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Il Guerriero Sfregiato
Il Guerriero Sfregiato

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Il Guerriero Sfregiato

Язык: Итальянский
Год издания: 2021
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“Accidenti Gerrick, li hai spaventati a morte. Non riuscivo a capire se volessi attaccare loro o gli Skirm. Sicuramente avranno degli incubi per un po’” lo ammonì Mack.

“No invece, uno dei vampiri cancellerà loro la memoria” ribatté Gerrick prima di affrettarsi ad annientare anche il resto dei nemici. Fu un lavoro pulito e veloce quello di eliminare gli Skirm che avevano approcciato le streghe.

Fece poi un cenno a Breslin, il quale guidò le donne dietro l’angolo mentre le streghe stavano riportando l’attacco a Zander. In pochi minuti le prigioniere si sistemarono nelle monovolume, ed erano tutti pronti a fare ritorno a Zeum. Gerrick rilassò il capo sul poggiatesta; si chiese che cosa sarebbe successo.


Shae chiuse gli occhi e appoggiò la testa al finestrino durante il viaggio verso la famosa base di Zeum. Era stata finalmente liberata dalla tortura degli Arcidemoni. Per sette lunghi mesi aveva pregato affinché arrivasse quel momento, e ora che era finalmente giunto non aveva idea di che cosa fare. Prima del rapimento concludeva una lunga giornata rilassandosi facendo l’uncinetto, ma in cattività non aveva avuto con sé i propri strumenti. Dubitava però che l’hobby la calmasse ancora dopo tutto ciò che aveva subito.

Le mancava la sua famiglia e voleva essere portata subito a casa, ma si trattenne dal chiederlo. Le vennero le lacrime agli occhi quando ripensò alla propria vita. Indubbiamente la credevano morta.

Sicuramente i suoi genitori avevano già assimilato la perdita, e allo stesso modo aveva fatto suo fratello che era più grande di lei di diversi secoli; i due erano però intimi come fossero stati gemelli. Suo fratello era presente in tutti i ricordi di Shae; le aveva insegnato a giocare a baseball e a guidare. Le rare volte in cui era andata per locali con gli amici suo fratello era sempre stato lì a proteggerla.

Le tornò alla mente l’espressione accanita del nonno; sicuramente l’aveva cercata innumerevoli volte per le strade. Era pronta a scommettere fino all’ultimo centesimo che l’uomo avesse impiegato i propri sensi di lupo per cercare di rintracciarla, e sicuramente l’aveva frustrato parecchio non trovarla. Era impossibile rintracciare qualcuno quando veniva teletrasportato, ed era così che l’avevano rapita i demoni quella dannata notte. Adorava suo nonno e avrebbe fatto di tutto per sentire ancora le sue braccia forti attorno a sé; la facevano sentire al sicuro. Non credeva che si sarebbe più sentita al sicuro.

Si ritrovò a chiedersi se uno degli zii avesse tramutato la sua camera in studio. Viveva insieme alla famiglia allargata come tutti gli esseri soprannaturali, e lo spazio era poco. Non abitavano in una villa enorme, quindi la loro modesta casa non concedeva loro il lusso di avere uno studio. Per quanto le mancasse la propria famiglia non riusciva a immaginarsi di rivederli quella notte. Voleva dire loro che era viva, ma non era sicura di riuscire a reggere una conversazione circa l’accaduto.

Non era più la stessa donna che era stata rapita tutti quei mesi prima. Allora era un vampiro felice che sorrideva spesso e a cui piaceva uscire con gli amici. Le piaceva andare ai concerti e alle enoteche, e nonostante non fosse un’atleta, giocava nella squadra di softball della banca; una manicure e una pedicure bisettimanale erano più nelle sue corde rispetto al fare attività fisica. Era uscita con diversi uomini ma al momento non c’era nessuno di speciale nella sua vita. Non riusciva nemmeno a immaginarsi che un uomo la toccasse. Non sapeva più chi era.

Le sarebbe scoppiata la testa se avesse continuato a scervellarsi per darsi risposta alle domande che la assillavano.

