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Il perfetto amore: Dialogo in tre atti
Il perfetto amore: Dialogo in tre atti
ATTO PRIMO
Il salotto di un piccolo albergo elegante. – Qualche canapè, seggiole a sdraio, poltrone, poltroncine. Nel centro, una gran tavola, su cui sono, bene ordinati, giornali, guide, riviste, orarii di ferrovie. Quasi presso la parete sinistra, un po' di sbieco, un pianoforte col dorso rivolto al muro. Dinanzi al pianoforte il relativo sediolino senza spalliera. Verso lo stesso lato, un tavolino con su un mazzo di carte francesi ed altri oggetti da giuoco. Al lato opposto, nel primo piano del quadro scenico, uno scrittoio, che è diviso in due da un rialzo intarsiato, sicchè due persone vi si possono sedere di faccia senza che si diano soggezione. Nella parete destra due porte – aperte. Nella parete di fondo, poco discosta dall'angolo che questa forma con la parete destra, un'altra porta coi battenti di vetro – spalancati – , che dà in una serra.
SCENA UNICA
ELENA, UGO, IL CAMERIERE, LE PROFESSORESSEElena(seduta al pianoforte, suona un brano del «Crepuscolo degli Dei.»)
Ugo(fa capolino dalla prima porta a destra, vede Elena, e si avanza. – Resta lungamente ad ascoltare. Poi, mormora fra sè:) Perbacco! Wagner a memoria! (Ascolta ancora. Riflette.)… Wagnerofila!
Elena(accorgendosi di non essere sola, si alza subito.)
Ugo(si dirige verso il pianoforte per incontrarla di fronte.)
Elena(deviando bruscamente, lo evita. – Siede presso la tavola, sceglie fra i giornali un fascicoletto pieno di piccole caricature, e, con disinvoltura, lo sfoglia.)
Ugo(la contempla alle spalle. – Si morde il labbro inferiore, e ha un moto di ostinazione intraprendente. – Assume un'aria d'indifferenza, siede anche lui presso la tavola, e cerca tra i giornali. – Con in mano una rivista, ne legge il frontespizio, levando un po' la voce per farsi udire:) «La Rinascenza Latina, rivista di scienze, lettere ed arti». (Riponendola sulla tavola) Non mi riguarda. (Ne piglia un'altra) Vediamo questa. (Ne legge il frontespizio:) «La donna Italiana». «Esce ogni due mesi». (Comentando) Esce molto di rado la donna italiana! (Sottecchi, guarda Elena con la speranza di sorprendere un sorriso o un qualunque segno di approvazione o di protesta alla scipita barzelletta.)
Elena(ha gli sguardi fissi sul piccolo fascicolo da lei sfogliato.)
Ugo(lascia cadere sulla tavola quest'altra rivista, e, dopo di aver notato che il fascicolo che ella sfoglia è il «Punch», cerca di nuovo fra i giornali parlando a sè stesso, sempre con lo scopo di costringere lei a udire:) È curioso!.. In un hôtel così internazionale, manca il «Punch»! Peccato!.. Il «Punch» è il più ameno giornale di caricature ch'io mi conosca! (Poi, mostrando di accorgersi adesso che lo ha lei) Ah no, non manca. Lo ha la signora.
Elena(getta su i giornali il fascicoletto e si allontana dalla tavola.)
Ugo… Io avrei potuto bene aspettare.
Elena(impassibile, non ha per lui neppure un cenno. – Tocca il bottone del campanello elettrico. – Si sdraia in una poltrona.)
UgoTuttavia, profitterò della cortese abnegazione. (Si mette a guardare le caricature del «Punch».)
(Un cameriere tedesco, biondo-rossastro, comparisce dalla seconda porta a destra e si pianta come un soldato.)
Elena(al cameriere:) Un caffè nero.
Il cameriereJa.
UgoUn caffè nero anche a me.
Il cameriereJa.
ElenaUn caffè nero espresso.
Il cameriereJa.
UgoEspresso anche a me.
Il cameriereJa. (Via.)
Elena(impulsivamente, ha lanciato a Ugo uno sguardo severo.)
