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Il Clan Del Nord
“Sono animali, Hans. Non sono venuti per lei deliberatamente e non lo faranno nemmeno con te.”
La lacrima che scivolò lungo la sua guancia rugosa cadde sulla mano di Jaren, che la guardò scivolare fino al bracciolo della sedia a dondolo, e si generò tra loro un silenzio complice. Il vecchio si voltò di nuovo in avanti e fissò il suo sguardo vuoto sul caminetto, mentre teneva in grembo lo scialle della moglie, ancora insanguinato.
“Un giorno.”concluse infine Jaren “Posticiperò la nostra partenza di un giorno. Domani mattina i miei uomini esamineranno la foresta, cacceranno o spaventeranno quegli animali e ce ne andremo. E' tutto quello che ti posso promettere.”
Hans annuì in modo appena percettibile. Jaren non sapeva se questo avesse soddisfatto la richiesta del vecchio, o se la sua offerta gli fosse sembrata insufficiente, ma non poteva fare di più per lui e se in soli tre mesi avevano fermato gli invasori, quanto avrebbero impiegato a fermare un branco di lupi?Stimava o sperava in non più di una mattinata.
Jaren si alzò e tornò fuori, dove l'aria fresca e il sole del mattino sembravano ignari di tutte le disgrazie che avevano scosso Vianta.
Sbuffò e dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si diresse verso il recinto dove era ancora legato Donko, il suo cavallo. Mentre si preparava per montare, una moltitudine di pensieri lo assalì: sua madre, suo fratello. Raramente pensava a quello e a Isalia, soprattutto alla presenza del re, la questione era severamente vietata, ma era qualcosa che in un modo o nell'altro lo aveva sempre accompagnato. Col passare degli anni l'immagine di sua madre iniziava a sbiadire, era morta quando entrambi i fratelli erano soltanto dei bambini, a seguito dell'attacco di lupi mentre tornavano al castello di Isalia attraverso la foresta. Il coraggio di Zoran era servito a salvare la vita di Jaren, che era un anno più giovane, ma il prezzo da pagare oltre alla vita della regina, morta pochi giorni dopo, era stato eccessivo per il primogenito del re: un'imponente cicatrice gli solcava il viso da un lato all'altro in un ricordo perpetuo di ciò che era accaduto in quella notte piovosa, e quand aveva guardato il suo braccio senza mano, strappata dal morso di uno di quegli animali, aveva perso quasi i sensi . Anche Jaren stesso aveva subito ferite molto meno gravi di quelle che avevano gettato Zoran in una profonda amarezza.
Jaren si rimboccò la camicia e guardò il nome della regina Mara inciso sull'avambraccio, accanto alla ferita provocata dal taglio su cui, come anche per Zoran, più e più volte il guaritore di suo padre aveva fatto loro applicare un preparato per tenere lontana la malattia, perché secondo lui quei lupi potevano trasmettere tutti i tipi di male che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita dei principi di Isalia, come era successo con la regina. Jaren era convinto che ciò non fosse necessario; era sano, come Zoran, ma il re insisteva sulla necessità di essere cauti, preoccupato com'era soprattutto per il trono di Isalia. Il pensiero del fratello gli restituiva anche una percezione egoistica di sé: Zoran doveva esser l'erede al trono, quello destinato a sposare la principessa di Esteona, quello scelto per guidare gli eserciti e quello che avrebbe accompagnato suo padre ad innumerevoli riunioni e incontri tutt'altro che interessanti; ma il carattere di Zoran si era completamente trasformato dopo l'incidente coi lupi, e il giovane era diventato cupo e scontroso,suo padre non poteva, appunto, esporlo come la migliore lettera di presentazione. Non si può nemmeno dire che il re non abbia avuto la sua parte nella depressione del figlio: relegato ad un piano secondario degli eserciti, dove la mancanza della mano destra gli aveva tolto un gran valore. Inoltre il suo volto deformato dalle cicatrici non lo rendeva la prima scelta del re quando cercava alleanze con altri regni attraverso matrimoni, in cui il prescelto era di solito Jaren. Tutti gli ripetevano che doveva sentirsi privilegiato, ma quei privilegi non facevano altro che pesargli sulle spalle come una lastra, la lastra che supponeva la disgrazia del suo fratello maggiore, al quale sentiva di spogliarlo di tutto ciò che gli apparteneva per diritto. L'attacco dei lupi a Vianta riportò in vita gran parte di quanto accaduto quella notte, di cui aveva un vago ricordo, di quando aveva appena otto anni.
