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Scettica a Salem
Scettica a Salem

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Scettica a Salem

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“E lo sceicco mi dice ‘Jeff, voglio comprare il condominio. Ti va di venire ad Abu Dhabi a firmare le carte? E senti questa,’ mi dice, ‘Puoi stare in uno dei miei palazzi.’ Come facevo a dire di no a un’offerta così? Giusto tesoro?”

“Mi mancherai, tesoro,” disse Brynn diligentemente, il vestito giallo canarino abbinato a quello di Madison.

“Eccola qua,” disse Daniel alzandosi in piedi, secondo l’etichetta di un altro secolo. “Sei adorabile, Mia.” Fece il giro del tavolo e tirò fuori la sedia per lei.

“Stai meravigliosamente con questo vestito,” disse Reynolds, prendendole la mano con gesto galante. Indossava un paio di occhiali con sottile montatura in metallo e le sue unghie erano perfettamente tagliate e curate.

“È da un po’ che non ti vedo, Reynolds. Come vanno gli affari?” chiese Mia, accomodandosi al suo posto.

“Alla grande, alla grande. Tuo padre ha dei nuovi fantastici clienti dei Paesi Bassi,” le rispose con entusiasmo.

Di fronte a Mia, Jeffrey si muoveva sulla sua sedia, a disagio. Fece cenno al cameriere di avvicinarsi, usando gesti energici e nervosi, come se non fosse capace di stare fermo.

Il cameriere arrivò, con indosso una camicia con volant e una giacca d’epoca.

“Un bourbon con ghiaccio,” disse Jeffrey con tono sprezzante, prima di voltarsi verso Mia con un sorriso.

“Io prendo un calicanto,” disse Mia. La bevanda frizzante era fatta con succo di frutta e aceto dolcificato con una spruzzatina di alcool.

“Ho sentito Mark stamattina,” disse Jeffrey. “Sembra una battaglia epica.”

“A dire il vero ci siamo lasciati,” disse Mia. “A quanto pare non siamo fatti l’uno per l’altra.”

“Hai rotto il tuo fidanzamento? Oh no,” disse Madison sgranando gli occhi. A quanto pareva era fuori dal giro dei pettegolezzi.

“Mi spiace tanto, Mimi,” disse Brynn comprensiva. “È terribile.”

Il cameriere posò i loro bicchieri sul tavolo. “Mark pensa che lo chiamerai quando ti sarai calmata,” disse Jeffrey con atteggiamento di sufficienza.

“Beh, mi sa che dovrà aspettare a lungo,” rispose Mia con calma. Jeffrey stava tentando di provocarla, e stava funzionando. Prima mi molla, puoi vuole che lo chiami? Che stronzo!

La cameriera arrivò, vestita con una gonna frusciante e un grembiule. Sorrise con rosea perfezione e fece l’elenco di tutti i piatti, recitando il loro significato, dalla lager preferita di Benjamin Franklin alla natura storica delle torte salate. Daniel e Madison ascoltavano incantati, le dita intrecciate. Un intero menù di articoli vari stava per essere riprodotto da un grosso chef per finire dritto nei loro piatti. Era un vero paradiso. Tutti ordinarono qualcosa di esotico.

Mia chiuse il menù e lo porse alla cameriera.

“Prendo un cheeseburger, grazie,” disse con tono asciutto.

Daniel la guardò colpito. Poi lisciò il suo tovagliolo e prese la parola. “Beh, io fra tutti sono emozionato che tu sia di nuovo single. Il mondo ha sufficienti gestori di fondi speculativi. Puoi fare di meglio.”

“Grazie, Daniel,” disse Mia. Per quanto gli piacesse canzonarlo, Daniel era sempre stato pronto a sostenerla. Quando Mia aveva voluto mantenere il proprio cognome e restare Mia Bold, Daniel aveva semplicemente detto: “Beh, sei anche una Middleton, per quel che mi riguarda.” Questo motivo le era sufficiente per volergli bene. Ma Daniel l’aveva anche adottata su un piano pratico, aiutandola pagando per la sua educazione. Anche se gli era riconoscente per tutto quello che aveva fatto, sentiva comunque la mancanza del suo padre biologico e dei momenti magici che avevano trascorso insieme. Quel pezzettino perduto della sua vita era sempre vivido nel suo cuore.

