli con apparati lugubri e funesti, essendosi apprestato il talamo e l'altre pompe di morte, mandata in esecuzione sì barbara e scellerata sentenza; e narrasi che l'infelice Corradino quando l'intese leggere dal Protonotario, voltatosi a lui, gli avesse detto queste parole: Serve nequam tu reum fecisti filium Regis et nescis quod par in parem non habet imperium: poi rivolto al Popolo purgossi de' delitti, che falsamente se gl'imputavano, dicendo, ch'egli non ebbe mai talento d'offendere S. Chiesa, ma solo di acquistare il Regno a lui dovuto per chiare e manifeste ragioni, e del quale a torto n'era stato spogliato. Ch'egli sperava, che di sì inaudite e barbare violenze, ne dovessero prender vendetta i Duchi di Baviera della stirpe di sua madre, e che i Tedeschi, ancora non lasceranno invendicata la barbara sua morte. E dette queste parole, trattosi un guanto, come vuole il Collenuccio, e come altri un anello, lo buttò verso il Popolo, quasi in segno d'investitura. E vi è chi scrive, che per tal atto avesse voluto lasciar suo erede D. Federico di Castiglia figliuolo di sua zia, che, come s'è detto, erasi da Sicilia fuggendo, ricovrato a Pisa. Ma il Maurolico ed altri comunemente affermano, che Corradino con questo segno, morendo senza figliuoli, istituì erede D. Pietro d'Aragona marito di Costanza sua sorella cugina. E narra Pio II[138] che questo guanto o anello fu raccolto da Errico Dapifero, da cui fu portato in Ispagna al Re Pietro. Ond'è che i Re aragonesi e gli austriaci prendono la lor ragione per la successione de' Regni di Sicilia e di Puglia, non già dagli Angioini, ma da questo Corradino, il quale tramandogli a' Re di Sicilia discendenti da Pietro e da Costanza figliuola di Manfredi, siccome, dopo Aventino, scrissero Besoldo[139], il Summonte ed altri. E gli Scrittori siciliani[140], che riguardando il testamento dell'Imperador Federico, dove Manfredi è trattato come suo figliuol legittimo, invitandolo alla successione de' suoi Regni nel caso che Corrado ed Errico mancassero senza figliuoli, riputano per vero, ciò che Matteo Paris narra, come una voce fatta insorgere da Manfredi stesso, cioè, che sua madre essendo vicina a morte, fattosi chiamar l'Imperadore, avesselo per le calde preghiere e sue pietose lagrime, indotto per quelle poche ore di vita, che le rimanevano a riconoscerla per vera moglie, con isposarla; ed in conseguenza, che per cotal atto Manfredi si venne a legittimare[141]: tengono per cosa certa, che la successione di questi Reami per la morte di Corradino si fosse diferita a Costanza figliuola di Manfredi e moglie del Re Pietro, ed a' suoi discendenti; e che a ragione gli Arragonesi ne cacciarono i Franzesi, e con giustizia se ne rendesser poi Signori.

Ma perchè più dura e acerba fosse l'angoscia dell'infelice Corradino, non fu il primo ad essergli mozzo il capo, ma vollero riserbarlo al fiero spettacolo della decapitazione di Federico Duca d'Austria; poichè il primo ad esser decapitato fu quest'infelice, il cui capo mozzo dal carnefice prese in mano il dolente Corradino, e dopo averlo bagnato d'amare lagrime, baciollo e se lo strinse al petto, piangendo la sua sventurata sorte, ed incolpando se stesso ch'era stato cagione di sì crudel morte, togliendolo alla sua infelice madre. Poi rincrescendogli di sopravvivere a tanti acerbi spettacoli, postosi inginocchione chiedendo perdono a Dio de' suoi falli, diede segno al carnefice di dover eseguire il suo ufficio, il quale in un tratto gli recise il regal capo. E dopo lui, furon decapitati il Conte Girardo da Pisa, ed Hurnasio Cavalier tedesco, e nove altri Baroni regnicoli furono fatti morire su le forche.