Girò la testa e scorse una figura che avanzava a cavallo: era Erik, e contrariamente a quanto gli accadeva di solito, in quel momento era la persona che meno voleva vedere. Il ragazzo scese dal destriero e gli si avvicinò.
“Non posso crederci.”disse, guardandosi intorno nella fattoria. “Hai visto il corpo di Lora? Mi sono appena imbattuto in quelli che lo trasportano e non ci credo. Pensi che possano essere lupi?”
“Cos'altro sennò?”rispose seccamente.
“Pare che siamo maledetti.”
Jaren gli lanciò un'occhiata fugace mentre slegava Donko e camminava, tenendo le redini. Erik lo seguì con il suo cavallo.
“Non dire sciocchezze!”rispose il principe.
“Sciocchezze?Prima la guerra e ora questo. Cosa succederà dopo?”
Jaren sorrise scuotendo la testa.
“Scommetto che tu non vedi l'ora di andare via da qui, giusto? E che saresti capace di tutto pur di lasciarti alle spalle Vianta. Passeresti sopra qualunque cosa o chiunque.”
“So che ti sei innamorato di questo villaggio e di nient'altro.”rispose, non privo di meno sarcasmo.”Ma io la odio.”
Jaren si fermò e gli lanciò uno sguardo fulmineo, cosa che gli sarebbe costata molto. Sentì il sangue ribollirgli nelle vene quando si ricordò del trabocchetto che lui, sua sorella e sua madre gli stavano preparando, ma non potè fare a meno di vedere Erik, il primo che gli aveva parlato al suo arrivo a Vianta, quello che gli aveva aperto le porte di casa sua e presentato così tante persone che ora era grato di conoscere, lo stesso che gli aveva confidato mille segreti e che ne aveva ascoltati tanti di più, comportandosi infine come quel fratello maggiore che Zoran non voleva essere, perché a malapena scambiava qualche parola con Jaren, solo, rinchiuso come viveva in una camera da letto.
“Già!”
“Hai parlato con Sylvaen?chiese il ragazzo.”Sono stato a casa un attimo fa e non è uscita dalla sua stanza.”
“La tua pressione insopportabile affinché io stia con lei fa parte del vostro piano di cambiare vita?”
“Come?”
“Andiamo! Ho sentito tua madre e tua sorella parlare. Potrei aspettarmelo da molte persone in questo villaggio, Erik, e lo capirei sicuramente, ma da voi...da te...”
Erik lo prese per un braccio quando Jaren stava per andare via.
“Di cosa stai parlando?”chiese.
Il principe si liberò con un brusco movimento.
“Accetti che tua sorella cerchi di farmi credere che sia incinta in modo che io possa portarla a Isalia con me? Per prenderla in moglie o per mantenere lei, tua madre e te per il resto della mia vita?Non la amo, e anche se fosse il vostro piano mi disgusta. Sono disgustato da voi e da tutte le vostre bugie. Non accetterò alcun tipo di ricatto.”
L'espressione sul viso di Erik gli fece dubitare che fosse a conoscenza dei piani di sua madre e di sua sorella, anche se trovava difficile credere il contrario, data la sua testardaggine nel volere che Jaren prendesse sul serio Sylvaen e riconsiderasse il suo futuro con lei. Erik zoppicò per un paio di passi fino ad allontanarsi dalla strada che conduceva al villaggio e cadde a terra, voltando le spalle a Jaren.
“Se ti ho insistito con mia sorella è perché ha confessato di essere innamorata di te”. Jaren lo guardava in silenzio.”Non lo nego: il fatto che Sylvaen ti amasse...la possibilità che tu ricambiassi...Voglio una vita migliore per lei e per mia madre. E come posso ignorare il fatto che tu sia un principe. Ma da lì a...usare sporchi trucchi per costringerti...non lo permetterei mai e poi mai.”
“Immagini una realtà idilliaca che non esiste ad Isalia, Erik. Mio padre è un uomo estremamente retto e severo. La vita accanto a lui non è una favola. Nemmeno mio fratello rende le cose facili; lui...”
“Andiamo!Cosa ti mancherebbe?”esclamò Erik, voltandosi.
“Se intendi materialmente, niente. Se dai valore ad altro, sei molto più ricco di me.”
