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Una Bolla Fuori Dal Tempo
«Kate, conosco questa strada a memoria ormai, tanto che potrei guidare anche a occhi chiusi. Purtroppo non abbiamo altra scelta. Potremmo uscire dall’autostrada e percorrere le strade di città e di campagna, ma ci allontaneremmo dalla strada principale per poi doverci ritornare necessariamente sopra. Inoltre non mi aspetto di trovare strade sgombre dalla neve e scorrevoli là fuori e il rischio di trovare ghiaccio aumenterebbe facendoci rallentare ulteriormente. Impiegheremmo ancora più tempo, quindi è meglio procedere così. Hai molta fretta di arrivare?».
«No, non ho fretta. Ho solo un bel po’ di cose da fare da quelle parti e vorrei iniziare quanto prima, senza perdere troppo tempo», risposi. Avrei dovuto parlargli di me nel dettaglio.
«Sono questioni davvero così importanti? Questioni di vita o di morte?», chiese sorridendo e voltandosi per guardarmi negli occhi e rilevare ogni mia eventuale bugia. Era la prima volta che lo faceva da quando eravamo in viaggio.
«Direi piuttosto “questioni di vita e di morte”, entrambe. E non è solamente un gioco di parole, credimi». Ero decisa ormai, avrei vuotato il sacco alla prossima domanda. Dopo la morte di mia madre promisi a me stessa di non rivelare più ad altri i miei pensieri, ma evidentemente non ero in grado di mantenere le promesse o i buoni propositi fatti. Accettai questo mio limite e decisi di aprirmi del tutto, un passo alla volta.
«Spiegati un po’ meglio, non riesco a seguirti nel tuo discorso», chiese, incuriosito dalla mia risposta. Sul suo volto notavo un’espressione diversa, cominciava a mostrare i primi segni di una crescente preoccupazione.
«Io lascerei correre il discorso», e girandomi verso di lui per guardarlo negli occhi, «mi considereresti una povera pazza altrimenti, se te lo raccontassi». Queste parole, però, non facevano altro che accrescere la sua già evidente curiosità.
«Stai fuggendo da qualcosa o da qualcuno?»
«No, al contrario. Sto andando a trovare qualcuno».
«Si tratta di un uomo? Scusami Kate, io non volevo intromettermi nelle tue questioni private».
«Nessun uomo, semmai una donna». Mi guardava divertito ma con insistenza. Capii che forse aveva inteso la cosa come riguardante la mia sfera sessuale più intima.
«Non credo tu abbia realmente capito quello che intendevo dire, John», lo avvisai, «Non è una questione fisica o di sesso».
«Che cosa avrei dovuto capire quindi? Spiegati meglio se puoi».
«Non sono omosessuale».
«Io non ho mai dubitato sai?»
«Ne sei sicuro? Hai fatto una faccia strana pochi istanti fa».
«Con la scollatura che mi mostravi questa mattina e con le tue storielle sulle prestazioni sessuali degli italiani mi stavi forse comunicando di essere omosessuale? Non sembrava per nulla! O forse io non sono stato in grado di capire», rispose con orgoglio. Mi divertiva quel dialogo, volevo stuzzicarlo ancora un po’ prima di parlargli della mia vita precedente.
«Non fare anche tu come quelli che si comportano da stupidi per non andare a fare la guerra, caro John!», esclamai. Mi rispose con un punto interrogativo stampato in viso, senza esprimere una parola, «Davvero tu non hai mai sentito parlare di quanto sono bravi gli italiani a letto? Non vorrei mai ferire il tuo orgoglio maschile ma credo che qualche interrogativo forse tu potresti anche portelo, o mi sbaglio?». Il volto di John ritornò assai serio, proprio come avvenne quel mattino stesso e forse anche di più. Ottenni la conferma che quello doveva essere per lui un argomento davvero delicato. Immediatamente capii, ascoltando la sua confessione.
«Mia moglie mi ha lasciato per un italiano. Tutto quanto accaduto tra di loro era cominciato come una pura storia di sesso, tanti anni prima che ci lasciassimo, poi trasformatasi in amore e concretatisi in una gravidanza. Si chiamava Antonio, era un ragazzo proveniente da Avellino, una città nel sud dell’Italia che avrai probabilmente sentito nominare». Annuii con la testa, intenta ad accompagnarlo durante la sua apertura verso di me. Anche lui, evidentemente, voleva espellere quel malessere che portava da tanto tempo nel suo cuore.
