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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. II
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Veggasi il Libro I, cap. VI, e Libro II, cap. II, nel volume primo, p. 149, seg., 253, seg.
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Questo era soprannome. Il nome intero Abu-Sa'îd-Abd-es-Selâm-ibn-Sa'îd-ibn-Habîb-ibn-Hasân-ibn-Helâl-ibn-Bekkâr-ibn-Rebia', della tribù arabica di Tonûkh. Così il Riâdh-en-Nofûs, fog. 39 verso. Confrontisi Ibn-Khallikân, versione inglese, tomo II, p. 131.
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Si vegga il cap. IX di questo III Libro nel presente volume, p. 188. La data della morte si argomenta dal posto dato a questa biografia nel Riâdh-en-Nofûs, fog. 57 verso. Iehia-ibn-Omar spese seimila dînar per lo studio della giurisprudenza. Andò in Spagna, donde fu detto Andalosi; e in Oriente, dove fece, come tutti coloro che il poteano, un corso di lingua e poesia, dimorando nelle tende dei Beduini in Arabia. In cotesta peregrinazione scientifica, durata sette anni, consumò quasi il suo avere. Riâdh-en-Nofûs, l. c.
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Riâdh-en-Nofûs, fog. 79 recto.
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Intendo non solamente copista, come suonerebbe tal voce nel medio evo, ma uom dotto che sovente compilava sul dettato dei maestri. Costui segnalavasi tra gli editori d'Affrica per tenace memoria e scrupolosa esattezza.
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Il testo dice che costui, per nome Ahmed-Kasri (ossia del Castel vecchio presso Kairewân), non avendo da comperar carta, si vendè il giubbone e col prezzo acquistò dei rokûk. Tal voce secondo i dizionarii è plurale di Rekk, “carta o pergamena.” La definizione è vaga, o il senso variò coi tempi e i paesi. Ma leggiamo in Masudi, Biblioteca Arabo-Sicula, p. 2, che la pomice di Sicilia si adoperava a radere lo scritto nei difter e nei rokûk. Indi mi par manifesto che quest'ultima voce significava, nel X secolo, “pergamena vecchia.” La voce che ho reso carta è wark. Si comprende poi benissimo che la carta nuova dovesse costare in Affrica assai più cara che i codici latini e greci, merce inutile, da ripassarsi con la pomice prima di adoperarli. Quanti preziosi Manoscritti antichi dovettero perire in questa guisa!
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Riâdh-en-Nofûs, fog. 79 recto.
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Ce ne fornisce un esempio curioso il MS. della Biblioteca di Parigi, Ancien Fonds, 277, fog. 100 recto, seg. In questa compilazione legale del secolo XVI si tratta tra le altre cose delle acque stagnanti delle quali fosse lecito far uso nelle abluzioni. Come la traduzione vuol che queste acque abbian certo volume, così il compilatore si crede obbligato a indicare i modi geodetici di misurar la superficie delli stagni, e fa a quest'effetto un lungo trattato con figure geometriche.
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Aggiungo questo perchè Ibn-Haukal parla del papiro di Palermo, nel Journal Asiatique, série IVe, tomo V, p. 98.
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Riâdh-en-Nofûs, fog. 77, verso. Ancorchè cotesta biografia si legga nel 316, sembra errore da correggersi 312, secondo l'ordine cronologico che comincia poco innanzi nel Riâdh. Secondo Dsehebi, Kitâb-el-'iber, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 646, tomo I, anno 320, seguì in questo anno la morte di Meimûn, ormai centenario, paralitico e rimbambito.
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Baiân, testo arabico, tomo I, p. 160.
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Op. cit., p. 138. Marwazi è nome etnico che si riferisce a Merw in Khorassân, ad un borgo di Bagdad, e fors'anco ad un villaggio. Veggasi il Lobb-el-Lobbâb di Soiuti, ediz. di Leyde, p. 242, con la nota t.
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Makrizi, Mokaffa, MS. di Leyde 1366, al nome Mohammed; Soiuti, Tabakât-el-Loghawîn, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 681, e MS. del dottor John Lee, allo stesso nome. L'epoca e la qualità di liberto degli Aghlabiti, fan supporre nato costui in Sicilia, ove si fossero rifuggiti i genitori. La famiglia par di origine persiana a cagion di quel nome di Korassân, quantunque non abbia la forma di aggettivo patronimico che sarebbe Khorassânî. I Beni-Korassân furon signori di Tunis nel XII secolo.