Erik distolse lo sguardo e dopo aver guardato attraverso la foresta tornò a fissarlo.
“Ascolta, tua sorella è una bella ragazza”aggiunse Jaren “coraggiosa, determinata. Può avere qualsiasi ragazzo lei voglia e...”
“Tranne te”lo interruppe Erik.
Jaren inspirò profondamente.
“Può innamorarsi e far innamorare praticamente chiunque lei voglia”continuò “condurre una vita veramente felice nonostante tutto. Non lasciare che si venda per poche monete d'oro, Erik, non ne vale la pena, te lo assicuro.”
Il ragazzo tirò un respiro profondo mentre Jaren si avvicinava e gli tendeva la mano. Erik la accettò e si mise a sedere.
“Mi dispiace. Ti giuro che non avevo la minima idea che lei e mia madre stessero...Sanno che non sarei mai stato d'accordo.”
“Ti credo”concluse Jaren, mettendo una mano sulla spalla del suo amico. Non poteva negare che quella necessaria conversazione avesse alleviato una strana sensazione che gli aveva stretto lo stomaco per molto tempo. Elessa e Sylvaen lo avevano deluso, ma non Erik, e questo era già qualcosa; a dire il vero era molto. Jaren tornò da Donko e lo montò.
“Erik” disse “ti ho promesso che quando tutto si sarà sistemato a Isalia, tornerò per portarti lì e mettere la tua gamba nelle mani dei migliori guaritori. Te l'ho promesso e lo manterrò. Qualunque cosa dicano, non dimenticarlo.”
“Lo so”
Il giovane principe sorrise.
“Ah, Erik!”esclamò voltandosi mentre se ne andava “Mi mancherai anche tu. Di più”.
Erik gli sorrise e prese una pietra che poi gli lanciò.”
“Hey!”si lamentò Jaren.
“Potrei ucciderti per avermelo detto davanti a tutte queste persone.”
“Non c'è nessuno qui.”
“A Vianta le foreste hanno occhi e orecchie.”
*****
“Non puoi parlare seriamente”esclamò Goriath Non possiamo prolungare la nostra permanenza qui un altro giorno.”
“Si tratta solo di poche ore, il tempo di far fuori quel branco o cacciarlo via da qui.”
“Jaren, no!”
Goriath balzò in piedi allontanandosi di qualche metro dal cerchio di Jaren e quattro dei suoi uomini che stavano masticando in silenzio.
“Quel vecchio ha paura, e anche le altre persone. Hanno appena messo fine alla guerra e ora si vedono minacciati da quegli animali.”
“Sono contadini”disse il soldato “cacciare i lupi non dovrebbe essere un problema per loro. Lo faranno.”
“Mi ha chiesto aiuto, Goriath, e io glielo darò.”
“Tuo padre non lo approverebbe.”intervenne Atsel per la prima volta.
“Sono io quello che risponde di questa situazione, quindi non dovete preoccuparvi di nulla.”rispose Jaren.
“Tu rispondi davanti al re, ma anch'io, e lui ha ordinato di ritornare” affermò Goriath dalla sua posizione.
In controluce al sole che stava già tramontando dietro le altissime colline, sembrava ancora più grosso di quello che era. Più alto degli altri, schiena larga e corpo muscoloso, nonostante non fosse più un ragazzo, la sua testa glabra mostrava la quantità di cicatrici che lo avevano segnato durante i numerosi anni di guerra. I suoi occhi scuri erano la caratteristica più evidente su un viso freddo come il ghiaccio e minaccioso, incapace di esprimere compassione, o un sentimento che non si avvicinasse alla rabbia perenne.
Ci fu un momento di silenzio dopo le parole di Goriath, assicurando che rispondeva davanti al re, allo stesso modo del principe.
“Che cosa vuoi dire con questo?”chiese Jaren.
“Chi mi comanda è il re, non tu.”ripeté Goriath.
“Il tuo re ti ha posto sotto il mio comando.”
“Per essere più precisi, mi ha messo sotto la tua tutela, non sotto il tuo comando. E lo ha fatto, in questo caso, per difendere questo villaggio maledetto dagli attacchi di Likara e tornare indietro, non per salvare queste persone da un branco di cani.”
“Mio padre mi ha messo al comando, ma se non sei d'accordo, allora vattene.”
Atsel sbuffò e abbassò la testa, mentre Goriath, questa volta si, obbedì ed entrò nel villaggio, dove quella notte Vianta avrebbe festeggiato la fine della guerra, ignara come la maggior parte degli abitanti del villaggio, di quello che era successo alla vecchia Lora.