«Lui era più giovane di mia moglie, una decina di anni in meno».
«Ora tutto mi è più chiaro John. Come mai parli di lui al passato?», chiesi, ma con estrema delicatezza.
«Il loro rapporto era diventato burrascoso. Lui voleva tornare in Italia e portarla via con sé, mia moglie però non voleva. L’ha lasciata dopo aver saputo che aspettava un figlio da lui, solo pochi mesi dopo il concepimento».
«E tu come sai queste cose? Sei rimasto in contatto con tua moglie mentre loro si frequentavano?».
«Ovviamente no. Ma avevo gente che m’informava».
«Ma ti facevi del male nel voler investigare su di lei e su quell’uomo, John».
«Si, ma io l’amavo e non riuscivo a rassegnarmi all’idea di averla persa». Capii il suo stato d’animo, quello di un uomo davvero innamorato e provato da una forte delusione. Che sua moglie l’avesse tradito per poi lasciarlo o che fosse definitivamente morta non faceva alcuna differenza per lui. Si sarebbe trattato della stessa tipologia di dolore e della medesima intensità.
«Siete comunque rimasti in buoni rapporti, giusto?».
«Giusto. Lei è tornata da me, chiedendomi di ricominciare insieme, di riprendere la nostra vita di coppia. Io le ho chiuso diverse volte la porta in faccia, soprattutto le prime volte non riuscivo nemmeno a guardarla negli occhi. La vedevo come una donna sporca, dentro e fuori del suo corpo. Non tanto per la sua infedeltà nei miei confronti ma piuttosto per la faccia tosta che mostrava mentre implorava il mio perdono, tra le lacrime. Poi una sera la lasciai entrare in casa per farla parlare e lei mi raccontò tutto, nei dettagli, senza difese. Mi raccontò per filo e per segno come andarono le cose tra di loro. Lei rimase incinta per errore. Per fortuna sua, pensai in quel momento, visto il tipo d’uomo che si era presa». Fece una pausa, durante la quale regnò il silenzio più assoluto. Nessuno di noi due riusciva a proferire parola.
«Non sei riuscito ad accettare suo figlio come tuo, vero?».
«E’ così. Forse sono una persona limitata, con estreme e pericolose chiusure mentali. Ma davvero non sono riuscito ad accettare l’idea che quella donna, mia moglie, stesse aspettando un figlio da un altro».
«Ora il bambino sta con lei?».
«Quel bambino non è mai nato. Sarah ha abortito in segreto dopo essere stata lasciata da Antonio, e prima di comunicarmi la sua decisione».
«Quindi ha fatto di tutto per recuperarti John. Fino ad arrivare all’aborto. Per una donna non deve essere una decisione banale da prendere. Se ancora provavi qualche cosa per lei, perché non le hai permesso di rientrare a fare parte della tua vita?». Ci fu un’altra pausa, molto più lunga, prima che John accennasse un no con un movimento del capo e terminasse il suo discorso.
«Ora capisci perché io non sia un simpatizzante per gli abitanti del “Bel Paese”».
«Ma non puoi generalizzare. Le persone non sono tutte uguali, indipendentemente dalla loro nazionalità, cultura o fede religiosa». Non mi rispose ma intuii subito che non condivideva il mio pensiero.
«Scusami per quello che ti ho detto questa mattina».
«E’ stata una proiezione del tuo pensiero, che rispetto ma non condivido, nulla di più Kate», mi rispose, regalandomi un sorriso.
Il suo volto era tornato sereno e luminoso. Forse quello sfogo gli aveva fatto bene e ci aveva ulteriormente avvicinati, rendendoci quasi complici. Era giunto il mio turno per parlare quindi, per confidarmi apertamente con quell’uomo del quale cominciavo a fidarmi e che sentivo di conoscere un po’ meglio, attimo dopo attimo, in un crescendo continuo.