Ugo(ha sorpreso lo sguardo, e coglie questa occasione per rivolgerle la parola.) Non c'è da aversela a male, signora. Dopo colazione io soglio regalarmi un caffè nero, come fa quasi tutta l'umanità. E, siccome ella ha avuta la buona idea di ordinarlo espresso, io, che mi son ricordato d'aver preso stamane, in questo medesimo hôtel, un caffè non espresso che era un veleno, ho adottata la sua buona idea immediatamente. È molto semplice.
Elena(fingendo di non badargli, si alza, e giunge, lenta, al tavolino su cui è il mazzo di carte francesi. Lo prende, mescola le carte. Siede. Comincia a fare un solitario: il «solitario di Napoleone».)
UgoNondimeno, le chiedo scusa se mi sono permesso di non volermi avvelenare una seconda volta.
Il cameriere(ritorna, portando due servizi di caffè. Ne posa uno sul tavolino dinanzi a Elena, l'altro sulla tavola dinanzi a Ugo. Indi, fa per andare.)
Elena(chiamando:) Cameriere!
Il cameriere(si ferma, si volta.) Bitte?
Elena(versando il caffè) Dite al Direttore che voglio mutare di camera. Al primo piano si sta malissimo. È pieno di gente importuna e indiscreta.
Il cameriere(serio e corretto, col suo duro accento di tedesco e con la sua personale lingua italiana) C'è soltanto unico signore qui presente.
UgoGrazie mille per la delucidazione!
Il cameriere(che non ha capito) Bitte?.. Prego ripetere a me ancora il comandamento.
UgoMa che «comandamento»? Vi ho ringraziato. C'era proprio bisogno d'indicare quale fosse la gente importuna e indiscreta?
Il cameriereAh, ja. Non era bisogno perchè Signora già sapeva. (La sua r rumoreggia, il suo b diventa p, il suo g diventa c, il suo v diventa quasi f.)
UgoBravo! Di bene in meglio!
Elena(spazientita – al cameriere:) Dunque, avete inteso? Mi farete dare una camera al secondo piano.
Il cameriereIl secondo tutto preso da una società professoresse americane, i quali sono arrivati pochi momenti avanti a questo giusto momento.
Ugo(con viva compiacenza) Professoresse americane? Graziosissime! Professoresse di che?
Il cameriere(si avvia in gran fretta verso la porta.)
Elena(irritandosi) Ma dove andate?!
Il cameriere(si ferma, si volta.) Signore vuole precisi informazioni sopra graziosissime professoresse: io vado a domandare preciso.
UgoVe ne dispenso, ve ne dispenso. State attento, invece, ai… comandamenti della signora.
Il cameriereJa.
ElenaSe al secondo piano non ci sono più camere, me ne farete dare una al terzo. Oppure al quarto. Oppure al quinto. Oppure in soffitta. Mi sono spiegata?
Il cameriereJa. (Non si muove.)
(Un silenzio.)Elena(vedendolo lì impalato) Ora, potete andare.
Il cameriereIaaa! (Esce.)
Elena(continua a fare il suo solitario, e, di tanto in tanto, sorseggia il caffè.)
Ugo(ha terminato di bere, e accende una sigaretta. Poi, togliendosela di bocca) La disturbo con la mia sigaretta?
Elena(finge di non udire.)
UgoNo? Grazie! (Rimette la sigaretta in bocca e, fumando, si alza. Gira per la stanza e parla con sè stesso mostrando d'inebriarsi.) Professoresse americane! Oh… me le figuro queste gaiette professoresse in vacanza! Una frotta di vezzose gazzelle dalla piccola testa eretta, dal piedino irrequieto, dalle caviglie sottili e con negli occhi tutta la schiettezza di una femminilità impavida (sottolineando) che sfida gli uomini piuttosto che sfuggirli o guardarli in cagnesco! (Mutando e fermandosi avanti a Elena) Disturbo con la mia voce?
Elena(china esageratamente il capo, con l'intenzione di sembrare attentissima al suo solitario.)
UgoNo? Grazie! (Breve pausa.) (Poi, gironzolando di nuovo per la stanza) D'altronde, è così. Non so pensare senza parlare. Ho l'istinto del monologo. Come la signora, evidentemente, ha quello del solitario. Due istinti che si somigliano, del resto. Io, talvolta, per frenare il monologo che scappa fuori, canticchio, zufolo… suono il pianoforte. Ma, pensare in silenzio?.. Impossibile! (A Elena:) Mi trova bizzarro? Mi trova buffo?