“Ma non è tutto quello che è successo,” disse Jeffrey. “Hai altre novità, vero Mia?!

Mia avrebbe voluto prendere Jeffrey a pugni, ma probabilmente non sarebbe stata la mossa più saggia da fare. Perché ha tanto il dente avvelenato con me? si chiese. Prese un sorso del suo drink, rilassò i nervi e guardò in faccia sua madre e il suo patrigno. “Il fatto è che ho perso il lavoro,” annunciò.

“Anche il lavoro?” disse Madison, guardando la figlia con preoccupazione materna. “Cosa diavolo sta succedendo, tesoro?”

“È una lunga storia,” disse Mia.

“Beh, puoi venire a stare da noi fino a che non avrai sistemato le cose…” propose Daniel.

Mia non rispose. Apprezzava l’offerta, ma non aveva la minima intenzione di tornare a casa.

“E ho un’idea eccellente,” continuò Daniel. “Reynolds deve andare a una vendita immobiliare ad Amish questo weekend. Sono sicuro che un aiuto gli farebbe comodo, e ti pagheremo per il tuo tempo.”

Eccoci, pensò Mia. Daniel aveva sempre la speranza che una delle giovani Middleton intraprendessero l’attività di famiglia. Antiquariato, più un weekend con Reynolds? Ovvio che la vedesse come un’idea eccellente.

“Grazie, ma questa settimana devo iniziare a fare i bagagli. Ho solo due settimane per traslocare, dopotutto.” Rivolse un rigido sorriso a Jeffrey.

La conversazione venne interrotta dall’arrivo delle loro pietanze. Mia gustò il suo cheeseburger mentre il resto della famiglia banchettava con un assortimento di varietà di pane, torta salata di aragosta, anatra arrosto, coniglio brasato, costolette di maiale affumicato con melograno, pesce e addirittura un piatto di tofu fritto che a quanto pareva Benjamin Franklin aveva elogiato in qualcuno dei suoi scritti. Le cose rimasero relativamente civili mentre mangiavano. Alla fine arrivò il dolce: crème brûlé. Mia stava giusto rompendo la crosticina di zucchero con il cucchiaio quando Jeffrey colpì di nuovo.

“Quindi, qual è esattamente il tuo piano?” Le sorrise, sapendo benissimo che qualsiasi cosa fosse uscita dalla sua bocca avrebbe solo peggiorato le cose. Mia doveva ammettere che quell’uomo aveva un istinto impeccabile.

“Se proprio vuoi saperlo, mi hanno offerto un nuovo lavoro proprio oggi pomeriggio,” gli rispose.

“Che genere di lavoro? Fammi indovinare… ha a che vedere con quel tuo hobby?”

Vide Daniel irrigidirsi sentendo nominare il suo podcast. Un fenomeno moderno come Internet non era argomento felice per lui.

“Beh, in effetti di tratta di un lavoro nel podcasting… con un nuovo spettacolo.”

Brynn sollevò gli occhi al soffitto come a voler chiedere al cielo di frenare la bufera che si sarebbe di lì a poco scatenata.

“Ooh, quale spettacolo?” chiese Jeffrey, godendosi ogni singola parola. Sapeva di averla in pugno.

“Lasciala stare, Jeffy,” disse Brynn, la sua solita dolcezza rapidamente tramutata in irritazione.

“Non ti preoccupare, Brynn,” le disse Mia rigidamente. Ogni possibilità di uscire da quella conversazione con un minimo di dignità si stava rapidamente dissolvendo. “Si chiama Libro, campanella e candela.

Libro, campanella e candela? E di che parla?” insistette Jeffrey.

