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Falco della rupe; O, La guerra di Musso
Falco della rupe; O, La guerra di Musso

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Falco della rupe; O, La guerra di Musso

Язык: Итальянский
Год издания: 2017
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La vecchia Imazza, volgendo la testa, diede uno sguardo sì torvo al Frate, che gli troncò sulle labbra la parola, e con un raggrinzamento di mascelle che aveva sembianza di un truce ghigno: "Liberarlo dalle fiamme! disse: Qui è gelo: toglietelo dal freddo che lo agghiaccia, fate che si levi da sè, e che questo non sia come piombo freddo e greve". Così pronunciando alzò un braccio del morto, e lo lasciò cadere rimettendosi a guardarlo fisamente.

"Sento" disse Falco, abbandonando d'un subito la sua posizione, e prendendo la mano di Grampo ricaduta sul letto, "sento che è fredda e rigida come se fosse rivestita d'un guanto di ferro; ma chi di noi avria potere di riscaldarla? Se valesse immergerla nel sangue, ciò non sarebbe un disperato rimedio; ed io giurerei su questa mano istessa di versarne più di quanto ne facesse bisogno a tal uso. Ma tutto pur troppo è vano quando la terra deve stendersi su di noi come un pesante mantello. Per ciò compiango, o Imazza, il vostro dolore, poichè avete col figlio perduto tutto ciò ch'era a voi caro al mondo: egli solo consolava i vostri vecchi anni, e ne alleggeriva la gravezza: ora che farete voi della vita? gli occhi vostri non sapranno su chi posarsi, nè la vostra lingua a chi parlare. Ascoltate la voce di Frate Andrea: questi uomini del Signore cercano di gettarci una corda di soccorso quando più non abbiamo nè vele nè remi per accostarci alla sponda".

Imazza a tai detti dimenava il capo con ira, e: "Che parli tu? rispose, a che venisti? Perchè tocchi quella mano? Non fu per esser teco, che Grampo venne colto da un colpo ch'era a te destinato? Non fosti tu che il conducesti alla morte? Attendi, attendi a consigliare le tue donne, che forse non andrà a lungo che un cadavere più sformato di questo starà nel loro casolare, se pure non avverrà che in vece delle donne ci saranno dintorno i lupi ed i corvi".

"Taci, maledetta strega!" gridò Falco torbido e minaccioso in volto, stringendo a pugno la destra, ed alzandola verso di lei; e ben avveniva che l'avrebbe malamente percossa, tant'era l'ira che l'assalse e l'acciecò a quel malaugurato presagio, se frate Andrea, messosi tra loro, adoperando pacifiche ed autorevoli parole, non avesse sedato quel bollore di rabbia, sì inopportuno e sconvenevole in tal luogo e in tal momento in cui tutti i pensieri da null'altro essere dovevano compresi che da tristezza e pietà. La vecchia donna chinò il capo sul petto, più non pronunciando alcun accento, e Falco rimase parimenti muto, volgendo nell'anima le più tetre e desolanti idee. Quella predizione fattagli alla presenza d'un morto da una femmina che dicevasi aver conoscenza dell'avvenire per mezzo di sortilegii ed altre diaboliche arti, lo aveva colpito sì fattamente, che un gelo gli corse per l'ossa, e risentì uno straordinario sentimento di terrore. Nelle battaglie, negli assalti, nel calor delle mischie la morte aveva sempre avuto per lui un aspetto, direm quasi, eroico e glorioso, nè altra cosa eragli rassembrata che un rapido compimento della vita: là dentro la ristrettezza dello spazio, la scarsezza del lume, la vista d'un cadavere insanguinato, il viso e la voce sinistra con cui Imazza aveva pronunciate quelle parole, tolsero al suo spirito ogni vivace ed energico slancio, e v'infusero nere tremende idee come se gli fosse stato svelato uno spaventoso secreto.