(Questo Federico ultimo dell'antica stirpe Austriaca era della casa di Baden, e s'intitolava Duca d'Austria, com'erede di Federico II il Bellicoso. E' nacque da Gertrude figliuola d'Errico III ch'era fratello del Bellicoso, la quale si maritò con Ermando di Baden, come narra Gerardo a Roo[142]: Cum Fridericus Austriae Ducum ex Babenbergensi gente ultimus Anno post mille ducentos sexto et quadragesimo ex vulnere in pugna cum Hungaris commissa accepto, obiisset, Hermanus Badensis, qui Gertrudim illius ex fratre Henrico Medlicense neptem in matrimonio habebat, Austriae gubernationem adierat. Ejus filius Fridericus annos tutelae vix egressus, Neapoli cum Cunradino Apuliae et Siciliae Rege, uti paulo post dicetur, capite plexus erat. Vedasi Struvio[143]).

Questo infelice fine, compianto da quanti videro sì funesto ed orrido spettacolo, ebbe il giovanetto Corradino in età di 17 anni. In lui s'estinse la chiara e nobilissima casa di Svevia, che per linea non men mascolina che femminina discendea da' Clodovei e dai Carolingi di Francia, e da' Duchi di Baviera. Famiglia, che sopra tutte le altre d'Europa contava più Imperadori, Re, Principi e Duchi, e che sopra tutte le famiglie di Germania teneva il vanto di nobiltà. In questo sangue incrudelì Re Carlo, portandogli cotal barbaro fatto eterna infamia presso tutte le Nazioni d'Europa; nè vi è Scrittore, ancor che franzese, che non detesti ed abbomini atto sì crudele, da non paragonarsi a quante empietà e scelleraggini si leggono de' più fieri Tiranni, ch'ebbe la terra. Quindi in Alemagna surse l'illustre Casa d'Austria; poich'estinta la stirpe de' Principi di Svevia, e Riccardo, fratello del Re d'Inghilterra, che aspirava all'Imperio, essendo morto, ed Alfonso Re di Castiglia suo competitore non avendo più partigiani in Alemagna, gli Elettori l'anno 1273 si ragunarono in Francfort, ed elessero per Imperadore Rodolfo Conte di Auspurg, il quale fu coronato l'istesso anno in Aquisgrana, e riconosciuto da' Principi d'Alemagna; ed avendo umiliato Ottogaro Re di Boemia, fece che restituisse l'Austria, la qual diede ad Alberto suo primogenito, i di cui discendenti presero il nome di Austriaci.

Ecco finalmente come dopo 69 anni terminò in Sicilia, ed in Puglia il Regno de' Svevi e con qual crudel principio cominciasse quello de' Franzesi, che portò in queste nostre province grandi mutazioni, così nello stato civile e temporale, come nello ecclesiastico e spirituale. Ciò, che dopo aver narrata la politia ecclesiastica di questi tempi, sarà il soggetto de' seguenti libri di quest'Istoria.