“Fenomeni paranormali,” disse Mia. “Hanno bisogno di una persona scettica e con basi scientifiche come presentatrice, e io…”

“Quindi ti hanno offerto un lavoro come cacciatrice di fantasmi online,” disse Jeffrey trionfante. Si appoggiò allo schienale della sedia e sorrise. Aveva fatto il suo lavoro.

Madison strinse il braccio di Daniel, cercando di rassicurarlo.

“No,” disse Mia. “Non è così!”

Daniel scosse la testa, come se non sapesse come reagire davanti a discorsi così oltraggiosi.

“Stai dicendo che intendi abbandonare la tua formazione per seguire una carriera nel settore dell’intrattenimento? L’attività di famiglia sarebbe un’alternativa ragionevole, ma non hai neanche intenzione di andare a fare un viaggio d’affari con Reynolds?”

“Non ho ancora accettato l’offerta, Daniel.”

“Sai perché l’intera famiglia reale, con l’eccezione di quella pecora nera del giovane Edward, e ora quella Meghan Markle, ha sempre evitato la professione dell’intrattenimento?”

“Non lo so, ma immagino che me lo dirai.”

“Perché si tratta di un settore dozzinale, pacchiano,” disse, profondamente scosso.

Mia piegò il suo tovagliolo e lo posò sul tavolo. Fece un respiro profondo. Odiava litigare con Daniel, ma a volte non lo si poteva proprio evitare.

“Pensavo che i Middleton si fossero ribellati contro la famiglia reale. Non è per questo che ci troviamo qui stasera? Per festeggiare il nostro antenato radicale che si è liberato dalle leggi britanniche?” Prese un cucchiaio e lo fece tintinnare contro il proprio bicchiere. “Propongo un brindisi,” disse, sollevando il suo drink. “Alla cena annuale dell’Incatramata con piume. Arthur Middleton ne sarebbe fiero.”

Il suo brindisi fu accolto come un peso di piombo. Daniel era livido. Mia aveva appena usato una lezione di storia contro di lui, facendolo chiaramente sentire a disagio. Madison guardò la figlia come se fosse stata abbandonata sulla soglia dai briganti, mentre Jeffrey si limitava a sorridere, felice del caos che aveva scatenato. Gli occhi di Brynn erano grandi come due padelle ed erano fissi su Mia. Solo Reynolds, sorprendentemente, sollevò il proprio bicchiere.

“Udite, udite,” disse, come se non fosse successo nulla.

Mia mandò giù il contenuto del suo bicchiere, ruotò sui tacchi e se ne andò. Ma anche se la serata era stata un disastro, se ne stava andando con qualcosa che prima non aveva: un nuovo senso di chiarezza. Se fosse rimasta in Pennsylvania, ci sarebbero stati mesi di telefonate preoccupate e tentativi poco sottili di incastrarla con Reynolds, o di risucchiarla dentro all’attività di famiglia dei Middleton. L’alternativa era rischiosa, folle, molto ardua, ma onestamente… cos’aveva da perdere? A dire il vero, era orgogliosa di se stessa. Stava finalmente prendendo in mano la propria vita. Prese il cellulare dalla borsa e trovò il numero che voleva. Dopo pochi squilli Graham Stone rispose.

“Graham? Sono Mia. Ci ho pensato, e accetto la tua offerta.”

CAPITOLO SEI

Una settimana dopo la cena dell’Incatramata con piume, Mia finiva finalmente di caricare tutti i bagagli sulla sua vecchia Toyota. L’appartamento che le forniva la produzione dello spettacolo era arredato, quindi aveva già impacchettato e riposto alcune delle sue cose nel garage di Brynn. Era emozionata di mettersi in marcia. Lanciò un fischio a Tandy e tutti e due montarono in macchina.