Udì qualcuno menzionare Dante, il suo capo, nonché il Signore dei Cambion. Ripensò quindi al suo lavoro e si chiese se avessero mantenuto la sua postazione. Le tornò alla mente il giorno di tanti anni prima quando Dante l’aveva assunta. Aveva flirtato con lei dicendole che l’avrebbe assunta se avesse indossato delle minigonne. Lo aveva mandato a fanculo, certa che non l’avrebbe assunta, ed era rimasta scioccata quando l’aveva fatto. Più avanti le aveva detto che era stata la sua sfacciataggine a convincerlo. Shae sapeva che Dante faceva parte del Consiglio dell’Alleanza Oscura insieme a Zander, e pregava di non dover avere a che fare con il proprio capo nel futuro prossimo.

Aprì immediatamente gli occhi quando sentì che la monovolume si era fermata. Si guardò attorno con fare sospetto e notò che avevano parcheggiato accanto a un doppio portone nero adornato da incisioni complesse e lavorate. Lo spostamento era durato fin troppo poco per i suoi gusti; avrebbe preferito restare seduta lì in silenzio per evitare il più possibile la realtà.

Il portone si aprì improvvisamente, e vi uscì di fretta una donna minuta dai capelli mori. A Shae batteva forte il cuore quando scese dal veicolo, e raggiunse le altre donne che sembravano agitate tanto quanto lei.

Zander si avvicinò alla donna e la baciò delicatamente prima che lei si rivolgesse al gruppo. “Benvenute a Zeum. Se non l’avete ancora capito sono Elsie, la Prescelta di Zander. È bello avervi finalmente qui. Seguitemi, parliamo dentro, qui fuori fa freddo”. Elsie guardò negli occhi tutte le presenti.

Vennero incitate dai Guerrieri a entrare in casa, il che fece adirare Shae. Non le piaceva trovarsi in una situazione sconosciuta, non importava quanto gli altri stessero sorridendo e stessero cercando di metterle a loro agio. Non conosceva quelle persone e ne aveva passate abbastanza per non fidarsi di nessuno. Azazel era l’esempio perfetto; esteticamente era bellissimo ma era la persona più malefica con cui avesse mai avuto a che fare.

Si impose di ricordarsi che si trattava della residenza del suo Re e che era stata salvata dai Guerrieri Oscuri, ovvero i più rispettati del Reame. Lo sforzo di controllare la propria reazione la fece sudare nella giacca di Gerrick. Non vedeva l’ora di andarsene, e si sentiva claustrofobica nella villa immensa.

“Devo chiamare la mia famiglia, sicuramente sono preoccupati per me” disse Cami immediatamente.

“Mi spiace ma non puoi” rispose gentilmente Zander.

La cosa fece incazzare subito Shae, così come le altre donne. Nessuno le avrebbe mai più obbligate a fare qualcosa contro la loro volontà. Il vampiro cercò di ideare alcuni modi per fuggire nel momento in cui si sarebbe presentata l’occasione; in quel preciso istante era impossibile, circondata dai Guerrieri e le loro Prescelte. Prima o poi avrebbe trovato un modo per farlo.

“Perché no?!” Sbottò Cami.

“Perché non sappiamo abbastanza di come si sia sviluppata la situazione. Gli umani non possono sapere del Reame di Tehrex, e dobbiamo fare dei test per determinare gli effetti del veleno dei demoni su di voi” spiegò Zander.

“Voglio andare a casa, adesso!” Esclamò Cami.

“Può andare a casa se vuole” esordì Shae. “Siamo state prigioniere abbastanza a lungo, non potete dirci che cosa fare!”

“Calmatevi”. La Principessa Breslin cercò di tranquillizzarle sollevando le braccia in cenno pacificatore. Peccato, perché Shae era parecchio incazzata e voleva prendere a pugni la donna.

“Non possiamo tenerle qui, sarebbe crudele dopo tutto ciò che hanno passato” commentò Gerrick. Shae era scioccata dal fatto che il Guerriero le stesse difendendo, tanto più che non le sembrava il tipo che s’interessava di qualcosa. Lo aveva visto combattere con un certo distacco, il che le aveva fatto chiedere se provasse dei sentimenti.

“E invece restano, Gerrick. Non sappiamo che cosa abbiamo per le mani e che rischio rappresentino” ribatté Zander.

“Zander ha ragione. Là fuori non è sicuro per loro” aggiunse Breslin. Shae non ci pensò due volte e si tolse la giacca di Gerrick prima di correre verso la donna dando una spallata al fianco della Principessa. La raggiunse un pugno alla guancia che le fece vedere brevemente le stelle. Scoprì quindi i canini e si accovacciò, quindi colpì Breslin allo stinco. Udiva qualcuno urlare qualcosa in sottofondo ma non vi prestò attenzione.