Frate Andrea fece nuove esortazioni e preghiere, quindi annunziando che gli era necessità ritornarsene al suo convento di Nesso, chiese commiato, ed uscì dalla casa di Grampo; Falco, gettato un ultimo sguardo sul corpo dell'amico, seguì il Frate, e ordinato a Trincone e Guazzo si trovassero sul far della sera col navicello a piedi della sua rupe, abbandonò Palanzo, riprendendo cammino verso il suo casolare.

Annuvolato era ancora il cielo, e soffio di vento non avvivava l'aria, nè increspava la faccia del lago, che da nessuna barca appariva solcata, onde melanconica se ne offriva la veduta dall'alto del sentiero tra le selve del declivio del monte, pel quale Frate Andrea e Falco retrocedevano. Camminò quest'ultimo alcun tempo meditabondo, recando sotto il braccio il suo moschetto colla bocca a terra, tenendo una mano fra i panni, e piegata al suolo la testa: a poco a poco però l'aria aperta, la vista delle montagne e delle acque, quantunque non lucenti per sole sereno, gli ritornarono i suoi abituali pensieri: sparve la tetraggine che lo aveva invaso, rimproverò a se stesso come una fanciullesca debolezza e una vigliaccheria quel momento di terrore da cui s'era lasciato sopraffare, rammemorò le tante sue passate imprese, si ricordò gli ospiti che lo attendevano, l'onore e la fama che gli sarebbero derivati riconducendoli liberi a Musso, pensò alla probabilità d'una gran battaglia che il Castellano darebbe ai Ducali, in cui sariasi diguazzato nella strage; ed a tali pensieri gli ricomparve sul volto l'usata ardimentosa espressione, gettò sull'omero il moschetto, e sentissi necessità di favellare per mantenere le sue idee in quel confacevole andamento. Si rivolse per ciò al Frate che gli veniva da lato, e dopo vario parlare intorno ai fatti di quella guerra: "Chi fu, gli disse, quegli tra voi della casa di Nesso che venne chiamato alla rôcca di Reginaldo Rusca il Ghibellino onde sanarlo quand'ebbe il braccio fracassato da una bombarda nel combattimento navale presso Como?"

"Fu Ambrogio da Milano, rispose Frate Andrea, che da poco tempo ritornò alla sua città onde prestare assistenza ai pellegrini della Commenda: egli guarendo il Rusca profittò al nostro convento di Santa-Maria duecento scudi di Musso di quei del Triulzo, chè tanto aveva fatto voto quel ferito di sborsarne risanato che fosse".

"Pagò riccamente la cura, soggiunse Falco: ma che non avrebbe egli speso per tenersi il suo braccio, e non essere chiamato Reginaldo il monco? Giurerei che s'avrebbe tolto d'andare a Gerusalemme a piedi, e avrebbe dato tutto il suo ai frati ed ai poveri. Ma in vero ei del suo brando faceva grand'uso: io il vidi quel giorno della battaglia, poco prima che venisse colpito, saltare dalla nave del Matto, che comandava i legni di Musso, entro una barca comasca, e menar colpi sì vigorosi, che in poco tempo n'ebbe spaccato l'albero, ed ammazzati non so quanti, indi balzare in una scorribiessa, e ritornarsene tra i nostri gridando d'allegria".

"Fa d'uopo però dire, replicò il Frate, che perdendo un braccio fu ancora l'uno de' meno sventurati tra molti che trovaronsi a quel fatto, perchè m'ho inteso narrare che le bombarde e gli archibugi comaschi e ducali abbiano allora fatta gran strage dei soldati del Medici, e la nostra casa dei malati fu ripiena per più mesi di uomini che si colsero ferite più gravi di quella del Rusca. Abbiamo però speranza che le cose quanto prima tornino in pace, poichè un cappuccino di Domaso venuto al convento narrò che il Medici ha in animo di rendere il Castello di Musso a quei di Milano, i quali alla fin fine ne sono i veri padroni, e così finirà ogni guerra, e gli Spagnuoli se ne andranno pei fatti loro, e insieme ad essi anco gli Svizzeri, il cui soggiorno in questi paesi è pestifero, poichè discesero dall'Alemagna certi preti che si sono messi tra loro predicando false dottrine, e dicendo ogni male dei frati, delle monache e, che Dio li confonda! per sino del papa; per cui se avessero a rimanere costì più a lungo, e venisse a spargersi quella zizzania tra i nostri, e mettervi radice, chi sa qual immensa rovina potrebbe derivarne".

