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Minotauro
al
brindisi.
Esclama”
Buon
Compleanno!” di rimando, e finalmente riesce a incrociare lo sguardo di Mariana, che lo ringrazia con gli occhi. Ormai è sicuro che, prima di andarsene, lei verrà al suo tavolo per ringraziarlo della gentilezza.
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Minotauro, Crimine o Martirio?
Il brindisi si è concluso, e le ragazze decidono di riunirsi a casa di Mariana, per continuare i festeggiamenti. Una esclama: “Allora, andiamo?” E l’altra ammicca a Mariana: “
Noi
ti
aspettiamo
fuori…”
Entrambe
sorridono ma guardano anche con un po’ di sospetto quell’uomo gentile seduto al tavolo che fa finta di non accorgersi di nulla, e se ne sta a capo chino per i fatti suoi a dare un’occhiata al giornale.
Mariana si avvicina al tavolo di Jorge, per ringraziarlo. E’ bellissima! Indossa un abito in tinta unita molto elegante e una classica collana di perle a un filo al collo, uguale agli orecchini. Ricorda vagamente Diana Spencer per lo stile, ma i capelli scuri la fanno apparire più bella.
Lei lo saluta a voce alta, e Jorge fa finta di essersi accorto di lei solo in quel momento.
“Salve! Posso sedermi?” chiese, appoggiando sul tavolo la borsa Halston in stile clutch che portava sotto il braccio destro,e quando lo fa le borchie metalliche sulla pelle della borsa scintillano come piccoli soli dorati.
“Prego, con piacere!” esclama Jorge, come risvegliandosi da un lungo sonno.
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Minotauro, Crimine o Martirio?
Con leggero imbarazzo Mariana gli dice:
“Ha presente? Sono la ragazza che ha festeggiato il compleanno al tavolo accanto al suo.” E gli sorride con calore.
“Ah, certo, mi scusi, mi presento: Jorge Ledezma, ai suoi ordini.” Esclamò Jorge, con finta indifferenza, come se in realtà non gl’importasse nulla di lei.
“Mariana Salgado, molto piacere – rispose lei, un po’ contrariata – ma vedo che è occupato. Forse è meglio che me ne vada.” E
si alzò per andarsene. Ma Jorge la trattenne.
“No ... no, mi scusi. Non sto facendo nulla d’importante, anzi sono felice che lei sia venuta a salutarmi.”
Lei si rimise a sedere, per cortesia.
“Indossa un bellissimo anello: è un regalo di suo padre?” esclamò Jorge, senza immaginare di toccare un tasto dolente.
La sua intenzione non era certamente quella di farle del male, ma il risultato fu che quella frase colpì la ragazza come una mazzata, con una violenza tale che lei sbattè gli occhi per un attimo. Quando si riprese era tutta rossa e aveva lo sguardo perso nel vuoto: quella 23
Minotauro, Crimine o Martirio?
frase le aveva risvegliato un lontano ricordo legato a quell’anello. La persona che glielo aveva regalato ormai non c’era più..
“Sì! Era di mio padre. Me lo ha regalato per la maturità, e lo ha fatto adattare per me. Ci sono delle incisioni, sopra.”
Mariana si sfilò l'anello e lo mise nelle mani di Jorge, che lo osservò con grande attenzione. Era un bel gioiello pesante in oro 14
carati,
con
due
incisioni:
una
rappresentava
lo
scudo
della
loggia
massonica del rito scozzese di El Paso in Texas, l'altro era una "X" formata da due pergamene arrotolate su una foglia d'ulivo, il che indicava il gruppo di appartenenza del padre, che evidentemente era custode della biblioteca e depositario degli accordi, e poi c’era la classica bussola sul monte e la piazza, emblema della massoneria. Sotto a tutto due grossi rubini e le iniziali G11.
“Il simbolo della massoneria.” mormorò Jorge.
Mariana non si era mai sfilata quel pezzo d’oro dal dito per mostrarlo a qualcuno, e quando all’improvviso se ne rese conto sulle prime si sentì in imbarazzo, ma poi il suo istinto la convinse che non aveva nulla da 24
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temere, da quell’uomo pacifico che la guardava con sincera ammirazione.