“Vuoi davvero che restiamo a cacciare i lupi?”chiese Atsel.
“Me l'ha chiesto quel vecchio. Era l'immagine del dolore.”
“Posso immaginare ma...non credo che il re sarà molto contento.”
“Anche tu puoi andartene se è a mio padre che obbedisci.”rispose Jaren, mettendosi a sedere.
Gli altri quattro uomini, come tutti quelli che stavano nell'accampamento, si erano già alzati e diretti verso il villaggio. Anche Atsel si alzò.
“Io obbedisco al re, ma devo anche la mia obbedienza a te, mio principe.”disse “Combatto al tuo fianco da quando avevo quattordici anni. Giusto?”
Sul viso di Jaren si formò qualcosa di simile ad un sorriso. I suoi uomini erano stufi della guerra e, come gli aveva detto lo stesso Atsel quel pomeriggio, sognavano di tornare a casa e prendersi un meritato riposo, ma non poteva abbandonare tutti quelli che da tre mesi vedevano lui e il suo esercito come salvatori. Prima di allora, una domanda aleggiava insidiosa nella sua testa: sarebbe rimasto lì per quelle persone o per se stesso?Per entrambi? Tornare ad Isalia lo avrebbe catapultato in una vita che già conosceva perfettamente e che era arrivato ad odiare: doveri, protocolli, false adulazioni, apparenze, ostentazione, distanza dalle persone, un trattamento diverso. In confronto, Vianta, quel villaggio che Erik tanto detestava, rappresentava qualcosa di molto più piccolo ma allo stesso tempo più grande: la libertà. Tuttavia sapeva che non sarebbe stato giusto equipaggiare la sua gente li solo perché voleva fuggire dalla sua vita nel regno del padre.
“Jaren!”quando si rese conto che Atsel lo chiamava”Non vieni?”
“Non so come le persone abbiano voglia di festeggiare dopo quello che è successo!”
“Non lo sanno”rispose Atsel “Il corpo di quella donna resterà nel capanno fino a domani. Poi lo comunicheremo a tutti.”
“Ma cosa stai dicendo?”
“Dai, non è difficile capirli. Sono in guerra da mesi, subendo attacchi e devastazioni . Vogliono un po di gioia, e la morte di quella donna rovinerebbe tutto. Chiedono una tregua e non credo sia da pazzi concedergliela, visto che ci tieni tanto.”
“Ma come possono lasciare il suo corpo in quel luogo abbandonato! E' una mancanza di rispetto.”
“Dici sempre che i morti non stanno qui. No? Che sono solo resti.”
Jaren non rispose. Lui stesso aveva detto ad Hans che le persone erano qualcosa di più di un corpo, legato alle debolezze e alle difficoltà della vita, ma pensare al cadavere di Lora, sbranato, avvolto in un lenzuolo e nascosto affinché il resto dei suoi vicini, ad eccezione del marito e dei parenti più stretti, potessero godersi la festa, era un'altra cosa.
Si accorse che Atsel era già partito, e nonostante sentisse la testa scoppiargli e non avesse voglia di festeggiare, si ricordò anche che quelle sarebbero state le ultime ore a Vianta e che la notte gli offriva, appunto, tutto ciò che gli piaceva in mezzo a gente che, salvo eccezioni che vedevano in lui uno strumento verso una libertà ingannevole, lo apprezzavano per quello che realmente era, interessandosi più alla sua persona che al suo titolo nobiliare.
Dayrsenne
Erano rimasti seduti a lungo intorno al falò che avevano acceso in quella che era l'area del mercato. Le torce illuminavano tutto nella piccola Vianta, cercando di combattere l'oscurità, e nonostante la poca voglia di festeggiare di Jaren all'inizio della serata, dovette ammettere che i ragazzi e l'umorismo della vecchia Niara lo avevano coinvolto nella festa. Era la proprietaria della locanda più controversa del villaggio, con una dubbia reputazione, la permissività che vi concedeva le era valsa la migliore fama tra gli uomini e la peggiore tra le donne di Vianta. Tuttavia Jaren la trovava un'anziana cordiale, coraggiosa e sempre pronta a offrire buoni consigli. Innumerevoli erano state le occasioni in cui, mentre alcuni dei suoi uomini bevevano qualcosa nella sua taverna o erano distratti nel fare ciò che infastidiva così tanto gli abitanti del villaggio, passava le sue ore oziose a chiacchierare con lei di ogni genere di cose, poiché erano poche le cose di cui non potevi discutere con la carismatica Niara. Il suo corpo scheletrico era rimasto a lungo seduto sulle ginocchia di Jaren, deliziando i soldati, che scoppiavano a ridere per ogni follia raccontata dalla vecchia.