CAPITOLO V

Politia ecclesiastica dal decimoterzo secolo insino al Regno degli Angioini

La potenza de' romani Pontefici si stese in questo secolo tanto, che non fu veduta in altri tempi maggiore: volevan esser creduti Monarchi non meno nello spirituale che nel temporale, e s'arrogavano perciò la facoltà di poter deporre i Principi da' loro Stati e Signorie: chiamargli in Roma a purgarsi de' delitti, dei quali erano stati accusati: assignar loro certo termine a comparire, sentenziargli, e nel caso non ubbidissero, di dichiarargli decaduti da' loro Reami: assolvere i loro vassalli da' giuramenti dati, ed invitar altri alla conquista delle Signorie, ond'erano stati deposti. Riputandosi Signori del Mondo, non aveano difficoltà d'investire i loro devoti di province, e di Regni in tutta la terra, ed in tutto il mare d'isole e golfi, e d'altre province sconosciute e lontane. Bonifacio VIII avendo Ruggiero di Loria famoso Ammiraglio di mare conquistata Gerba ed alcune altre isole dell'Affrica, tosto nel primo anno del suo Ponteficato 1295 essendo in Anagni gliene spedì Bolla d'investitura, per la quale gli concedè in Feudo le isole suddette con obbligarlo a prestar il giuramento di fedeltà ed omaggio, e di pagarli cinquanta once d'oro l'anno al peso del Regno di Sicilia, per censo, in ricognizione del dominio diretto, ch'egli vi pretendeva, siccome lo pretendeva in tutte le altre province del Mondo; e la carta di quest'investitura è rapportata dal Tutini[144]. E da questo principio nacque, che Alessandro VI nell'anno 1493 si facesse lecito di concedere la terra ferma e l'isole insino a' suoi tempi sconosciute, e tirar una linea da un Polo all'altro, assegnandole e donandole a Ferdinando ed Isabella Re di Castiglia[145]. Quindi surse la nuova dottrina professata da' Dottori Guelfi e dai Canonisti che il Papa fosse Signore di tutto il Mondo contrastando a' Dottori Ghibellini, che ne facevano Signore l'Imperadore.

La Cattedra di S. Pietro volevano che si riputasse la Reggia universale del Cristianesimo, ed a questo fine ingrandirono i Cardinali e depressero i Vescovi, per rendere più maestosa la loro Sede. I Cardinali, come si è veduto, sdegnavano di andar di persona a trattare con Manfredi, dicendo, che ciò non era di loro stima ed onore; ed Innocenzio IV ad onta di Federico, che s'ingegnava abbassargli insieme con tutto l'Ordine ecclesiastico, volle dargli il cappel rosso, la valigia e la mazza d'argento quando cavalcavano, volendo che alla regia dignità fosse la loro agguagliata; ed essendosi da poi proccurato d'innalzar assai più la loro dignità a gradi ed onori Eminenti, vennero dagli adulatori della Corte romana anche chiamati Grandi Senatori, che venerati con regali onoranze eleggono il Supremo Principe, che così chiamano il Papa, ed assistono al suo gran soglio.

Divenuto il Papa Monarca, i Cardinali grandi Senatori, e la Sede Appostolica Reggia e Corte universale del Cristianesimo, Gregorio IX per maggiormente stabilire la Monarchia applicò l'animo ad una compilazione e pubblicazione di Decretali, le quali terminarono di mettere interamente in rovina il diritto antico de' Canoni, e stabilirono la possanza assoluta e senza termine de' romani Pontefici; poichè considerando, che siccome l'Imperador Teodosio formò la politia dell'Imperio, con far raccorre le costituzioni ed editti, così suoi, come degli altri Imperadori predecessori in un libro, che fu poi chiamato il Codice Teodosiano; e l'Imperador Giustiniano, oltre la compilazion delle Pandette, che contenevano le leggi antiche accomodate al suo tempo, ridusse ancora in un corpo le sue costituzioni e quelle de' predecessori Imperadori nel suo Codice; così bisognava formar una nuova politia per la Chiesa accomodata a' suoi tempi (giacchè, mutate le cose, la compilazione del Decreto non era a proposito) e di ridurre perciò in un corpo tutte l'epistole decretali de' suoi predecessori, con separarle da' canoni, e dall'altre epistole de' Pontefici, le quali non potevano servire, come queste, ch'egli trascelse, per stabilire la Monarchia romana, e massimamente per la materia beneficiale e per lo Foro episcopale, e per maggiormente stendere la conoscenza nelle cause e la loro giurisdizione; ond'egli, ad imitazione di que' due grandi Imperadori, ordinò la compilazione d'un nuovo Codice; ed aboliti tutti gli altri rescritti, volle, che questo suo libro, che chiamò Decretale, avesse tutta la forza e vigor di legge; nel quale vi è molto più intorno a quello che concerne l'edificazione de' processi, che l'edificazione dell'anime.