Elena(Nessun segno di risposta!)
UgoNo? Grazie! (Gironzola ancora, come assorto, canticchiando appena col fiato la «Canzone del Premio» dei «Maestri Cantori». Poi, s'interrompe, vigilando i moti di lei:) «Das Preislied»!.. La «Canzone del Premio»!.. Per me, la gemma più pura… (sogguarda Elena)… del «Sigfrido»!
Elena(correggendolo sùbito in un impulso quasi incosciente) Dei «Maestri Cantori»!
Ugo(con prontezza, dissimulando che è felice di potere finalmente appiccar discorso) Scusi tanto, signora! La «Canzone del Premio» è nel «Sigfrido».
Elena(alza le spalle in atto di noncuranza, riunisce le carte, le rimescola e comincia un altro solitario.)
UgoNo, sa! Io non mi sbaglio. E stupisco che si sbagli lei, che conosce Wagner a memoria. Io non sono che un musicista da strapazzo; ma questo è un caso speciale perchè si tratta di note associate ai ricordi più graditi del mio soggiorno in America. E appunto per ciò mi tornavano dianzi all'orecchio. L'annunzio delle vispe professoresse mi ha fatto ripensare all'immancabile successo di quelle note. Se in una qualunque sala, in un qualunque hall di trattenimento, io toccavo la tastiera di un pianoforte accennando con dolcezza italiana qualche battuta della «Canzone del Premio», mi vedevo a poco a poco circondato di americanine, le quali restavano ad ascoltarmi estasiate, immobili, quasi fossero sospese (imitandone l'atteggiamento) in un fluido magnetico. La consueta vivezza scintillante dei loro audaci corpicini, in quella eccezionale immobilità estatica, diventava come un fulgore fisso di luce elettrica intensificata nelle retine delle lampade Wallfram. Parevano tanti campioni d'un incantevole tipo di donna costruito nel laboratorio di Edison. Una delizia! Una meraviglia!
Elena(questa volta non ha saputo fingere di non udire. A un certo punto, ha interrotto il solitario e si è messa ad ascoltare, battendo una carta sul margine del tavolino.)
UgoÈ persuasa, ora, che non posso sbagliarmi?
Elena(con un sorriso sdegnosetto e canzonatorio – disordinando le carte come per rinunziare al solitario) Ma lasci andare!
UgoVuole onorarmi d'una scommessa?
Elena(alzandosi severa) Non faccio scommesse con persone che non mi siano state presentate. (Passa dal tavolino allo scrittoio, e, in piedi, cava dalla cartella dei foglietti.)
UgoDio buono!.. Non capisco da chi dovrei farmi presentare!
ElenaDa qualcuno che la conosca bene.
UgoL'unico qualcuno che mi conosca bene sono io stesso. E se ella non può transigere sul convenzionalismo della presentazione, la servo immantinente.
Elena(ascoltandolo e guardandolo, resta in piedi, con le mani indietro, appoggiate allo scrittoio.)
Ugo(va fino in fondo senza interrompersi) Ho il piacere di presentarle in me… il signor Ugo Ginetti, napoletano di nascita e cosmopolita di elezione, uomo degnissimo di stima, con spiccate attitudini di avventuriero e analoga elasticità di temperamento. Lei dice che la qualifica di avventuriero fa a calci con la stimabilità? S'inganna, perchè io non ho parlato che di attitudini. Si possono avere le attitudini del ladro senza essere un ladro. E, anzi, fra tante persone che non rubano, le sole che abbiano incontestabilmente diritto all'ammirazione ed alla stima sono quelle che, volendo, saprebbero rubare. Capirà che tutte quelle altre, che non saprebbero rubare, non hanno nessun merito a non essere dei ladri. Io sono estremamente stimabile perchè, sfornito, ab origine, di mezzi finanziari, ed esposto a tutte le tentazioni del globe-trotter, non ho profittato con larghezza delle mie attitudini di avventuriero. Le ho soltanto utilizzate nei confini dell'onestà. Avrei saputo fare, al tavolo di gioco, dei… giochi di prestigio; avrei saputo divertire un miliardario per scroccargli i quattrini e la moglie; avrei saputo documentare un falso titolo di marchese per sposarmi… i titoli di rendita di una qualche stanca sfruttatrice di vapori transoceanici o di una qualche stagionata ereditiera di miniere carbonifere, e, invece, mi son limitato a imbrogliare il mondo facendo in Egitto il professore di letteratura italiana senza aver mai letto un verso di Dante, in Grecia il maestro di scherma senza aver mai conosciuta da vicino una sciabola, a New-York e a Filadelfia il pianista… suonando a orecchio. Ho imbrogliato il mondo, non lo nego, ma l'ho imbrogliato così onestamente e ne ho tratto così poco vantaggio che sono stato assalito spesso dal sospetto che l'imbroglione fosse il mondo e l'imbrogliato io. Tanto imbrogliato, che sarei ancora un avventuriero al verde se un mio parente superstite non avesse avuto il delicato pensiero di morire dopo di essere stato fedele a due grandi virtù: a quella dell'avarizia e a quella dell'infecondità. Ciò detto, o signora, io ho motivo di credere che ella possa ritenere come perfettamente compiuta la formalità della presentazione.