“...e quando arrivò qui”narrò entusiasta “la sua giumenta crollò davanti alla taverna.”
“L'animale era così stanco?”chiese uno dei soldati.
“No!”esclamò Niara “Il culo di quel povero bastardo pesava più di tre di voi messi insieme.”
Ancora una volta le risate, di cui Jaren non ne era estraneo, assordarono momentaneamente la musica che continuava a suonare.
“Nè lui né la giumenta riuscirono ad alzarsi e rimasero sdraiati lì per tre giorni. La mattina versavo un secchio d'acqua calda su ognuno di loro, ma non per quelli e alla fine...”
L'arrivo di Sylvaen mise a tacere la vecchia, che ne approfittò per dare un tiro all'erba che stava fumando nella sua pipa. Jaren percepì la tensione nel corpo di Erik, che era seduto accanto a lui.
“Possiamo parlare?”gli chiese la giovane donna.
Lentamente spinse Niara da parte e si alzò, poi diede il suo posto alla vecchia.
“Stai attento, principe”disse “Ricorda tutto quello di cui abbiamo parlato, ragazzo.”
Annuì debolmente, tenendo a mente le conversazioni che avevano avuto sul desiderio delle ragazze di Vianta di andarsene ad ogni costo. Niara scherzava dicendo che portarsela sarebbe stato più economico per il ragazzo, dato che mangiava poco e occupava poco spazio.
Gli uomini di Jaren sorridevano e chicchieravano, mentre la festa e il ballo continuavano a pieno ritmo, ignari del disagio del momento.
“Principe!”esclamò Niara.
Jaren si voltò e la donna si alzò in piedi come una molla, stampando un bacio sulle labbra del ragazzo, fatto che provocò un nuovo scoppio di risate tra i presenti. Non tanto in Jaren, abituato ai gesti spontanei e quasi scandalosi della donna, ma preoccupato in quel momento per altre questioni. Qualcosa nel suo stomaco si agitò, facendogli dubitare della necessità di accompagnare Sylvaen.
Una parte di lui implorava tutti i santi che la giovane donna si pentisse e voleva solo scusarsi per il semplice fatto di aver considerato un'opzione cosi orribile. L'altra, preferiva non andare e restare semplicemente col dubbio che gli avrebbe permesso di pensare bene riguardo a Sylvaen ed Elessa. Tuttavia, tra le varie possibilità sollevate in quel momento, nessuna corrispondeva a quello che veramente accadde. Erik si alzò e parlò quando Jaren e Sylvaen si erano già allontanati di una decina di passi dal gruppo.
“Sorella, non farlo!”esclamò davanti a tutti “Non sei come le altre, dimenticati di lui.”
Il viso di Sylvaen apparve sconvolto, e il suo respiro accelerato tradì il suo disagio di fronte a tutti. Gli uomini di Jaren la guardarono, alcuni confusi, altri indifferenti.
“Erik”balbettò Sylvaen poco prima di scappare.
Nessuno dei presenti sembrava dare troppa importanza a quanto era accaduto e la maggior parte di loro continuò a mangiare, bere e fumare senza grande preoccupazione; ma non Goriath, il cui volto imperscrutabile rimase fisso su Jaren.
Erik si rimise al suo posto e seppellì il viso tra le mani, ma il principe sentì che non poteva lasciarlo così. Sylvaen si era fatta trascinare dal bisogno e dalle necessità di sua madre, ma non era una cattiva ragazza. In quel periodo aveva avuto l'opportunità di parlare con lei molte volte riguardo alle sue preoccupazioni e ai suoi sogni, ai suoi desideri e delusioni. Avrebbe voluto vedere suo fratello riprendersi e poter comprare un cavallo per sostituire la vecchia giumenta che Erik cavalcava. Recuperare parte di quella giovane donna che era ormai diventata una ragazza fredda e avida era possibile, e doveva senza dubbio avvenire attraverso una conversazione coraggiosa, lungi dallo schivarla o evitarla. Inoltre, sapeva anche che se non fosse riuscito a calmarla, non avrebbe mai più parlato con Erik. Jaren si voltò e non riuscì a fare un passo quando Goriath parlò:
“Non andrai a cercarla, vero?Non dovresti complicarti la vita con le contadine. Ti sei già divertito abbastanza in questi tre mesi, e con quella, inoltre, l'hai fatto varie volte. E' davvero così brava?”