§. I. Della compilazione delle decretali; e loro uso ed autorità

Epistole decretali erano ne' primi tempi chiamate quelle lettere, che i Vescovi delle Sedi maggiori scrivevano a' Padri della Chiesa, che gli richiedevano di qualche parere intorno alla dottrina, e disciplina della Chiesa[146]. Ma da poi il Pontefice romano, come Capo della Chiesa essendosi innalzato sopra tutti i Vescovi e Patriarchi, e facendo perciò valere la sua autorità più di tutti gli altri, s'appropriò egli solo di mandar sue epistole ai Padri ed a' Vescovi, che ricorrevano a lui per consultarsi di qualche affare delle loro Chiese; e pervenute queste epistole a qualche numero, sin ne' tempi di Papa Gelasio nel Sinodo di 70 Vescovi tenuto in Roma nell'anno 494 furono quelle confermate, acquistando vigore non meno che i Canoni, che ne' Concilj erano stabiliti[147].

Ma a' tempi di Carlo M. che favorì cotanto i Pontefici romani, acquistando vie più forza le loro decretali, si cominciò a separarle da' Canoni, e riputandosi non esser mestieri per aver vigore, di esser confirmate da' Concilii, o da' Sinodi, si credette, che esse sole bastassero per regolare la dottrina e la disciplina della Chiesa, onde maggiormente i Pontefici stabilirono la loro autorità, e vie più crebbe il lor numero, tanto che bisognò pensare ad unirle insieme, e farne raccolta, con introdursi perciò un nuovo dritto Pontificio, lasciando da parte stare i Canoni de' Concilii[148].

La prima compilazione di queste lettere decretali separate da' Canoni la fece Bernardo Circa Preposito di Pavia, e poi Vescovo di Faenza, il quale sotto certi titoli dispose le decretali de' Pontefici, cominciando da Alessandro III, insino a Papa Celestino III il qual pervenne al Ponteficato nell'anno 1191. Non ebbe egli altro scopo, se non perchè quella servisse, come un supplemento al decreto di Graziano; onde questa Raccolta fu chiamata libro delle Stravaganti, perchè le Costituzioni ivi racchiuse, vagavan fuori del Decreto[149]. Antonio Augustino la diede alla luce, dandole il primo luogo fra le altre Raccolte delle antiche decretali. In questo decimoterzo secolo ne surse un'altra, di cui si nominano tre Autori, Gilberto, Alano e Giovanni Gallense. Questi imitando Bernardo, raccolsero le decretali di quelli Pontefici, che vissero dopo Bernardo; ma sopra i due primi si distinse Giovanni, che ne fece più ampia Raccolta[150]. La terza la dobbiamo a Bernardo Compostellano il quale da' Registri d'Innocenzio III Pontefice il più dotto, e 'l maggior facitore di decretali, le raccolse, fu chiamata Romana[151].

Tutte queste Collezioni essendosi fatte per privata autorità, allegate nel Foro o altrove, non avevano vigor alcuno; onde era di mestieri da' scrigni della Chiesa di Roma cavar gli esemplari perchè facessero autorità. Per la qual cosa i Romani pregarono Innocenzio III perchè di sua autorità comandasse una nuova Compilazione: Innocenzio loro compiacque e diede la cura a Pietro Beneventano suo Notajo, che la facesse: questi nell'undecimo anno del suo Ponteficato intorno il 1210 la fece, e fu la prima raccolta del jus Pontificio, che si facesse con pubblica autorità[152]. Passati cinque anni, coll'occasione del Concilio tenuto in Laterano sotto il medesimo Pontefice, se ne fece un'altra nel 1215, nella quale furono aggiunte tutte le decretali e rescritti, che per lo spazio di que' cinque anni eransi emanati. Da poi nell'anno 1227 Tancredi Diacono di Bologna ne fece un'altra, nella quale unì le Costituzioni d'Onorio III successor d'Innocenzio; ma quantunque fosse stata terminata in quell'anno, nel quale morì Onorio IX suo successore, che meditava oscurar la fama de' suoi predecessori con una più ampia o nuova compilazione, la fece supprimere, nè mai vide la luce del Mondo, se non negli ultimi tempi, quando Innocenzo Cironio nell'anno 1645 la fece imprimere in Tolosa colle sue dottissime chiose[153].