Io ti parlo e spero che tu mi stia ascoltando, ovunque tu sia. Il tuo segreto è anche il mio. Ti stringo fra le mie braccia quando ci sei, ti trattengo nei miei pensieri quando sei lontano. Scegli di trascorrere una vita con me amore mio, raccoglimi nelle tue giornate e rendimi sempre partecipe delle tue gioie così come ti rendo anch’io parte integrante delle mie. Oggi, passeggiando sul lungolago, ho rivisto quei fiori che tu mi portasti in quel dì di pioggia, ridonandomi il sorriso e strappandomi via dal cuore quella tristezza che da qualche tempo lo attanagliava. Ora lo so, dove sono nati e cresciuti. E so anche che tu eri lì ad aspettare che crescessero forti e belli, per poi farmene dono. Io sono solo una povera peccatrice, pecco per un amore che non posso esprimere o condividere con il resto del mondo, quindi lo sono per nulla. Una vera beffa non è così? Pago per una colpa agli occhi di altri non commessa e mai espressa, consumo la mia vita e le mie emozioni un giorno dopo l’altro, sperando sempre in un tuo ritorno da me. La sera mi affaccio alla finestra della mia stanza e abbraccio la luna mentre ad alta voce pronuncio il tuo nome perché anche le mie orecchie oltre al mio cuore lo possano sentire. La sua tenue luce entra dolcemente nella mia stanza così come fai tu quando entri in me, riscaldandomi il cuore e il corpo con la tua presenza. Mi giro nel letto, ma è vuoto e percepisco la tua mancanza. Quando tu vieni da me a farmi visita, mi spoglio di tutto e ritorno a sentirmi una donna vera. Sento tanta fame dentro di me, l’ingordigia di quell’amore che merito ma che tu devi dare a un’altra donna per via di una promessa fatta davanti a nostro Signore. Dimmi, com’è fare l’amore con lei? A cosa pensi quando doni a lei il tuo corpo, pur sapendo che lei vive già nell’abbondanza e non realizza la fortuna che ha nell’averti vicino, mentre io patisco la fame che porta alla lenta morte del mio spirito? Torna amore, sono qui, io ti aspetto e sempre lo farò.
CAPITOLO 6
Il viaggio proseguì tra i discorsi che spaziavano su diversi argomenti, spesso interrotti da lunghe pause silenziose e dalle soste alle stazioni di servizio. Ognuno di noi rifletteva in questi momenti, cercando forse di raccogliere i propri pensieri prima che l’altro facesse la sua mossa. Mancava poco al nostro arrivo a Joseph e ancora non gli avevo detto nulla di veramente importante su di me, nulla che fosse realmente degno di nota e che lo aiutasse realmente a capirmi meglio. Dovevo farlo, non potevo attendere ulteriormente. Altrimenti sarebbe stato poi del tutto inutile parlarne, visto che un discorso simile non poteva essere lasciato a metà. Mi buttai nel vuoto, sperando di essere raccolta per tempo dalle sue braccia, prima di cadere a terra.
«John, ricordi quando ti dicevo che sono venuta fino a qui per incontrare una donna?», gli chiesi con evidente imbarazzo.
«Si, certo che me lo ricordo. E abbiamo anche convenuto che non sei omosessuale. Quindi la tua visita deve essere legata davvero a qualche cosa di realmente importante. Mi vuoi dire di chi si tratta? Chi è questa donna tanto importante nella tua vita?». Mi guardava, si aspettava la mia risposta. Finalmente ora avrei potuto svuotare tutto quello che avevo gelosamente conservato dentro di me per tanto tempo. Stavo proprio aspettando quel momento.
«Se ti dicessi che quella donna sono sempre io, mi crederesti?».
«Ti crederei. Mi staresti dicendo che sei alla ricerca di te stessa, della tua vita, delle tue aspirazioni, del…».
«No John», lo interruppi prima che potesse completare la sua frase, «Non si tratta di questo. Sto cercando proprio la “me stessa” che ha vissuto qui tanto tempo fa. La “me stessa” della mia vita precedente, John». Lo guardai mentre mi fissava negli occhi, distraendosi pericolosamente dalla guida. Con il dito gli indicai di non distrarsi troppo, ma si vedeva che la mia affermazione doveva averlo scosso non poco.
«Permettimi di trovare un’area di sosta, per parlare meglio e con più calma. Voglio capire meglio ciò che mi stai dicendo, perdonami». Guidò per qualche chilometro, senza parlare. Forse cominciava a pensare di aver caricato sulla sua auto una pazza. Trovammo un’area di sosta ampia a sufficienza per fermarci in sicurezza. Accostò, per poi spegnere il motore e abbassare il volume della radio. Si respirava un’atmosfera glaciale, ma non era dovuta al freddo.
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