“Sei un Massone, o che? - chiese Mariana –
Come ha fatto a capirlo?”
“No, non appartengo alla Massoneria!”
esclamò Jorge, di slancio. E non era una bugia. Aveva avuto a che fare spesso con dei Massoni, nella sua carriera da poliziotto, ma non di più.
“Davvero? E che lavoro fa?” indagò la ragazza.
“Sono un dipendente del governo, e faccio un lavoro "legale."
“Cioè?”
“Sono Avvocato, ma non seguo cause.”
“Davvero? E allora cosa fa, di preciso?”
“Faccio il consulente, sa, quelli che consigliano solo ... E adesso, dove va di bello a festeggiare?” provò a cambiare discorso Jorge.
Mariana si sentì di nuovo a disagio, non era abituata a così tante domande e in un attimo Jorge aveva saputo su di lei più cose di 25
Minotauro, Crimine o Martirio?
quante ne sapessero i suoi amici, che frequentava da anni.
“Beh, andiamo tutti a casa mia. Ma è una cosa intima, solo per noi amiche.” disse Mariana. Si accorse quasi subito che poteva sembrare scortese e si corresse. “A dire la verità sono indecisa se invitarla o no, sa, siamo tutti amici…” Cavolo, si sentiva presa tra due fuochi!
“Non preoccuparti - ti dispiace se ti do del tu? - non sentirti in imbarazzo, ho capito. Ci sarà occasione di rivederci. Vengo qui spesso.
E il buon Miguel mi conosce bene. Vero, Miguel?” esclamò in direzione del cameriere che, a quanto pare, aveva le orecchie puntate su di loro.
Infatti il cameriere, pur stando a buona distanza dal loro tavolo, annuì sorridendo, anche se non pensava che Jorge se ne sarebbe accorto che stava origliando. Jorge alzò il bicchiere di birra nella sua direzione e lo salutò, ammiccando.
“Ok, Jorge, ormai siamo qui e chissà se ci rivedremo. Magari, dammi il tuo numero di telefono che semmai ti chiamo. E ora scusa ma devo proprio andare! Mia madre starà già dando in escandescenze perché sono in 26
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ritardo! Non vorrei litigare con lei anche oggi!”
esclamò la ragazza, riprendendosi la borsa e alzandosi dal tavolo.
“Non sia mai!" esclamò Jorge. Prese il suo bigliettino da visita dalla tasca della giacca e glielo porse.
Quando la ragazza se ne fu andata, Jorge si prese un’altra birra. Di solito non faceva mai cose come questa, e men che mai cercava di attaccare bottone con una ragazza…ma c’era qualcosa in quella Mariana che lo attirava.
Provò a non pensarci, ma l’impulso di correre da lei e conoscerla meglio lo perseguitava.
Non erano solo le lunghe gambe di Mariana, ma anche un interesse professionale.
Quell’anello… pensò tra sé e sé, quasi per giustificare il suo interesse. E l’eventuale invito a cena della ragazza, se davvero lei gli avesse telefonato…
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Minotauro, Crimine o Martirio?
CAPITOLO QUINTO
Maestro Jacobo
L'amico più intimo dell'ingegnere Salgado era il Maestro Jacobo Aguilar. I due, oltre ad essere compagni di Loggia ed essere entrambi laureati, condividevano anche una vera passione per i libri antichi, e passavano lunghe ore a leggere libri, analizzarli, revisionarli…e ciò non solo per conto della Massoneria ma anche per gusto personale.
Erano eccitati come bambini ogni volta che arrivava un pacco da parte di una casa editrice o di un collezionista. Il Maestro Jacobo Aguilar era il proprietario della libreria “El Compás”, situata all'angolo tra Calle Libertad e Calle 15ª, proprio al centro della città.
Quando Jacobo ricevette una di quelle famose scatole con i libri dal corriere, lo disse subito all'ingegnere Salgado, il quale ne fu talmente felice che annullò tutti i suoi impegni per quel giorno, tornò a casa, mangiò in fretta e andò a prendere a scuola la sua piccola Mariana, per andare insieme dallo zio Jacobo, come soleva chiamarlo.