Gregorio IX adunque per maggiormente stabilire la Monarchia romana, ordinò, che si compilasse un nuovo Codice, nel quale ad imitazione dell'Imperadore Giustiniano, volle, che risecate le altre Costituzioni dei Pontefici suoi predecessori, le quali non erano più confacenti a' suoi tempi, s'inserissero in quello le sue e l'altre de' suoi predecessori, che egli stimò più a proposito; ed oltre a ciò, perchè non s'avesse occasione di ricorrere al jus civile, statuì da se molte cose ancorchè non richiesto[154], affinchè con questo suo Codice si regolassero i Tribunali ne' giudicii, e le Scuole nell'insegnar a' giovani la giurisprudenza. Commise la compilazione di quest'opera a Raimondo di Pennaforte del Contado di Barcellona, Frate Domenicano, gran Canonista, ed Inquisitore in Catalogna, e molto caro a Giacomo Re d'Aragona, che lo trascelse per suo Confessore[155]. Gregorio tratto dalla fama della sua dottrina e bontà de' costumi, lo fece venire in Roma, e lo creò suo Cappellano e Penitenziero, dignità che a que' tempi non si conferiva se non che ad uomini riguardevoli e letteratissimi. Costui eseguendo la sua commessione la ridusse a compimento. Divise l'opera in cinque libri, e seguitò l'istesso metodo appunto, che tenne Triboniano nella compilazione del Codice di Giustiniano[156].

Papa Gregorio, vedendo terminata l'opera a seconda del suo genio, tosto promulgò una Costituzione, che la propose all'istesso Codice, per la quale, abolendo tutte le altre, comandò a tutti, che solamente di questa compilazione si servissero così ne' giudicii, come nelle scuole: proibendo ancora con molto rigore, che per l'avvenire niuno abbia ardimento di farne altra, senza spezial autorità della Sede Appostolica[157]. Comandò ancora, che per tutto il Mondo si divolgasse, ed in tutte l'Accademie ed Università d'Europa si legesse[158], infiammando allo studio di quella non meno i Professori, che gli scolari.

Non vi fu parte d'Europa, che per la potenza e credito di Gregorio non la ricevesse con ardore; e si mossero i Professori da tutte le parti, non meno ad insegnarla nelle scuole, che a farvi copiose chiose. I primi furono Ruffino

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1

Ughel. Ital. Sacr. tom. 9. Anonym. de Reb. Feder. Conrad. et Manfr.

2

Anonym. Misitque Henricum fratrem suum minorem ad gubernandam Siciliam, et Calabriam vice sui.

3

Anonym. de Reb. Frid.

4

Anonym.

5

Costanzo lib. 1. Ist. di Napoli.

6

Pansa Vita Innoc. IV.

7

Anonym. Dictum Regem cum magna Theutonicorum comitiva per mare venientem apud Sypontum debita reverentia et devotione recepit sub anno Domini 1252.

8

Anonym. Cum ipso Rege praecedente, in Terram Laboris contra rebelles illarum partium cum toto suo exercitu profectus est.

9

Anonym. In processu autem illius in Terra Laboris, Rex Civitates Aquini, Suessae, S. Germani, pluraque vicina Castra, quae per Regis adventum rebellaverant, vicit.

10

Anonym. Costanzo, l. 1.

11

Anonym. Machinis quoque circumcirca dispositis, et cavis etiam subterraneis ad murorum obversionem, et fossis, ad deditionem coëgit; magnaque victoria ex illarum Civitatum deditione Rex illustratus est.

12

Tom. 2 pag. 914.

13

Anonym.

14

Anonym.

15

Anonym.

16

Paris histor. Angl. Unde Rex Corradus post mortem sui fratris, numquam, ut antea, vultum ostendit serenum.

17

Lunig Cod. Ital. Diplom. Tom. 2 pag. 915, 916.

18

Anonym. In Campis prope Lavellum infirmitate correptus, cum esset circa annos aetatis 26 in triumphorum suorum primordiis acerbae mortis fato succubuit.