Breslin l’afferrò per la caviglia e tirò. Shae aveva trascorso mesi sul ring, e fu quindi in grado di restare in piedi senza smettere di prendere a pugni la Principessa. Combattere era diventato la sua seconda natura, e non perdeva mai. Perdere sul ring significava morire, e non aveva intenzione di morire nel futuro prossimo. Breslin ringhiò e scoprì i canini, quindi Shae notò che negli occhi color ambra di lei presero a brillare delle fiamme di rabbia. Nemmeno lei aveva intenzione di arrendersi. Improvvisamente qualcuno cinse la vita di Shae, e delle forti braccia la sollevarono da terra.

“Tutto ok, dolcezza?” Domandò il demone di fuoco alla Principessa quando si accucciò accanto a lei. Non le interessava chi la stesse trattenendo, avrebbe fatto in modo che Breslin non potesse rispondere alla domanda. Shae si agitò nella presa, e in risposta venne stretta ulteriormente, rendendole impossibile muoversi anche solo di un centimetro.

“Non chiamarmi dolcezza” sbuffò Breslin uscendo infuriata dalla stanza.

“Le piaccio, me lo sento” commentò il demone del fuoco nel momento in cui Shae affondò le unghie nella carne delle braccia che le stavano trattenendo i fianchi. Impiegò tutte le proprie energie per voltarsi e capire chi l’avesse vincolata. Era Gerrick e aveva un ghigno in volto.

“Mettimi giù. Me ne vado” sbottò portando indietro la testa. Il Guerriero cercò di evitare l’offesa, ma la sommità della testa della ragazza lo raggiunse al mento. Sperava di riuscire a rompergli il naso e restò delusa quando si rese conto che non l’aveva ferito nemmeno un po’.

“Non vai da nessuna parte, Shae. Non adesso” le mormorò Gerrick all’orecchio quando la strinse ulteriormente a sé. La rabbia di lei riaffiorò con veemenza e riprese a contrastarlo. Si rifiutava di venir messa in un’altra gabbia.

CAPITOLO TRE

Era come se Gerrick stesse stringendo a sé una lince. Shae era esplosa senza ascoltare ragioni. Non che lui fosse d’accordo con il trattenere quelle donne, ma capiva che al momento stavano avendo a che fare con qualcosa di sconosciuto, e non le avrebbero lasciate andare così facilmente.

Era strano; le altre donne erano arrabbiate e avevano protestato, ma solamente Shae era impazzita. La rossa tra le sue braccia era completamente fuori controllo.

Aveva portato indietro la testa e lo aveva colpito al mento, al che Gerrick aveva imprecato. “Smettila, accidenti. Stiamo cercando di aiutarti. Non stai migliorando la tua situazione”. Era come se stesse parlando con un muro. Quando portò l’attenzione su Jessie lesse lo stupore sul volto di lei.

Jessie, l’amica di Cailyn si era unita al gruppo qualche mese prima dopo essere stata morsa e infettata dal medesimo Arcidemone. Era stato grazie a lei se il Reame aveva appreso la differenza tra il morso di un Arcidemone su un maschio e su una femmina. Prima di Jessie nessuna donna era stata infettata da un Arcidemone, quindi era credenza comune che il morso portasse al mutamento in uno Skirm decerebrato.

Fece appello ai propri poteri e mormorò “Codlata”; le sue dita irradiarono luce blu e l’uomo percepì il formicolio a lui familiare quando si attivò l’incantesimo. Qualche istante più tardi Shae si abbandonò tra le braccia di Gerrick e la ragazza chiuse gli occhi.

“Che cosa le hai fatto?!” Domandò Cami.

Gerrick la vide trasalire quando portò l’attenzione sull’umana. Chiaramente non era pronta ad affrontarlo come aveva fatto Shae. Era al corrente che molti lo vedessero come un Guerriero spietato, freddo e menefreghista, ma non si era mai prestato a modificare la concezione altrui di sé perché gli andava bene così. Credeva che fosse meglio essere temuto piuttosto che facilmente approcciabile. “Non l’ho uccisa, se è questo che ti preoccupa. Le ho solamente fatto un incantesimo soporifero, si sarebbe fatta male”.

Sollevò le gambe di Shae portandosele al petto, percependo immediatamente la pelle morbida di lei addosso. Abbassò lo sguardo sulla ragazza, come attratto dal viso che aveva rilassato sul proprio braccio. Aveva i capelli sporchi e secchi, ma erano quelli più lunghi che avesse visto da secoli. Immaginò che una volta puliti e pettinati le avrebbero raggiunto il sedere. Non era tipico per le donne moderne portare i capelli talmente lunghi, il che rendeva quella tra le sue braccia un enigma.