ElenaMi ha favorito addirittura la sua biografia!
UgoUna presentazione abbondante, ecco. Non ho voluto lesinare.
ElenaE si è data tutta questa pena… per fare una scommessa con me?!
UgoSi fa una scommessa per guadagnar qualche cosa.
ElenaMa è una scommessa inverosimile, una scommessa già perduta!
UgoDa quell'onestissimo avventuriero che mi pregio di essere, l'avverto che l'imbroglio c'è.
ElenaLei può imbrogliare fin che vuole: con l'imbroglio non le riescirà certo di fabbricare un Wagner per suo uso e consumo. (Ridendo un po' e burlandosi di lui) Via!.. «I Maestri Cantori» senza la «Canzone del Premio»…
Ugo(interrompendo) È come dire un corpo senz'anima o… un pasticcio di pernici senza pernici.
ElenaAssolutamente!
UgoMa io non ho mai pensata una simile sciocchezza!
Elena(con un salto di stupore) E la scommessa?!
UgoUn piccolo espediente, signora! Il culto wagneriano che ella professa me lo ha felicemente ispirato soccorrendo l'ansia che avevo di vincere quel suo mutismo ostile. Ora, il mio monologo e il suo solitario si sono mutati in dialogo; io parlo con lei, lei parla con me: ciò che avevo stabilito di guadagnare, l'ho guadagnato. Come vede, l'imbroglio c'era.
Elena(allontanandosi un po' dallo scrittoio per allontanarsi da lui) Molto furbo!
UgoSì, non c'è male: abbastanza.
ElenaE, con tutta la sua furbizia, non ha avuto il dubbio che della scommessa mi sia servita io per appurare finalmente chi fosse lei?
Ugo… Confesso che a questo non avevo pensato. (Poi, con sarcasmo vendicativo) D'altronde, io non potevo sperare che in lei destasse tanta curiosità la mia povera persona. Ne sono orgoglioso!
Elena(in uno stato di irrequietezza graziosa, va un po' di qua, un po' di là, gingillandosi con un qualche oggetto preso a caso.) Non incomodi il suo orgoglio, sa. Non c'è di che. La mia curiosità? Sfido, io! Da che sono in viaggio, dovunque io vada, mi trovo sempre lei davanti!
Ugo(codiandola) Dica piuttosto che mi trova sempre alle sue spalle. (Difatti, in questo punto, si trova precisamente alle spalle di Elena, che guarda una carta di musica sul pianoforte.) Io non faccio che seguirla.
Elena(con simulata ingenuità) Davvero? Credevo che si trattasse di coincidenze casuali.
UgoMi affaticai tanto per partire da Napoli col medesimo treno con cui partì lei!
Elena(continuando a simulare) Si vanta di uno zelo del quale non la credo capace. Alla stazione di Napoli, lei non c'era.
UgoIo le dico che c'ero.
ElenaLei non c'era.
UgoCi ero! Ci ero! Le assicuro che ci ero!
ElenaMa no.
UgoCerchi di ricordare. Badi che avevo la barba.
ElenaUna barba finta?!
UgoUna barba vera. Una barba mia.
ElenaE che ne ha fatto?
UgoLa lasciai a Roma.
ElenaAl bagagliaio?