Jaren si voltò nel momento in cui sentì cadere un bicchiere e rompersi contro una roccia. Erik era in piedi, stringendo i pugni e trattenendo una rabbia che stava per divampare da un momento all'altro. Goriath continuava a stare seduto placidamente a bere.
“Scusati subito”esigette Erik
Jaren tornò sui suoi passi e mise una mano sulla spalla del suo amico, cercando di calmarlo.
“Non ti permetterò di rivolgerti a mia sorella in quel modo!”esclamò il ragazzo.”Chiedigli scusa.”
“Tu stesso hai evidenziato le sue intenzioni.”rispose Goriath.”Sarà pure tua sorella, ma non è migliore delle altre. Aspira davvero a diventare la regina di Isalia un giorno?”
Risate e scherni erano coperti dalla musica e dall'allegria. Erik tolse la mano di Jaren e fece alcuni passi in avanti finché Goriath finalmente si alzò. Erik si mise in mezzo ai due.
“Erik”mormorò
“Perché ti poni in questo modo?”disse Goriath.
“Fermati!”gli ordinò Jaren.
“Quante di voi non hanno cercato di farsi vedere come qualcosa di più di semplici contadine solo per farvi alzare la gonna da lui?”urlò, facendo cessare la musica.”Quante di voi non sono finite in un pagliaio con sua maestà. Dando per scontato che sarebbe stato il primo passo verso il castello di Isalia?”aggiunse, allargando le braccia come se stesse arringando la gente.”Quante femmine non...”
“Chiudi quella dannata bocca!”gli gridò Jaren. Il principe diede ad Erik una leggera spinta per allontanarlo e si pose faccia a faccia con Goriath.
“Chiedi scusa adesso!”
“Te l'ho già detto, io obbedisco solo al re.”ripeté l'uomo come gli aveva già detto poche ore prima all'accampamento. “Sei solo un ragazzino che ha sempre avuto tutto e che viene messo a capo di un esercito”sottolineò. “il mio esercito, per soddisfare un capriccio, come ai bastardi di questa gente viene dato un pezzo di legno con cui giocare. Le tue arie di grandezza ti trascinano verso il basso e tu intendi prolungare la nostra permanenza qui solo per cacciare i lupi. Non hai la più pallida idea di come si guidi un esercito. Pensi di averlo fatto in molte battaglie, ma non abbiamo fatto altro che seguire il tuo gioco mentre i veri capitani e generali vincevano le guerre in tuo nome. Ma per l'amor di Dio, sono la tua bambinaia!”Jaren sentì tutta la rabbia montargli dentro, fino a che scoppiò portandolo a colpire Goriath.
L'uomo si voltò, stupito del gesto del giovane, e si lanciò su di lui, afferrandolo per il petto e colpendolo forte sullo zigomo. Gli altri soldati si sedettero, confusi e sorpresi, quando Jaren prese a calci Goriath nell'inguine, che lasciò andare dolorante. Fece un paio di respiri profondi e ritrovò la calma per lanciarsi di nuovo contro il ragazzo, facendogli saltare alla fine uno dei punti della ferita che Sylvaen gli aveva ricucito, che sanguinò di nuovo. Gli altri soldati cercarono di trattenerlo, urlandogli contro e scuotendolo.
“Separali!”gridò qualcuno.
“Basta!”urlò furiosamente un altro.
“Vuoi che il re ti impicchi in piazza, Goriath? E' suo figlio, il principe di Isalia.”
“Non è nessuno!”rispose con rabbia.
“Goriath!”aggiunse un terzo.
“Chiudi quella dannata boccaccia!”gli ordinò Assynt, colpendolo.
Era uno dei generali più veterani, e sebbene non tanto quanto lo stesso Goriath, aveva preso parte a numerose battaglie con lui, e questo fece sì che il colpo di quest'ultimo ferisse soprattutto il generale, non per l'intensità del pugno, ma per il gesto stesso, per l'umiliazione pubblica di averlo fatto davanti a tutti, mentre gli altri lo sostenevano.