“Sei pronto, amico?” disse, e abbassò il finestrino per il suo cane, prima di partire e immettersi in strada. Passando fuori da un piccolo bistrò francese, un ricordo le tornò alla mente. Lì servivano il soufflé al cioccolato più delizioso che avesse mai mangiato. Lei e il suo fidanzato Mark se ne erano spartiti una fetta il giorno del suo ultimo compleanno. Ex-fidanzato, si corresse. Non pensare al passato! Resta nel presente. Se l’era ripetuto continuamente mentre si preparava per la sua nuova vita. Erano stati giorni passati a fare bagagli e scatoloni, a compilare carte e a stendere programmi. Ma il lato positivo era che si sentiva sicura di aver ottenuto un nuovo record del mondo. Del resto, quanti riuscivano a perdere il lavoro, il fidanzato e la casa in un giorno, e a ricominciare una nuova vita appena una settimana dopo?

Mentre Fishtown si rimpiccioliva sempre più nello specchietto retrovisore, una nuova sensazione iniziò a farsi spazio dentro di lei: la libertà della strada. Tutto il senso di pazzia degli ultimi giorni si dissolse. Ora Mia era diretta verso il suo futuro. Cosa sarebbe successo al suo arrivo a Salem? Non ne era sicura, ma almeno sarebbe stato tutto nuovo. Anche solo capire i dettagli essenziali, come per esempio dove andare a fare la spesa, sarebbe stata un’ottima distrazione. E nessuno la conosceva a Salem. Le possibilità per reinventare la sua vita erano infinite. Ma la cosa che la entusiasmava di più era il podcast. Aveva lavorato da sola per così tanto tempo. Come sarebbe stato lavorare in una trasmissione, insieme ad altre persone? Graham aveva tenuto la bocca cucita riguardo al team di Libro, campanella e candela, ma Mia ipotizzava che si trattasse di persone con il medesimo interesse. Essere circondata da gente con la sua stessa forma mentis sarebbe stato meraviglioso.

E poi, ciliegina sulla torta, avrebbe abitato a Salem, dove i processi alle streghe erano solo la punta di un immenso iceberg. Non vedeva l’ora di tuffarsi nell’indagine di tutte le storie, i misteri e le leggende della cittadina. Era un tesoro di comportamenti umani e dati scientifici che non aspettava altro che di essere esplorato. Cavolo se era entusiasmante!

Cinque ore dopo, Mia uscì dall’autostrada ed entrò nella piccola cittadina di Salem, nel Massachusetts. Invece di andare direttamente al suo nuovo indirizzo sulla Essex Street, decise di fare un giro fino al porto. Non vedeva il mare da un po’ e Tandy aveva bisogno di sgranchirsi le zampe. La cittadina era graziosa, con strade ampie e vecchi alberi. Le case erano un po’ meno imponenti di quelle a cui era abituata in Pennsylvania, gli edifici meno industriali. C’era una certa atmosfera di contenuto puritanesimo nell’architettura.

Mia sapeva che una delle case più famose della città, la Casa Turner-Ingersoll, era lì vicino. Seguì la segnaletica del percorso storico lungo una strada senza uscita e accostò davanti alla vecchia villa colonica, resa famosa da Nathanial Hawthorne come la Casa dei sette abbaini. Fece uscire Tandy dall’auto e il cane si mise subito ad annusare il nuovo territorio. Mia lo seguì. Si diceva che fossero numerosi i fantasmi che alloggiavano alla Casa Turner-Ingersoll: lo spettro strisciante della scala segreta, il ragazzo fantasma e Susanna Ingersoll, cugina di Nathanial Hawthorne, tanto per cominciare. Mia osservò la vecchia villa, con i suoi tetti spioventi e i camini in mattoni, affacciata sulla spiaggia spazzata dal vento. Ma non ne stava ammirando la bellezza. Fantasticava piuttosto su come poter esaminare la vecchia casa con dei lettori di campi energetici o per mezzo di dispositivi a infrarossi per provare che non c’erano fantasmi.