"Che vadino al loro malanno gli Spagnuoli e gli Svizzeri questo può facilmente avvenire, ma che il Castellano renda Musso, che lo dia ai Milanesi dopo averlo difeso per sì lungo tempo, ed esservisi fieramente nicchiato come un orso sul Legnone, è la più gran pazzia il solo immaginarlo!" Così disse Falco con un lieve risentimento di sdegno, che la placidezza e mansuetudine con cui l'udiva Frate Andrea gli fecero tosto deporre: "Non abbiate timore, proseguì quindi pacatamente, se ne andranno, sì, e non avranno campo di spargere la falsa legge, e di ripetere bestemmie in quella loro lingua del demonio: sul brigantino del signor Gian Giacomo stanno bombarde e colubrine da squarciare i fianchi a qualsiasi nave, e ben anco ad una torre, se ne verrà il caso. Una sola giornata che si possa fare, ma lunga e di buon cuore, spazzerà il lago da quei cornacchioni, come il vento ripulisce il lido dalle foglie".

Movendo tali ragionamenti, pervennero al torrente di Nesso, valicato il quale, Falco discese al proprio casolare salutando il Frate, che rispostogli: "Dio vi salvi" si mise sul sentiero alla volta del convento.

Maestro Lucio aveva nel frattempo fatto un'importante scoperta, con cui si era difeso dall'ozio e dalla noia due suoi mortali nemici. Dopo d'essersi persuaso, dando un'occhiata dalle finestre, che il terreno d'intorno non lasciava luogo ad alcuna gradevole passeggiata, frugatosi invano negli abiti per vedere se mai a caso s'avesse posto qualche opuscolo nelle tasche, nulla trovando a far di meglio si diede ad esaminare i brani d'armatura che stavano appesi per quella stanza. Guardatili pressochè tutti, e scorto, con gran sua soddisfazione, in più d'un d'essi conservata l'impronta della fabbrica degli Armorari Milanesi, venne alla fine il suo sguardo a cadere sovra una panciera di ferro da cui dependeva un lembo di sopravveste di seta ricamata: il sollevò con garbo, e qual fu il suo contento osservandovi tutto intiero effigiato uno stemma gentilizio! non ne prova forse altrettanto un navigatore d'ignoti mari alla scoperta d'un'isola vasta e feconda: staccò quel lembo con ogni precauzione, lo stese accuratamente sur una tavola, e vi si pose a meditare mettendovi tutto l'intelletto onde arguire il significato degli emblemi, e scoprire a chi appartenesse.

Gabriele, abbenchè si fosse assiso al suo fianco, poca attenzione porgeva allo sfoggio di dottrine Blasoniche che desso veniva facendo applicandole all'interpretazione di quello stemma; la sua mente era tutta occupata di Rina, verso cui li suoi occhi si volgevano incessantemente, poichè, si stesse seduta, o fosse essa in moto, dispiegava per lui sì nuove e dolci attrattive, che i passi, la voce, le attitudini tutte di lei si stampavano nel più addentro del suo cuore. Rina però ratteneva contegnosa i proprii sguardi, onde pochissime fiate venne dato al giovinetto Medici d'affisarne le nerissime pupille, e nessuna di quelle rare volte la rimirò senza vivamente arrossire, senza provarne un palpito più vibrato, e sentirsi nel tempo medesimo divampare d'ardentissima fiamma.