19

Anonym. Summus Pontifex illam Legatorum missionem, et Apostolicae gratiae postulationem, magis debilitati partis Regiae, quam devotioni ascribens, respondit, praecise se habere velle Regni possessionem, atque dominium; promittens Regi pupillo, cum ad pubertatem veniret, de Jure, si quod haberet in Regno, gratiam esse faciendam.

20

Anonym. Baliatus officium se assumpsisse poenituit, et ex tunc onus quidem incaute susceptum, non sine pudore deponendum existimavit.

21

Anonym. Quamobrem Princeps ad hujusmodi quidem aemulorum intentionem repellendam, Regni gubernaculum, tam ad utilitatem pupilli nepotis sui, si viveret, quam ad suam, si forte de facto aliud contigisset, assumere de jure debebat.

22

Anonym. Sin autem ipse Puer vel jam defecisset, vel post, liberis non susceptis, deficeret, ipsum Principem Manfredum ex tunc in Regem et Regni dominum haberent.

23

Anonym.

24

Anonym.

25

Ughel. Ital. Sacr. tom. 9 p. 109 riscontrata in Reg. Vat. an. 9. Pontif. n. 121 et 122.

26

Raynal. t. 13. Annal. Ecclesiast. an. 1252 a n. 5 ad. 7 colla data 12. Kal. Feb. an. Pont. IX.

27

Anonym.

28

Reg. In. IV. in Vat. epist. 205. Tutin. de' Contest. del Regno pag. 58. Pansa in vita Inn. IV.

29

Anonym. Et Papa Regnum intrante, Princeps stratoris ei officium exhibens frenum tenuit, quo usque ad pontem Garigliani transiret.

30

Tutin. loc. cit. p. 60.

31

Costanzo lib. 1 histor. di Napoli.

32

Anonym.

33

Anonym. Viro quidem juvene, et ipsius Papae consanguineo.

34

Anonym.

35

Anonym.

36

Anonym.

37

Summ. tom. 2 p. 132.

38

Tutino de' Contest. p. 61. Raynal. Annal. Eccl. tom. 13 ann. 1255.

39

Chiocc. de Archiep. Neap. ann. 1262.

40

Pansa in Vita Innoc.

41

Anonym. Ambo simul Neapolim pervenientes, invenerunt, quod ipsis diebus, videlicet Idibus Decembris, Papa defunctus erat.

42

Gio. Villani. Costanzo, lib. 1.

43

Anonym. Pansa, in Vita Innoc.

44

Chiocc. de Archiep. Neap. an. 1262 ex Glos. in l. si maritus 15, § legis Juliae, D. de Adulteriis, ivi: Quidam erat absens causa Reipublicae, ut puta in Civitare Neapolitana, ubi nunc est Papa Alexander IV.

45

Anonym.

46

Lunig Cod. Ital. Dipl. Tom. 2 pag. 918.

47

Anonym.

48

Anonym.

49

Anonym.

50

Anonym. Curiam ipsius Imperatoris Federici pauper ingressus.

51

Anonym. Quia tractari dicebatur, quod Calabria in manibus Ecclesiae daretur.

52

Anonym.

53

Anonym.

54

Anonym.

55

Anonym. Minime credibile reputavit, et miratus est si verum esset, quod Legatus Sedis Apostolicae, vir quidem Ecclesiasticus, et qui magis aliis fidem servare tenebatur, firmata inter se, et Principem treguarum pacta, fregisset.

56

Anonym.

57

Anonym. Ut princeps pro parte sua, et Regis Conradi nepotis sui Regnum teneret, excepta Terra Laboris, quam Princeps Ecclesiae concessit tenendam.

58

Anonym.

59

Anonym.

60

Costanzo l. 1.

61

Anon.

62

Anonym. Et ideo praedictae duae Civitates Neapolis, et Capua sponte sua se ad mandatum Principis converterunt.

63

Inveges Annal. di Paler. tom. 3.

64

Lunig. Cod. Ital. Diplom. p. 927 a 928.

65

Anonym. Pirri. Rainaldo.

66

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