La casa si ergeva sulla costiera rocciosa di Salem. Giù lungo le scogliere, si scorgeva la marina di Hawthorne Cove, dove le barche erano ormeggiate lungo i moli di legno. Il mare le faceva sempre venire in mente suo padre e i momenti che avevano passato insieme sulla costa del Jersey. Mia conservava ancora una collezione di cartoline: Asbury Park, Seaside Heights, Ocean City, Atlantic City, Wildwood. Frank di solito la portava lungo il pontile, sollevandola spesso sulle sue spalle, leggera come una piuma. Nonostante quello che diceva sua madre, Frank non era esattamente un ciarlatano, almeno Mia non pensava che lo fosse. Era più un affabulatore, uno con la parlantina giusta, un incantatore. A volte faceva un ‘gioco’ dove fingeva di essere qualcun altro, presentandosi come un avvocato, un archeologo o un detective privato. Una volta aveva raccontato a un commesso di essere un legionario straniero. Un’altra volta si era presentato come una specie di hacker. Di solito guardava Mia e le faceva l’occhiolino. Lei rideva e stava al gioco, fino a che un giorno non si lasciò scappare qualcosa con sua madre, scatenando l’inferno.

Il giorno in cui Frank lasciò la città, porto via con sé tutti i suoi nomi. Parlando di quel giorno, sua madre ruotava gli occhi al cielo dicendo che lui era stato il motivo per cui lei aveva dovuto fare due lavori: per mantenerlo dentro ai suoi vestiti eleganti e dentro alla vita di sua figlia. Ma quello che Mia ricordava era un uomo affascinante e divertente con un sorriso sghembo che le arruffava i capelli, la portava sulla ruota panoramica e le faceva l’occhiolino facendole passare ogni paura. Prese in mano un sasso liscio, lo strofinò tra i palmi come Frank le aveva insegnato ed espresse un desiderio. Desidero fare ciò che amo. Poi lanciò la pietra per aria e la guardò cadere sulla spiaggia sottostante.

Sentiva la mancanza di suo padre. Ma chi era veramente Frank Bold? Mia non ne era ancora del tutto sicura. Nessuno sapeva dove si trovasse, né se fosse ancora vivo. Era un mistero che lei non era mai riuscita a risolvere.

Improvvisamente Tandy ringhiò.

“Non dovresti lasciare libero quel tuo cane,” disse una voce scontrosa. Mia si voltò e vide un uomo con i capelli grigi e corti e la pelle rovinata da vento e sole, che teneva in mano degli attrezzi da pesca e un secchio pieno di esche. Nonostante la temperatura piacevole, indossava un maglione di lana roso dalle tarme.

“Mi scusi,” disse Mia. “Non sapevo che qui ci fosse qualcuno.”

“Non sei di queste parti,” disse l’uomo, fissandola con espressione dura.

“No, sono appena arrivata in città,” gli rispose, cercando di essere cortese.

“Ti si sente addosso l’odore della grande città,” disse l’uomo. “Non si può costruire una nave nuova solo con il legno vecchio.” Attraversò la strada e scomparve in fondo al viale, diretto verso il porto.

Cosa vorrebbe dire? Mia lanciò un fischio a Tandy, che saltò in auto. Era arrivato il momento di andare a vedere la loro nuova casa. Seguì Google Maps e arrivò a un’elegante strada fiancheggiata da alberi accanto a un mercato pedonale. Seguì le indicazioni che Graham Stone le aveva dato, svoltando in un vicoletto lastricato e parcheggiò in uno dei quattro posti auto dietro all’edificio.

“Andiamo bello,” disse. Tandy saltò fuori contento e le trotterellò accanto. Mia bussò alla porta di metallo sul retro. Un uomo aprì, vestito con un completo pulito e ben stirato che sapeva di anni Settanta. Aveva il viso rugoso e segnato da linee di espressione.

“Posso aiutarti?” le chiese.

“Sono Mia,” gli disse.

“La ragazza di The Vortex? Ti pensavo più vecchia,” le disse con un sorriso. “Beh, vieni dentro. Mi chiamo Tom Hatter. Sono il padrone di casa.” Si chinò ad accarezzare la testa di Tandy. “Quella è la tua macchina? Lascia che mandi qualcuno a prendere le tue cose per portarle su. Will, ho un lavoro per te!”