Le ciocche tempestate di nodi le scivolarono oltre la spalla, attirando l’attenzione di lui sul seno nudo. Era molto sporca, eppure si distingueva il rosa dei capezzoli. Era pronto a scommettere che se li avesse trattati come voleva si sarebbero fatti rossi e turgidi.

Prese un respiro profondo prima di avanzare verso le scale che portavano al seminterrato. Per la prima volta fu in grado di distinguere l’aroma naturale di lei di gelsomino, nonostante la puzza che le assediava la pelle. Aveva un profumo divino, e Gerrick non riuscì a limitare la propria erezione. Fece di tutto per distrarsi, ma il suo stupido membro non lo ascoltò. Voleva ciò che voleva, e non gli importava che non fosse il momento giusto.

Era incuriosito dalla reazione del proprio corpo. Stava portando una donna nelle loro segrete per imprigionarla, eppure gli era venuto duro come la pietra. L’ultima cosa che doveva accadere era che Rhys o Orlando se ne accorgessero, in quanto non gli avrebbero più dato tregua. Scese le scale cercando di concentrarsi su nient’altro che la donna che aveva tra le braccia.

Gli risultò però impossibile, distratto dai suoi respiri delicati e i gemiti. Da sveglia era un uragano, mentre in quello stato era una donna fragile che Gerrick voleva semplicemente tenere con sé e proteggere. E, cazzo, quanto la odiava per il modo in cui lo faceva reagire. Non aveva provato una tale attrazione per nessuno da quando aveva incontrato la sua Evanna. Il suo cuore e la sua anima appartenevano alla sua Prescelta defunta.

Era stato amore a prima vista quello che aveva provato per Evanna quattrocento anni prima. All’epoca era un giovane stregone di soli cinquant’anni, e l’aveva catturato sin da subito. Gli tornarono alla mente i suoi capelli biondi e i suoi occhi del colore della giada, e di come sorrideva con facilità. Era qualcosa che Gerrick faceva in sua compagnia.

Avevano scoperto di essere Prescelti quando avevano fatto sesso per la prima volta ed erano apparsi i relativi marchi di accoppiamento. L’aveva persa di lì a poco, era morta per mano di un Arcidemone e il suo Skirm. Nulla era servito a riportarla da lui, nemmeno la propria abilità di plasmare il tempo. Per poco non si era giocato completamente il proprio dono quando aveva tentato ripetutamente di salvarla in quel maledetto giorno, e in quell’occasione aveva imparato che l’uso del potere ti presenta sempre il conto. La cicatrice sul proprio volto era il prezzo che aveva richiesto la Dea per il tentativo di lui di cambiare il destino. Avrebbe accettato di venir ricoperto di cicatrici se solo fosse servito a salvare Evanna. Si corrucciò nel scendere le scale e cercando di allontanare i ricordi dolorosi dalla mente.

Udì Zander e gli altri accompagnare le donne lungo le scale dietro di sé. Si accorse che Elsie, la Prescelta di Zander stava cercando di rassicurare una delle vittime. Gerrick non sapeva come mai perdesse tempo; nemmeno a lui piaceva la situazione, ma non c’era modo di cambiarla. Non aveva senso cercare di confortarle, e francamente gli sembrava uno spreco di fiato.

Non era freddo e ostile come credevano in molti, semplicemente non vedeva il senso di dire a queste donne che sarebbe andato tutto bene. Le stavano imprigionando nuovamente, qualche ora dopo averle liberate. Nessuno sapeva se le cose sarebbero effettivamente migliorate o se avrebbero dovuto eliminarle a causa della loro pericolosità. Abbassò lo sguardo su quello pacifico di Shae e le giurò in quel momento che non avrebbe mai permesso che le venisse fatto del male, non importava che cosa avrebbero appreso su di loro.

Gerrick avanzò oltre il seminterrato, dove si trovavano una clinica medica, una stanza delle armi, uno spazio per l’allenamento e delle stanze extra per gli ospiti. Al piano inferiore i mattoni e il cemento lasciavano spazio alla pietra e alla terra. A Seattle era una vera e propria sfida avere un piano interrato, figurarsi delle segrete, ma erano riusciti a farlo grazie all’uso della magia. Si ricordò di aver scavato e di aver utilizzato la pietra per rinforzare i muri delle segrete.