Messer Tanaglia, dopo aver contemplati a lungo gli emblemi trapunti: "La cosa, esclamò tutto giulivo, è chiara come il sole: quegli che portava l'armatura coperta da questo stemma era un Conte: ce lo dice evidentemente la corona che sormonta lo scudo: ecco il cerchio d'oro col rialzo di sedici punte con altrettante perle sovrapposte: questa è corona Comitis, come scrissero tutti gli autori. Lo scudo ovale spaccato in due campi bianco e verde, senza quarti, indica non essere desso del genere delle armi Pure di Parentado o d'Origine, ma bensì delle Agalmoniche, ossia Parlanti, cioè allusive al cognome di famiglia; e vedete appunto che il cognome lo troviamo espresso in questo pozzo delineato sul campo bianco, colore più nobile del verde, su cui sta all'incontro dipinto un pesce, col quale ci viene indicato che la famiglia ha dominio sulle acque. Si può quindi asserire senza tema d'errare che il possessore dell'armatura e dello stemma era il Conte Pozzo o Del Pozzo signore di qualche fiume o lago. Dite, Madonna Orsola, non ho io côlto nel vero?"

"Nulla so di tutto questo, rispose Orsola con qualche sorpresa: d'altro non mi rammento se non che Falco quando la recò qua su ne portò insieme una lunga catena d'anelli d'oro, che cangiò ad Argegno con un sacco di polvere d'archibugio che gli fu data da un mercante Svizzero". "Recò pure allora, soggiunse vivacemente Rina, se ben vi ricorda, o madre, un largo nastro colore di foglia d'ulivo su cui stava un bel ricamo, che il padre disse ch'erano parole: voi non voleste mai che io me lo ponessi dintorno, e lo donaste, son pochi giorni, a quel pellegrino che passò qui sopra addomandando la carità".

"Era di certo la cintura della spada, disse Gabriele: e chi sa quanto l'avrà tenuta in pregio il cavaliere che la portava, poichè non v'ha dubbio che le parole che vi stavano marcate fossero opera d'una mano a lui cara. Ne vidi molte di tali cinture fregiate di graziosi motti sul petto de' nostri capitani d'armi, ad essi donate dalle loro donne: ma io non ne ho portate mai che non fossero d'acciaio o di cuoio, poichè non ho ancora trascelto verun colore, nè alcuna donna s'occupò sinora a trapuntarmi un nastro".

E queste parole che a lui vennero la prima volta spontaneamente alle labbra gli recarono un senso d'umiliazione che gli fece abbassare al suolo lo sguardo; ma pensandovi, sentissi tosto contento dell'averle pronunciate, e rialzollo più confidente e sicuro in volto a Rina, la quale provò un ignoto compiacimento a quelle parole sì che per lo innanzi non seppe più mai dimenticarle.

In questo punto rientrò Falco, che mestamente narrò l'occorso caso, per il che Messer Tanaglia, obbliando gli scudi e gli emblemi, mostrossi con tutti gli altri sommamente afflitto, di null'altro lungo il giorno ragionando che della morte di Grampo, che per cause diverse riusciva a ciascuno di grave cordoglio.

All'avvicinarsi della sera, essendo l'ora prefissa al partire, uscirono per discendere a piè della rupe, ove il navicello di Falco venir dovea da Palanzo. Il sole all'occidente mandava per mezzo a nebbioso velo l'ultimo suo raggio che batteva sui monti e faceva pallidamente rosseggiare le case e la bruna torre della vicina Nesso, intorno a cui mille rondini giravano a volo. Mirarono tutti attenti al lago onde vedere se la barca fosse giunta, ma non se ne scorgea alcuna che quivi stesse o che venisse costeggiando a quella volta. Costretti per tal modo ad attendere, Orsola approfittando di quel momento di dimora, condotto Falco in disparte, caldamente il pregava non si tenesse troppo a lungo assente, poichè aveva l'animo angustiato dal timore del ritorno dei Ducali: nello stesso mentre Maestro Lucio guardava il viottolo per cui doveva discendere provandosi a tentarne i primi passi.