Lungo la strada si erano fermati a comprare 28
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un gelato, delle noccioline e dei dolcetti, per festeggiare.
La piccola Mariana si era portata appresso portava anche i suoi libri da colorare e la scatola di matite colorate, perché anche lei da bambina viveva quelle visite come una festa.
Una volta cresciuta, invece, quelle visite cominciarono
a
stufarla
e
poi
da
adolescente…beh, abbiamo già visto che effetto le faceva stare in compagnia di suo padre!
L'ultimo volume del diario di Jacobo Aguilar era il numero XVI, che lui iniziò a scrivere alla fine del luglio 1971 e completò nel febbraio 1972. In esso venivano annotati, a volte in dettaglio, a volte meno, tutto quello che faceva ogni giorno, cioè tutti gli appuntamenti, le persone che incontrava, gli argomenti di cui aveva parlato, i luoghi che aveva visitato…e perfino i suoi appuntamenti mensili col medico e i risultati delle sue analisi!
Questo ultimo volume si trovava ora sotto la gelosa protezione di Donna Julia, vedova di Aguilar, che dopo la morte del marito, del suo amato compagno, aveva cercato in tutti i modi di capire cosa fosse davvero successo.
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La zia acquisita aveva dato segni di ansia eccessiva, dopo il funerale del marito. Si era messa a spulciare quasi con ossessione le pagine di quel diario, trascorrendo notti insonni nella minuziosa ricerca, tra quelle pagine, di una nota, un particolare, insomma qualcosa che le chiarisse i suoi dubbi. Perché lei era fermamente convinta che la morte di Jacobo non fosse dovuta a un incidente!
Ormai il marito non era più con lei, era andato in cielo – sicuramente! – ma Donna Julia sapeva che lui doveva averle lasciato qualche traccia per aiutarla a capire il mistero della sua morte e a sbrogliare quella intricata matassa. E lei, come una certosina, ogni giorno, in ogni suo momento libero, cercava di decifrare quel segno, provando a districarsi tra tutti quegli impegni, quegli appuntamenti e quelle pagine di lunghe annotazioni alla ricerca del bandolo della matassa che avrebbe dovuto condurla alla fine di quel labirinto, come fece Arianna col filo di Teseo …Doveva solo trovare il primo indizio, il primo segno. Gli altri sarebbero venuti a catena.
Ma poi un giorno zia Julia ebbe un’illuminazione. Quel diario non c’entrava niente, era solo un modo per depistare! Il 30
Minotauro, Crimine o Martirio?
segno doveva trovarsi nella gigantesca biblioteca di cui Jacobo era proprietario!
Zia Julia ricordò che spesso il marito amava parlare per enigmi, e anche quando traduceva i suoi vecchi libri non lo faceva mai in modo letterale, ma anzi si prendeva delle belle libertà. Spesso se ne usciva con delle metafore, anche molto divertenti. Ad esempio, soleva riferirsi alla visita al mercato rionale sulla Quarta Strada come “il viaggio in Terrasanta”, oppure i lavori di contabilità per conto dei suoi clienti come “ Le scimmie dello zoo”.
Insomma,
amava
prendere
in
giro
avvenimenti e persone. Perché questo era, il caro zio Jacobo, un enigma vivente!
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Minotauro, Crimine o Martirio?
CAPITOLO SESTO
Fantasmi
Quello che fa Velarde è un lavoro di routine, estremamente noioso. Molti anni fa, però, non lo era. A volte si prendeva delle pause, ma solo se lo voleva.
Era passato del tempo da quando aveva deciso di lasciare le strade per rifugiarsi nel lavoro di archivio: le sue ginocchia non erano più scattanti come una volta. Quindi, il seminterrato
della
Polizia
Federale
Giudiziaria era diventato il suo rifugio, il suo santuario. Centinaia di scatole impilate e ammuffite erano la sua unica compagnia.