Gli vennero i brividi quando si accorse dello sbalzo di temperatura, e vide che a Shae venne la pelle d’oca. Si appuntò mentalmente di fare in modo che la ragazza avesse a disposizione dei vestiti caldi e tante coperte. Si fermò quando raggiunse la prima cella, di cui aprì la porta con un piede.

“Prendi delle coperte e delle lenzuola. Non voglio metterla sul materasso così com’è” disse Gerrick. A differenza di alcuni compagni Guerrieri, Gerrick non era mai stato chiuso nelle segrete, ma era contento che avessero migliorato le postazioni, fornendole di veri e propri letti. Shae non si meritava di dormire sul pavimento sporco o su una branda.

“Faccio preparare tutti i letti” rispose Nate affrettandosi attraverso la porta con delle lenzuola in mano “ma non mi ha detto nessuno che le avreste messe nelle segrete. Quanto può essere difficile mandare un messaggio? Wow, che bomba” commentò Nate facendo cadere a terra le coperte quando notò Shae.

Gerrick scosse il capo. Non sapeva come mai Angus, il drago muta-forma che era stato in passato il loro maggiordomo, avesse disposto che Nate fosse il suo sostituto. Chiunque sarebbe stato più adatto e in grado di concentrarsi sui compiti affidatogli. Non Nate, il quale trascorreva più tempo a sbavare dietro alle donne piuttosto che occuparsi della casa.

“Queste donne hanno subito degli orrori impronunciabili, non comportarti da coglione. Sistema le coperte sul letto così posso far coricare Shae” sbottò Gerrick; voleva cavare gli occhi di Nate per aver guardato il corpo nudo di lei. Gli sottrasse una coperta e l’avvolse attorno alla ragazza. Nate si voltò verso le sbarre, e sia il suo silenzio che il rossore delle sue guance indicavano che aveva compreso quanto il suo commento fosse fuori luogo.

Gerrick fece coricare Shae una volta sistemato il letto. Tecnicamente aveva portato a termine il proprio compito, ma si rese conto che non voleva lasciarla da sola. “Shae non si sveglierà ancora per un po’, e deve pulirsi. Manda qualcuno dello staff affinché se ne prenda cura” richiese il Guerriero nel guardarsi attorno nella nuova residenza di Shae. Un muro era costituito dalle sbarre, mentre gli altri tre dalla pietra; aveva più privacy di prima e sicuramente l’avere un water e una doccia funzionante sarebbe stata cosa gradita, a differenza della natura dell’alloggio, per cui avrebbe protestato.

Guardò la donna addormentata. Sembrava tranquilla a riposo, ma Gerrick non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di lei che perdeva la cognizione. Le accarezzò la testa con una mano, si chiedeva che aspetto avrebbe avuto da pulita. S’immaginò che avesse i capelli di un rosso intenso e che forse avrebbe avuto il naso tempestato di lentiggini.

“Nate!” Chiamò Zander. Gerrick ritirò subito la mano per non farsi beccare ad accarezzare la testa di Shae. Non sapeva che cosa gli fosse preso, ma doveva darsi una regolata. “Fa’ in modo che ogni donna abbia a disposizione delle salviette e degli articoli per l’igiene. Fatti dare le loro taglie e fa’ avere loro dei vestiti il prima possibile. Le nostre ospiti dovranno anche avere a disposizione del cibo e sacche di sangue”.

Gerrick uscì dalla cella quando vi entrarono diversi membri dello staff con salviette e altri oggetti. Jace li raggiunse subito dopo. “Le prelevo del sangue prima che la puliate, così posso fare subito degli accertamenti”. Gerrick reagì d’istinto mostrando i canini al maschio; non sapeva come mai fosse talmente protettivo nei suoi confronti. Sapeva che servivano dei campioni di sangue, e prima l’avrebbe fatto meglio sarebbe stato.

Jace strinse lo sguardo su Gerrick. “Qual è il tuo problema? Non le faccio del male. Non sa nemmeno che le sto prelevando del sangue”.

Bella domanda, pensò Gerrick, che ignorò il guaritore nell’uscire dalla cella. Restò nel corridoio per osservare l’andirivieni di membri dello staff; era come se i suoi piedi si rifiutassero di portarlo al piano superiore. Non aveva più senso che restasse lì, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo dalla donna.