UgoMentre ella era al restaurant, andai a farmela radere.
ElenaPerchè?
UgoCredetti utile sembrare un po' meno brutto e un po' più giovane.
ElenaA chi?
UgoNon certo al capotreno. A lei, s'intende.
ElenaSicchè, con quel suo inseguimento senza barba, si riprometteva di conquistarmi?
Ugo(atteggiandosi a modesto) Io non aspiravo che a farle tollerare la mia presenza, di cui mi proponevo di offrirle la costante assiduità. La disturbo con la mia presenza?
ElenaOgni tanto lei mi domanda se mi disturba. È lo stesso che domandare come va l'appetito a un poveretto che stia soffrendo il mal di mare.
UgoIo sarei il mal di mare?!
ElenaUn ostinato corteggiatore è anche peggio per una signora che viaggia sola.
UgoNon tutte le signore che viaggiano sole sono afflitte da una simile idiosincrasia.
ElenaTutte le signore rispettabili come me! Ma lei non lo sa nemmeno che io sono una signora rispettabile!
UgoSe non lo sapessi, le avrei già mancato di rispetto. In fondo, perchè sono così noioso, io? Perchè so che lei è rispettabile. Vuol vedere che lo so? Le mostrerò gli appunti da me raccolti sul conto suo quando a Napoli cominciai ad occuparmi di lei. Monologavo… nel mio taccuino. (Lo cava di tasca.)
ElenaIl pigliare degli appunti sul conto d'una signora fa parte delle attitudini di avventuriero?
UgoNaturalmente. Legga queste paginette. (Le porge il taccuino, aperto.)
Elena(sedendo sul bracciuolo d'una poltrona, prende il taccuino e guarda.) Ha una bruttissima calligrafia!
Ugo(sedendole accanto, sopra una sedia.) Sì, la calligrafia non è bella…
ElenaMa come si fa a leggere?!
UgoNon leggo io stesso perchè ella potrebbe credermi intento a mutare il testo. Si regoli: ho un g che sembra una f, un b che sembra una h, un p che sembra un y, e faccio allo stesso modo la n, la r, le s, la z, il v e il c.
ElenaMa è un rompicapo!
UgoTutto sta a farci l'occhio.
ElenaMi ci proverò. (Cerca di decifrare:) Qua su, si capisce: è il mio nome: «Elena Lamberti Ardori». Poi?.. (Continua a decifrare:) «Vedova… che ha avuto un…» (A Ugo:) Un che?
Ugo«Un marito».
ElenaCi sono delle vedove che non lo hanno avuto?
UgoSicuro! E non le nego che io, sulle prime, sospettai che lei appunto non lo avesse avuto.
Elena(offesa) Mi meraviglio!
UgoMa visto che fu un sospetto passeggero…
ElenaAndiamo avanti. (Fissa un punto della paginetta) Che dice qui?.. «Il quale marito…»
Ugo(spiegando) Il quale marito di questa vedova…
Elena(decifrando:) «il quale marito non è morto»… Eh?!
UgoLei ha troncata la frase. Riunisca le parole in un sol fiato: «Il quale marito non è morto di morte naturale».
ElenaQuesto è vero. (Con un sospiro) Mah!.. (Poi, leggendo in un tono di tristezza:) «Egli si uccise con un colpo di rivoltella dopo qualche mese di manicomio». (A Ugo:) Di manicomio?!
Ugo«Di matrimonio». Io ricordo di avere scritto: «matrimonio».
Elena(legge con la medesima intonazione malinconica ed enfatica:) «Egli si uccise con un colpo di rivoltella dopo qualche mese di matrimonio perchè era… un areostatico».
UgoMa che areostatico! «Un nevrastenico».
ElenaNo: questo è inesatto.
UgoEffettivamente, doveva essere non un nevrastenico, ma addirittura un pazzo se preferì un colpo di rivoltella a una moglie come lei.
ElenaPer sua norma, mio marito fu il più saggio degli uomini!
UgoMi affretto a crederlo, perchè riconosco una incontestabile competenza nella donna che lo ha amato e che certamente lo ama tuttora.
ElenaAnche questo è fantastico. Come fa a sapere che lo amo tuttora?
UgoNe dubiterei soltanto se egli fosse vivo.
Elena(con severità) Lei si permette delle insinuazioni!