“Sì, signor H?” Un ragazzino uscì da dietro alcuni scatoloni. Aveva gambe e braccia troppo lunghe per i vestiti che indossava, e un ricciolo di capelli gli era caduto davanti agli occhi. Tandy scodinzolò.

“Prendi i bagagli di questa signorina dalla sua macchina e portali al 2A.”

“Certo, signor H,” disse Will, scattando verso la porta, per poi correre subito indietro. Mia gli porse le chiavi e lui sorrise timidamente.

“Aspetta che ti faccio fare un giro del posto,” disse Tom, passando attraverso una porta a vento. Entrarono in un negozio pieno di curiosità: poster vintage, Magic 8 Ball, portachiavi e tazze. Sulla vetrina davanti erano dipinte delle lettere che dicevano “L’Emporio di Hatter”.

“Ha un po’ di tutto qui,” disse Mia, ammirando il caos controllato del negozio.

Tom si avvicinò a una mappa appesa alla parete.

“Salem è stata fondata nel 1662. Siamo una piccola cittadina portuale,” disse con la sua voce da presentatore. “Solo cinquanta chilometri quadrati – e per lo più di acqua – e appena una ventina di terra. Siamo anche la città più infestata degli Stati Uniti. C’è l’ospedale di Salem, la prigione di Salem, la casa di Joshua Ward, la collina del patibolo, la casa della strega… cavolo, addirittura questo posto è stregato.”

“Questo edificio? Da chi pensa che sia infestato?” chiese Mia divertita.

“Beh, il capitano Joseph White è stato assassinato proprio in fondo a questa strada. Si dice che i cospiratori, Richard Crowninshield e i fratelli Knapp, siano passati precisamente per questo posto dopo aver finalizzato i loro piani alle Comuni di Salem. Poi Crowninshield lo ha preso a randellate uccidendolo nel sonno. A volte li puoi ancora sentire.”

“Li puoi sentire cosa?”

“I sussurri,” disse Tom, guardandosi sospettoso alle spalle.

“Signor H? Ho messo le valigie fuori dalla porta,” disse Will, chinandosi ad accarezzare Tandy. “Pensi che potrei portarlo a fare una passeggiata ogni tanto?”

“Certamente,” disse Mia.  “Puoi anche farmi vedere i dintorni.”

“Ti accompagno al tuo alloggio,” disse Tom. “Will? Tieni d’occhio il negozio.” L’uomo condusse Mia fuori dalla porta d’accesso del negozio, che si affacciava su una piazza aperta, con un bar e una manciata di negozi, molti dei quali sembravano essere di natura occulta.

“Hai il tuo ingresso riservato,” le disse, aprendo la porta con una chiave e salendo su per la scala. Mia e Tandy lo seguirono. In cima alla scala c’erano delle porte numerate. Ruotò la chiave nella serratura dell’appartamento 2A e aprì la porta, rivelando un appartamento piccolo ma grazioso. Mia riconobbe il salotto, la camera da letto e il cucinino che aveva visto nelle foto. Facendo il giro del posto, si accorse di una finestra inclinata.

“Che strana,” disse, indicando la bizzarra architettura.

“Oh, quella è la finestra della strega,” le disse l’uomo. “È inclinata in quel modo così che le streghe non possano volarci attraverso ed entrare.”

Mia lo guardò incuriosita e poi andò in cucina. Il fornello era ovviamente antico e piuttosto confuso. Aveva una grande superficie piatta in mezzo a due fuochi, e quattro porticine sul davanti invece di una sola. Avrebbe dovuto capirlo più tardi.

Qualcuno aveva accuratamente messo uno zerbino a forma di cane sul pavimento con una ciotola piena di acqua e un mazzo di fiori freschi sul tavolino con un bigliettino che sporgeva da sotto.