Gabriele rimaso sotto il vecchio castagno da solo con Rina ardeva di brama dirle alcune parole di saluto; ma tanta era la folla dei sentimenti che il possedevano sì veementi e inusitati, che tutto il calore del suo sangue concentratosi intorno al cuore, pareva avesse tolto il potere al suo labbro d'esprimersi, poichè invano forzavasi a pronunciar un sol motto; ma pensando che lasciare quella fanciulla senza pur dirigerle un accento poleva aver taccia di villania, il che gli sarebbe poscia riuscito dolorosissimo, riunito tutto il proprio vigore, con voce mal ferma:

"Or mi debbo partire (disse; e Rina, nel cui volto vedeasi il mirabile contrapposto dell'esitazione del pudore e della somma vivezza del sentire, al suono di quelle parole alzò lo sguardo), ma mi rammenterò pur sempre della casa di Falco e di chi mi ha tanto cortesemente accolto: qui ebbi salva la vita e qui volerà ad ogn'istante il mio pensiero".

"Voi che abitate un castello, rispose Rina dolcemente, un gran castello lontano sul lago, come mai potrete ricordarvi di questo casolare? Forse allorquando la vostra barca passerà innanzi a Nesso, guarderete a questo tetto, sotto cui riparaste una notte, come noi miriamo le capanne poste sui monti che ci difendono dalla pioggia".

"Se in quelle provaste ciò ch'io qui m'ebbi a sentire", replicò Gabriele fatto più franco e sicuro dal parlar di Rina, "non riuscirebbevi agevole lo scordarvene un istante: l'impressione delle ore qui trascorse mi sta sì fitta in petto, che non è possibile che si cancelli giammai, e mio unico desiderio non altro sarà, che di farvi almeno una volta ritorno".

Abbenchè di tali detti non fosse aperto a Rina tutto il significato, s'accorse ella però che con tenero intendimento erano stati pronunciati, poichè la fisonomia di Gabriele affettuosamente avvivata nell'esprimerli, i di lui occhi fissi su lei con tutta eloquenza le parlarono direttamente all'anima coll'evidente linguaggio dell'amore: ella nè osò nè seppe rispondergli; solo rivolse in lui sì scintillanti i proprii sguardi, che ogni argomento di parole sarebbe stato nullo al confronto.

Spuntava intanto lambendo gli scogli della sponda l'aspettato navicello che Trincone e Guazzo conducevano remigando. Quel debole raggio di sole che aveva salutato il giorno era sparito, fosca cresceva la sera, e nubi di bigio colore occupando tutto il cielo posavano sulle sommità dei monti. Veduta la barca Falco affrettò alla discesa i due ospiti, onde trarre vantaggio di quel barlume vespertino, strinse la mano alla moglie, diede un bacio alla figlia e scese pel primo il dirupato sentiero. Maestro Lucio poco frettolosamente il seguiva a causa del torrente, il cui rumoreggiare gli tonava ancora all'orecchio; e dal cader nel quale si assecurava piantando il piede con somma cautela sul sasso: tal lentezza agio porgeva a Gabriele, che gli veniva d'appresso, di soffermarsi ad ogni rivolto della strada a riguardare in su al piano dell'abituro, sull'orlo del quale stavano Orsola e Rina, di cui però discernevansi appena le forme.

Giunti in fondo alla rupe, sulle sabbie della riva, presso la quale Guazzo e Trincone aveano condotto il navicello, entrarono in esso, e dopo che Falco s'ebbe assicurato che erano stati posti gli archibugi e i coltelli nel cassone, collocato su quello il suo moschetto, ordinò si spingessero al largo. Allontanati che si furono un mezzo trar di balestra, si fece loro udir da lontano un canto misurato in coro. "Tieni qui ferma la barca, disse tosto Falco a Trincone, che parmi ascoltar voci che siano della compagnia della Morte; essa si recherà Grampo a seppellire nel prato del cimitero dentro la valle".