Sebbene Velarde ormai non fosse più in attività, amava portare con sé un’arma ben carica, per ogni evenienza. Anche quella era una vecchia arma, ma tenuta in ottime condizioni. IL fatto che l’avesse ricevuta dalle mani di Gustavo Dioz Ordaz lo rendeva, a tutti gli effetti, un poliziotto a vita.
Velarde si sente molto umiliato per il lavoro che fa, anche se ammette che all’inizio gli faceva comodo poter rimanere a far parte del Corpo della Polizia senza mettere a rischio la 32
Minotauro, Crimine o Martirio?
sua
vita.
Ma
negli
ultimi
tempi
quell’inattività gli pesa e non di rado gli piacerebbe partecipare ancora a qualche operazione, ma sa che i suoi superiori ormai non si fidano più del suo stato di salute. Non è stato ancora licenziato per via delle sue amicizie al Distretto ( che sono sempre di meno) e per il fatto che accetta volentieri di lavorare anche durante le ferie e di fare straordinari non pagati.
Da tempo nessuno viene più a disturbarlo in questo suo esilio volontario, tanto che i rumori esterni che talvolta riescono a filtrare nel seminterrato si trasformano in un grido interiore di accusa che lo stizzisce, gli aggrava il peso della sua prematura vecchiaia e della disistima degli altri, e lo fa sentire ancora più solo. Ormai vive con sospetto anche un mormorio sommesso e uno sguardo di sfuggita.
L’isolamento forzato, che prima gli dava conforto, ora gli crea solo ansia, lo confonde, lo innervosisce al punto da farlo litigare con i suoi colleghi per un nonnulla. E’ irritabile e irascibile, sempre sulla difensiva.
E poi si arriva alla goccia che fa traboccare il vaso: una strisciata sul parafango della sua auto. Roberto fa irruzione al Comando come 33
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una furia, urlando rabbioso che bisogna trovare l’autore di quello scempio! E continua a
urlare
come
un
ossesso
finché,
tempestando di pugni la scrivania del Comandante, mentre tutti lo guardano come se fosse matto, fa cadere la brocca di vetro sul pavimento, che esplode in mille frantumi.
Quello strepito arriva fino alle orecchie del Comandante, che lascia ciò che sta facendo per vedere che cos’è successo. Quando si rende conto dell’accaduto, subito ordina ai sottoposti di pulire quel macello e grida a Velarde di seguirlo nell’altro ufficio.
“Velarde ... Velarde ... Capitano Velarde!”
urla.
“Sì, signore!” esclama Velarde uscendo lentamente dal suo stato di pazzia.
“Venite con me!” grida ancora il Capitano.
Pieno di vergogna e cercando di ricordare quello che è successo Velarde scruta uno per uno i volti dei suoi colleghi, che lo fissano ancora
stupiti
per
il
suo
assurdo
comportamento: il poliziotto più esperto e famoso del Dipartimento è uscito di senno, si è messo a urlare come un ossesso e ha offerto di sé un’immagine assolutamente 34
Minotauro, Crimine o Martirio?
deprecabile! Velarde si vergogna come un bambino, vorrebbe persino scoppiare a piangere, proprio come un moccioso che ha fatto i capricci!
All'interno sente la solita vocina dentro di sé che si prende gioco di lui: “Bravo, bella figura! Hai dimostrato a tutti chi sei e quanto vali! Ora finalmente si sono accorti di te, anche il Capitano! Bravissimo…. Stupido cazzone!”
Velarde non rimane sorpreso da quella vocina. Anzi, fa un sorriso sardonico e, con quell’espressione da stronzo, segue il Comandante nel suo ufficio per ricevere la sua bella( e meritata) lavata di testa.
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CAPITOLO SETTIMO
Secondo sogno
Una volta a casa Jorge, sfinito fisicamente e mentalmente, crollò sul letto e si addormentò di colpo, tanto da non avere avuto neanche il tempo di togliersi le scarpe.
Rimase
ore
nella
stessa
posizione,
completamente immerso in un sonno pesante, finché, a un certo punto, il suo corpo cominciò a tremare e lui fece un sogno, dove gli sembrò di stare seduto a un tavolo a bere del vino. Stava partecipando a un grande banchetto e, chiudendo gli occhi, fece una bella sorsata dal suo bicchiere. Quando li riaprì, si trovò davanti la bionda del primo sogno che, seduta di fronte a lui, lo fissava:
” Ti ho detto che ci saremmo rivisti!” esclamò lei.