“È stato il socio di Graham, Ollie Cooper, ha preparare tutto. Ha dato istruzioni che leggessi quel biglietto non appena fossi entrata,” disse Tom sorridendo.

“È meraviglioso, Tom. Devo dire che sono sorpresa che Graham mi abbia offerto un alloggio gratuito. È davvero generoso.”

“Beh,” disse Tom chinandosi verso di lei per parlarle sottovoce. “In realtà Graham è mio figlio. Immagino che Hatter non fosse particolarmente adeguato a lui.”

“Oh!” disse Mia. “Capisco.”

“L’edificio appartiene alla famiglia da generazioni. Gli lascio usare queste stanze per i suoi progetti,” spiegò Tom. “Mi mantengo giovane se sono circondato da giovanotti. Ora ti lascio.” Le fece l’occhiolino e le porse un mazzo di chiavi. Il portachiavi diceva L’emporio di Hatter e mostrava l’immagine di una strega a cavallo di una scopa. “Meglio se tieni chiusa la finestra della strega. Non si sa mai.”

Mia rise e prese le chiavi.

“Ancora una cosa,” disse. “La maniglia della porta a volte si incastra. Devi sollevarla e ruotarla un po’. Altrimenti resti chiusa dentro.” Uscì e si chiuse la porta alle spalle.

Mia accarezzò Tandy arruffandogli il pelo sulla testa. Poi andò dai fiori e prese la busta. Il biglietto diceva:

Benvenuta a Salem!

La riunione inizia alle 17.30 alla Locanda del Gatto Nero.

La Locanda del Gatto Nero? Era il luogo di una famigerata presenza soprannaturale, frequentato un tempo solo da marinai. Si diceva che una donna solitaria si aggirasse nella soffitta, cercando il suo innamorato perduto in mare. C’era un indirizzo e un’annotazione a mano. La Locanda del Gatto Nero non era distante, e la si poteva raggiungere a piedi.

Improvvisamente, Mia sentì bussare leggermente alla porta. Ruotò la maniglia e si trovò davanti una ragazza minuta dall’aria bohemienne. Doveva avere meno di trent’anni, con un viso da elfo e i capelli corti coperti da un berrettino a righe. Tandy le corse subito incontro e iniziò a leccarle la mano. Quello era sempre un buon segno.

“Sono Sylvie Payne,” disse la ragazza con marcato accento del Jersey. “Tecnico del suono.” Si chinò ad accarezza Tandy che scodinzolava freneticamente come se si conoscessero da tempo.

“Per Libro, campanella e candela?”

“Esatto. E sono anche la tua vicina di casa.” Le mostro una chiave che pendeva da un portachiavi simile al suo. “Sono al 2B. Comunque, mi sa che siamo in ritardo per la riunione dello staff. Vuoi che andiamo insieme alla ricerca del Gatto Nero?”

CAPITOLO SETTE

Mentre passeggiava lungo la Essex Street, Mia si sentiva come se fosse appena entrata in una scena di una storia d’epoca. Quando passarono accanto al Lappin Park, videro la scultura stregata, la statua di una strega a cavallo di una scopa, incorniciata dalla luna piena.

“Mi sa che sono seri sulle loro streghe,” disse Mia.

“E sugli stregoni,” aggiunse Sylvie. Passarono accanto a un uomo con un cappotto vittoriano che si stava sistemando i polsini di pizzo.

Attraversarono la strada ed entrarono in un’area lastricata chiusa al traffico delle automobili. Era piena zeppa di bancarelle colorate che offrivano articoli magici e artefatti mistici. Mia notò sfere di cristallo, pentacoli e sacchettini di erbe impilati su dei carri. I turisti si aggiravano tra i negozi mangiando mele caramellate. La porta di un edificio era spalancata e all’interno era in pieno svolgimento una fiera del paranormale traboccante di visitatori. Quando il cielo iniziò a scurirsi, si levò una fresca brezza e dei lampioni vintage si accesero illuminando l’area con il loro bagliore soffuso. Mia rabbrividì: era affascinante, ma inquietante.

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