Rattenne il rematore la barca, e il canto s'andava a poco a poco facendo più distinto venendo pel monte dal lato di Palanzo; indi apparve da quella parte stessa un chiarore prodotto da una lunga fila di lumi che s'avanzava in tregenda or ripiegata, or distesa a norma della sinuosità della montagna di cui percorreva la via. Erasi la sera fatta oscura del tutto, per cui le bianche tuniche vestite da coloro che formavano la funebre processione vedevansi distintamente lumeggiate dai cerei che ciascun d'essi portava. Il salmodiare ne era monotono e lento come i loro passi, ed a cagione della distanza tutte le voci mescendosi e depurandosi, ne riusciva un canto aereo prolungato, il più che dir si possa tristamente solenne. Pervenuto il funereo convoglio al ponte del torrente, s'offerse più che mai distinto alla vista di Falco e degli altri che stavano nella barca, poichè quel ponte sendo elevatissimo, sorgeva loro di prospetto con una parte delle acque cadenti al di là d'uno sporgimento della rupe. Una croce mortuaria precedeva la comitiva, e poscia a due a due camminavano i confratelli; al loro passare sul ponte il torrente ripercuotendo lo sfolgorare dei torchii, pareva una larga lista di fuoco che si trasmutasse scendendo: ultimo veniva il cataletto coperto da nero drappo, recato da quattro uomini a spalle; varcato ch'ebbe il torrente, lasciata la via di Nesso, s'allontanò la processione internandosi nella valle alla volta del cimitero.

Al passar del crocifisso e della bara que' del navicello si trassero i berretti e concordemente recitarono l'orazione dei defunti, indi spariti che si furono i lumi: "Povero Grampo! (esclamò Guazzo dando con Trincone de' remi nell'acqua) è una cattiva nave che ti porta, che per qualunque vento tira, non riconduce mai alcuno al suo paese".

"Ed io questa mattina, rispose Trincone, m'aveva tutta la fiducia che l'acqua del chiodo di Frate Andrea l'avesse a risanare; ma nel bel mentre che m'ero andato per lui a Nesso, la vecchia Imazza se lo lasciò morire tra le mani, del che ebbi la più gran stizza del mondo". "Prendi più il largo, attendi a non battere sì forte i remi, disse Falco, e statti zitto, chè se vi fossero Ducali appiattati per le sponde, non ci abbiano a sentire: questa notte dobbiamo vogare drittamente a Musso, nè vuolsi gettare il tempo a cangiar colpi con loro".

Così detto, rimasero tutti silenziosi navigando per quell'oscurità tanto quetamente, che appena un finissimo orecchio sarebbesi a poca lontananza avvertito di loro, poichè s'avevano tal arte nel maneggio de' remi, che gl'immergevano e traevano dall'acqua senza il minimo diguazzo o sbattimento; e tal maestria riusciva ad essi sommamente vantaggiosa, poichè davagli il mezzo di oltrepassare le navi nemiche, od accostarsi a quelle che volevano assalire, senza che altri s'avvedesse della sorpresa pria che avessero ottenuto il loro scopo.

Quell'equabile moto, il tenebrore e il silenzio che regnava d'intorno rotti flebilmente dal lieve susurrìo del progredir della barca, fece che ciascuno di que' tre che vi stavano assisi venissero assorti in profondi pensieri.