UgoMa no… Non si adombri. Legga ciò che segue. Nel mio taccuino è consacrata la sua fedeltà coniugale. Sarà soddisfatta di me.
ElenaVediamo. (Legge con facilità:) «Per quanto riguarda la causa del suicidio, risulta nettamente esclusa l'ipotesi che egli abbia avuto dei dispiaceri da sua moglie…»
UgoEcco: ora ci ha fatto l'occhio.
Elena(continuando:) «La quale…»
Ugo(spiegando) La quale moglie del marito suicida…
Elena(legge velocemente:) «… avendo dato prova di serietà e di rettitudine fin da quando, adolescente, rimase orfana e sola, era andata a nozze con la reputazione di possedere tutte le qualità per renderlo felice».
UgoHa capito?
ElenaSì, questo è carino. La ringrazio. (Voltando la paginetta) E che altro c'è?
UgoPiù nulla. Punto e basta. (Fa per riprendere il taccuino.)
(Si levano tutti e due con molto brio.)Elena(guardando la paginetta seguente) No, no!.. Qui ce n'è dell'altro! C'è un numero.
UgoNon guardi, non guardi. Un numero scritto a casaccio.
ElenaÈ l'età che mi ha attribuita: venticinque anni. (Rendendogli il taccuino) Rinnovo i ringraziamenti. È stato generoso.
UgoGlieli ho forse aumentati?
ElenaÈ stato generoso, perchè me ne ha tolti.
UgoQuanti ne ha, in sostanza?
ElenaIo crederei di averne ventotto.
UgoIl che significa che ne ha trenta.
ElenaAh, no. Adesso esagera!
UgoMe ne duole per lei se non li ha.
ElenaPerchè?
UgoPerchè una vedova che non ha ancora trent'anni è una vedova immatura. Troppo giovane. Non può avere l'esperienza necessaria per apprezzare abbastanza lo stato vedovile!
ElenaÈ una bella seccatura, sa, lo stato vedovile!
UgoÈ lo stato ideale. Suol dirsi che la carriera della donna è il matrimonio. Lo ammetto. Ma il matrimonio è poi anche il suo domicilio coatto. Ebbene, la vedova è una donna che ha compiuta la sua carriera e che dal domicilio coatto se l'è svignata. Conti giusti con la società e indipendenza definitiva. Io mi riferisco, s'intende, ai costumi dei nostri paesi. Altrove, è diverso. Altrove, la donna non ha nessuna ragione di aspettare la morte dell'uomo. Essa, per avere la sua indipendenza, fa una cosa un po' più allegra: non se lo piglia per marito.
ElenaLei sta per regalarmi una seconda apologia delle americanine. È un vero tic il suo!
UgoCioè… cioè… cioè… Non vorrei essere frainteso. Io adoro la fanciulla americana per tutti i vantaggi che la sua indipendenza offre a noialtri uomini; ma sono troppo buongustaio per non preferire alla fanciulla americana la vedovella italiana. Perchè, veda, la vedovella italiana, per noi, è come la fanciulla americana… con quel tanto di più che nella fanciulla americana dev'essere… quel tanto di meno.
Elena(con disgusto) «Quel tanto di meno, quel tanto di più»… Lei ostenta un materialismo stucchevole!
UgoNon so quello che intenda per materialismo; ma, senza dubbio, io non vivo nelle nuvole. Mi ci troverei a disagio.
ElenaIo, invece, ci vivo e mi ci trovo divinamente!
UgoCiò mi dispiace non poco, perchè non avrò modo di pervenire fino a lei.
ElenaIn areoplano.
UgoBatterei il récord del capitombolo. Non mi conviene.
ElenaAllora, si rassegnerà a guardarmi col canocchiale.
UgoIl canocchiale è come la speranza: ci mostra vicine le cose che sono lontane. Sicchè, guarderò e spererò.
ElenaChe cosa?!
UgoNon so… Che lei, un giorno o l'altro, caschi…
Elena(tagliandogli la frase, con vivo risentimento) Signore!
Ugo… dalle nuvole.
ElenaNon le hanno detto qual è la mia divisa?
UgoNo, non me l'hanno detto. Nei miei appunti, difatti, non c'è.
ElenaGlielo dico io. (Con un accento lirico:) «Verso la via più alta».
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