Le segrete erano piccole, e le donne avevano occupato quasi tutte le celle presenti. Jace terminò l’operazione e il resto dei Guerrieri salì al piano terra, mentre Gerrick restò nei pressi della cella di lei. Due femmine di muta-forma avevano riempito dei secchi di acqua calda dalla doccia e avevano iniziato a pulire Shae.

Era come stregato dalla vista di quest’ultima. Le venne rimossa la terra dalle braccia e si rese conto di quanto fosse pallida, non che ciò inficiasse sulla sua bellezza. Diamine, nemmeno lo sporco più ostinato era in grado di renderla meno bella; era stupenda, e Gerrick si sentì improvvisamente un guardone.

Si fece forza per allontanarsi e dirigersi al piano terra. Non voleva stare ancora da solo, quindi si mise in ascolto della conversazione che veniva intrattenuta in cucina. L’aroma di aglio e cipolle aleggiava nella stanza, e il Guerriero si chiese che cosa stesse cucinando Elsie questa volta. Gli venne l’acquolina in bocca.

Secondo Gerrick Elsie era la cuoca migliore del mondo. Era in grado di trasformare tutto in un capolavoro, sia che si trattasse di formaggio alla griglia o un étouffèe di gamberi; era sempre tutto delizioso. Non si sorprese quando aprì la porta della cucina e vi trovò la maggior parte dei Guerrieri e delle loro Prescelte. Dall’arrivo di Elsie alla base la cucina era diventato un ottimo punto di ritrovo, per quanto si entrasse a proprio rischio, dato che Zander e Elsie erano noti per fare anche altro oltre a cucinare. Non che Gerrick volesse negare loro la felicità che provavano. In realtà non poteva essere più felice per il vampiro che aveva atteso sette secoli per trovare la propria metà.

“Come stanno?” Domando Zander quando lo vide.

“Shae dorme ancora e le altre sono ancora arrabbiate, ma sono certo che saranno grate di essere state tirate fuori da quell’inferno” rispose appoggiandosi poi a uno dei banconi. Portò una caviglia sull’altra e incrociò le braccia al petto.

“Per usare un eufemismo” commentò Hayden, l’Omega dei muta-forma, nel prendere un sorso del suo drink. “Adesso cosa facciamo?”

“Tutto il possibile per aiutarle a stare meglio. Non si meritano di passare dalla stretta mortale di Kadir alle nostre segrete” disse Elsie nel sistemare in un’ampia padella le verdure che aveva tagliato. Gerrick sperava che avrebbe fatto il suo tipico stufato. Era stata una notte fredda e lunga, e il suo stracotto era proprio quello che gli serviva.

“Lo faremo, a ghrá, nessuno vuole vederle rinchiuse laggiù più del necessario. Jace ha già dato i campioni del loro sangue agli scienziati e mi ha assicurato che sono già al lavoro” rispose Zander dando un bacio sulla testa a Elsie.

“Sembra che i demoni abbiano scelto individui di tutte le specie soprannaturali. Dovremo organizzare una riunione del Consiglio e invitare le Arpie e le Valchirie. Non possiamo prendere decisioni per chi è al di fuori della nostra specie” commentò Hayden. Gerrick osservò l’Omega corpulento attraversare la stanza per dare un’occhiata dentro la pentola.

“La vera domanda è se gli Arcidemoni le controllano. Chiaramente non sono come Jessie, e non possiamo fermarci al fatto che sono donne” aggiunse Zander.

“Sono completamente diverse da com’ero. Non ho mai provato quell’ira. Ero confusa dai cambiamenti che stava subendo il mio corpo, ma avevo sempre il controllo sulle mie emozioni. Era come se nella mia testa ci fosse solamente una minima pressione. Jace mi ha spiegato che era come se Azazel stesse cercando di mettersi in contatto con me, ma era qualcosa di semplice da ignorare. La cosa più difficile da fare è stato adattarmi ai cambiamenti...oh, aspettate, il localizzatore. Pensate che possano averli messi anche in queste donne?” Domandò Jessie porgendo a Elsie la ciotola di patate che aveva fatto a dadini. Sicuramente sta facendo lo stufato, pensò Gerrick, il cui stomaco prese a brontolare. Aveva più fame di quanto pensasse, e sicuramente Shae stava morendo di fame. Le si vedevano le costole come se fosse malnutrita; si fece un appunto mentale per fare in modo che la ragazza facesse una colazione abbondante appena sveglia.

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