Jorge iniziò ad agitarsi nel sonno e a menare calci e pugni alla trapunta che gli dava d’impaccio e ai cuscini che gli tappavano la bocca. Ma non si svegliò. Nella sua mente combatteva ancora con il ricordo della figuraccia della mattina, ma continuò a sognare la bionda che ora non era più 36
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davanti a lui, ma seduta a un altro tavolo, che lo fissava con un’espressione cordiale.
Lui invece era ancora al suo posto, con la bottiglia di vino e due calici davanti a sé.
Sembrava che ci fosse una certa e familiarità tra loro. Jorge bevve un altro sorso dal suo bicchiere e guardò meglio il viso della donna, come si fa abitualmente quando stai a tavola per i fatti tuoi e vedi delle amiche che fanno baldoria e offri loro un calice…come gli era capitato qualche giorno prima, in effetti, anche se in questo caso c’erano delle differenze perché la donna laggiù era una signora di una certa età…forse un po’ più vecchia di lui ma ancora piacente.
Più la guardava, più sentiva di averla vista da bambino…e in effetti la ricordava proprio così, con quella camicetta bianca di canapa e quel medaglione antico intorno al collo, e perfino con quella giacchetta rosso porpora, di una tonalità molto simile ai riflessi che faceva il vino nel suo calice. I capelli era gonfi e voluminosi ma ben pettinati ed emanavano uno strano splendore, quasi ipnotico. Jorge non aveva mai visto una donna così vistosamente ossigenata e questa volta, sia per la sua età, sia per la situazione, scoprì in 37
Minotauro, Crimine o Martirio?
lei una sensualità che prima non aveva notato.
Sembrava che la donna si fosse accorta degli sguardi insistenti di Jorge e che non solo non le dessero fastidio, ma anzi ne fosse lusingata. Lei si alzò e andò al suo tavolo, prese la bottiglia di vino che, malgrado lui ne avesse bevuto già, era sempre piena, e ne versò un po’ nei due calici. Lui parlò, e la sua voce gli arrivò troppo forte alle orecchie, quasi fosse un’eco profonda in quella bella sala da ricevimento dove in realtà c’erano loro due soli.
“Salve! Beh, grazie.” esclamò, un po’ ruvido.
"Non ti disturbare a ringraziarmi, Jorge, bevi un altro sorso e poi parlami di te: dimmi, che fai nella vita? Ti trovi bene qui, nella capitale? E che ne dici del vino? Sai, è il mio vitigno preferito…” esclamò la donna, con confidenza.
“Sì, tutto bene. Sono molti anni che mi sono trasferito qui a Chihuahua e non ho alcuna intenzione di tornare a Ciudad Juárez Tu, invece, che fai qui?”
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“Ah, bella domanda, Jorge! Sei uno che va per le spicce! Bene, allora ti risponderò senza preamboli: sono venuta qui perché ho bisogno di un piccolo favore da parte tua…Niente di particolare, una piccola cosa, e sono sicura che non avrai alcun problema ad accontentarmi. E’ un favore che richiede una certa dirittura morale, e chi meglio di te?
Per dirla in breve, sono una collezionista…e anche tu, in un certo senso lo sei, non è vero, Jorge? - disse la signora, sorridendo maliziosa - Mi scuserai, ma non ho potuto fare a meno di dare un’occhiatina a casa tua e ho notato che hai una gran bella collezione di libri! E anche quei vecchi strumenti musicali, come sono belli! Il mio preferito è senza dubbio quella piccola fisarmonica che hai sul tavolino, quella che somiglia a una mandala dipinta a mano ”.