La memoria di Rina e l'ansia del distacco suscitavano nel cuor di Gabriele una guerra dolcissima insieme e dolorosa, ma d'un dolore pieno di vita e d'entusiasmo come lo spirito della giovinezza. L'immagine di lei gli stava innanzi viva come la realtà e rivestita di tutta luce. Ora la ricordanza del suono di sua voce, dello splendor de' suoi sguardi lo riempiva d'una gioia soavissima: ora l'accorgersi d'esserne tratto lontano il colmava d'angoscia, la quale era tosto attemprata dalla speranza che gli sorveniva di poterla rivedere. Attraversavagli eziandio disaggradevolmente lo spirito l'austero precettare delle sorelle, la severità di Gian Giacomo, l'indole de' coabitanti del Castello, tutto in duro contrasto con que' suoi nuovi e dilicati pensieri, a disfogo del quale sentiva abbisognargli la più cordiale effusione. Agitato da tal rapida successione d'idee muto si stava, esalando di quando in quando un sospiro che improvvisa commozione gli traeva dal petto.

A Falco, che erasi sdraiato presso la punta della barca, torbidi pensamenti occupavano la fantasia: la veduta del trasporto di Grampo aveva alla sua mente richiamato l'avvenimento del mattino, coi pronostici e l'ira della vecchia comare; e sentiva nel rimembrarli attenuarsi nell'anima tutta la propria vigoria, sopraffatto da un terrore che, sebbene non fosse sì cupo quanto il primiero, non potè essere però per lunga pezza dissipato. Non zittiva tutto in sè raccolto Maestro Lucio, cui sembrava stesse parata a piombar su di loro, ad ogni lieve rumore, una salva d'artiglierie; e ringraziava la notte che sì fitta com'era toglievali alla vista degli Spagnuoli, di cui figuravasi guernite le sponde. Stette per tal pensiero in angustie sino a tanto che veduti sulla destra riva alcuni splendori che davano indizio esser quivi luogo abitato, udendo dai rematori bisbigliarsi "Bellaggio", conobbe trovarsi in paese amico, e benchè il navigar pel buio gli andasse poco a grado, deposta quella maggior paura, lasciossi vincere dal sonno e a poco a poco addormentossi profondamente; nè si risvegliò che allorquando ricevette una forte scossa provenuta al navicello dall'urtar che fece alla sponda.

Più di mezzo il suo corso avea già varcato la notte quand'essi giunsero presso Musso. Non vollero attentare d'entrare colla barca nel porto per avere di là ingresso al Castello, potendo ciò riuscir loro sommamente periglioso, a causa della pratica che vigeva per gelosia di difesa di trarre a bombarda su tutte le navi che s'accostavano senza essere state precedentemente riconosciute. Falco volle che il navicello s'arrestasse in un seno della spiaggia a convenevole distanza dai luoghi fortificati.

Tutto era oscurità e silenzio, e solo dai varii piani del Castello, che appariva come un nero rialzo sul monte, scorgevasi da alcune finestre apparire chiarore di lumi; ed a piè d'un lungo casamento poco discosto, ed era l'arsenale di Musso, luceva un fuoco che mandava gran fumo e faville. Falco ed i suoi, sbarcati che si furono, colà s'addrizzarono.

La sentinella che guardava lo steccato che circondava quel casamento, riconosciutili amici, aperse loro il cancello, per cui entrarono in vasto cortile ove i lavoratori destinati alla scôlta notturna, per ricrearsi, alimentavano una larga fiamma abbruciando frantumi di rotte o fracide navi: visto ch'ebbero Gabriele, gli furono rispettosamente dintorno; ed ei fece tosto richiedere di Prospero Onallo genovese, mastro de' fabbri e capitano dell'arsenale. Abbenchè questi si stesse a riposo, udito ch'ebbe l'annunzio della venuta del fratello del signor Gian Giacomo, persuaso fosse di ritorno da qualche spedizione lontana, abbandonò le coltri, gli corse incontro procurando ad esso lui ed a chi seco era, quel più cortese accoglimento che gli fu possibile, e che a lui incumbeva siccome stipendiato del Medici, ed in ogni cosa da lui dipendente.

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