Poi il sogno si fece confuso, distorto, una leggera nebbia e un forte profumo di violette invasero tutta la sala e di botto, come succede nei film quando le immagini scorrono accelerate, la nebbia si dissolse lasciando solo il profumo e Jorge si ritrovò in compagnia della donna in un ambiente familiare…accidenti, erano nel salotto di casa sua, che lui bazzicava poco malgrado avesse belle poltrone e l’illuminazione soffusa, ideale 39
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per una sana lettura, perché preferiva leggere e scrivere in cucina o in sala da pranzo. Era un’abitudine che aveva preso da bambino, forse perché la casa in cui era nato era molto piccola.
Nel sogno cominciò a rilassarsi e a cedere a quel senso di familiarità; così prese a guardarsi intorno, e apprezzò l’arredamento del suo salotto, anche se notò che sui mobili c’era delle polvere, segno che la donna delle pulizie non lo spolverava sempre. Erano due settimane che veniva, avrebbe dovuto indagare: perché non lo puliva? E, con un senso quasi di divertimento, ricordò che lui non ci andava mai in quella stanza, anche perché preferiva entrare in casa dal cortile sul retro, che dava direttamente in cucina.
Stava appunto riflettendo su questo quando notò che la donna con i capelli di platino era di nuovo seduta accanto a lui reggendo in mano il suo calice di vino, mentre la bottiglia, che in pratica non si svuotava mai, era sempre appoggiata sul tavolino in mezzo a loro. Presero entrambi un’altra coppa di vino, mentre la donna continuava a parlare:
“Te l’ho detto, il mio strumento preferito è quella vecchia fisarmonica laggiù, mi ricorda i musicisti che suonavano il tango nella 40
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piazza che era vicino a casa tua ... beh, all’epoca eri solo un bambino!”
“È anche il mio preferito! Mi piace che sia il primo pezzo che nota chi entra nella stanza, e penso che l’angolo TV sia il suo posto ideale.
Anche a me piace il tango, mi commuovono e mi eccitano nello stesso tempo, trovo che sia una musica con un certo carattere. A volte anche violento. Malgrado il suono che esce dalla fisarmonica in realtà sia abbastanza dolce. M’identifico con quel suono, forse perché mi ricorda quello delle tarantelle: sai, in parte io sono Italiano!”
“Jorge, che piacere ritrovarti così socievole, sereno!. Le mie visite di solito non sono tanto lunghe - né così ben accolte, devo aggiungere
– è la prima volta che ti trovo così! Ne sono davvero felice! Accidenti, Jorge, ci siamo fatti fuori il secondo bicchiere di vino e non me ne sono neanche accorta! Cavolo, sei proprio un latin lover!”
"No, non ... ahahah, quello che voglio dire...
anche se non ricordo dove ti ho conosciuta né chi sei, comunque trovo davvero piacevole la tua compagnia! È strano, perché so che non sarà l'ultima volta che ci vedremo e questo mi fa un immenso piacere!” .
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La signora fece una lunga, lunga risata, posò il bicchiere sul tavolo e si tirò indietro i capelli con entrambe le mani.
"Oh, zitto Jorge! Che maleducato! Non ti ricordi nemmeno chi sono, ecco perché non mi hai mai notata! Sei adorabile! Comunque, non mi sarei mai immaginata che fossi diventato un tipo così interessante! Perché, diciamoci la verità, visto da fuori sembri proprio una persona ordinaria! Vai ogni giorno in ufficio, prendi una tazza di caffè per la colazione e ti fai una sigaretta, vesti sempre uguale, con le scarpe belle lucide…
Non capisco perché non usi mai un portafogli! A pausa pranzo vai sempre nel solito locale, e poi a sera te ne stai seduto in un bar, fai sguardi languidi a tutte e non esci con nessuna…E sei sempre ligio e integerrimo, che noia! "
"Beh sai, con la mano destra faccio cose interessanti, ma con la sinistra sono un vero strazio!” se ne uscì lui, con una delle sue solite battute, per sdrammatizzare la situazione. La donna scoppiò di nuovo in risate fragorose, la luminosità dei suoi occhi oscurò quella dei suoi capelli mentre rideva fino alle lacrime, che poi si asciugò con le mani senza formalismi, e incurante del 42
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trucco che poteva rovinarsi o dal fatto che sul tavolo non c’erano tovaglioli.